>Resent-Date: Thu, 30 Oct 2003 23:00:54 +0100 >X-Authentication-Warning: ernesto.ras.eu.org: list set sender to granello.di.sabbia-request@??? using -f
>From: "Redazione ATTAC Italia" <redazione@???>
>To: <granello.di.sabbia@???>
>Date: Thu, 30 Oct 2003 22:48:33 +0100
>X-Priority: 3
>Subject: [ATTAC] INFORMAZIONE 108 - AH SUDAMERICA, SUDAMERICA ...
>Resent-From: granello.di.sabbia@???
>Reply-To: redazione@???
>X-Mailing-List: <granello.di.sabbia@???> archive/latest/125
>X-Loop: granello.di.sabbia@???
>Resent-Sender: granello.di.sabbia-request@???
>
> GRANELLO DI SABBIA (n°108)
>Bollettino elettronico settimanale di ATTAC
>Giovedì, 30-10-2003
>______________________________
>
>Vi preghiamo di diffondere il Granello nella maniera più ampia
>possibile.
>Numero di abbonati attuali: 6 594
>ATTENZIONE:
>tutti i Granelli di Sabbia sono a disposizione sul sito in versione .pdf e
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>AVVISO
>Il Granello di Sabbia è il settimanale elettronico d'informazione e
>approfondimento di ATTAC: propone materiale originale prodotto da ATTAC
>Italia e dai suoi aderenti e traduce testi degli altri Granelli nel mondo e
>da diverse fonti indipendenti. E' realizzato grazie al lavoro volontario di
>molte persone.
>Il Granello di Sabbia è totalmente gratuito, per continuare a pubblicarlo e
>a migliorarlo abbiamo bisogno del sostegno di tutti i suoi lettori, di tutte
>le persone che pensano sia importante realizzare questo piccolo strumento
>per una grande idea: "riappropriarsi insieme del nostro mondo".
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>corrente postale n.29734076 intestato a ATTAC Italia - Via San Carlo, 44/2
>40121 Bologna (con motivazione "Sostegno Granello di sabbia").
> ____________________________________________________
>
>INFO: Forum Sociale Europeo di Parigi-Saint-Denis (12-15 novembre 2003)
>www.fse-esf.org (anche in italiano)
>____________________________
>
>Indice degli argomenti
>
>1 - La lotta contro la globalizzazione è una questione di sopravvivenza
>di Subcomandante Marcos
>Buongiorno, buona sera, buona notte. Il mio nome è Marcos, subcomandante
>insurgente Marcos. Sono stato invitato al Forum per la difesa dell'umanità
>per dire qualche parola. Ringrazio per l'invito, devo però avvertire che
>sono un soldato dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. Lo segnalo
>perché, come mi hanno riferito, condividerei la parola con intellettuali e
>leader politici sociali. Per questo la mia voce, forse, suonerà discordante
>(voglio dire, al di là della registrazione) e fuori luogo. Oppure no, talora
>ci saranno, in quanto dirò, ponti e coincidenze. A volte accade che la penna
>e la spada coincidano.
>
>2 - Il "consensus di Washington" messo in scacco sulle Ande
>di Attac France
>La resistenza del popolo boliviano alle politiche di aggiustamento
>strutturale ha avuto ragione dei carri armati e degli elicotteri d'assalto
>lanciati contro di lui: il presidente Gonzalo Sanchez de Lozada, sostenuto
>dagli Stati Uniti fino alla fine, ha dovuto fuggire da La Paz il primo di
>ottobre ed è stato sostituito dal Vicepresidente Carlos Mesa. Il prezzo
>pagato è stato terribile: 77 morti e centinaia di feriti.
>
>3 - Guerra del gas e insurrezione in Bolivia
>di José Rostier (Rouge)
>Quando i contadini indios (aimara) hanno lanciato, in settembre, la campagna
>del blocco delle strade degli Altipiani, essi mettevano l'intero paese di
>fronte a un interrogativo di fondo: a chi spetta il controllo delle risorse
>naturali? La Bolivia infatti, che è il paese più povero dell'America Latina,
>possiede i principali giacimenti di gas del Sudamerica, dopo il Venezuela.
>
>4 - Vent'anni di violazione dei diritti umani in Perù
>di Cristiano Morsolin
>La Commissione della Veritá e Riconciliazione (CVR) del Perú ha finito da
>due mesi il suo lavoro con un rapporto di 6.500 pagine su 20 anni di
>violazioni dei diritti umani: 69.280 morti o desaparecidos, vittime del
>terrorismo politico e della repressione statale; tre su quattro parlano
>quechua, rappresentanti della popolazioni contadine ed indigene.
>
>
>_____________________________
>
>1 - La lotta contro la globalizzazione è una questione di sopravvivenza
>__________________________________________________________
>
>di Subcomandante Marcos
>
>Buongiorno, buona sera, buona notte. Il mio nome è Marcos, subcomandante
>insurgente Marcos. Sono stato invitato al Forum per la difesa dell'umanità
>per dire qualche parola. Ringrazio per l'invito, devo però avvertire che
>sono un soldato dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. Lo segnalo
>perché, come mi hanno riferito, condividerei la parola con intellettuali e
>leader politici sociali. Per questo la mia voce, forse, suonerà discordante
>(voglio dire, al di là della registrazione) e fuori luogo. Oppure no, talora
>ci saranno, in quanto dirò, ponti e coincidenze. A volte accade che la penna
>e la spada coincidano.
>Forse concordiamo nell'inquietudine per un necessario dibattito e uno
>scambio di idee che aiutino a chiarire un poco questo confuso e disordinato
>orizzonte che alcuni chiamano storia contemporanea e che, a tratti, fa del
>triviale e del grottesco, questione di interesse e scandalo mondiale; ed
>altre volte fa del terribile ed aberrante qualche cosa che, a forza di
>ripetersi, diventa un ritornello monotono e non percepito.
>Citerò alcuni appunti frettolosi sulla globalizzazione e sul neoliberismo, o
>meglio, su quello che noi riusciamo a percepire (e a patire) di questi, e
>sulle resistenze in generale e la nostra resistenza in particolare.
>Come ci si può aspettare, in questi appunti regnano lo schematismo e la
>riduzione, ma credo che riescano a tracciare una o più linee di discussione,
>dialogo e riflessione. O, meglio ancora, di memoria e vergogna.
>"Dovresti vergognarti per avermi escluso", dice Durito che è venuto a
>rifugiarsi dalla pioggia.
>"Non ti ho escluso. Il fatto è che non hanno invitato te, ma hanno invitato
>me", gli dico mentre con discrezione nascondo il tabacco.
