[Lecce-sf] il lampo dei loro occhi profondi

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Autor: Gaetano Bucci
Data:  
Asunto: [Lecce-sf] il lampo dei loro occhi profondi
Cara Francesca ,
leggo la tua lettera accorata ed avverto, ab intus, lo stesso
disagio.Siccome sei bolognese , la prima cosa a cui ho pensato è che una
situazione simile a Bologna non si sarebbe prodotta . Credo che , in quella
città , il "movimento", con i suoi spazi sociali, con le sue reti
collettive, sarebbe stato ,certamente , all'altezza di questa battaglia.
Credo , però, che una lotta di questo tipo avrebbe prodotto degli effetti
anche in settori della sinistra tradizionale, nei rappresentanti politici,
nel sindacato
(qui ci riempiamo molto la bocca con le sigle della CGIL o della Fiom, ma
queste organizzazioni leccesi sono imparagonabili , come grado di coscienza
e di civiltà,a quelle bolognesi o anche napoletane).Credo che questa lotta
avrebbe prodotto qualche effetto anche nella borghesia progressista di
quella città
. Si tratta , infatti , di una battaglia che , agli occhi di una borghesia
illuministica, dovrebbe
apparire come una battaglia in continuità con quelle, storicamente,
finalizzate a
rivendicare
lo stato di diritto,la garanzia dei diritti inviolabili della persona umana,
la separazione dei poteri, la garanzia della giurisdizione .
Il problema è che,a Lecce, non esiste neppure una borghesia degna di questo
nome. La borghesia leccese, arricchita ed incolta,
al massimo legge la pagina sportiva della Gazzetta del
Mezzogiorno ed è occupata a trarre reddito dai mestieri di avvocaticchio ,
ginecologo ,dentista , commercialista ,ecc.
Per quanto ci riguarda, come sinistra anticapitalista,credo che dovremmo
assumere la questione dell'immigrazione
non nei termini di una questione "liberale" che fa , cioè, riferimento alla
mera questione della libertà di movimento o di circolazione o
ai bisogni dell'impresa e che , al massimo , si traduce in una questione
"umanitaria" e di solidarietà( certo anche questo ma come precondizione
e contenuto minimo di una lotta più ampia e radicale).La questione degli
immigrati è , anzitutto, una questione di classe e di lotta di classe.
Gli immigrati vanno considerati ,in primo luogo , dei lavoratori (anche
se,in massima parte , disoccupati o lavoratori al nero e ricattati).
Essi sono la nuova classe operaia dei Paesi occidentali riprecipitata in una
sorta di "nuovo manchesterismo". Ciò richiama la necessità
di attivare lotte contro lo sfruttamento ed il potere dell'impresa.Questo
potere predatorio si esercita sia nei riguardi dei cittadini italiani , sia
nei riguardi degli immigrati.Occorre comprendere ,una volta per tutte, che
la lotta per la loro emancipazione coincide con la lotta per la nostra
emancipazione.
E' , insomma , una lotta per l'emancipazione dei lavoratori , come classe
generale, dal giogo del capitale.Questa lotta deve avere come obiettivi i
poteri ed i diritti sociali e non solo i diritti civili e politici.Siamo
,infatti , nel Terzo Millennio e non agli albori dello "stato borghese di
diritto" quando si parlava, appunto, solo di diritti
"civili" e non ancora di quelli "sociali "( e questa era , del resto, la
ragione per cui ,in quell'epoca storica,gli stessi diritti civili
risultavano meramente declamati e sostanzialmente negletti).La questione di
fondo è quella del "potere" e non quella dei "diritti".Le leggi, in sè
considerate , sono mere parole ed i diritti dei meri elenchi. Dobbiamo ,
allora , interrogarci su "quale potere" vogliamo "per quali diritti".Il
problema non è tanto quello di rivendicare delle regole , il problema è che
si deve cambiare il contenuto dei rapporti. Se le regole sono solo
strumenti, occorre, finalmente, ritornare a parlare di rapporti di
classe.Altrimenti nei rapporti politici, economici e sociali permarrà la
dominanza dei soggetti forti (la borghesia transnazionale finanziaria ed
industriale).I diritti dei migranti , come quelli dei lavoratori
dei paesi occidentali,sono , oggi, compressi perchè, in Italia e nel mondo,
domina il capitale finanziario.E' necessario ,pertanto , ritornare ad
esprimere una forte concezione anticapitalista rivendicando la democrazia
non solo nello Stato ma anche nell'economia, sia a livello nazionale che
sovranazionale.Se non si compie questo salto culturale ci limiteremo a
criticare le leggi di "Berlusconi" o di "Turco" o di "Napolitano" rischiando
di far coincidere la "questione del potere " con
"quella del governo".L' attuale pseudo-sinistra, del resto , ha voluto e
pratica la cultura del " sistema maggioritario" per "andare al governo" in
nome dei "diritti".
