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Autore: Antonella Mangia
Data:  
Oggetto: [Lecce-sf] Fwd: ::disobbedienti puglia:: assemblea pugliese delle disobbedienze
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csoa coppolarossa <coppolarossa_2000@???> wrote:A:
Da: "csoa coppolarossa"
Data: Wed, 5 Nov 2003 11:15:32 +0100
Oggetto: ::disobbedienti puglia:: assemblea pugliese delle disobbedienze



Appunti per l’assemblea pugliese delle disobbedienze.
Alle sorelle ed ai fratelli in cammino…

Questo scritto non ha la pretesa di essere esaustivo, ma vuole essere un
contributo ed un invito alla discussione interna alla rete delle
disobbedienze pugliese e più in generale a tutto il movimento, lanciando
allo stesso tempo l’appuntamento per l’assemblea pugliese delle
disobbedienze che si svolgerà al centro sociale Coppolarossa, domenica 9
novembre 2003 alle 17.00.


A partire dal periodo a cavallo tra 2002 e 2003, la costruzione di
mobilitazioni sul territorio pugliese, che hanno contrassegnato il
densissimo anno politico passato, e che guardano a quello appena
cominciato, hanno subito un incremento qualitativo e quantitativo, ove
per quantitativo si intende il numero delle iniziative messe in campo
dalle realtà e singoli che si riconoscono nella sperimentazione
disobbediente.
Sperimentazione è stata! I nostri corpi che bloccavano le rotaie per
impedire il passaggio dei treni della morte: strattonati e sollevati di
peso dalle forze dell’ordine; dalle rotaie, dai treni carichi di armi; a
Giovinazzo come a Bari come a Gioia; tenuti in ostaggio per oltre un’ora
nel sottopasso della stazione di Bari ed in seguito identificati,
intimiditi.
Le nostre gambe che varcavano l’entrata dell’ aeroporto militare di
Bari-Palese per protestare contro il governo italiano che aveva dato il
suo malcelato appoggio alla guerra; erano i giorni dello STOP GLOBAL
WAR, e con eccezionale intuito contestavamo l’esistenza in passato,
ancora visibile in quel luogo, di una roulottopoli ingabbiata,
utilizzata come lager per migranti.
Quasi un presagio…solo qualche mese dopo sarebbe stata nuovamente
“riempita” da quella umanità migrante che dopo i viaggi della
disperazione, approda sulle nostre coste, e sarebbe stata obiettivo
dell’azione di invasione e smontaggio dal basso dello scorso luglio ad
opera dei disobbedienti e di tutte le realtà presenti al no-border camp
di Frassanito.
A questo aggiungiamo anche l'occupazione del palazzo che ospita
l'Ispettorato del Lavoro, acquistato nel processo di Cartolarizzazione
dalla Carlyle di Bush sr. ed indicativo del binomio indissolubile
"Guerra/business" che sortisce effetti persino in questo sud-est
imperiale.
Abbiamo più volte detto e ribadito che la guerra globale non è finita e
continua ogni giorno sui nostri territori, influisce direttamente sulle
nostre vite. Abbiamo denunciato tempo fa lo stato d’eccezione permanente
come uno degli effetti diretti della guerra globale, applicato
indiscriminatamente ai migranti, tramite rimpatri coatti, al di fuori di
ogni diritto nazionale ed internazionale (Bari, Roma, ecc), agli
attivisti, ai tossicodipendenti ed a tutti quegli individui le cui
esistenze sono caratterizzate dal disagio e dalla povertà.
A Bari e provincia, abbiamo dichiarato l’indisponibilità dei nostri
territori ad accettare politiche restrittive, esclusive, speculative;
abbiamo denunciato e contestato il business umanitario del privato
sociale e di certa chiesa, attraversando con i nostri corpi le
problematiche nella loro complessità: dai blocchi dei rimpatri alle
invasioni dei luoghi di detenzione per migranti fino a colpire qualunque
altro simbolo delle contraddizioni e del fallimento di questo modello di
sviluppo, di questo modello di società.

