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著者: Paola Manduca
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題目: [NuovoLaboratorio] (no subject)
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QUESTA è LA VERSIONE CORRETTA E APPROVATA ALL RIUNIONE DEL GESF DI IERI SERA
ED OFFERTA PER ADESIONI E COME BASE DI DISCUSSIONE A TUTTE LE
ORGANIZZAZIONI E PARTITI

CI VEDIAMO, CGIL E FORUM SOCIALE, PER DISCUTERNE E DEFINIRE ANCHE
EVENTUALI MOBILITAZIONI E/O EVENTI PRIMA DEL VOTO AL PARLAMENTO:

VENERDI 5 DICEMBRE
ORE 17, CASA DELLA PACE, PZZ. PALERMO

INVITIAMO TUTTE E TUTTI A PARTECIPARE ALLA RIUNIONE, ALLA DISCUSSIONE
E ALLA MOBILITAZIONE PER OPPORSI AL RINNOVO DELLA PARTECIPAZIONE
ITALIANA ALLA OCCUPAZIONE IN IRAQ


Documento in occasione del dibattito sulla "missione" Italiana in
Iraq-novembre 2003

Dopo la aggressione ingiustificata al'Afghanistan e nonostante una
opposizione globale, e la più numerosa mai vista nella storia, contro
la guerra preventiva all'Iraq, le oligarchie del mondo hanno portato
avanti il loro progetto di attacare e occupare anche quel paese,
utilizzando pretesti falsi per loro stessa ammissione.
Attualmente, a sei mesi dalla cosidetta "fine" della guerra si
assiste ad una persistente e crescente presenza delle truppe di
aggressione e si prospetta una loro indefinita permanenza in Iraq.
La società irachena è vissuta sotto un regime brutale ed non
democratico, colpevole tra l'altro di una criminale repressione nei
confronti dei Curdi. Sotto quel regime esistevano comunque laicità,
lavoro, scuole, strutture civili e sanitarie. La guerra le ha
distrutte, come ha distrutto la sicurezza fisica, le strutture di
rifornimenti, e la occupazione del paese non ha permesso la
ricostruzione di uno spazio concreto di per la produzione, il lavoro
ed il commercio nelle città occupate, militarizzate e distrutte,
senza garantire neppure una concreta libertà di espressione.
Sei mesi dopo la "fine" della guerra la incapacità degli occupanti di
garantire la sicurezza personale e le libertà essenziali è manifesta
altrettanto quanto è manifesto il fatto che la occupazione è un
ostacolo allo sviluppo di una vita civile e alla possibilità di
produzione, commercio del paese e nel paese.
Inoltre, l'esercizio del potere militare e di aggressione preventiva
ha fatto lievitare gli atti di terrorismo internazionale che si
propone come risposta di potere e di aggressione alla guerra e
all'occupazione ed in questo modo seduce ed oscura la legittima
resistenza alla occupazione di tutti i popoli attaccati ed occupati .
Le azioni del terrorismo organizzato in rete internazionale tolgono
voce alla fragile realtà della società civile democratica irachena,
ripropongono una frammentazione sociale, favoriscono l'integralismo
religioso, introducono logiche di delega, prepotenza e simbolismi non
diversi da quelli rappresentati e sostenuti dall'aggressione
preventiva USA e dal neoliberismo che è alla sua base.
La comunicazione del mondo occidentale focalizzando tutta la
attenzione sulle azioni terroristiche e la guerra, soffoca anche la
voce di milioni di cittadine e cittadini del mondo che si è levata
prima della guerra e che ha detto allora quali terribili conseguenze
ne sarebbero derivate, quali orribili propositi la muovevano: Esse ed
essi vengono addiritura accusati per questo di connivenza con il
terrorismo: in tutto il mondo occidentale si sono riproposte leggi
che criminalizzano preventivamente la libertà di espressione.
Il movimento contro la guerra e pacifista ha dall'inizio avuto la
lucidità e la chiarezza di denunciare la logica della aggressione
neoliberista, il disegno di potere che la ha mossa , la vastità della
impresa che avrebbe distrutto la vita stessa di centinaia di migliaia
di civili e il tessuto di vita di milioni di uomini e donne di ogni
razza e di ogni età, le connessioni tra questa guerra e le guerre
economiche che sono in corso per il controllo di tutto il pianeta.
Il movimento si è fato voce collettiva per chi, aspettando le bombe
in Iraq, voce non aveva, nell'esprimere la opposizione alla guerra.
