Scanzano sarà nucleare
Un paese lucano scelto dal governo come futuro sito nazionale per le scorie
nucleari. Ed è subito rivolta. Protestano anche la regione Basilicata e
l'opposizione parlamentare: «E' una follia»
MASSIMO GIANNETTI
ROMA
Le sei mila anime di Scanzano Ionico sono già in rivolta. Non sapevano
niente della decisione annunciata ieri dal governo. Una decisione che
cambierà per sempre il futuro del paese lucano, intento proprio in questi
mesi a progettarsene un altro completamente diverso, tutto proiettato a
richiamare il turismo estivo nel suo mare. Da oggi, si cambia scenario
perché il governo delle libertà gli ha appena rifilato - per decreto - la
bellezza di ottantamila metri cubi di rifiuti radioattivi, scarti di
centrali nucleari dismesse e di materiale sanitario che non si sa dove
mettere in sicurezza. Insomma, un bel paccone di immondizie nocive - le
dimensioni sono quelle di un campo di calcio per un altezza di oltre 20
metri - che nessun abitante della terra vorrebbe comprensibilmente avere
dietro casa. Scorie resistentissime, di «seconda» e «terza categoria»,
vengono definite, e sono destinate a rimanere in vita, benché sottoterra,
anche 150mila anni. Praticamente per sempre. La scelta del futuro «cimitero
delle scorie» è arrivata a sospresa. «A tradimento», correggono in blocco i
parlamentari dell'opposizione (ma anche esponenti del centro destra locali)
incitando Scanzano alla ribellione contro «questa follia». Forse il decreto
che ne avvia la costruzione era pronto già da tempo, ma quantomeno
incuriosisce la data in cui è stato emanato. Arriva infatti il giorno del
lutto nazionale per la strage degli italiani a Nassiriya, ma il legame con
la guerra è smentito e confermato dagli esponenti dello stesso governo a
seconda di chi parla. E' solo opportunismo o si sono segnali di possibili
attentati terroristici negli attuali siti nucleari sparsi per l'Italia? Dal
governo nessuna risposta a queste richieste. Ricorda invece, e con grande
enfasi, che l'area individuata a Scanzano è stata ritenuta «ideale già sei
anni fa dai tecnici del servizio geologico nazionale». Questo perché la
morfologia del territorio, viene detto, «è sostanzialmente equivalente alle
condizioni del sito nazionale scelto in Usa per lo stesso scopo». Le scorie,
garantisce il governo, saranno collocate a una «profondità di 800 metri in
una grande `lente' di salgemma, sottile ai lati e spessa al centro, in grado
di dare il top delle garanzie di stabilità». Il sito sarà costruito «in
mezzo a due grossi letti di argilla spessi alcune centinaia di metri». Il
tutto, Scanzano permettendo, sarà realizzato in sette-otto anni. Lo
stanziamento previsto per partire è 500mila euro per il 2003 e di altri 9
milioni per i prossimi due anni. Per completare i lavori sono previsti 350
milioni di euro. Nel frattempo le scorie in viaggio verrebbero «incanalate
temporaneamente dentro speciali bunker di cemento armato».
Il cimitero del nucleare sarà un'«opera di difesa militare, di proprietà
dello stato» - precisa Palazzo Chigi - e la realizzazione sarà gestita dal
commissario del governo Carlo Jean, un generale già presidente della Sogin -
la società a cui da tempi ormai lontani è stata affidato lo smantellamento
mai avviato delle centrali dismesse -. Il quale generale, in virtù dei
poteri eccezionali che gli sono stati conferiti sin dai giorni della guerra
in Iraq, avrà mano libera su qualsiasi cosa, sopratutto sugli appalti. Ma
questa è un'altra storia, forse futura. L'attualità è che non è affatto
detto che Scanzano perda la sua vocazione agricola e turistica a vantaggio
delle scorie radioattive. L'ultima scommessa del governo potrebbe infatti
finire esattamente come tutte le altre che l'hanno preceduta. Per il sito
nazionale del rifiuti nucleari si era infatti parlato prima della Sardegna
(miniere del Sulcis), poi della Puglia (il parco della Murgia) e poi ancora,
parole sante del ministro Giovanardi, da distribuire un po' in tutte le
regioni. Le proteste locali hanno fatto rimbalzare la patata bollente sulla
povera Lucania, ora anch'essa sul piede di guerra.
«Se il governo pensa di poter impunemente usare il nostro territorio - dice
il presidente della regione Basilicata, Filippo Bubbico - ha sbagliato i
suoi calcoli, perchè incontrerà la più ferma opposizione delle istituzioni e
delle comunità locali. Si tratta di una decisione del tutto inopinata,
assunta in aperta violazione dell'ordinanza del presidente del consiglio del
7 marzo del 2003 e senza alcuna espressione di consenso da parte delle
istituzioni che, sino a prova contraria, esercitano le funzioni
costituzionali di governo del territorio». La battaglia è appena cominciata.
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