Assistiamo, da Genova in poi ed in maniera sempre più marcata, al
rilancio globale di proibizionismo e autoritarismo: il costante
tentativo di tradurre ogni pratica sociale, conflittuale o meno, sul
piano penale.
La linea repressiva nei confronti del dissenso e della protesta,
continua a manifestarsi: a Monselice (Pd) il Laboratorio NoWar viene
sgomberato e gli attivisti picchiati selvaggiamente (una sorta di
riedizione di Genova) mentre tanti, troppi centri sociali e spazi
liberati sono sotto minaccia di sgombero in tutta Italia. Il Depistaggio
a Benevento, è uno di questi, assieme a tante altre realtà in tutta la
penisola: a tutti loro va il nostro più sentito abbraccio, nella
consapevolezza che, anche se non conosciamo i volti di alcuni, così come
loro non conoscono i nostri, siamo parte di una sola comunità, una
comunità disobbediente, che vive gli stessi problemi, pur nelle
sostanziali differenze socio-politico-economiche dei territori.
Non ultimo il Coppolarossa in Puglia, che, in tempi di proibizionismo
rischia letteralmente di essere sgomberato dalla legge -antidroga- di
Fini (qualora dovesse passare) poiché, come noto, la cooperativa
neo-proprietaria della nostra struttura opera nel campo del “recupero
delle tossicodipendenze”, quel modello di comunità che noi rigettiamo
profondamente, rivendicando il nostro ruolo nell’ambito della
prevenzione dei problemi derivanti dal disagio sociale, snodo
fondamentale per la socializzazione e l’informazione “non-governativa”,
in Puglia.

Non vorremmo tralasciare le questioni legate alle perquisizioni e
sequestri di Action e Amisnet (che abbiamo seguito con molta attenzione)
“colpevoli” di aver lavorato in questi mesi per dare una serie di
appartamenti sfitti a centinaia di famiglie bisognose, tra nativi e
migranti; senonchè, molto è stato già detto e scritto, e tuttavia non
farebbe altro che avvalorare la nostra tesi: alle vertenze sociali, come
quella sulla casa, per il diritto ad avere una casa, si risponde con
repressione.
Oppure l’accusa nei confronti di alcuni attivisti del movimento dei
disoccupati e della rete no global di Napoli, dove da anni le vertenze
sul lavoro e sul precariato hanno prodotto una gran quantità di lotte
sociali che ora, tramite una denuncia per “Associazione a delinquere
finalizzata all’estorsione del posto di lavoro”, si vuol mettere a
tacere.

Se da una parte si tende a reprimere spazi liberi ed esperienze di
autogestione e democrazia dal basso al di fuori delle logiche
istituzionali, o spazi pubblici di indignazione e disobbedienza rispetto
ad un ordine che assolve solo ai bisogni dei potenti, dall’altra, ed in
continuità con questa, si tende a costruire nuovi luoghi di reclusione
si incrementa la pratica dell’incarcerazione, dell’eliminazione di ciò
che è altro dal dominio e dal potere, di ciò che non rappresenta merce,
di ciò che è umanità: la "cipitizzazione della società", come qualcuno
comincia a dire.
Alle vertenze sociali danno solo risposte penali.
Al ritrarsi dello stato sociale, che tutelava (o perlomeno aspirava a
farlo) i diritti fondamentali e necessari a svolgere una vita
dignitosa, corrisponde l’ avanzamento dello stato penale.

Il nostro compito è liberare spazi, attraversarli, tagliare ogni
recinzione, ogni gabbia e mettere in evidenza le contraddizioni di
questo sistema di dominio globale. Finora l’abbiamo fatto rischiando per
questo di cadere nella spirale criminalizzazione-repressione, ma siamo
consapevoli che solo allargando il fronte della disobbedienza e
dell’insubordinazione contro l’abominio del dominio neoliberista
globale, a partire dalle forme che assume nei nostri territori, potremo
incidere nelle politiche sociali e non solo, riducendo al minimo
indispensabile i rischi, per battaglie di civiltà che riguardano tutti
da vicino.
Interponiamo il nostro corpo di fronte alla sospensione dei diritti
fondamentali, alla privazione della dignità.