Adesso che la guerra continua in occupazione armata, che le vittime
si contano ogni giorno e ancor più quando queste ci toccano da
vicino, e mentre si moltiplicano gli attentati dei terroristi in
tutto il mondo, il movimento si assume ancor a alcuni compiti.
Crediamo necessario lavorare in tutto il mondo, e quindi in ogni
luogo, per dare voce alle richieste di autodeterminazione dei popoli
occupati. Perché agli iracheni sia permesso di lavorare alla
riaggregazione sociale intorno alla soluzione dei problemi primari
causati dalla guerra, ed intorno ad una ipotesi di governo che può
generarsi solo dall'interno della società. Sei mesi per imporre la
democrazia hanno prodotto militarizzazione, fame, disgregazione
sociale, e morte quotidiana. Di lavorare perché gli iracheni abbiano
il sostegno tecnico derivante solo dalle organizzazioni
internazionali non governative e non a fine di lucro, e sia
restuarata la sovranità nazionale dell'Iraq.
Crediamo necessario di operare perché in ciascuno dei paesi che hanno
mandato truppe in Iraq,o che stanno per mandarle o per riconfermare
le missioni militari si faccia sentire l'opinione delle cittadine e
dei cittadini di ogni paese, che sappiamo fortemente avversa alla
partecipazione a questa occupazione militare.
Continuiamo a denunciare le "rotture" del diritto internazionale come
sancito dalla carta dell'ONU, del tribunale contro i crimini di
guerra, della convenzione di Ginevra e lavoriamo con questi dtrumenti
di legalità per far si che si processino amministrazioni, governi e
leaders che hanno promosso la guerra e mantengono la occupazione, per
tuti i crimini che hanno commesso e continuano a commettere.
Continuiamo a costruire legami concreti con la società civile
irachena, come anche degli altri paesi occupati, Palestina,
Afghanistan e Kurdistan, per funzionare come cassa di risonanza per
la loro voce, sepolta nel clamore mediatico delle azioni di violenza
e di aggressione di tutti i terrorismi e guerre di terrore, e
tagliate dalla censura. Che la voce dei popoli che resistano per
costruire il loro presente ed il loro futuro sia alta e chiaramente
distinguibile dal rumore assordante delle armi.
Quindi saremo presenti in ogni paese a chiedere che cessi la
occupazione dell'Iraq, che siano ritirate subito tutte le truppe, che
sia affidata ad organizzazioni internazionali indipendenti la fattiva
solidarietà diretta alle emergenze, mentre si ristrutturano le forme
del consenso e della autodeterminazione, possibili solamente in un
paese liberato. Che siano lasciate agli iracheni le loro risorse e a
ciascuno siaa data la compensazione per i crimini di guerra, di
occupazione e di embargo subiti dalla popolazione civile. Che gli
iracheni siano padroni dei rapporti economici per provvedere alla
ricostruzione.
Come cittadine e cittadini di una Europa che vogliamo solidale e
luogo di diritti, democrazia e pace e che invece trova la sua
identità primaria come Europa che si riarma e si blinda, denunciamo e
contrasteremo tutti i processi di questo riarmo, e la creazione di
una armata europea.
Nella circostanza in cui il parlamento italiano deve decidere se
riconfermare la partecipazione italiana alla occupazione in Iraq,
ribadiamo che le ragioni per cui le truppe sono andate in Iraq erano
falsificate ed ingiustificabili, che è dimostrato che "il pericolo
Iraq" era inesistente e che la "democrazia" non si porta con le armi,
che il terrorismo internazionale si giova della occupazione e prepara
cosi il suo radicamento nei luoghi occupati, che la occupazione non
ha prodotto nessuno degli esiti conclamati come motivazione per
occupare, che sortisce morte da tutte le parti, che non ci sono
motivi per mantere una presenza in Iraq delle truppe italiane.
Chiediamo il loro ritiro incondizionato ed il ritiro di tutte le
truppe che attualmente occupano l'Iraq. Che l'Iraq sia ridato agli
Iracheni.