A prescindere , poi , dal fatto che il popolo deve accontentarsi dei diritti
che restano "vuoti" sia nei "governi " di " destra" che in quelli di
"sinistra".Noi dobbiamo essere grati agli amici magrebini di averci fatto
comprendere, con le loro denunzie, la centralità della "questione del potere
organizzato in forma di impresa" e di averci aiutato a cancellare l'untuoso
rossetto che imbelletta questa città menzognera . L'unanime reazione, di
"destra" e di "sinistra", a difesa degli interessi del Regina Pacis e dell'
Orizzonte costituisce la "prova provata" che quello che conta è lo
sfruttamento , l'accumulazione capitalistica ed il profitto (gli avvisi di
garanzia , emanati dalla magistratura , hanno ,del resto colpito a "destra"
ed a "sinistra ", specie in riferimento ai "reati economici"). I diritti
"individuali "e quelli di "cittadinanza
universale", sono il portato della cultura liberale e costituiscono la
legittimazione del liberismo economico.Essi sono serviti ,storicamente, a
legittimare il primato
dell'economia nell'ambito di uno Stato inteso come garante del dominio di
classe imperniato sulla legge.Questa cultura è ,però,diventata egemone (nel
senso chiarito da Gramsci ).Con un tale bagaglio ,tuttavia , è quasi
inevitabile che ci si dichiari impotenti e che si consideri inattuale ,
nella fase della globalizzazione, porre al centro della lotta politica
l'accumulazione capitalistica .L'esempio lampante dell'egemonia acquisita
dalla cultura liberale possiamo trarlo dalla lettura del recente libro
curato da R.Curcio, ove si parla , appunto , di diritti di cittadinanza
universale, di fine del conflitto e la questione dell'emancipazione dallo
sfruttamento e dall'alienazione, dovrebbe risolversi con la mera richiesta
di modifiche legislative e non già mediante il superamento del modo di
produzione capitalistico. In tal modo ci si rende oggettivamente veicolatori
del "sistema", in una continua separazione tra teoria e prassi, tra economia
e politica , tra economia e lavoro che rende
le masse inermi e sguarnite di fronte alla cultura dell'avversario di classe
che riesce ad operare, invece, quelle connessioni necessarie per inverare il
suo dominio nel e sul sociale.Oscar Wilde diceva che: "le sole persone
reali sono le persone che non sono mai esistite".I nostri amici magrebini
sono , da questo punto di vista,
assolutamente reali perchè non esistono,nè anagraficamente , nè socialmente,
nè umanamente. L'altro ieri sera , del resto , ci manifestavano questa
sensazione , ossia quella di non esistere.Una sensazione che , spesso ,
prende anche noi abitanti di questa città menzognera ormai avvolta nelle
spire melliflue dei tavoli da gioco e della pasta di mandorla (...che ne
direste della varichina nella pasta di mandorla ?...).Per questo occorre
riprendere un percorso interrotto , nella consapevolezza della nostra
comune mancanza di senso e nella consapevolezza che la rifondazione di un
senso passa per un percorso collettivo,per una comune battaglia contro la
mercificazione universale della società dello spettacolo globale.Dobbiamo
,però , renderci conto che noi stessi potremmo divenire neutri
funzionari/professionisti di questo spettacolo se rendiamo irreali le
persone riducendole a mera contabilità statistica od oggetto di studi
antropologici o considerandoli come possibili titolari di astratti ed
anodini diritti.Sarebbe la loro e la nostra sconfitta ,soprattutto,umana.Del
resto se troviamo il tempo per accorrere in massa a commemorare Pintor come
giornalista (e non come comunista) o a discutere , astrattamente,delle
"ascelle delle commesse in sudore che stampano la loro ombra sul selciato di
un supermercato domenicale" , come potremmo addurre , a nostra
giustificazione, di non aver tempo da dedicare a delle persone
con cui abbiamo convissuto e nei cui occhi- profondi, orientali e perditori
(nei quali , cioè , ci samo persi) - abbiamo visto baluginare lo strano
lampo della libertà?. ninì.