Pensiamo ci si debba soffermare più approfonditamente sulle prospettive
della nostra rete in ragione sia delle dinamiche prettamente locali che
in quelle più generali.
Partendo dall'assunto, speriamo condiviso da tutti, della presenza di
una moltitudine che, in ragione della sua generalità, può "erompere
attraverso tutto il mondo della vita", il nostro ragionamento dovrebbe
focalizzarsi su come far diventare il nostro sistema di "rete e
relazioni" un catalizzatore di conflitto sociale nella nostra provincia,
in considerazione di una realtà socioeconomica profondamente sofferente.
Alla storica decadenza della zona industriale barese ed alle lotte ad
essa connesse, si associa oggi l'apertura di nuove vertenze che non
possono vederci indifferenti, ci riferiamo a quelle multinazionali
(Getronics, EDS, Bosch, ecc..) che usufruendo delle nuove tipologie
contrattuali ultraflessibili hanno arruolato nei propri stabilimenti
della provincia un vero esercito di ragazze e ragazzi, di cui ora,a
fronte delle prime difficoltà, si vuol farne a meno.
Constatata la difficoltà delle organizzazioni sindacali tradizionali a
creare legami con questa lavoratori, sia per le difficoltà oggettive dei
sindacati in certe realtà aziendali, sia per una diffidenza
"generazionale" nei confronti del sindacato stesso, sarebbe importante
verificare le affinità che si creerebbero tra noi, e le nostre modalità
di lotta, e questi lavoratori, e ciò non solo per una mera comunanza
anagrafica.
D'altra parte affermiamo invece il diritto ad avere un reddito di
cittadinanza, per garantire condizioni di vita dignitose a chi magari un
lavoro non lo ha mai avuto, o comunque a quanti, precari, interinali, a
nero, disoccupati, in contratto formazione lavoro, migranti, ecc.,
rappresentano quelle figure di sfruttamento legalizzato imposte
dall’odierno mercato del lavoro.
Anche e soprattutto su questo dovremo produrre conflittualità.
Altro aspetto sul quale dedicare attenzione nella nostra elaborazione
politica è quello correlato alla prevista Legge Fini in tema di droghe,
quale risvolto dello "stato penale globale e permanente" entro cui il
processo neoliberista vuole rinchiuderci, e sintomatico di come si
voglia criminalizzare un'intera generalizzazione attraverso la normativa
dei comportamenti sociali.

Le settimane scorse ci hanno consegnato nuovi fermenti studenteschi, ai
quali dobbiamo guardare con interesse consapevoli sia dei limiti del
movimento studentesco provinciale (leggasi il costante tentativo
egemonico di alcune componenti filopartitiche) sia delle interessanti
novità che emergono da alcuni settori dello stesso (occupazione della
Mondadori e della SIAE durante lo sciopero generale del 24 ottobre).
L'approssimarsi, poi, di importanti scadenze elettorali a breve,
c'impone anche una riflessione, non tanto perchè qualcuno ambisca alla
presa del palazzo d'inverno, quanto piuttosto per poter incidere in
maniera più efficace possibile nelle dinamiche ad esse connesse. Più
nello specifico, sarebbe importante riuscire ad imporre nell'agenda
della politica la questione legata alle nuove forme di democrazia, alle
esperienze partecipative che da Porto Alegre ora si stanno sperimentando
in varie parti d'Italia riconoscendo alle stesse la rappresentazione di
nuovi luoghi e nuovi spazi per il conflitto.
Ribadiamo che il nostro cammino si deve muovere entro il binomio
indissolubile "conflitto-consenso". Il conflitto, in ogni singola
vertenza, privo di supporto tende infatti a divenire semplicemente
avanguardistico ed a riprodurre solo se stesso. Noi intendiamo la
disobbedienza, l'insubordinazione e la ribellione, non come insieme di
azioni avanguardistiche (alle quali pure riconosciamo una valenza
propulsiva) ma come pratiche di penetrazione trasversale in ogni strato
della società di una voglia di affermare vecchi e nuovi diritti a
livello globale: reddito, cittadinanza, saperi, libertà di movimento,
pensiero, espressione.

