[NuovoLaboratorio] Fwd: [comunicati_lilliput] Iraq. Lettera …

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Aihe: [NuovoLaboratorio] Fwd: [comunicati_lilliput] Iraq. Lettera aperta e una proposta lillipuziana
--============_-1142062172==_ma============
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ecco anche la lettera di lilliput

>
>Nota stampa Rete Lilliput
>Ufficio Stampa Rete Lilliput: Cristiano Lucchi 339/6675294 -
><mailto:ufficiostampa@retelilliput.org>ufficiostampa@???
>
>Iraq. Lettera aperta sulla questione irakena
>Un documento di Rete Lilliput per avviare un ragionamento non
>strumentale sulla crisi mediorientale
>
>Cari Amici,
>gravemente preoccupati dall'accelerazione che ha subito il confronto
>fra le forze della pace e quelle della guerra, soprattutto nel
>nostro paese, ci rivolgiamo a tutti Voi, per sottoporvi le
>considerazioni e la proposta che seguono.
>
>1. L'andamento del conflitto in Iraq (e anche la situazione in
>Afghanistan) stanno confermando le più fosche previsioni.
>Soprattutto si stanno prefigurando delle situazioni in cui la
>gestione da parte di poche potenze sarà esposta con ogni probabilità
>a perdite ulteriori, nonché protagonista e vittima di violenze
>crescenti : ogni giorno che passa senza che vi sia un mutamento di
>rotta sostanziale la crisi diventerà sempre più difficile da
>risolvere con modalità politicamente accettabili.
>
>Vediamo anche governi e partiti invischiati nelle prevedibili e
>previste conseguenze delle loro decisioni di guerra, a partire dalla
>crescita del terrorismo. Esso ha ampliato le sue capacità operative,
>gode di aree di sostegno popolare, opera ormai su uno scacchiere
>internazionale ed è in grado di infliggere perdite difficili da
>prevedere e da evitare. La lotta contro un nemico del genere può
>facilmente vedere giustificata anche in ampi strati popolari e
>nell'immaginazione comune il ricorso a misure estreme, a ritorsioni,
>massacri, soppressioni di diritti umani. Occorre, oggi più che mai
>interrompere questa spirale con mezzi che escludano il ricorso alla
>violenza degli Stati.
>
>2. La situazione, sotto la minaccia di questo terrorismo
>internazionale, e nel clima da esso alimentato, si è negli ultimi
>giorni talmente deteriorata che risulta addirittura inutile
>insistere per un ritiro immediato delle forze armate dell'Italia e
>degli altri paesi in Afghanistan e in Iraq, perché la richiesta
>stessa alimenta risposte improntate a valori nazionalistici e al
>peggior patriottismo.
>
>In queste ore tristi, infatti, segnate dalla morte di tanti giovani,
>vediamo riemergere e montare disvalori e isterie che speravamo
>scomparse da quasi un secolo. Un impegno diffuso per interrompere
>questi arretramenti culturali è ormai urgente e dovrebbe anche
>indurre a superare le divergenze marginali e a sospendere le
>contrapposizioni spesso solo verbali tra organismi che condividono
>alcune ispirazioni di fondo. Le diversità di punti di vista si
>riveleranno invece feconde di intuizioni e di nuovi modelli non
>appena saremo in condizione di avviare una "costruzione della pace
>che non sia per l'ennesima volta solo un intervallo tra due guerre".
