<html><div style='background-color:'><DIV>
<P><BR><BR></P></DIV>
<DIV></DIV>>From: "Giancarlo Canuto" <GIANCANUTO@???>
<DIV></DIV>>To: <?XML:NAMESPACE PREFIX = Undisclosed-Recipient /><Undisclosed-Recipient:;>
<DIV></DIV>>Subject: Nel merito della proposta Fini
<DIV></DIV>>Date: Tue, 28 Oct 2003 06:05:18 +0100
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<DIV></DIV>>Ancora il magistrato DI SCHIENA, da Brindisi, approfondisce nel merito la proposta Fini, sul voto agli immigrati, depositata in Parlamento. Lo fa con alcune annotazioni tecnico-giuridiche che ne fanno emergere ancora di più la contraddizione e la strumentalità.
<DIV></DIV>>La metto in circolo per coloro che vogliono confrontarsi e, se condivisa, farla ulteriormente girare in rete o pubblicarla sui vari siti di controinformazione.
<DIV></DIV>>Giancarlo CANUTO - A SINISTRA - Brindisi
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<DIV></DIV>>IL VOTO AGLI IMMIGRATI E LA COSTITUZIONE
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<DIV></DIV>> Era nel giusto chi aveva considerato eccessivo il clamore suscitato dalla sortita dell'on.le Fini sul voto amministrativo agli immigrati e fuor di luogo le tante aperture verso l'annunciata iniziativa che si appalesava come un'operazione rivolta a riequilibrare "pesi" e ruoli all'interno della maggioranza e ad imbellettare l'immagine di AN responsabile di primo piano del varo della legge Bossi-Fini che tanti dissensi aveva provocato nel mondo cattolico e nella coscienza civile del Paese per il suo pesante carico di pregiudizi, di rifiuti e di ingiustizie. Dopo una girandola di commenti sostanzialmente positivi ed il riemergere di qualche inclinazione all'inciucio, le riserve e le diffidenze nei confronti della svolta buonista del vice premier si sono rivelate fondate alla luce della lettura del disegno di legge costituzionale presentato in Parlamento che modifica l'art. 48 dello Statuto riconoscendo il diritto di voto amministrativo in favore degli stranieri non comunitari quando ricorrono le seguenti condizioni: che abbiano stabilmente e regolarmente soggiornato in Italia per almeno sei anni, che siano titolari di un permesso di soggiorno il quale consenta un numero indeterminato di rinnovi, che dimostrino di avere un reddito sufficiente per il sostentamento proprio e dei familiari, che non siano stati rinviati a giudizio per reati per i quali è previsto l'arresto obbligatorio o facoltativo, che s'impegnino per iscritto a rispettare i principi fondamentali della Costituzione e che facciano formale richiesta di partecipare alle elezioni.
<DIV></DIV>> Ora, l'iniziativa del leader di AN presenta una stridente contraddizione che dovrebbe spegnere gli entusiasmi suscitati e provocare una aperta e corale denuncia. La proposta di legge, che subordina la concessione del diritto di voto agli immigrati ad una loro formale dichiarazione di impegno a rispettare i principi fondamentali della nostra Costituzione, viola essa stessa il primo di questi principi, quello dal quale tutti gli altri traggono origine e senso: il rispetto dovuto alla dignità di ogni uomo e di tutti gli uomini. Un principio che trova nell'art. 2 della Carta costituzionale la sua più generale e significativa espressione e che ispira e pervade tutte le disposizioni della prima parte dello Statuto così come costituisce l'anima della Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo e degli statuti più avanzati. A ben guardare, il disegno di legge di AN arreca infatti un grave vulnus alla dignità umana degli immigrati in quanto mortifica ed anzi capovolge la grande acquisizione di civiltà per la quale la legge, quando riconosce diritti o accorda benefici a soggetti che hanno certi requisiti o vivono in determinate situazioni, deve privilegiare e giammai penalizzare coloro che, trovandosi in situazioni identiche a quelle degli altri interessati, sono rispetto a questi ultimi svantaggiati per mancanza o inadeguatezza di lavoro o di reddito.
<DIV></DIV>> E sì, la proposta di Fini va in direzione opposta a quella indicata dal ricordato principio: essa stabilisce invero che gli immigrati col reddito inferiore a quello necessario per assicurare il loro sostentamento non potranno votare mentre lo potranno fare quelli che usufruiscono di redditi migliori. Una duplice discriminazione quindi in danno degli immigrati più poveri: nei confronti dei cittadini italiani, il cui diritto di voto non è condizionato da situazioni di reddito, e, dentro l'area degli extracomunitari, nei confronti degli stranieri economicamente più fortunati. Una discriminazione per motivi di censo che offende la dignità personale di chi la subisce e si pone agli antipodi della grande direttiva dettata dall'art. 3 della Costituzione che affida alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e la partecipazione dei lavoratori alla vita delle comunità. Una direttiva che, per la sua stretta connessione con il riconoscimento e la tutela dei "diritti inviolabili dell'uomo" sanciti dall'art. 2 dello Statuto e per il suo esplicito richiamo alla centralità del valore della "persona umana", fa carico alle istituzioni repubblicane di rimuovere gli indicati ostacoli non solo a vantaggio dei cittadini, esplicitamente menzionati dalla norma, ma anche a beneficio di tutti gli stranieri che vivono stabilmente nel nostro Paese.
<DIV></DIV>> Oltre a questa critica di ordine generale, vi sono poi diversi rilievi particolari che devono essere mossi al disegno di legge di AN. Per quale ragione, che non sia dettata da discriminazioni di matrice razzista, viene negato il voto ad uno straniero non comunitario che sia stato rinviato a giudizio per certi reati mentre una simile limitazione non è prevista per i cittadini italiani? E' dovuto ad una consapevole scelta o ad una improprietà di espressione destinata ad essere corretta, il fatto che il riconoscimento del diritto di voto viene condizionato alla titolarità di un permesso di soggiorno indeterminatamente rinnovabile e non alla pur annunciata titolarità della Carta di soggiorno che, secondo una sorprendente precisazione dell'on.le La Russa, sarebbe "sottointesa"? Il richiesto impegno di rispettare i principi fondamentali della Costituzione va interpretato nel senso che lo straniero si deve obbligare ad osservare questi principi per come risultano tradotti in precise disposizioni di legge (impegno in questo caso superfluo) o per come desumibili direttamente dalla Carta costituzionale col rischio dell'opinabilità delle possibili interpretazioni? E perché mai, se non per allungare i tempi e rendere più ardua l'approvazione del pur patrocinato provvedimento, si è fatto ricorso ad una legge costituzionale quando sarebbe stato possibile, alla luce della normativa vigente (nuova formulazione dell'art. 117 cost.), utilizzare il più agevole e sollecito strumento della legge ordinaria?
<DIV></DIV>> La proposta di legge di AN sul voto agli immigrati, che nasce disinvolta e leggera fra i mille giochi della politica nostrana mentre l'immigrazione disperata muore nelle acque del canale di Sicilia, è un pannicello caldo che non può in alcun modo curare le ferite procurate dalla legge Bossi-Fini. Essa è soprattutto uno specchietto per le allodole, selvaggina che abbonda nelle nostre contrade.
<DIV></DIV>> Brindisi, 22 ottobre 2003
<DIV></DIV>>Michele DI SCHIENA
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