>"Una cosa va con l'altra, In questo caso, un naso va con una tettoia. O
>forse mio raffreddato scudiero vorresti privare queste buone persone del
>piacere di ascoltare le mie sagge parole, di illuminarsi con la mia saggezza
>e di svegliarsi dal letargo in cui le tue parole cominciano a gettarli?",
>domanda Durito mentre mi punge il naso con Excalibur, la leggendaria spada.
>"Quella spada somiglia in maniera sospetta ad una penna che ho perso l'altro
>giorno", gli dico cambiando argomento. Ma Durito risponde:
>"Non cambiare argomento! Puoi scegliere: o mi dai uno spazio per i miei
>sapienti progetti o perirai sotto la mia penna, voglio dire, sotto la mia
>spada", dice Durito con un tono che farebbe l'invidia di qualsiasi
>funzionario del Fondo Monetario Internazionale che stesse parlando con
>qualche governo latino americano.
>E, applicando quanto appreso dai governi "nazionali", ho ceduto. Questa è la
>parte che Don Durito de La Lacandona, il fiore e il meglio della cavalleria
>errante, ha inviato a questo forum.
>Si chiama:
>Palloni o negozi
>Il mondo è come un globo gonfiato. Cioè, è come un palloncino gonfiato.
>Ovvero, quando si dice che c'è la globalizzazione, è che c'è la
>mondializzazione delle parti del mondo.
>Ma c'è, come si dice, una mondializzazione di quelli che hanno molto denaro.
>E c'è pure, come si dice, la mondializzazione della lotta, ovvero della
>resistenza.
>Nella mondializzazione del denaro, cioè nella globalizzazione dei potenti, c
>'è molta malvagità, ma la malvagità non se ne sta quieta all'interno di un
>paese, ma si intromette in tutti i paesi. E questa malvagità si introduce in
>altri paesi attraverso la guerra, con il denaro, attraverso le idee, con la
>politica.
>Ovvero, nella mondializzazione della malvagità quelli che sono molto, molto
>ricchi non sono soddisfatti di essere ricchi e sfruttatori in un paese, cioè
>tra la loro gente, ma vogliono più denaro e si introducono in altri paesi
>per guadagnare altro denaro, e non rispettano niente perché amano solo la
>loro astuzia sfruttatrice e vogliono solamente guadagnar denaro; sebbene già
>ne posseggano tanto, non gli basta, vogliono di più.
>Ed allora si introduce il denaro in un altro paese e non rispetta quel paese
>per colpa della globalizzazione del denaro che no rispetta i paesi e la
>gente.
>Cioè, ogni paese è come un pallone che scoppia e dal quale esce tutto quello
>che lo rendeva speciale, come le sue usanze, la sua parola, la sua cultura,
>la sua economia, la sua politica, la sua gente, insomma, il suo modo di
>essere.
>E nel momento in cui il paese si rompe e tutto il mondo si introduce in quel
>paese, quel paese non è più quel paese, ma è tutto il mondo. Ma non è il
>mondo della gente, ma è il mondo del denaro, in cui la gente non ha
>importanza.
>È come se una persona si rompesse e non fosse più una persona, e che tutte
>le malvagità si introducessero in quella persona e se la mangiassero e
>quindi non ci sarebbe più una persona, ma ci sarebbe solo quello che si è
>mangiato la persona.
>Quindi diciamo che la globalizzazione dei potenti, cioè del denaro, si
>mangia i paesi e divora le persone che vivono in quel paese. Perché un paese
>è come una casa in cui vive la gente del paese. E il denaro mondiale
>distrugge la casa, cioè il paese, e la gente resta senza casa e senza anima
>perché le persone non si conoscono tra loro e si comportano come
>sconosciuti, con la sfiducia negli occhi e nelle parole, proprio tristi.
>E nel momento in cui un paese resta senza la sua anima, assume l'anima del
>denaro.
>E quel paese che si è rotto non è più una casa in cui vive la gente di quel
>paese, ma è un negozietto in cui si vendono e si comperano cose e genti.
>Perché nella globalizzazione, il denaro costruisce negozi dove prima
>esistevano paesi.
>E allora, siccome il paese non è più un paese ma è un negozio, la ente non è
>più gente, ma solo compratori o venditori.
>E la gente non è proprietaria del negozio, ma il proprietario del negozio è
>il denaro mondiale.
>Cioè, la gente non comanda più nel proprio paese, comanda il denaro
>mondiale.
>Quindi, come diciamo noi, il pensiero dominante è il pensiero del denaro.
>Per esempio certa gente pensa, ad esempio, ad una nube ed è gente che sta
>pensando ad una nube e dipinge il suo pensiero, per esempio, di azzurro, e
>questa gente che se ne sta con il suo pensiero di una nube azzurra è
>contenta del suo pensiero di una nube azzurra e si procura un palloncino e
>lo gonfia e lo dipinge di azzurro e lo da ad un bimbo o ad una bimba, e la
>bimba o il bimbo gioca con il palloncino che era un pensiero di nube
>azzurra. Perché la gente, quando pensa come gente, pensa pensieri per la
>gente.
>Ma il denaro non pensa alla gente, ma pensa ad altro denaro. Cioè, il denaro
>non ha limite e divora tutto per fare più denaro.
>Cioè, il denaro non pensa ad una nuvola, ma pensa ad una merce che venderà e
>da cui ricaverà altro denaro.
>Cioè, con la globalizzazione del denaro si mondializza anche il pensiero del
>denaro.
>E questo pensiero del denaro è come una religione che adora il dio del
>denaro, e i templi di questa religione sono le banche ed i negozi, e le
>preghiere sono i conteggi del denaro, quanto vendono, quanto guadagnano.
>E questa religione del denaro si chiama "neoliberismo", cioè che vuol dire
>che esiste una nuova libertà per il denaro. Cioè, che il denaro è libero di
>fare quello che vuole. E la gente non ha più la libertà ma il denaro sì.
>E con la globalizzazione del denaro si distrugge il mondo mondiale, cioè si
>rompe il globo del mondo ed il palloncino mondiale scoppia, e allora il
>denaro costruisce un negozio dove prima c'era un paese: cioè, dove prima c'
>era una casa con gente ora c'è un negozio.
>Quindi la globalizzazione del potere distrugge i paesi per costruire negozi.
>E i negozi sono fatti per vendere e comperare.
>E se per esempio uno non ha un reddito o non vuole comperare, allora questo
>non conta niente e bisogna distruggerlo. E se, per esempio, non ha nulla da
>vendere o non vuole vendere né vendersi, allora non serve e bisogna
>distruggerlo.
>La globalizzazione del potere è come una guerra contro la gente e le sue
>cause, cioè è una guerra contro l'umanità.