>
>3. I valori e le posizioni più largamente condivisi sono ormai evidenti:
>
>* Condanna e rifiuto del terrorismo, e determinazione a isolarne gli
>attori, a prevenirne le cause, a svuotarne i moventi
>
>* Illegittimità e rifiuto della guerra, considerata ormai uno
>strumento sorpassato per risolvere difficoltà nei rapporti tra Stati
>
>* Illegittimità e rifiuto delle guerre "preventive", "umanitarie",
>"inevitabili per lottare contro il terrorismo"
>
>* Illegittimità e rifiuto della guerra contro l'Iraq, sia nella fase
>iniziale che in quella attuale * Cambiamento nei modelli e nelle
>logiche degli interventi internazionali volti ad eliminare le cause
>dei conflitti e maggiore diffusione delle metodologie nonviolente di
>risoluzione dei conflitti
>
>4. Le organizzazioni che presentano questa iniziativa sono decise a
>esercitare ogni possibile pressione per perseguire i seguenti
>obiettivi:
>
>- affinché l'ONU intervenga immediatamente in Iraq, con l'invio di
>un contingente multinazionale, con funzioni di polizia
>internazionale, di peacekeeping e di peacebuilding, con compiti ben
>definiti nei tempi e nei modi, formato e guidato da paesi non
>attualmente belligeranti e che rappresentino i diversi gruppi di
>paesi che sono presenti nell'ONU. Il contingente dovrà comprendere
>sia forze armate, sia forze non armate in misura consistente e in
>collaborazione non subordinata alle prime
>
>- per un contemporaneo ritiro delle truppe, anche italiane, che
>attualmente agiscono da forze di guerra e di occupazione e non
>godono del consenso internazionale di paesi e di popoli che è
>condizione necessaria per esercitare una funzione realmente di pace
>e di prevenzione e svuotamento - non solo repressione - del
>terrorismo
>
>- per l'invio di una Equipe di Mediazione, scelta in sede ONU,
>formata da esponenti di paesi non belligeranti, capace di avviare un
>reale processo di ascolto, negoziazione e mediazione diretto ad
>iniziare e ad accelerare la transizione dell'Iraq verso un processo
>di autodeterminazione politico-economica, basato sulle scelte delle
>popolazioni locali.
>
>- per l'invio in forme organizzate di volontari, coordinati con le
>ONG che già operano in Iraq, che realizzino, autonomamente anche se
>in collaborazione con il contingente ONU, gli interventi di aiuto,
>sostegno umanitario, ricostruzione materiale e sociale.
>
>5. Le organizzazioni ribadiscono il loro impegno a proseguire insieme:
>
>In azioni di mobilitazione caratterizzate dall'attenzione, dal
>rispetto, dal dialogo nei confronti delle opinioni diverse, dalla
>nonmenzogna, dalla coerenza tra i fini indicati ed i mezzi
>impiegati, dimostrando (a questo servono le dimostrazioni) che la
>pace può solo con mezzi pacifici essere conseguita. E per questo che
>proponiamo di attivare assieme ,azioni dirette nonviolente, dal
>basso, come iniziative di protesta/proposta, non collaborazione
>attiva-boicottaggi, disobbedienza civile.
>
>- Verso una economia di giustizia che preveda drastici mutamenti dei
>peggiori meccanismi economici e sociali, in quanto l'economia di
>giustizia rappresenta la unica vera via di uscita dalla violenza
>strutturale sulle popolazioni, reali causa non remote delle guerre e
>dei terrorismi
>
>- Verso il disarmo internazionale, il superamento del commercio e
>della produzione di armamenti, la riconversione dell'industria
>bellica
>
>- Verso un profondo rispetto della natura, attribuendo priorità
>all'ambiente rispetto ad uno "sviluppo" basato solo sulla crescita
>illimitata, e un progressivo rifiuto del modello neoliberista
>
>6. Gli organismi citati in indirizzo nella sola Italia sono
>centinaia e tutti conosciamo le reali dimensioni del movimento
>internazionale contro la guerra, non da oggi presente anche negli
>USA, in Israele e in altri paesi tormentati da conflitti.
>
>Riteniamo sia necessario un salto di qualità nella nostra
>opposizione, che senza voler far scomparire differenze e
>distinzioni, permetta una mobilitazione che non possa essere
>facilmente cancellata da contromisure informative o da ragionamenti
>capziosi. Una mobilitazione che duri finché gli attuali focolai di
>guerra non siano messi al margine delle politiche internazionali e
>si avvii la elaborazione di misure alternative, dirette alla
>costruzione di una pace non formale.
>
>Vi ringraziamo per l'attenzione che vorrete dedicare a queste nostre
>considerazioni e proposte, e aspettiamo al più presto una vostra
>risposta, che ci auguriamo positiva, e la vostra disponibilità per
>un incontro di tutte le forze per la pace e contro la guerra per
>definire e verificare assieme un nuovo percorso di pace.