Tanto e tanto ancora si potrebbe dire, dall’emergenza rifiuti tossici
nella Murgia, a quella sanitaria, a quella scolastica, al fatto che oggi
a Bari si può morire per un “proiettile vagante” di una guerra tra clan
mafiosi, le cui uniche risposte del Governo nazionale consistono nella
militarizzazione del territorio, senza alcuno sforzo per la prevenzione,
per la riqualifica dei quartieri difficili e marginali, per il
miglioramento delle condizioni di vita generali di una città e di una
provincia, ma come dicevamo all’inizio, questo documento vuole essere
solo una “goccia in un mare”, un tentativo, uno sforzo di mettere
insieme le questioni attraversate in questi mesi, guardando al futuro e
rimettendo alla discussione obiettivi e priorità delle rete pugliese
delle disobbedienze.

Un abbraccio a tutti.


Disobbedienti - Puglia




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<DIV><BR><BR><B><I>csoa coppolarossa <coppolarossa_2000@???></I></B> wrote:
<BLOCKQUOTE class=replbq style="PADDING-LEFT: 5px; MARGIN-LEFT: 5px; BORDER-LEFT: #1010ff 2px solid">A: <DISOBBEDIENTI-PUGLIA@???><BR>Da: "csoa coppolarossa" <COPPOLAROSSA_2000@???><BR>Data: Wed, 5 Nov 2003 11:15:32 +0100<BR>Oggetto: ::disobbedienti puglia:: assemblea pugliese delle disobbedienze<BR><BR><BR><BR>Appunti per l’assemblea pugliese delle disobbedienze.<BR>Alle sorelle ed ai fratelli in cammino…<BR><BR>Questo scritto non ha la pretesa di essere esaustivo, ma vuole essere un<BR>contributo ed un invito alla discussione interna alla rete delle<BR>disobbedienze pugliese e più in generale a tutto il movimento, lanciando<BR>allo stesso tempo <STRONG>l’appuntamento per l’assemblea pugliese delle<BR>disobbedienze che si svolgerà al centro sociale Coppolarossa,</STRONG> <STRONG><FONT color=#ff0000>domenica 9<BR>novembre 2003 alle 17.00.<BR></FONT></STRONG><BR><BR>A partire dal periodo a cavallo tra 2002 e 2003, la costruzione di<BR>mobilitazioni sul territorio
pugliese, che hanno contrassegnato il<BR>densissimo anno politico passato, e che guardano a quello appena<BR>cominciato, hanno subito un incremento qualitativo e quantitativo, ove<BR>per quantitativo si intende il numero delle iniziative messe in campo<BR>dalle realtà e singoli che si riconoscono nella sperimentazione<BR>disobbediente. <BR>Sperimentazione è stata! I nostri corpi che bloccavano le rotaie per<BR>impedire il passaggio dei treni della morte: strattonati e sollevati di<BR>peso dalle forze dell’ordine; dalle rotaie, dai treni carichi di armi; a<BR>Giovinazzo come a Bari come a Gioia; tenuti in ostaggio per oltre un’ora<BR>nel sottopasso della stazione di Bari ed in seguito identificati,<BR>intimiditi.<BR>Le nostre gambe che varcavano l’entrata dell’ aeroporto militare di<BR>Bari-Palese per protestare contro il governo italiano che aveva dato il<BR>suo malcelato appoggio alla guerra; erano i giorni dello STOP GLOBAL<BR>WAR, e con eccezionale intuito contestavamo
l’esistenza in passato,<BR>ancora visibile in quel luogo, di una roulottopoli ingabbiata,<BR>utilizzata come lager per migranti. <BR>Quasi un presagio…solo qualche mese dopo sarebbe stata nuovamente<BR>“riempita” da quella umanità migrante che dopo i viaggi della<BR>disperazione, approda sulle nostre coste, e sarebbe stata obiettivo<BR>dell’azione di invasione e smontaggio dal basso dello scorso luglio ad<BR>opera dei disobbedienti e di tutte le realtà presenti al no-border camp<BR>di Frassanito.<BR>A questo aggiungiamo anche l'occupazione del palazzo che ospita<BR>l'Ispettorato del Lavoro, acquistato nel processo di Cartolarizzazione<BR>dalla Carlyle di Bush sr. ed indicativo del binomio indissolubile<BR>"Guerra/business" che sortisce effetti persino in questo sud-est<BR>imperiale.<BR>Abbiamo più volte detto e ribadito che la guerra globale non è finita e<BR>continua ogni giorno sui nostri territori, influisce direttamente sulle<BR>nostre vite. Abbiamo denunciato tempo fa lo stato