>La globalizzazione del potere distrugge le case della gente, cioè i paesi, e
>a volte arriva a distruggere con una guerra. Altre volte entra perché
>qualcuno dall'interno gli ha aperto la porta per venire a distruggere.
>E quelli che aprono la porta sono i politici, quelli che comandano nei
>paesi, cioè nelle case della gente. Quindi i politici non servono più per
>comandare, perché non comandano più loro ma chi comanda è il denaro
>mondiale.
>Allora i politici diventano negozianti, quelli che si occupano del negozio
>che prima era un paese, una casa di certa gente.
>Ma i politici di prima non servono più per occuparsi del negozio ed è meglio
>mettere altri che studiano ed imparano ad occuparsi dei negozi. E questi
>sono i nuovi politici, cioè sono negozianti.
>E non importa se non sanno nulla di governo, ma importa che sappiano
>occuparsi del negozio e procurino buoni incassi per il loro padrone che è il
>denaro mondiale.
>Quindi, nei governi dei paesi distrutti dalla globalizzazione del potere,
>non ci sono più politici ma negozianti.
>E lì, nei negozi che prima erano paesi, le elezioni non avvengono per
>installare un governo, ma per mettere un negoziante.
>Quindi si mettono in competizione, cioè a litigare tra loro, grassi, magri,
>alti, piccoletti, di diversi colori che cominciano a parlare e a parlare ed
>è puro chiacchiericcio, ma non dicono la cosa più importante, cioè che tutti
>sono diversi in viso, ma tutti sono uguali perché diventeranno negozianti.
>Alla globalizzazione del potere non importa se il negoziante è verde,
>azzurro, rosso o giallo. Quello che importa è che il negoziante procuri
>buoni incassi.
>I negozianti cambiano ma negozianti restano.
>Nella globalizzazione del potere il mondo non è più rotondo, come un
>palloncino gonfiato, ma scoppia ed al suo posto resta un grandissimo
>negozio.
>E i negozi, come tutti sanno, sono quadrati, non tondi.
>Più o meno è così che funziona la globalizzazione, come se dicessimo "la
>palloncizazzione".
>(Fine della relazione di Durito)
>"Palloncizzazione?" Finalmente torno alla serietà ed alla formalità.
>In aggiunta a quanto espresso da Durito in maniera tanto peculiare, anche
>noi pensiamo quanto segue:
>PRIMO. Se nella politica antica" (cioè, dalla greca Atene fino alle moderne
>repubbliche) lo Stato era la "madre" dell'individuo ed il seno in cui era in
>gestazione, cresceva e si riproduceva la società, nel mondo globalizzato lo
>Stato non può più assolvere questa funzione. L'individuo non deve più fare
>riferimento ad una patria, una cultura, una razza o una lingua. Il ventre
>materno è ora una megasfera che alcuni chiamano ancora "pianeta terra". Il
>"cittadino" non è più il membro della polis, ma il navigante della
>megapolis, per tanto necessita di "altre" conoscenze e abilità che lo Stato
>nazionale non può offrire.
>SECONDO. Nello stesso modo, gli "uomini di Stato", quei superuomini autori
>di testi classici, guerre, imperi, leggi e repressioni, non esistono più in
>quanto tali. "Quell'addestramento" interno che esisteva nelle classi
>politiche per preparare i propri membri a sostituirsi gli uni con gli altri
>è obsoleto, le capacità della politica classica (oratoria, capacità di
>leader, sensibilità, sobrietà, conoscenze storiche, filosofiche, di
>giurisprudenza, adeguata relazione) sembrano ora più caratteristiche della
>nostalgia circense. Il protocollo del potere, quel complesso miscuglio di
>segnali e tendenze, non si apprende più né si esercita nello Stato.
>TERZO. Lo Stato nazionale tende a non essere più l'incaricato della
>riproduzione degli uomini (intendendo "riproduzione" nel suo significato più
>ampio, cioè, le condizioni economiche, politiche, culturali e sociali per la
>sua riproduzione sociale), ma l'amministratore-contenitore dei disordini di
>questa riproduzione. Il megapotere, questo ente di cui poco si sa, ora
>impone una riproduzione più importante: quella del denaro.
>QUARTO. La lotta contro la globalizzazione del potere (e contro il suo
>supporto ideologico: il neoliberismo) non è esclusiva di un pensiero o di
>una bandiera politica o di un territorio geografico, è una questione di
>sopravvivenza umana. Così come nella Seconda Guerra Mondiale moltitudini di
>forse resistettero e lottarono contro il fascismo, ora sono molte le forze
>che resistono e lottano contro il neoliberismo.
>QUINTO. Negli Stati nazionali il processo dell'accoppiata
>globalizzazione-neoliberismo produce un fenomeno di reSistenza che, ogni
>volta in forma sempre più accentuata, incorpora ampi settori della
>popolazione SENZA CHE SIA PRIMORDIALE LA SUA CLASSE SOCIALE O IL LUOGO CHE
>OCCUPA NEL PROCESSO DI RIPRODUZIONE DEL CAPITALE.
>SESTO. Appaiono, per esempio, gruppi sconcertanti (di fatto, la teoria aveva
>decretato la loro scomparsa o il loro "assorbimento" da quelli che stanno in
>alto): da un lato, indigeni che parlano lingue incomprensibili (cioè,
>inservibili per l'interscambio di merci) e che sfidano con armi di legno
>elicotteri, carri armati, aerei, mitragliatrici, bombe; d'altro lato,
>giovani disoccupati (il "lumpen" che, teoria comanda, dovrebbe ingrossare le
>fila degli apparati repressivi dello Stato) che si mobilitano contro il
>governo ed esigono il rispetto; più in là, omosessuali, lesbiche e
>transessuali che chiedono il riconoscimento della loro differenza.
>SETTIMO. Questi fenomeni di resistenza ("sacche di resistenza" le chiamiamo
>noi per opporle alle "altre" borse, quelle dei valori [gioco di parole sul
>termine spagnolo "bolsa" N.d.T.]) tendono a ricercare la comunicazione in
>fenomeni simili in altre parti del mondo. Le superautostrade dell'
>informazione, concepite per facilitare il flusso delle merci e del denaro,
>cominciano a vedersi (non senza timore) percorrere da vecchie strade,
>animali da soma e pedoni che non scambiano merci e capitali, ma qualche cosa
>di molto pericoloso: esperienze, mutuo appoggio, STORIE.