--
Paola Manduca
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<div><font face="Times" size="+2" color="#000000">QUESTA è LA
VERSIONE CORRETTA E APPROVATA ALL RIUNIONE DEL GESF DI IERI
SERA</font></div>
<div><font face="Times" size="+2" color="#000000">ED OFFERTA PER
ADESIONI E COME BASE DI DISCUSSIONE A TUTTE LE ORGANIZZAZIONI&nbsp; E
PARTITI</font></div>
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<div><font face="Times" size="+2" color="#000000">CI VEDIAMO, CGIL E
FORUM SOCIALE,&nbsp; PER DISCUTERNE E DEFINIRE ANCHE EVENTUALI
MOBILITAZIONI E/O EVENTI PRIMA DEL VOTO AL PARLAMENTO:</font></div>
<div><font face="Times" size="+2" color="#000000"><br></font></div>
<div><font face="Times" size="+2" color="#000000">VENERDI 5
DICEMBRE</font></div>
<div><font face="Times" size="+2" color="#000000">ORE 17, CASA DELLA
PACE, PZZ. PALERMO</font></div>
<div><font face="Times" size="+2" color="#000000"><br></font></div>
<div><font face="Times" size="+2" color="#000000">INVITIAMO TUTTE E
TUTTI A PARTECIPARE ALLA RIUNIONE, ALLA DISCUSSIONE E ALLA
MOBILITAZIONE PER OPPORSI AL RINNOVO DELLA PARTECIPAZIONE ITALIANA
ALLA OCCUPAZIONE IN IRAQ</font></div>
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<div><font face="Times" size="+2" color="#000000">&nbsp;</font></div>
<div><font face="Times" size="+2" color="#000000">Documento in
occasione del dibattito sulla ³missione² Italiana&nbsp; in
Iraq-novembre 2003</font></div>
<div><font face="Times" size="+2" color="#000000"><br>
Dopo la aggressione ingiustificata al¹Afghanistan e nonostante una
opposizione globale, e la più numerosa mai vista nella storia,
contro la guerra preventiva&nbsp; all¹Iraq, le oligarchie del mondo
hanno portato avanti il loro progetto di attacare e occupare anche
quel paese, utilizzando pretesti falsi per loro stessa ammissione.<br>
Attualmente, a sei mesi dalla cosidetta ³fine² della guerra si
assiste ad una persistente e crescente presenza delle truppe di
aggressione e si prospetta una loro indefinita permanenza&nbsp; in
Iraq.<br>
La società irachena è vissuta sotto un regime brutale ed non
democratico, colpevole tra l¹altro di una criminale repressione nei
confronti dei Curdi. Sotto quel regime esistevano comunque laicità,
lavoro, scuole, strutture civili e sanitarie. La guerra le ha
distrutte, come ha distrutto la sicurezza fisica, le strutture di
rifornimenti, e la occupazione del paese non ha permesso la
ricostruzione di uno spazio concreto di per la produzione, il lavoro
ed il commercio nelle città occupate, militarizzate e distrutte,
senza garantire neppure una concreta&nbsp; libertà di
espressione.<br>
Sei mesi dopo la ³fine² della guerra la incapacità degli
occupanti di garantire la sicurezza personale e le libertà
essenziali è manifesta altrettanto quanto è manifesto il fatto che
la occupazione è un ostacolo allo sviluppo di una vita civile e alla
possibilità di produzione, commercio del paese e nel paese.<br>
Inoltre, l¹esercizio del potere militare e di aggressione preventiva
ha fatto lievitare gli atti di terrorismo internazionale che si
propone come risposta di potere e di aggressione alla guerra e
all¹occupazione ed in questo modo seduce ed oscura la legittima
resistenza alla occupazione di tutti i popoli attaccati ed occupati
.<br>
Le azioni del terrorismo organizzato in rete internazionale tolgono
voce alla fragile realtà della società civile democratica
irachena, ripropongono una frammentazione sociale, favoriscono
l¹integralismo religioso, introducono logiche di delega, prepotenza e
simbolismi non diversi da quelli rappresentati e sostenuti
dall¹aggressione preventiva&nbsp; USA e dal neoliberismo che è alla
sua base.<br>
La comunicazione del mondo occidentale&nbsp; focalizzando tutta la
attenzione sulle azioni terroristiche e la guerra, soffoca anche la
voce di milioni di cittadine e cittadini del mondo che si è levata
prima della guerra e che ha detto allora quali terribili conseguenze
ne sarebbero derivate, quali orribili propositi la muovevano: Esse ed
essi vengono addiritura accusati per questo di connivenza con il
terrorismo: in tutto il mondo occidentale si sono riproposte leggi che
criminalizzano preventivamente la libertà di espressione.<br>
Il movimento contro la guerra e pacifista ha dall¹inizio avuto la
lucidità e la chiarezza di denunciare la logica della aggressione
neoliberista, il disegno di potere che la ha mossa , la vastità
della impresa che avrebbe distrutto la vita stessa di centinaia di
migliaia di civili e il tessuto di vita di milioni di uomini e donne