----- Original Message -----
From: <fratesti@???>
To: "forumlecce" <forumlecce@???>
Sent: Friday, December 12, 2003 2:11 PM
Subject: [Lecce-sf] Re:ForumLecce digest, Vol 1 #530 - 1 msg


L'altro giorno ho passato la giornata con Alì e Montazar, a sera ci hanno
raggiunto Teresa e Ninì. E' due giorni che non penso quasi ad altro. E'
inutile che mi dilunghi qui a raccontarvi le cose che hanno detto e le
condizioni materiali e psicolgiche in cui vivono. Credo che oramai siamo
tutti consapevoli di questo; forse è il momento di chiederci quali sono
state le nostre carenze. Credo che soprattutto il problema che non possono
lavorare avremmo dovuto porcelo subito, l'anno scorso, quando avevamo ancora
la forza e la coesione per farlo. E' una vita che parliamo della sentenza
del Consiglio di stato.Abbiamo pensato a convegni e seminari, va benissimo,
ma forse abbiamo trascurato qualcosa. Ci siamo sfilacciati e persi in mille
beghe interne, magari importanti, ma che vi giuro e non vi sembri retorico,
rispetto alle condizioni dei ragazzi e alla responsabilità politica e umana
che ci eravamo e dovevamo continuare ad assumerci, mi sembrano delle gran
cagate. So che molti di noi hanno aiutato singolarmente i ragazzi, ma tutti
i soldi e gli aiuti dati non possono compensare il fatto che ad un certo
punto è venuto a mancare un approccio complessivo, di tutti insieme, al
problema. Mi sembra una cosa di pazzi pensare di farsi carico di una vicenda
politica e umana di questa portata e poi non essere in grado di gestirla in
maniera consapevole e organizzata. So che abbiamo a che fare con cose più
grandi di noi, con leggi di merda, che c'era la guerra, che siamo comunque e
sempre pochi......... Tuttavia questo non mi basta perchè sento di non aver
fatto tutto il possibile e, che, ad un certo momento , la battaglia è stata
mollata.
Sapete bene che per me, in certe situazioni, esiste il primato della
politica, che ho sempre privilegiato l'aspetto politico di questa vicenda.
Ma noi abbiamo assunto una responsabilità anche umana nei confronti di
queste persone, che, credo, sia strettamente connessa alla prima. Ho sempre
pensato che la solidarietà materiale del singolo, per quanto necessaria, non
risolvesse i problemi. Quello che penso è che forse si poteva fare di più a
livello collettivo per garantire condizioni migliori ai ragazzi.
Questo vuole essere un richiamo a me per prima e a tutti quelli che hanno
partecipato alla battaglia.
Basta con le beghe, i rancori, i balli, le paturnie personali, fuori dalle
torri d'avorio e rimbocchiamoci tutti le maniche.
Le cose dette da Luca vanno benissimo. Va bene anche l'idea di Silverio di
organizzare una serata in sede in cui ognuno porta qualcosa, per raccogliere
fondi e beni di necessità. Propongo martedì 16, verso le 21. Rispondete.
Basta che questo serva a riprendere in mano la situazione insieme e non
resti il solito episodio isolato.
Il tempo stringe. Il 15 gennaio è alle porte. I ragazzi rischiano di essere
rimandati a casa dopo aver passato un anno di merda e, al massimo con un po'
di soldi. Possono anche condannare i bastardi, ma sarebbe comunque una
battaglia vinta a metà. Forse sono ancora sotto l'effetto dell'incontro con
Alì e Montazar, forse ho dei sensi di colpa cattolici ma questa cosa non la
reggo. Scusate lo sfogo autocoscienziale da ex bambina di Lotta Continua, ma
sono incazzata soprattutto con me stessa. Ciao Fra.

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