>
>Il Gruppo di Lavoro Tematico (GLT) Nonviolenza e conflitti della Rete Lilliput


--
Paola Manduca
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una</title></head><body>
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<div><br></div>
<blockquote type="cite" cite><br></blockquote>
<blockquote type="cite" cite><font size="+1"><b>Nota stampa Rete
Lilliput<br>
</b></font><font color="#000080"><b>Ufficio Stampa Rete
Lilliput:</b></font><b> Cristiano Lucchi 339/6675294 -</b> <a
href="mailto:ufficiostampa@retelilliput.org"><b
>ufficiostampa@???</b></a></blockquote>

<blockquote type="cite" cite>
<hr></blockquote>
<blockquote type="cite" cite><font size="+2" color="#000080"><b>Iraq.
Lettera aperta sulla questione irakena<br>
</b></font><font size="+1" color="#000080"><b>Un documento di Rete
Lilliput per avviare un ragionamento non strumentale sulla crisi
mediorientale<br>
<br>
</b></font><font color="#800000"><b>Cari Amici,<br>
gravemente preoccupati dall'accelerazione che ha subito il confronto
fra le forze della pace e quelle della guerra, soprattutto nel nostro
paese, ci rivolgiamo a tutti Voi, per sottoporvi le considerazioni e
la proposta che seguono.<br>
<br>
</b></font><b>1. L'andamento del conflitto in Iraq (e anche la
situazione in Afghanistan) stanno confermando le più fosche
previsioni.</b> Soprattutto si stanno prefigurando delle situazioni in
cui la gestione da parte di poche potenze sarà esposta con ogni
probabilità a perdite ulteriori, nonché protagonista e vittima di
violenze crescenti : ogni giorno che passa senza che vi sia un
mutamento di rotta sostanziale la crisi diventerà sempre più
difficile da risolvere con modalità politicamente accettabili.<br>
<br>
Vediamo anche governi e partiti invischiati nelle prevedibili e
previste conseguenze delle loro decisioni di guerra, a partire dalla
crescita del terrorismo. Esso ha ampliato le sue capacità operative,
gode di aree di sostegno popolare, opera ormai su uno scacchiere
internazionale ed è in grado di infliggere perdite difficili da
prevedere e da evitare. La lotta contro un nemico del genere può
facilmente vedere giustificata anche in ampi strati popolari e
nell'immaginazione comune il ricorso a misure estreme, a ritorsioni,
massacri, soppressioni di diritti umani. Occorre, oggi più che mai
interrompere questa spirale con mezzi che escludano il ricorso alla
violenza degli Stati.<br>
<br>
<b>2. La situazione, sotto la minaccia di questo terrorismo
internazionale, e nel clima da esso alimentato, si è negli ultimi
giorni talmente deteriorata</b> che risulta addirittura inutile
insistere per un ritiro immediato delle forze armate dell'Italia e
degli altri paesi in Afghanistan e in Iraq, perché la richiesta
stessa alimenta risposte improntate a valori nazionalistici e al
peggior patriottismo.<br>
<br>
In queste ore tristi, infatti, segnate dalla morte di tanti giovani,
vediamo riemergere e montare disvalori e isterie che speravamo
scomparse da quasi un secolo. Un impegno diffuso per interrompere
questi arretramenti culturali è ormai urgente e dovrebbe anche
indurre a superare le divergenze marginali e a sospendere le
contrapposizioni spesso solo verbali tra organismi che condividono
alcune ispirazioni di fondo. Le diversità di punti di vista si
riveleranno invece feconde di intuizioni e di nuovi modelli non appena
saremo in condizione di avviare una "costruzione della pace che
non sia per l'ennesima volta solo un intervallo tra due
guerre".<br>
<br>
<b>3. I valori e le posizioni più largamente condivisi sono ormai
evidenti:<br>
<br>
</b>* Condanna e rifiuto del terrorismo, e determinazione a isolarne
gli attori, a prevenirne le cause, a svuotarne i moventi<br>
<br>
* Illegittimità e rifiuto della guerra, considerata ormai uno
strumento sorpassato per risolvere difficoltà nei rapporti tra
Stati<br>
<br>
* Illegittimità e rifiuto delle guerre "preventive",
"umanitarie", "inevitabili per lottare contro il
terrorismo"<br>
<br>
* Illegittimità e rifiuto della guerra contro l'Iraq, sia nella fase
iniziale che in quella attuale * Cambiamento nei modelli e nelle
logiche degli interventi internazionali volti ad eliminare le cause
dei conflitti e maggiore diffusione delle metodologie nonviolente di
