Szerző: marcantonio Dátum: Tárgy: [Forumlucca] Fw: energia e non programmazione in italia
> dal corriere.it
> lunedi 22 settembre 2003
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> L'energia in Italia c'è, manca la programmazione
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> di MARCO VITALE
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> Dobbiamo essere grati ad Alberto Ronchey che, con il suo articolo su «La
> carestia elettrica» ci ha ricondotti a pensare a un tema cruciale del
> presente e del futuro. Per un Paese che parla quasi solo di vicende di 50
> anni fa non è poco. E' come se nel 1950, invece di pensare alla
> ricostruzione, avessimo incominciato ad accapigliarci su Giolitti. Le cose
> che dice Ronchey sono tutte corrette, compreso l'appello ad evitare i più
> evidenti sperperi di consumi. Ma essi possono essere integrati divulgando
> alcuni fatti e dati che ci aiutano a completare la nostra conoscenza dei
> fatti. Mi assumo questo compito di divulgatore, contando su uno splendido
> articolo in corso di pubblicazione sulla rivista «Energia» dell'Università
> di Bologna di Alberto Clò e Davide Pastorino, due grandi esperti in materia. > Esiste in Italia un deficit elettrico che nell'estate 2003 ha interessato il > nostro Paese in misura mai riscontrata dal dopoguerra.
> Per deficit elettrico si intende l'incapacità della potenza elettrica
> disponibile al gestore (interna e di importazione) ad assicurare piena e
> continua copertura della domanda potenziale. Di fronte a questo deficit ed
> al pericoloso assottigliarsi della riserva operativa, il gestore
> correttamente e per evitare «blackout» (che è un'altra cosa) è
> preventivamente intervenuto con un parziale e programmato razionamento della > domanda.
> In un primo momento (11 giugno) ha operato un distacco di 900 Mw,
> soprattutto di siderurgici, il che non ha sollevato problemi. Nel secondo,
> il 26 giugno, applicava, dalle 9 alle 12, il primo livello di distacchi
> programmato a rotazione di utenza diffusa per un totale di 3087 Mw,
> interessando 6 milioni di utenti. Ciò ha creato tanti disagi soprattutto
> perché è stata una misura né adeguatamente né tempestivamente comunicata.
> Come al solito in Italia si va alla caccia degli untori, identificati
> nell'ordine seguente: gestore; iperconsumi; mancanza di energia nucleare;
> boicottaggio dei francesi. In realtà il gestore non poteva fare altro, dato > che non ha alcun potere sull'offerta di energia, dovendosi limitare a
> gestire ed allocare la quantità di energia resagli disponibile dai
> produttori nella loro assoluta autonomia gestionale. Gli iperconsumi non ci > sono stati ma anzi abbiamo avuto, sotto questo profilo, la fortuna di una
> quasi recessione nella produzione industriale nei settori ad alto consumo
> energetico (siderurgia, tessili). Sicché gli appelli a non fare la doccia
> (direttore della Protezione civile su «Il Tempo» del 16 luglio 2003) o ad
> usare la lavatrice nelle ore serali (ministro delle Attività produttive su
> «Il Sole-24 Ore» del 27 giugno 2003) sono semplicemente penosi. Lasciamo
> perdere, per carità di patria, gli altri due temi e veniamo ai fatti. E qui, > i lettori mi scuseranno, sono necessarie alcune cifre.
> Nel 2001 la potenza installata era di 76.210 Mw; nel 2002 era di 76.950 Mw. > Nel 2001 la potenza disponibile nazionale era di 48.900 Mw ai quali vanno
> aggiunti 6.000 Mw importati per un totale di potenza disponibile di 54.900
> Mw; a fronte di una domanda alla punta di 51.980 Mw ed una riserva
> disponibile di 2.920 Mw. Nel 2002 la potenza disponibile nazionale era di
> 48.950 Mw più un'importazione di 6.300 Mw per un totale di potenza
> disponibile di 55.250 Mw, a fronte di una domanda di 52.590 Mw, con una
> riserva disponibile di 2.660 Mw. La sostanza è dunque che abbiamo avuto un
> deficit d'offerta con un tasso medio di utilizzo della capacità installata
> del 64%. Le ragioni di questo gap sono note e misurate e quasi tutte in se
> spiegabili (impianti fermi per riconversione, impianti fermi per
> manutenzione straordinaria, avarie, limitazioni centrali idroelettriche,
> fermo di impianti marginali che non danno profitto), anche se per 1.000 -
> 1.500 Mw non forniti da Enel come fornitore di ultima istanza, sono
> necessari approfondimenti. Quello che non va bene è che queste cause si sono > andate affastellando senza programmazione e senza guida. Questo deficit era > prevedibile ed è stato previsto in ripetute denunce del Gestore a partire
> dal maggio 2001. Queste denunce, contestate da Franco Tatò (Enel)
> nell'audizione alla Commissione Attività produttive della Camera del 23
> gennaio 2002, si sono dimostrate fondate.
> La verità è che l'energia nel nostro Paese non è governata da nessuno; le
> competenze si sono frantumate (basti pensare che il disegno di legge di
> riordino del settore elettrico attualmente in discussione in Parlamento è
> controfirmato da 11 ministri, e con le Regioni andrà peggio); l'Enel priva
> dei compiti pubblici che gli aveva assegnato l'articolo 1 della legge
> istitutiva del 1962 («ai fini di utilità generale l'Ente Nazionale Energia
> Elettrica provvederà alla utilizzazione coordinata ed al potenziamento degli > impianti allo scopo di assicurare con minimi costi di gestione una
> disponibilità di energia elettrica adeguata per quantità e prezzo alle
> esigenze di un equilibrato sviluppo economico del Paese») pensa giustamente > solo ai propri affari; la pluralità dell'offerta si è in parte realizzata
> (nel primo semestre 2003 la produzione Enel ha coperto solo il 37-38% dei
> complessivi consumi di elettricità in Italia) ma nessuno coordina le
> pluralità.
> La conclusione è che il sistema elettrico nazionale è oggi privo di governo. > La privatizzazione fatta in una pura logica finanziaria senza
> liberalizzazione, ma anche senza l'indispensabile autorità di coordinamento, > senza la Borsa, ma anche senza le regole, quindi senza la guida ma anche
> senza il mercato in senso proprio, la privatizzazione fatta malissimo,
> incomincia a far pagare i suoi prezzi. E questa è la vera causa del deficit > elettrico. Che continuerà un po'. Dopodiché costruiranno tutte le centrali
> che dicono di voler fare, avremo un eccesso di offerta elettrica ed avremo
> buttato via, per mancanza di governo, un altro bel mucchio di capitale.
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