di ogni razza e di ogni età, le connessioni tra questa guerra e le
guerre economiche che sono in corso per il controllo di tutto il
pianeta.</font></div>
<div><font face="Times" size="+2" color="#000000">Il movimento si è
fato voce collettiva per chi, aspettando le bombe in Iraq, voce non
aveva, nell¹esprimere la opposizione alla guerra.</font></div>
<div><font face="Times" size="+2" color="#000000">Adesso che la guerra
continua in occupazione armata, che le vittime si contano ogni giorno
e ancor più quando queste ci toccano da vicino, e mentre si
moltiplicano gli attentati&nbsp; dei terroristi in tutto il mondo, il
movimento&nbsp; si assume ancor a alcuni compiti. Crediamo necessario
lavorare in tutto il mondo, e quindi in ogni luogo, per dare voce alle
richieste di autodeterminazione dei popoli occupati. Perché agli
iracheni sia permesso di lavorare alla riaggregazione sociale intorno
alla soluzione dei problemi primari causati dalla guerra, ed intorno
ad una ipotesi di governo che può generarsi solo dall¹interno
della società. Sei mesi per imporre la democrazia hanno prodotto
militarizzazione, fame, disgregazione sociale, e morte quotidiana. Di
lavorare perché gli iracheni abbiano il sostegno tecnico derivante
solo dalle organizzazioni internazionali non governative e non a fine
di lucro, e sia restuarata la sovranità nazionale
dell¹Iraq.</font></div>
<div><font face="Times" size="+2" color="#000000">Crediamo necessario
di operare perché in ciascuno dei paesi che hanno mandato truppe in
Iraq,o che stanno per mandarle o per riconfermare le missioni militari
si faccia sentire l¹opinione delle cittadine e dei cittadini di ogni
paese, che sappiamo fortemente avversa&nbsp; alla partecipazione a
questa occupazione militare.<br>
Continuiamo a denunciare le ³rotture² del diritto internazionale
come sancito dalla carta dell¹ONU, del tribunale contro i crimini di
guerra, della convenzione di Ginevra e lavoriamo con questi dtrumenti
di legalità per far si che si processino amministrazioni, governi e
leaders che hanno promosso la guerra e mantengono la occupazione, per
tuti i crimini che hanno commesso e continuano a commettere.<br>
Continuiamo a costruire legami concreti con la società civile
irachena, come anche degli altri paesi occupati, Palestina,
Afghanistan e Kurdistan, per funzionare come cassa di risonanza per la
loro voce, sepolta nel clamore mediatico delle azioni di violenza e di
aggressione di tutti i terrorismi e guerre di terrore, e tagliate
dalla censura. Che la voce dei popoli che resistano per costruire il
loro presente ed il loro futuro sia alta e chiaramente distinguibile
dal rumore assordante delle armi.<br>
Quindi saremo presenti in ogni paese a chiedere che cessi la
occupazione dell¹Iraq, che siano ritirate subito tutte le truppe,
che sia affidata ad organizzazioni internazionali indipendenti la
fattiva solidarietà diretta alle emergenze, mentre si ristrutturano
le forme del consenso e della autodeterminazione, possibili solamente
in un paese liberato. Che siano lasciate agli iracheni le loro risorse
e a ciascuno siaa data la compensazione per i crimini di guerra, di
occupazione e di embargo subiti dalla popolazione civile. Che gli
iracheni siano padroni dei rapporti economici per provvedere alla
ricostruzione.<br>
Come cittadine e cittadini di una Europa che vogliamo solidale e luogo
di diritti, democrazia e pace e che invece trova la sua identità
primaria come Europa che si riarma e si blinda, denunciamo e
contrasteremo tutti i processi di questo riarmo, e la creazione di una
armata europea.<br>
Nella circostanza in cui il parlamento italiano deve decidere se
riconfermare la partecipazione italiana alla occupazione in Iraq,
ribadiamo che le ragioni per cui le truppe sono andate in Iraq erano
falsificate ed ingiustificabili, che è dimostrato che ³il pericolo
Iraq² era inesistente e che la ³democrazia² non si porta con le
armi, che il terrorismo internazionale si giova della occupazione e
prepara cosi il suo radicamento nei luoghi occupati, che la
occupazione non ha prodotto nessuno degli esiti conclamati come
motivazione per occupare, che sortisce morte da tutte le parti, che
non ci sono motivi per mantere una presenza in Iraq delle truppe
italiane.<br>
Chiediamo il loro ritiro incondizionato ed il ritiro di tutte le
truppe che attualmente occupano l¹Iraq. Che l¹Iraq sia ridato agli
Iracheni.</font><br>
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Paola Manduca</div>
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