risoluzione dei conflitti<br>
<br>
<b>4. Le organizzazioni che presentano questa iniziativa sono decise a
esercitare ogni possibile pressione per perseguire i seguenti
obiettivi:<br>
<br>
</b>- affinché l'ONU intervenga immediatamente in Iraq, con l'invio
di un contingente multinazionale, con funzioni di polizia
internazionale, di peacekeeping e di peacebuilding, con compiti ben
definiti nei tempi e nei modi, formato e guidato da paesi non
attualmente belligeranti e che rappresentino i diversi gruppi di paesi
che sono presenti nell'ONU. Il contingente dovrà comprendere sia
forze armate, sia forze non armate in misura consistente e in
collaborazione non subordinata alle prime</blockquote>
<blockquote type="cite" cite><br>
- per un contemporaneo ritiro delle truppe, anche italiane, che
attualmente agiscono da forze di guerra e di occupazione e non godono
del consenso internazionale di paesi e di popoli che è condizione
necessaria per esercitare una funzione realmente di pace e di
prevenzione e svuotamento - non solo repressione - del terrorismo<br>
<br>
- per l'invio di una Equipe di Mediazione, scelta in sede ONU, formata
da esponenti di paesi non belligeranti, capace di avviare un reale
processo di ascolto, negoziazione e mediazione diretto ad iniziare e
ad accelerare la transizione dell'Iraq verso un processo di
autodeterminazione politico-economica, basato sulle scelte delle
popolazioni locali.<br>
<br>
- per l'invio in forme organizzate di volontari, coordinati con le ONG
che già operano in Iraq, che realizzino, autonomamente anche se in
collaborazione con il contingente ONU, gli interventi di aiuto,
sostegno umanitario, ricostruzione materiale e sociale.<br>
<br>
<b>5. Le organizzazioni ribadiscono il loro impegno a proseguire
insieme:<br>
<br>
</b>In azioni di mobilitazione caratterizzate dall'attenzione, dal
rispetto, dal dialogo nei confronti delle opinioni diverse, dalla
nonmenzogna, dalla coerenza tra i fini indicati ed i mezzi impiegati,
dimostrando (a questo servono le dimostrazioni) che la pace può solo
con mezzi pacifici essere conseguita. E per questo che proponiamo di
attivare assieme ,azioni dirette nonviolente, dal basso, come
iniziative di protesta/proposta, non collaborazione
attiva-boicottaggi, disobbedienza civile.<br>
<br>
- Verso una economia di giustizia che preveda drastici mutamenti dei
peggiori meccanismi economici e sociali, in quanto l'economia di
giustizia rappresenta la unica vera via di uscita dalla violenza
strutturale sulle popolazioni, reali causa non remote delle guerre e
dei terrorismi<br>
<br>
- Verso il disarmo internazionale, il superamento del commercio e
della produzione di armamenti, la riconversione dell'industria
bellica<br>
<br>
- Verso un profondo rispetto della natura, attribuendo priorità
all'ambiente rispetto ad uno "sviluppo" basato solo sulla
crescita illimitata, e un progressivo rifiuto del modello
neoliberista<br>
<br>
<b>6. Gli organismi citati in indirizzo nella sola Italia sono
centinaia e tutti conosciamo le reali dimensioni del movimento
internazionale contro la guerra, non da oggi presente anche negli USA,
in Israele e in altri paesi tormentati da conflitti.<br>
<br>
</b>Riteniamo sia necessario un salto di qualità nella nostra
opposizione, che senza voler far scomparire differenze e distinzioni,
permetta una mobilitazione che non possa essere facilmente cancellata
da contromisure informative o da ragionamenti capziosi. Una
mobilitazione che duri finché gli attuali focolai di guerra non
siano messi al margine delle politiche internazionali e si avvii la
elaborazione di misure alternative, dirette alla costruzione di una
pace non formale.<br>
<br>
Vi ringraziamo per l'attenzione che vorrete dedicare a queste nostre
considerazioni e proposte, e aspettiamo al più presto una vostra
risposta, che ci auguriamo positiva, e la vostra disponibilità per
un incontro di tutte le forze per la pace e contro la guerra per
definire e verificare assieme un nuovo percorso di pace.<br>
<br>
<b>Il Gruppo di Lavoro Tematico (GLT) Nonviolenza e conflitti della
Rete Lilliput</b></blockquote>
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Paola Manduca</div>
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