>È chiaro che sto parlando di quello che ho davanti: la nostra guerra, le
>nostre armi, la nostra storia. Ma esistono altri esempi che ci parlano di
>una nuova emergenza, di qualcosa di nuovo che irrompe qui e là e che non
>abbiamo finito né di controllare né di comprendere, in parte perché siamo un
>frammento di quei fenomeni, in parte per il precipitare degli avvenimenti,
>in parte perché il presente è il luogo peggiore per pensare l'oggi, in parte
>perché ci sono ancora molte cosa da definire.
>Ma qualcosa comincia ad essere sempre più chiaro: non è sicuro che abbiamo
>perso noi e, soprattutto, non è sicuro che hanno vinto loro. La storia che
>conta, quella che facciamo uomini e donne, ha ancora molto filo da tessere e
>non si finisce di indovinare neppure il disegno né il colore che dovrà avere
>questo gigantesco arazzo che è l'umanità. Noi, e con noi molti come noi,
>sappiamo che, in ogni caso, il colore non è il grigio che ora impongono, né
>il disegno che è solo dolore e morte. Ci sono anche molti altri colori. E c'
>è anche molta speranza.
>Se il pianeta mostra ferite aperte e sanguinanti sulla sua tonda geografia,
>non è solo nominandole che le saneremo, sicuramente, ma compiamo un gesto di
>umanità che talvolta sembra perduto.
>Citiamo quindi Palestina e che la vergogna ci ricopra.
>Citiamo I Balcani e che la memoria ritorni.
>Citiamo Euskal Herria e ammiriamo la silenziosa e incompresa resistenza di
>un popolo che, da secoli, rifiuta di essere conquistato. Là, sull'altra
>sponda dell'Atlantico, un popolo è accerchiato in una classica manovra a
>tenaglia: da un lato la superbia del potere che, protetto dietro giudici
>incantati dai clic delle macchine fotografiche, comanda un'autentica guerra
>di sterminio; d'altro lato, la codardia di un settore che si dichiara
>progressista e che, più attento alla correttezza politica, mantiene un
>complice silenzio mentre la cultura basca viene classificata come
>"terrorista".
>Citiamo Cuba e che il sangue latinoamericano cerchi i ponti su cui ci siamo
>incontrati ieri e su cui ci incontreremo domani. Nei Carabi, un popolo
>affronta un accerchiamento che non ha rappresentazione letteraria. Questo
>popolo ha fatto sì che solo citare il suo nome richiami una storia di lotta
>e resistenza, di generosità e coraggio, di nobiltà e fratellanza. Si dice
>"Cuba" come si dice "dignità".
>Citiamo Bolivia e salutiamo l'eroico percorso di aymaras e quechua nella
>difesa della terra. Salutiamo quelli che fanno dell'essere indigeno un
>orgoglio e che con la loro ribellione fanno tremare i negozianti di tutta l'
>America.
>Citiamo Chiapas e scopriamo nei piedi dei più piccoli, il domani del "per
>tutti, tutto".
>Citiamo qualsiasi angolo del pianeta e siamo perseguitati insieme a
>omosessuali, lesbiche e transessuali; resistiamo con le donne al destino
>imposto di decorazione idiota; resistiamo con i giovani alla macchina
>trituratrice di inconformismi e ribellioni; resistiamo con operai e
>contadini al salasso che, nell'alchimia neoliberista, trasforma la morte in
>dollari; percorriamo il passo degli indigeni dell'America Latina e con i
>loro piedi facciamo il mondo rotondo affinché ruoti.
>Citiamo chi non ha nome. Guardiamo chi non ha volto.
>Citiamo e guardiamo il mondo che ora non esiste, ma che comincerà ad
>esistere nelle nostre parole e nei nostri sguardi.
>Citiamo dunque i dolori dell'umanità. Non solo perché sono anche nostri
>dolori. Anche perché citandoli ci rendiamo un poco più umani. Perché davanti
>a queste ferite, il silenzio è rinuncia, resa, claudicazione, morte.
>Se c'è chi ha fatto della penna una spada, che faccia scintillare l'aria con
>il suo fulgore, che segnalando le nostre ferite si nobiliti, che citandoci
>ci renda parte di un rompicapo che domani sarà un mondo non mancante di
>memoria né di vergogna.
>Perché entrambe, la memoria e la vergogna, ci rendono esseri umani.
>Non siamo i delatori della nostra storia, della nostra coscienza, i
>traditori della parola che abbiamo innalzato ieri e che oggi ci convoca per
>essere affilata e unita alla memoria e alla vergogna.
>Bene. Salute e che la penna sia anche una spada, e che il suo filo tagli l'
>oscuro muro da cui dovrà passare il domani.
>Dalle montagne del sudest messicano.
>Subcomandante Insurgente Marcos
>Messico, ottobre 2003
>Relazione del subcomandante insurgente Marcos all'incontro internazionale di
>intellettuali a difesa dell'umanità, tenutosi nei giorni 24 e 25 ottobre
>2003 al Polyforum Culturale Siqueiros, Città del Messico.
>
>
>_____________________________
>
>2 - Il "consensus di Washington" messo in scacco sulle Ande
>__________________________________________________________
>
>di Attac France
>
>La resistenza del popolo boliviano alle politiche di aggiustamento
>strutturale ha avuto ragione dei carri armati e degli elicotteri d'assalto
>lanciati contro di lui: il presidente Gonzalo Sanchez de Lozada, sostenuto
>dagli Stati Uniti fino alla fine, ha dovuto fuggire da La Paz il primo di
>ottobre ed è stato sostituito dal Vicepresidente Carlos Mesa. Il prezzo
>pagato è stato terribile: 77 morti e centinaia di feriti.
>Attac Francia denuncia questa repressione omicida e si dichiara solidale con
>i movimenti boliviani che reclamano l'incriminazione degli autori di questi
>crimini. Parimenti, l'associazione denuncia i tentativi di alcuni
>responsabili politici statunitensi e dei media come la CNN di criminalizzare
>i manifestanti accusandoli di essere legati al terrorismo internazionale.
>Il governo Sanchez de Lozada era stato citato come esempio di "buongoverno"
>dalle istituzioni finanziarie internazionali. Come è noto, aveva fatto
>adottare una legge sugli idrocarburi costruita su misura delle società
>transnazionali come il consorzio "Pacific Liquefied Natural Gas" (LNG).
>Questa legge cadeva nel quadro di una politica di privatizzazione e di
>svendita dei beni comuni, e l'adesione all'ALCA (Zona di libero scambio
>delle Americhe) ne sarebbe stato il coronamento.
