[NuovoLaboratorio] Israele/Palestina

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Aihe: [NuovoLaboratorio] Israele/Palestina
Mille grazie Luisa
per avere spedito questo articolo in italiano lo troviamo molto interessante.
Noi lo avevamo pubblicato qui:
http://bellaciao.org/article.php3?id_article=2917

Insieme anche a un'altro articolo sempre dello stesso autore qui:
http://bellaciao.org/article.php3?id_article=2916

All'occasione del 11 settembre...

Eravamo decisi di tradurlo, ebbene e' fatto grazie ancora lo mettiamo subito nel nostro sito
italiano cioe' qui:
http://bellaciao.org/it/article.php3?id_article=775


Ciao a tutti da Parigi
Per il
Collettivo Bellaciao
Roberto Ferrario
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--- "acifatte@???" <acifatte@???> a écrit : > Vi segnalo l'articolo di Avram Burgh, scritto
per l'Herald Tribune e pubblicato oggi dal
> Manifesto, importante anche per il ruolo svolto da Burgh come Presidente della Knesset.
>
> Luisa Morgantini
>
> ISRAELE
> E' morta la rivoluzione sionista
> AVRAHAM BURG*
>
> Il sionismo è morto, e i suoi aggressori sono seduti sulle poltrone del governo a Gerusalemme.
> Non perdono un'occasione per far scomparire tutto ciò che c'era di bello nella rinascita
> nazionale. La rivoluzione sionista poggiava su due pilastri: la sete di giustizia e una
> leadership sottomessa alla morale civica. L'una e l'altra sono scomparse. La nazione israeliana
> ormai non è altro che un ammasso informe di corruzione, oppressione e ingiustizia. La fine
> dell'avventura sionista è vicina. Sì, è ormai probabile che la nostra generazione sia l'ultima
> del sionismo. Quello che resterà dopo sarà uno stato ebraico irriconoscibile e detestabile. Chi
> di noi vorrà essere patriota di tale stato? L'opposizione è scomparsa, la coalizione resta muta,
> Ariel Sharon si è trincerato dietro un muro di silenzio. Questa società di instancabili
> chiacchieroni è diventata afona. Semplicemente non c'è più nulla da dire: i nostri fallimenti
> sono evidenti. Certo, abbiamo resuscitato la lingua ebraica, il nostro teatro è eccellente, la
> nostra moneta abbastanza stabile, nel nostro popolo ci sono talenti stupefacenti e siamo quotati
> al Nasdaq. Ma è per questo che abbiamo creato uno stato? No, non è per inventare armi
> sofisticate, strumenti di irrigazione efficacissimi, programmi di sicurezza informatica o
> missili antimissile che il popolo ebraico è sopravvissuto. La nostra vocazione è diventare un
> modello, la «luce delle nazioni», e abbiamo fallito.
>
> La realtà, dopo duemila anni di lotte per la sopravvivenza, è uno stato che sviluppa delle
> colonie guidato da una cricca di corrotti incuranti della morale civica e della legge. Ma uno
> stato amministrato nel disprezzo della giustizia perde la sua forza di sopravvivenza. Chiedete
> ai vostri figli se sono sicuri di essere ancora in vita fra venticinque anni. Le risposte più
> lungimiranti rischiano di scioccarvi, perché il conto alla rovescia della società israeliana è
> già cominciato.
>
> Non c'è nulla di più affascinante che essere sionista a Beth El o Ofra. Il paesaggio biblico è
> incantevole. Dalla finestra ornata di gerani e bougainville, non si vede l'occupazione. Sulla
> nuova strada che costeggia Gerusalemme da nord a sud, ad appena un chilometro dagli sbarramenti,
> si circola velocemente e senza problemi. Chi si preoccupa di ciò che subiscono gli arabi
> umiliati e disprezzati, obbligati a trascinarsi per ore su strade dissestate e continuamente
> interrotte da check point? Una strada per l'occupante, una strada per l'occupato. Per il
> sionista, il tempo è rapido, efficiente, moderno. Per l'arabo «primitivo», manodopera senza
> permesso in Israele, il tempo è di una lentezza esasperante.
>
