[RSF] Lilliput: Documento su Violenza sociale e conflitto:

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Autor: Luigi Pirelli
Datum:  
Betreff: [RSF] Lilliput: Documento su Violenza sociale e conflitto:
Date:     Mon, 10 Nov 2003 19:02:16 +0100
From:     Segreteria Lilliput <segreteria@???>



Comunicato stampa Rete Lilliput
Ufficio Stampa Rete Lilliput: Cristiano Lucchi 339/6675294 - ufficiostamp=
a@???


Quasi tutti gli uomini muoiono per i rimedi che usano pi=F9 che per le lo=
ro malattie. (Moli=E8re)

Violenza: Rete Lilliput propone alcune riflessioni
per (reimpostare) un confronto nella societ=E0 e nel movimento
Le occasioni per ascoltare e capire ragioni diverse dalla propria non son=
o mai troppe, e
dunque ben venga anche la discussione aperta dall'intervento di Sergio Se=
gio. C'=E8
qualcosa, tuttavia, di questa discussione, che non ci convince, e vogliam=
o dirlo subito.

La prima cosa che non ci convince =E8 il tono accusatorio che molti inter=
venti hanno
assunto. La violenza politica e pi=F9 in generale la violenza come modali=
t=E0 di linguaggio e
mezzo di intervento nella realt=E0 =E8 secondo noi una malattia, per cos=EC=
dire, da cui nessuno
pu=F2 dirsi del tutto immune. Nessuno, dentro o fuori il "movimento", nes=
suno dentro o fuori
il sistema politico, nessuno dentro o fuori il mondo dei media, pu=F2 sec=
ondo noi dirsi del
tutto libero da tentazioni di tipo violento. La violenza attraversa la so=
ciet=E0 tutta
intera, in alto come in basso, e se pure molte coscienze =ADmoltissime, c=
rediamo =AD non sono
succubi ad essa, tutte per=F2 ne sono, pard=F2n, ne siamo tutti condizion=
ati. Non pu=F2 essere
altrimenti. L'accettazione di questa semplice realt=E0 non pu=F2 essere d=
ata per scontata. E'
il primo passo da compiere per guarire dalla "malattia", come l'abbiamo c=
hiamata. E' il
primo passo da compiere per vedere se stiamo guarendo, se ci stiamo curan=
do (...o se invece
della malattia, in realt=E0, non possiamo fare a meno).

Ecco allora che c'=E8 poca verit=E0, c'=E8 poca sincerit=E0 =ADcos=EC par=
e a noi- in un dibattito
sulla violenza in cui qualcuno indichi qualcun altro come maggiormente re=
sponsabile di
aperture o cedimenti alle derive violente. Se una riflessione importante =
come questa
prende le mosse da posizioni cos=EC vicine all'accusa o all'insinuazione,=
come evitare che
dalla volont=E0 di comprensione si scivoli ancora una volta allo stereoti=
pi rassicurante,
all'autodifesa, alla generalizzazione? Pu=F2 darsi che non fosse questa l=
'intenzione di chi
ha aperto questo dibattito, ma di certo questo =E8 stato un aspetto non m=
arginale del
risultato... Ma non vogliamo intervenire solo per commentare posizioni al=
trui.

Noi della Rete di Lilliput crediamo nella nonviolenza e ci sforziamo di c=
omunicare ed
agire in modo nonviolento. Siamo convinti che l'unico antidoto vero, l'un=
ica radicale
alternativa alla violenza sia l'azione nonviolenta. Sappiamo di essere un=
a minoranza: ne
siamo ben consapevoli. Sappiamo che non =E8 sempre facile incoraggiare l'=
adesione alla
nonviolenza. E' un lavoro che si scontra contro frequenti, quotidiane aut=
odifese,
chiusure, obiezioni, fraintendimenti. "Nei rapporti umani e sociali", ci =
viene detto,
"tutto, in misura pi=F9 o meno grande, =E8 violenza, dunque =E8 pura illu=
sione, -quando non
presunzione- predicare la nonviolenza". Questa obiezione =ADo altre, pi=F9=
o meno
equivalenti-, non ci viene solo o principalmente rivolta da qualche area,=
"estrema" o no,
del "movimento dei movimenti". Questa obiezione la incontriamo tutti i gi=
orni al lavoro,
nella strada, sui giornali...

Questa obiezione =E8 la salda convinzione =ADammessa o no- della grande m=
aggioranza dei nostri
politici =ADdi ogni colore-, e guida evidentemente il mondo dell'economia=
e
dell'informazione... E volendo proseguire, questa obiezione trasuda lette=
ralmente da un
numero infinito di messaggi sparati da tutte le televisioni, non esenti l=
e pubblicit=E0, i
notiziari, le testate"scientifiche" (?) o i programmi sportivi...

Quindi, chiedersi cosa favorisce la violenza =ADnelle varie sue forme- e =
cosa la pu=F2
contrastare, chiederselo non in generale e in astratto, ma qui ed ora, ne=
lla societ=E0
italiana attuale, noi crediamo possa essere utile. Noi lo facciamo. Lo ab=
biamo fatto nel
preparare la partecipazione alle giornate del G8 a Genova nel luglio 2001=
, e lo facemmo in
quelle esaltanti =ADe tragiche- giornate. Non abbiamo mai smesso di farlo=
, come molti altri,
dentro o fuori il "movimento"... Ma chiedersi cosa favorisce e cosa contr=
asta la violenza, e
farlo solo col pretesto per distribuire patenti o condanne ci sembra poco=
utile.