>Attac France saluta il coraggio e la lucidità politica dei boliviani. Le
>loro principali organizzazioni - la COB (centrale operaia), la CSUTCB
>(Confederazione sindacale dei lavoratori agricoli della Bolivia), il
>Coordinamento per la difesa dell'acqua e della vita e la Federazione dei
>produttori di coca - hanno saputo superare i loro particolarismi per
>affrontare il nemico comune: una oligarchia che pratica un programma
>neoliberale, versione locale del "consensus di Washington" in quanto quest'
>ultima ne ricava un guadagno diretto.
>I boliviani - scatenando prima la guerra dell'acqua contro la multinazionale
>Bechtel nel 2000 a Cochabamba, e oggi la guerra del gas conto LNG - sono
>insorti contro le rapine delle multinazionali e per la difesa dei beni
>comuni. Attac France è totalmente solidale con le loro lotte.
>Solidarietà con il popolo boliviano!
>
>Traduzione a cura di Umberto G.B. Bardella
>
>
>_____________________________
>
>3 - Guerra del gas e insurrezione in Bolivia
>__________________________________________________________
>
>di José Rostier (Rouge)
>
>Quando i contadini indios (aimara) hanno lanciato, in settembre, la campagna
>del blocco delle strade degli Altipiani, essi mettevano l'intero paese di
>fronte a un interrogativo di fondo: a chi spetta il controllo delle risorse
>naturali? La Bolivia infatti, che è il paese più povero dell'America Latina,
>possiede i principali giacimenti di gas del Sudamerica, dopo il Venezuela.
>Per il loro sfruttamento, il presidente Sanchez de Lozada si stava
>apprestando ad affidarne l'esportazione a un consorzio di multinazionali
>comprendente la spagnola Repsol, la British Gaz e l'American Energy, un
>consorzio che si riservava l'82% degli introiti attesi...
>Come fare uscire il paese dalla miseria svendendone le risorse? Perché non
>trasformarle in loco? Perché non utilizzarle per attrezzare gli alloggi, le
>aziende? A tali domande, avanzate dal sindacato all'origine della rivolta,
>la Confederación sindical unica del los trabajadores campesinos de Bolívia
>(Confederazione sindacale unica dei lavoratori contadini brasiliani -
>Csutcb), il governo ha risposto con la militarizzazione delle zone dello
>scontro.
>Il 20 settembre, l'esercito spara sulla folla, uccidendo 5 persone.
>
>Una lotta per il controllo delle risorse naturali
>La reazione del movimento sociale è immediata. La Central obrera de Bolivia
>(Centrale operaia boliviana - Cob) fa appello allo sciopero. Le parole
>d'ordine si allargano, esprimendo l'ampiezza della contrapposizione tra un
>governo asservito agli interessi del Fondo monetario internazionale (Fmi) e
>delle organizzazioni in lotta, particolarmente combattive. Dimissioni del
>presidente Sanchez de Lozada, assemblea costituente, blocco di tutte le
>politiche economiche liberiste: quella che si tratta di imporre è una
>repubblica sociale.
>Mentre lo sciopero paralizza la capitale, i contadini degli Altipiani si
>dichiarano in "insurrezione armata". Avviene quell'insperata saldatura tra
>settori urbani e settori rurali invano auspicata da Che Guevara e
>indispensabile per l'effettiva vittoria popolare.
>Pallottole contro pietre, armamenti pesanti contro dinamite, le
>manifestazioni sono di grande violenza. Di fronte a un popolo disposto ad
>andare fino in fondo, la repressione militare è feroce e causa 80 morti.
>Il 16 ottobre, oltre 50.000 persone affrontano il centro di La Paz. Lo
>stesso esercito non sembra troppo sicuro e vengono ritirati dal fronte
>alcuni soldati indigeni che minacciano di ribellarsi. I ceti medi, sconvolti
>dai massacri, passano al fianco dei manifestanti. Il governo esplode.
>Sanchez de Lozada perde il controllo del paese, ed è costretto a dare le
>dimissioni e fuggire.
>Non si riesce a capire la forza dell'insurrezione se non ci si sofferma
>sulla prolungata esperienza di lotta del paese. La Bolivia ha già conosciuto
>un'esperienza rivoluzionaria nel 1952, allorché - sotto la direzione della
>Cob - il paese ha vissuto una situazione di dualismo di poteri, tra i
>minatori organizzati nel loro sindacato, da un lato, e il governo di allora,
>dall'altro.
>D'altra parte, cinque secoli di resistenza indigena ai colonizzatori hanno
>permesso quella strutturazione e quella consapevolezza politica dei settori
>rurali che avevano alimentato le mobilitazioni sociali nel corso della crisi
>del movimento operaio tradizionale degli anni Settanta e Ottanta. In quei
>decenni, la borghesia, incoraggiata dal Fmi e dagli Stati Uniti, ha imposto
>uno Stato neoliberista: nel 1985, si è posto fine per decreto al carattere
>misto dell'economia nazionale. Le successive riforme hanno precipitato nella
>disoccupazione 200.000 minatori e smantellato i servizi pubblici: il prezzo
>dell'acqua è aumentato di sei volte...
>Nell'aprile del 2000, però, un nuovo ciclo di lotte si è aperto con una
>vittoria. A Cochabamba, la popolazione respingeva un progetto di
>privatizzazione dell'acqua. Il Coordinamento in difesa dell'acqua, che
>centralizzava l'iniziativa dei vari soggetti della lotta, si trasformava poi
>in Coordinamento nazionale in difesa del gas, che svolge un importante ruolo
>nell'attuale mobilitazione. Da allora in poi, ogni movimento sociale è stato
>più determinato, ma anche più duramente represso. L'ultimo in ordine di
>tempo, nello scorso febbraio, ha comportato 33 morti, a seguito di
>combattimenti in piena regola tra la polizia in sciopero e l'esercito.
>
>Un sasso nello stivale imperialista
>Il rafforzarsi della mobilitazione sociale ha creato ripercussioni
>istituzionali. Nelle elezioni presidenziali del 2002, Evo Morales, dirigente
>del Movimiento al socialismo (Movimento per il socialismo - Mas), è
>risultato per suffragio universale alla pari con Sanchez de Lozada. C'è
>stato bisogno di un voto in un parlamento sottoposto alla pressione degli
>Stati Uniti per lo spareggio, logicamente favorevole al candidato
>neoliberista.
>Sanchez de Lozada si è ormai rifugiato negli Stati Uniti. Il suo crollo,
>però, è solo una mezza vittoria. "Abbiamo vinto una battaglia, non la
>guerra". Riunitisi subito in assemblea straordinaria, i militanti della Cob
>sono stati d'accordo su questo. La mobilitazione, di massa e combattiva, è
>andata ampiamente al di là delle attese di tutte le organizzazioni. Pur
>avendo il Coordinamento in difesa del gas svolto una funzione unificante
>all'inizio della lotta, il Mas, la Cob e la Csutcb non sono tuttavia
>riusciti poi a coordinarsi, a imprimere al movimento un ritmo e obiettivi
>abbastanza ambiziosi. In breve, è mancata una direzione rivoluzionaria.