d’eccezione permanente<BR>come uno degli effetti diretti della guerra globale, applicato<BR>indiscriminatamente ai migranti, tramite rimpatri coatti, al di fuori di<BR>ogni diritto nazionale ed internazionale (Bari, Roma, ecc), agli<BR>attivisti, ai tossicodipendenti ed a tutti quegli individui le cui<BR>esistenze sono caratterizzate dal disagio e dalla povertà.<BR>A Bari e provincia, abbiamo dichiarato l’indisponibilità dei nostri<BR>territori ad accettare politiche restrittive, esclusive, speculative;<BR>abbiamo denunciato e contestato il business umanitario del privato<BR>sociale e di certa chiesa, attraversando con i nostri corpi le<BR>problematiche nella loro complessità: dai blocchi dei rimpatri alle<BR>invasioni dei luoghi di detenzione per migranti fino a colpire qualunque<BR>altro simbolo delle contraddizioni e del fallimento di questo modello di<BR>sviluppo, di questo modello di società.<BR><BR>Assistiamo, da Genova in poi ed in maniera sempre più marcata, al<BR>rilancio
globale di proibizionismo e autoritarismo: il costante<BR>tentativo di tradurre ogni pratica sociale, conflittuale o meno, sul<BR>piano penale.<BR>La linea repressiva nei confronti del dissenso e della protesta,<BR>continua a manifestarsi: a Monselice (Pd) il Laboratorio NoWar viene<BR>sgomberato e gli attivisti picchiati selvaggiamente (una sorta di<BR>riedizione di Genova) mentre tanti, troppi centri sociali e spazi<BR>liberati sono sotto minaccia di sgombero in tutta Italia. Il Depistaggio<BR>a Benevento, è uno di questi, assieme a tante altre realtà in tutta la<BR>penisola: a tutti loro va il nostro più sentito abbraccio, nella<BR>consapevolezza che, anche se non conosciamo i volti di alcuni, così come<BR>loro non conoscono i nostri, siamo parte di una sola comunità, una<BR>comunità disobbediente, che vive gli stessi problemi, pur nelle<BR>sostanziali differenze socio-politico-economiche dei territori.<BR>Non ultimo il Coppolarossa in Puglia, che, in tempi di
proibizionismo<BR>rischia letteralmente di essere sgomberato dalla legge -antidroga- di<BR>Fini (qualora dovesse passare) poiché, come noto, la cooperativa<BR>neo-proprietaria della nostra struttura opera nel campo del “recupero<BR>delle tossicodipendenze”, quel modello di comunità che noi rigettiamo<BR>profondamente, rivendicando il nostro ruolo nell’ambito della<BR>prevenzione dei problemi derivanti dal disagio sociale, snodo<BR>fondamentale per la socializzazione e l’informazione “non-governativa”,<BR>in Puglia.<BR><BR>Non vorremmo tralasciare le questioni legate alle perquisizioni e<BR>sequestri di Action e Amisnet (che abbiamo seguito con molta attenzione)<BR>“colpevoli” di aver lavorato in questi mesi per dare una serie di<BR>appartamenti sfitti a centinaia di famiglie bisognose, tra nativi e<BR>migranti; senonchè, molto è stato già detto e scritto, e tuttavia non<BR>farebbe altro che avvalorare la nostra tesi: alle vertenze sociali, come<BR>quella sulla casa, per il diritto