Ci=F2 detto, vogliamo rivolgerci anche, pi=F9 da vicino, a chi del "movim=
ento dei movimenti",
come noi, fa parte, a chi in esso ha investito, con la sensazione e la sp=
eranza che
qualcosa di realmente nuovo non solo si potesse costruire, ma fosse realm=
ente,
concretamente gi=E0 in cammino. Non torniamo pertanto, ora, sulle ragioni=
generali del
nostro agire collettivo (il "mondo diverso" che vogliamo). Partiamo da un=
o dei nodi
importanti della discussione:il conflitto.

Le discussioni che animano le realt=E0 di movimento mettono al centro i p=
roblemi reali della
nostra epoca: mancanza di accesso all'acqua per un miliardo e quattrocent=
o milioni di
persone o il dramma delle famiglie senza fissa dimora che vagano alla ric=
erca di un
alloggio, occupando disperatamente spazi lasciati vuoti nella nostra citt=
=E0, o ancora dei
nuovi lager dei centri di permanenza temporanea e i tanti altri "aparthei=
d globali"
prodotti da questo modello di sviluppo. E' su conflitti come questi che s=
i lavora, si
discute e si cerca di portare una trasformazione positiva.

Sul conflitto occorre imparare ad esprimersi con un atteggiamento positiv=
o che considera
il confitto come opportunit=E0 di crescita personale e sociale, non con u=
n atteggiamento
negativo che lo definisce e lo percepisce come qualcosa di sbagliato, e/o=
violento,
brutto. L'atteggiamento positivo, al contrario, vede il confitto come opp=
ortunit=E0 di
crescita, sia personale che sociale. E' un mutamento di prospettiva.

E' un mutamento difficile a farsi: si tratta niente di meno che di un cam=
biamento radicale
e profondo di mentalit=E0 e di cultura nei riguardi della trasformazione =
sociale, della
sofferenza, del piacere e delle passioni che essa comporta per tutti. Una=
vera
rivoluzione, che investe in pieno i temi della democrazia e della parteci=
pazione:
un'autentica partecipazione implica l'accettazione il calarsi nel conflit=
to, con i rischi
che questo comporta. Per esempio, con il rischio di perdere il controllo,=
e perdere una
buona fetta di potere, da parte di coloro che ce l'hanno lo detengono, e =
il rischio di
assumere potere da parte di chi non ce l'ha e sinora l'ha delegato per co=
modit=E0 o per paura.

La costruzione di contesti sociali cooperativi e costruttivi, di luoghi p=
ubblici aperti
alla sperimentazione di nuovi legami e di nuove pratiche sociali, dal mic=
ro al macro
livello, deve anzitutto riconoscere il conflitto come stato o luogo natur=
ale della
relazione. Ci=F2 significa che per noi =E8 sempre essenziale facilitare l=
'emersione e
l'esplicitazione sia del disagio, sia dei problemi, perch=E8 entrambi que=
sti livelli siano
affrontati positivamente. E' evidente che sussistono ancora al nostro int=
erno ritualismi
insensati e ripetitivi: la forma-corteo come unica modalit=E0 della manif=
estazione pubblica
di massa, l'assemblearismo ed il leaderismo come uniche vie per i process=
i di discussione
e decisione collettiva, il ricorso ad atti aggressivi e distruttivi in si=
tuazioni a
rischio. Se non saremo capaci di andare oltre, ci ridurremo ancora una vo=
lta alla paralisi
e al riflusso, e/o al circolo devastante della violenza repressiva.

Se non si svilupperanno forme di lotta dirette ed attive (continuative, r=
adicali,
organizzate e costruttive), le pratiche dell'aggressione distruttiva e de=
lla violenza
diretta =AD all'interno del movimento (vedi 4 ottobre a Roma), ma anche n=
ella societ=E0 (con
la ripresa del circolo perverso 'terrorismo-repressione') non potranno ch=
e diffondersi e
crescere.

La nonviolenza =E8 proprio la teoria-pratica politica che non cade nel tr=
anello delle
reazione uguale contraria come unica possibilit=E0, ma ricerca continuame=
nte altre vie,
altre coerenze mezzi- fini, nuove possibilit=E0 di abitare il conflitto e=
di costruire
differenza, di favorire cambiamento, di cercare e creare consenso. Sino a=
quando non ci
sar=E0 una scelta culturale di fondo nuova, non saranno sufficienti gli a=
ccorgimenti
paludati ed i tatticismi... Nella fase che si apre, di cui questo dibatti=
to (sinceramente
strano e sospetto per quando e come si =E8 avviato e sta procedendo) non =
sembra altro che
l'introduzione, ci aspettano tempi difficili, in cui le nostre possibilit=
=E0 di stare
insieme come movimento si giocheranno, secondo noi, proprio su questo: su=
lla chiarezza e
coerenza delle nostre scelte rispetto al rifiuto della guerra e della vio=
lenza sia come
scelte politiche (in riferimento ai governi) che come linguaggio e come c=
ultura (in
riferimento a chiunque,singolo, gruppo o stato).

Questi, secondo noi, sono i presupposti che ci mettono in grado, che poss=
ono mettere in
grado l'intero movimento, di raccogliere il NO alla guerra ed il SI' alla=
pace nella
giustizia (cio=E8 s=EC al cambiamento positivo) che =E8 maturo e presente=
in gran parte della
societ=E0, in gran parte delle coscienze. In Italia e nel mondo. Questa =E8=
la sfida, per noi:
la sfida della nonviolenza oggi, la sfida del movimento dei movimenti. Co=
me ammoniva uno
dei padri della nonviolenza: sii il cambiamento che vuoi vedere nella soc=
iet=E0.