>I giochi, però, non sono ancora finiti. Pur restando in piedi l'esercito e
>il parlamento, malgrado i loro crimini, essi sono comunque sottoposti a una
>formidabile pressione popolare. Organizzare un referendum sul gas, rompere
>con l'ortodossia neoliberista, convocare un'assemblea costituente e nuove
>elezioni, sono queste le promesse che Carlos Mesa, il nuovo presidente, è
>stato costretto a fare per placare la contestazione. Oggi, la sua principale
>preoccupazione è come fare per non mantenerle, talmente è chiaro che egli
>non è migliore del suo predecessore...
>Ad ogni modo, è improbabile che egli riesca a fare in modo che la classe
>dirigente ristabilizzi la situazione. Se Evo Morales fa appello alla
>pacificazione per "consentire una pausa d'attesa" al nuovo governo, le altre
>organizzazioni sindacali si mostrano più all'offensiva. Mantenere le
>mobilitazioni, predisporre una piattaforma di lotta unitaria, costruire il
>quadro di iniziativa comune che sono mancati in questo mese: sono questi gli
>obiettivi immediati preannunciati dalla Cob. Felipe Quispe, dirigente della
>Csutcb ha fatto presente, da parte sua, che l'obiettivo a breve termine è
>ormai "la presa del potere" (v. l'intervista che segue).
>L'insieme dell'America Latina ha seguito da vicino l'insurrezione boliviana.
>Il suo successo effettivamente infila un sasso nello stivale degli Stati
>Uniti, che cercano di imporre al continente l'Accordo di libero scambio
>delle Americhe (l'Alca) (v. Scheda che segue). Non per sbaglio la Casa
>Bianca ha incondizionatamente appoggiato la repressione, che in parte ha
>diretto.
>Dopo il fallimento del vertice dell'Omc a Cancun, e di fronte alle
>resistenze in Argentina, in Brasile o in Venezuela, la scomparsa del fido
>Sanchez de Lozada è un altro duro colpo per gli Stati Uniti. Per non
>considerare i pericoli di contagio nell'America andina: in particolare, il
>vicino Equador sta vivendo una situazione sociale tesa, in cui le risorse
>petrolifere potrebbero ben giocare il ruolo del gas boliviano.
>
>Scheda: IL MOVIMENTO INDIGENO DI FRONTE ALL'ALCA
>L'insurrezione boliviana rappresenta un importante punto d'appoggio per le
>lotte contro l'Alca (l'Accordo di libero scambio delle Americhe). Previsto
>perché entri in vigore nel 2005, questo accordo multilaterale comprenderebbe
>tutte le Americhe, dall'Alaska alla Terra del Fuoco. Estendendo il Nafta
>(l'Accordo di libero scambio nordamericano, comprendente il Canada, gli
>Stati Uniti e il Messico, dal 1994), si spaccia l'Alca per maggiormente
>globale. I suoi punti base sono: apertura dei confini ai flussi finanziari,
>privatizzazione dei servizi pubblici, totale brevettabilità del vivente,
>predominio del diritto delle multinazionali rispetto a quello degli Stati.
>L'Alca esige inoltre il rigoroso rispetto dei piani di "aggiustamento
>strutturale" imposti dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca
>mondiale... Una vera e propria condanna a morte per le economie nazionali
>dei paesi poveri. L'esperienza del Nafta sta a dimostrare il pericolo insito
>nella sua estensione al resto del continente. Dalla sua entrata in vigore,
>infatti, il Messico ha perso 200.000 posti di lavoro, mentre il salario
>minimo è diminuito del 25%.
>Prioritaria per i movimenti sociali latinoamericani, la lotta all'Alca è
>dunque connessa a tutte le mobilitazioni antiliberiste. In Bolivia, a
>portarla avanti nel modo più deciso sono le nazioni indigene, quechua e
>aimara. Il ruolo centrale delle nazioni indigene in questa lotta lo
>ritroviamo in Equador oppure in Chiapas, con l'insurrezione zapatista del 1°
>gennaio del 1994, il giorno dell'entrata in vigore del Nafta.
>Per le popolazioni indigene, il concetto di proprietà collettiva del
>territorio è essenziale. Gestita spesso in comune, considerata un ambito
>vivente il cui equilibrio biologico va rispettato, la terra non può essere
>una merce da mettere in vendita. Vivendo spesso di un'agricoltura
>scarsamente produttiva, gli indigeni sono fra le prime vittime della
>liberalizzazione dei commerci agricoli.
>Questa acuta consapevolezza spiega la massiccia mobilitazione dei contadini
>aimara degli Altipiani contro l'esportazione del gas naturale boliviano.
>Essa rappresenta anche un modello esemplare: quello della costruzione di
>convergenze tra i movimenti sociali dei paesi dipendenti con le lotte per un
>altro mondo possibile, ancora troppo limitate ai paesi più ricchi.
>
>
>_____________________________
>
>4 - Vent'anni di violazione dei diritti umani in Perù
>__________________________________________________________
>
>di Cristiano Morsolin*
>
>La Commissione della Veritá e Riconciliazione (CVR) del Perú ha finito da
>due mesi il suo lavoro con un rapporto di 6.500 pagine su 20 anni di
>violazioni dei diritti umani, ma le conclusioni continuano ad essere al
>centro del dibattito dopo le recentissime dichiarazioni di Martis Rivas,
>capo dello squadrone della morte "Grupo Colina" che ha dichiarato che
>riceveva gli ordini direttamente dall'ex presidente Alberto Fujimori (vedi
>la campagna per processare il pinochet peruano:
>http://www.fujimoriextraditable.com.pe/ ).
>Il documento elaborato dalla Commissione della Veritá e Riconciliazione CVR
>accusa principalmente la guerriglia maonista "Sendero Luminoso", il
>movimento guerigliero "Tupac Amaru" MRTA, l'esercito governativo ma indica
>anche la responsabilitá politica degli ex Presidenti Fernando Belaúnde
>(1980-1985) e Alan García (1985- 1990) e la responsabilitá penale di Alberto
>Fujimori (1990-2000), profugo in Giappone.
>Quest'analisi della violenza nel Paese andino stima ben 69.280 morti o
>desaparecidos, vittime del terrorismo politico e della repressione statale;
>tre su quattro parlano quechua, rappresentanti della popolazioni contadine
>ed indígene. La maggior parte delle atrocità commesse andrebbero attribuite
>alla guerriglia. Le forze di sicurezza dello Stato sarebbero però
>responsabili della sparizione di almeno 7mila persone. Enormi anche le
>perdite economiche provocate dai due decenni di guerra interna, stimate in
>circa 25 milioni di dollari.