ad avere una casa, si risponde con<BR>repressione.<BR>Oppure l’accusa nei confronti di alcuni attivisti del movimento dei<BR>disoccupati e della rete no global di Napoli, dove da anni le vertenze<BR>sul lavoro e sul precariato hanno prodotto una gran quantità di lotte<BR>sociali che ora, tramite una denuncia per “Associazione a delinquere<BR>finalizzata all’estorsione del posto di lavoro”, si vuol mettere a<BR>tacere. <BR><BR>Se da una parte si tende a reprimere spazi liberi ed esperienze di<BR>autogestione e democrazia dal basso al di fuori delle logiche<BR>istituzionali, o spazi pubblici di indignazione e disobbedienza rispetto<BR>ad un ordine che assolve solo ai bisogni dei potenti, dall’altra, ed in<BR>continuità con questa, si tende a costruire nuovi luoghi di reclusione<BR>si incrementa la pratica dell’incarcerazione, dell’eliminazione di ciò<BR>che è altro dal dominio e dal potere, di ciò che non rappresenta merce,<BR>di ciò che è umanità: la "cipitizzazione della società",
come qualcuno<BR>comincia a dire.<BR>Alle vertenze sociali danno solo risposte penali. <BR>Al ritrarsi dello stato sociale, che tutelava (o perlomeno aspirava a<BR>farlo) i diritti fondamentali e necessari a svolgere una vita<BR>dignitosa, corrisponde l’ avanzamento dello stato penale.<BR><BR>Il nostro compito è liberare spazi, attraversarli, tagliare ogni<BR>recinzione, ogni gabbia e mettere in evidenza le contraddizioni di<BR>questo sistema di dominio globale. Finora l’abbiamo fatto rischiando per<BR>questo di cadere nella spirale criminalizzazione-repressione, ma siamo<BR>consapevoli che solo allargando il fronte della disobbedienza e<BR>dell’insubordinazione contro l’abominio del dominio neoliberista<BR>globale, a partire dalle forme che assume nei nostri territori, potremo<BR>incidere nelle politiche sociali e non solo, riducendo al minimo<BR>indispensabile i rischi, per battaglie di civiltà che riguardano tutti<BR>da vicino.<BR>Interponiamo il nostro corpo di fronte alla
sospensione dei diritti<BR>fondamentali, alla privazione della dignità.<BR><BR>Pensiamo ci si debba soffermare più approfonditamente sulle prospettive<BR>della nostra rete in ragione sia delle dinamiche prettamente locali che<BR>in quelle più generali.<BR>Partendo dall'assunto, speriamo condiviso da tutti, della presenza di<BR>una moltitudine che, in ragione della sua generalità, può "erompere<BR>attraverso tutto il mondo della vita", il nostro ragionamento dovrebbe<BR>focalizzarsi su come far diventare il nostro sistema di "rete e<BR>relazioni" un catalizzatore di conflitto sociale nella nostra provincia,<BR>in considerazione di una realtà socioeconomica profondamente sofferente.<BR>Alla storica decadenza della zona industriale barese ed alle lotte ad<BR>essa connesse, si associa oggi l'apertura di nuove vertenze che non<BR>possono vederci indifferenti, ci riferiamo a quelle multinazionali<BR>(Getronics, EDS, Bosch, ecc..) che usufruendo delle nuove tipologie<BR>contrattuali
ultraflessibili hanno arruolato nei propri stabilimenti<BR>della provincia un vero esercito di ragazze e ragazzi, di cui ora,a<BR>fronte delle prime difficoltà, si vuol farne a meno. <BR>Constatata la difficoltà delle organizzazioni sindacali tradizionali a<BR>creare legami con questa lavoratori, sia per le difficoltà oggettive dei<BR>sindacati in certe realtà aziendali, sia per una diffidenza<BR>"generazionale" nei confronti del sindacato stesso, sarebbe importante<BR>verificare le affinità che si creerebbero tra noi, e le nostre modalità<BR>di lotta, e questi lavoratori, e ciò non solo per una mera comunanza<BR>anagrafica.<BR>D'altra parte affermiamo invece il diritto ad avere un reddito di<BR>cittadinanza, per garantire condizioni di vita dignitose a chi magari un<BR>lavoro non lo ha mai avuto, o comunque a quanti, precari, interinali, a<BR>nero, disoccupati, in contratto formazione lavoro, migranti, ecc.,<BR>rappresentano quelle figure di sfruttamento legalizzato