>Rispetto alle dimensioni del conflitto interno, le stime delle vittime
>indicate dalla CVR superano tre volte la cifra che finora si presumeva.
>Quest'orribile saldo é maggiore delle stime indipendenti di 30.000 morti e
>desaparecidos della dittatura militare in Argentina (1976-1983) e resulta
>essere il secondo piu' grave dell'America Latina dopo le 200.000 vittime (in
>maggioranza maya) della repressione della guerra civile in Guatemala
>(1960-1996). La maggioranza delle vittime viveva nelle zone rurali (79%),
>tre su quattro parlavano quechua, il 68% aveva conseguito un'educazione
>primaria completa o incompleta.
>I nove volumi del rapporto possono essere visionati sul sito
>www.cverdad.org.pe >
>I responsabili
>Secondo CVR, il principale responsabile dei morti e desaparecidos é Sendero
>Luminoso a cui aggiudica il 54% delle vittime, segnalando che si tratta di
>un caso eccezionale tra i gruppi guerriglieri e insurgentes dell'America
>Latina. Sendero Luminoso ha inflitto "una violenza estrema di inusitata
>crudeltá, comprendendo anche la tortura e le sevizie come forme per
>castigare ed intimidire la popolazione civile che tentava di controllare",
>enfatizza il rapporto finale CVR aggiungendo che "Sendero negava il valore
>della vita e dei diritti umani".
>Il Movimento rivoluzionario Tupac Amaru MRTA si é reso responsabile solo
>delll'1,5% dei morti e desaparecidos, ricorrendo ad "atti criminali,
>sequestri, assassini".
>Non va dimenticato che il rapporto finale analizza anche le responsabilitá
>dei governi democratici di Belaude e Garcia e del dittatore Fujimori che
>"erano carenti nel comprendere e nel gestire adeguatamente il conflitto
>armato". In particolare si ritengono colpevoli i governi di Belaunde e
>Garcia per aver permesso in certe zone del conflitto, che la violazione dei
>diritti umani si trasformasse in pratica sistematica delle Forze Armate e
>non di ecceso di alcuni membri. Va sottolineato che in soli due anni, tra il
>1983 e 1984 (durante il governo Belaude) si siano registrati il maggior
>numero di morti rispetto a tutta la guerra interna: ben 19.468 vittime che
>rappresentano il 28% del totale.
>Il rapporto finale CVR é molto critico con il governo Fujimori: il golpe di
>stato del 1992 ha significato un "collasso dello Stato di diritto". Il testo
>segnala crimini orribili: "assassinio, scomparsa-desaparicion forzata,
>crudeli massacri", un linguaggio criminale usato dallo squadrone della morte
>Gruppo Colina (dell'ex capo dei servizi segreti di Fujimori, Vladimiro
>Montesinos) per ubbidire agli ordini decretati dal Presidente Fujimori a cui
>CVR attrabuisce responsabilitá penali.
>Rispetto alle azioni delle Forze Armate - accusate del 31% di morti, la CVR
>conclude che "nel primo periodo si applicó la strategia della repressione
>indiscriminata contro la popolazione civile, sospettata di appartenere a
>Sendero Luminoso". In una seconda tappa "questa strategia diventa piú
>selettiva, continuando a violare i diritti umani".In alcuni momento del
>conflitto, secondo la CVR, non si é trattato solo di eccessi individuali,
>bensí di "pratiche generalizzate e/o sistematica violazione dei diritti
>umani". Sarà il potere giudiziario a incaricarsi di stabilire il grado di
>responsabilitá penale degli ufficiali coinvolti che hanno diretto la
>strategia antigueriglia nelle varie zone di emergenza - afferma la
>Commissione della Veritá.
>
>Complicitá del Cardinale Cipriani e responsabilitá della Chiesa Cattólica
>Anche la Chiesa Cattólica é stata oggetto dell'analisi della Commissione
>della Veritá CVR.
>Secondo il rapporto finale della CVR "la difesa dei diritti umani da parte
>dell'Arcivescovo di Ayacucho (attualmente Cardinale di Lima, Mons. Luis
>Cipriani) non é stata ferma e decisa durante la maggior parte del conflitto
>armato". Il documento segnala che l'attuale esponente latinoamericano dell'
>OPUS DEI "durante la maggior parte del conflitto armato ha ostacolato il
>lavoro delle organizazióni ecclesiali impegnate nella difesa dei diritti
>umani, fino al punto que negava la violazione dei diritti umani".
>Va peró citato che il rapporto finale della CVR riconosce nella Chiesa
>Cattolica un'istituzione che ha tradotto il suo rifiuto della violenza
>terrorista, attraverso attivitá di difesa dei diritti umani come, per
>esempio, quelle organizzate dalla Commissione Episcopale per l'Azione
>Sociale CEAS (www.ceas.org.pe ).
>In questo senso, la CVR rende omaggio a sacerdoti (menzioniamo anche i
>martiri italiani Padre Alessandro Dordi, Padre Daniele Badiali e Giulio
>Rocca dell"Operazione Mato Grosso - OMG"), religiose, fedeli cattolici ed
>evangelici che pagarono con la propria vita la difusa dei diritti umani.
>Tuttavia si deplora l'irresponsabilitá di alcune autoritá ecclesiastiche di
>Ayacucho, Huancavelica y Apurimac che non hanno svolto il loro impegno
>pastorale in favore della pace e della giustizia.
>Il direttore esecutivo del Coordinamento Nazionale dei Diritti Umani CNDDHH
>Francisco Soberon, commenta: "coloro che hanno seguito la congiuntura
>nazionale fin dagli anni '80, hanno osservato come Cipriani ha volto le
>spalle ai familiari dei desaparecidos e a tutti coloro che hanno sofferto le
>violazióni dei diritti umani in Ayacucho.
>
>La violenza in Ayacucho
>Paradossalmente il rapporto finale della Commissione CVR viene presentato
>alla cittadinanza il 29 agosto ad Ayacucho mentre lo Stato ha decretato lo
>stato d'emergenza per evitare disordini.
>Ayacucho, l'angolo della morte in quechua (per le mattanze durante l'epoca
>dei conquistadores spagnoli), teatro di crimini e violazióni orrende
>perpetrate da Sendero Luminoso e dalla repressione governativa negli anni '
>80, diventa lo scenario della debolezza democratica dello Stato, con la
>paura del ritorno del fantasma del terrorismo.