imposte<BR>dall’odierno mercato del lavoro. <BR>Anche e soprattutto su questo dovremo produrre conflittualità. <BR>Altro aspetto sul quale dedicare attenzione nella nostra elaborazione<BR>politica è quello correlato alla prevista Legge Fini in tema di droghe,<BR>quale risvolto dello "stato penale globale e permanente" entro cui il<BR>processo neoliberista vuole rinchiuderci, e sintomatico di come si<BR>voglia criminalizzare un'intera generalizzazione attraverso la normativa<BR>dei comportamenti sociali. <BR><BR>Le settimane scorse ci hanno consegnato nuovi fermenti studenteschi, ai<BR>quali dobbiamo guardare con interesse consapevoli sia dei limiti del<BR>movimento studentesco provinciale (leggasi il costante tentativo<BR>egemonico di alcune componenti filopartitiche) sia delle interessanti<BR>novità che emergono da alcuni settori dello stesso (occupazione della<BR>Mondadori e della SIAE durante lo sciopero generale del 24 ottobre).<BR>L'approssimarsi, poi, di importanti scadenze
elettorali a breve,<BR>c'impone anche una riflessione, non tanto perchè qualcuno ambisca alla<BR>presa del palazzo d'inverno, quanto piuttosto per poter incidere in<BR>maniera più efficace possibile nelle dinamiche ad esse connesse. Più<BR>nello specifico, sarebbe importante riuscire ad imporre nell'agenda<BR>della politica la questione legata alle nuove forme di democrazia, alle<BR>esperienze partecipative che da Porto Alegre ora si stanno sperimentando<BR>in varie parti d'Italia riconoscendo alle stesse la rappresentazione di<BR>nuovi luoghi e nuovi spazi per il conflitto.<BR>Ribadiamo che il nostro cammino si deve muovere entro il binomio<BR>indissolubile "conflitto-consenso". Il conflitto, in ogni singola<BR>vertenza, privo di supporto tende infatti a divenire semplicemente<BR>avanguardistico ed a riprodurre solo se stesso. Noi intendiamo la<BR>disobbedienza, l'insubordinazione e la ribellione, non come insieme di<BR>azioni avanguardistiche (alle quali pure riconosciamo una
valenza<BR>propulsiva) ma come pratiche di penetrazione trasversale in ogni strato<BR>della società di una voglia di affermare vecchi e nuovi diritti a<BR>livello globale: reddito, cittadinanza, saperi, libertà di movimento,<BR>pensiero, espressione.<BR><BR>Tanto e tanto ancora si potrebbe dire, dall’emergenza rifiuti tossici<BR>nella Murgia, a quella sanitaria, a quella scolastica, al fatto che oggi<BR>a Bari si può morire per un “proiettile vagante” di una guerra tra clan<BR>mafiosi, le cui uniche risposte del Governo nazionale consistono nella<BR>militarizzazione del territorio, senza alcuno sforzo per la prevenzione,<BR>per la riqualifica dei quartieri difficili e marginali, per il<BR>miglioramento delle condizioni di vita generali di una città e di una<BR>provincia, ma come dicevamo all’inizio, questo documento vuole essere<BR>solo una “goccia in un mare”, un tentativo, uno sforzo di mettere<BR>insieme le questioni attraversate in questi mesi, guardando al futuro
e<BR>rimettendo alla discussione obiettivi e priorità delle rete pugliese<BR>delle disobbedienze.<BR><BR>Un abbraccio a tutti.<BR><BR><BR>Disobbedienti - Puglia<BR><BR><BR><BR><BR>::disobbedienti puglia-newsletter#03::<BR>http://it.groups.yahoo.com/group/disobbedienti-puglia<BR>disobbedienti-puglia@???<BR>Se non vuoi più ricevere gli aggiornamenti, manda una mail all'indirizzo: <BR>disobbedienti-puglia-unsubscribe@??? <BR><BR><BR><BR><BR>L'utilizzo, da parte tua, di Yahoo! Gruppi è soggetto alle http://it.docs.yahoo.com/info/utos.html <BR><BR></BLOCKQUOTE></DIV><p><br><hr size=1><A HREF="http://it.yahoo.com/mail_it/foot/?http://it.mail.yahoo.com/"><b>Yahoo! Mail</a></b>: 6MB di spazio gratuito, 30MB per i tuoi allegati, l'antivirus, il filtro Anti-spam
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