>Alla luce della pubblicazione del rapporto della Commissione della Veritá e
>della Riconciliazione, e di un panorama sociale in fibrillazione, fatto di
>marce, scioperi, blocchi stradali, contro una politica economica
>essenzialmente recessiva, ma fondamentalmente contro uno stile di governo
>poco in sintonia con i sentimenti quotidiani della popolazione, la nostalgia
>autoritaria fa capolino in molti settori conservatori. La fragilitá della
>"democrazia" toledista, viene spesso confrontata con la stabilitá della
>"dittatura" fujimorista. Non che preoccupi il confronto, la cosa grave é la
>mancanza di senso delle istituzioni, del lungo periodo, e il correre dietro
>a soluzioni miracolistiche.
>
>L'impatto nella societá peruana
>Il rapporto finale della Commissione CVR ha acceso un vespaio di
>dichiarazioni contrastanti, evidenziando una profonda rottura tra la societá
>civile e i poteri forti che da vari mesi stanno articulando una campagna di
>dura opposizione e discredito contro la Commissione CVR.
>In particolare va sottolineata la reazione di diversi generali e
>rappresentanti delle Forze Armate, legati anche políticamente alla strategia
>antisovversiva che, in vari momenti e luoghi, ha violato sistemáticamente i
>diritti umani.
>Padre Gustavo Gutierrez, fondatore della Teologia della Liberazione,
>evidencia la preparazione e la profesionalita dei membri della Commissione
>della Veritá CVR: "sono personalitá riconosciute non solo nel Perú, per il
>loro spessore morale e intellettuale e, quando parlano di atrocitá, si
>riferiscono a cose accadute realmente che non si possono piú occultare". Il
>religioso dominicano afferma che l'obiettivo ideale per una soluzione
>profonda va ricercato nel perdono, peró "é chiaro che la societá deve
>raggiungere la giustizia anche attraverso le sanzioni; (..) sono
>comprensibili i nervosismi peró bisogna evitare relazioni e collaborazioni
>delle istituzioni con coloro che violarono la legge e i diritti umani.
>Anche la Conferenza Episcopale Peruviana ha espresso ufficialmente il
>proprio sostegno al lavoro della Commissione della Verita', manifestando il
>desiderio che il rapporto finale contribuisca "a stabilire la verita' di
>fatti dolorosi al fine di purificare la memoria collettiva della storia
>passata".
>Sulla stessa linea d'onda si unisce il Presidente di APRODEH - Asociación
>Pro Derechos Humanos (storica ONG che ha promosso il Coordinamento Nazionale
>dei Diritti Umani - CNDDHH www.aprodeh.org.pe ) Miguel Jugo dichiarando:
>"crediamo si debba dare continuitá alle parole del Presidente Toledo per
>lavorare in favore della giustizia, della riparazione e de rafforzamento dei
>diritti umani. (..). Coincidiamo con i membri della CVR nell'identificare le
>responsabilitá politiche dei governi di Fernando Belaundé e Alan Garcia ma
>anche le responsabilitá penali di Alberto Fujimori.
>
>La lotta per la giustizia della societá civile
>Di fronte ad una campagna diffamatoria orchestrata da poteri occulti, con l'
>appoggio di politici e mass-media che tentano di bloccare il processo
>democratico del Peru', la societa' civile e i movimenti popolari del paese
>andino si stanno mobilitando per costruire un nuovo patto sociale fondato
>sulla giustizia e sulla riconciliazione.
>In prima linea si sono attivate varie organizazióni (tra cui il
>Coordinamento Nazionale dei Diritti Umani CNDDHH, l'Associazione Peruviana
>Pro Diritti Umani APRODEH, il centro ecclesiale "Bartolomeo de las Casas",
>la Rete Giubileo 2000, la Conferenza dei Religiosi del Peru') per la difesa
>dei diritti umani calpestati durante un ventennio di violenza politica
>fomentato dalla guerriglia terrorista Sendero Luminoso ma anche dalla
>polizía e dall'esercito governativo.
>Il 20 agosto scorso sono state presentate al Presidente del Perú Alejandro
>Toledo 22.000 firme raccolte dal movimento cittadino "PARA QUE NO SE REPITA"
>("Affinché non si ripeta", nella traduzione dallo spagnolo) in appoggio alla
>Commissione della Verita'.
>
>Il 27 agosto scorso la societá civile ha organizzato una manifestazione
>pubblica di appoggio alla Commissione della Veritá CVR che ha visto la
>partecipazione di 5.000 cittadini coordinati dal Movimento "PARA QUE NO SE
>REPITA", tra cui i Movimenti dei bambini, adolescenti e giovani lavoratori
>organizzati del MANTHOC, MNNATSOP, JENATSO e JOC.
>In questa direzione di una capillare diffusione del rapporto finale si
>stanno impegnando varie ONG internazionali come il coordinamento Forum
>Solidaridad Perú, per animare il dibattito non solo a Lima ma anche nelle
>realtá periferiche andine e amazzoniche e per mantenere acceso l'interesse e
>la prioritá di accompagnare questa costruzione democratica dal basso frutto
>della coscienza di migliaia di cittadini che si impegnano in prima persona
>per la giustizia e la pace in un contesto particolarmente complesso, segnato
>da povertá strutturali ma anche da quella dignitá caratteristica di questo
>popolo che non si arrende, ma lotta e si rimbocca le maniche.
>In questo senso va sottolineato il fatto che questa mobilitazione non si
>limita solo al Perú', come hanno documentato varie agenzie internazionali di
>stampa indipendente come ADITAL del Brasile, ALAI dell'Ecuador, DIAL della
>Francia, Agencia Internacional de prensa india del México, Reseau d'
>information & de solidarité avec l'Amerique Latine del Belgio, America
>Semanal degli USA.
>Dall'Argentina il Premio Nobel per la pace Adolfo Perez Esquivel ha
>ricordatoto che "é necessario superare l'impunitá rispetto a ció che é
>successo affinché non ritorni... NUNCA MAS...
>Se non c'é veritá e giustizia, non ci puó essere riconciliazione possibile".
>
>
>*Cristiano Morsolin, giornalista e operatore di reti internazionali.
>Fondatore dell'Osservatorio Indipendente sulla regione Andina SELVAS,
>www.selvas.org Lavora a Lima nella cooperazione internazionale.
>
>
>
>
>
>---
>Il Granello di Sabbia è realizzato da un gruppo di traduttori e traduttrici volontari/e e dalla redazione di ATTAC Italia redazione@???
>Riproduzione autorizzata previa citazione e segnalazione del "Granello di Sabbia - ATTAC - http://attac.org/"