> Ma così non può durare. Anche se gli arabi piegassero la testa e ingoiassero la loro
> umiliazione, verrà un momento in cui nulla funzionerà più. Ogni edificio costruito
> sull'insensibilità alla sofferenza altrui è destinato a crollare fragorosamente. Attenti a voi!
> State ballando su un tetto che poggia su fondamenta barcollanti!
> Israele, la rivoluzione sionista è morta
> Poiché siamo indifferenti alla sofferenza delle donne arabe bloccate ai check point, non
> percepiamo più i lamenti delle donne picchiate dietro la porta dei nostri vicini, né quelli
> delle ragazze madri che lottano per la propria dignità. Abbiamo smesso di contare i cadaveri
> delle donne assassinate dal loro marito. Indifferenti alla sorte dei bambini palestinesi, come
> ci possiamo sorprendere quando, con un ghigno di odio sulla bocca, si fanno saltare per aria
> come martiri di Allah nei luoghi del nostro svago perché la loro vita è un tormento; nei nostri
> centri commerciali perché non hanno neanche la speranze di fare, come noi, degli acquisti? Fanno
> scorrere il sangue nei nostri ristoranti per farci passare l'appetito. A casa loro, figli e
> genitori soffrono la fame e l'umiliazione. Anche se uccidessimo 1000 terroristi al giorno, non
> cambierebbe nulla. I loro leader e i loro istigatori sono generati dall'odio, dalla collera e
> dalle misure insensate prese dalle nostre istituzioni moralmente corrotte. Fintanto che un
> Israele arrogante, terrorizzato e insensibile a se stesso e agli altri si troverà di fronte una
> Palestina umiliata e disperata, non potremo andare avanti. Se tutto ciò fosse inevitabile e
> frutto dei disegni di una forza soprannaturale, anche io starei zitto. Ma c'è un'altra opzione.
> Ed è per questo che bisogna urlare.
>
> Ecco quello che il primo ministro deve dire al popolo: il tempo delle illusioni è finito. Non
> possiamo più rimandare le decisioni. Sì, amiamo il paese dei nostri antenati nella sua totalità.
> Sì, ci piacerebbe viverci da soli. Ma così non funziona, anche gli arabi hanno i loro sogni e le
> loro esigenze. Tra il Giordano e il mare, gli ebrei non sono più maggioranza. Conservare tutto
> gratuitamente, senza pagarne il prezzo, miei cari concittadini, è impossibile.
>
> È impossibile che la maggioranza palestinese sia sottomessa al pugno di ferro dei militari
> israeliani. È impossibile credere che siamo la sola democrazia del Medioriente, perché non lo
> siamo. Senza l'uguaglianza completa degli arabi, non c'è democrazia. Conservare i territori e
> una maggioranza di ebrei solo nello stato ebraico, ripettando i valori dell'umanesimo e della
> morale ebraica, rappresenta un'equazione insolubile.
>
> Volete la totalità del territorio del Grande Israele? Perfetto. Avete rinunciato alla
> democrazia. Realizzeremo allora un sistema efficace di segregazione etnica, di campi di
> internamento, di città-carceri: il ghetto Kalkilya e il gulag Jenin.
>
> Volete una maggioranza ebraica? O ammasseremo tutti gli arabi in vagoni di treno, in autobus, su
> cammelli o asini per espellerli. Oppure dobbiamo separarci da loro in modo radicale. Non ci sono
> mezzi termini. Ciò implica lo smantellamento di tutti - dico bene: tutti - gli insediamenti e la
> determinazione di una frontiera internazionale riconosciuta tra lo stato nazionale ebraico e lo
> stato nazionale palestinese. La legge del ritorno ebraica sarà applicabile soltanto all'interno
> dello stato nazionale ebraico. Il diritto al ritorno arabo sarà applicabile esclusivamente
> all'interno dello stato nazionale arabo.
>
> Se è la democrazia ciò che volete, avete due opzioni: o rinunciate al sogno del Grande Israele
> nella sua totalità, alle colonie e ai loro abitanti, oppure concedete a tutti, compresi gli
> arabi, la piena cittadinanza con diritto di voto alle elezioni politiche. In quest'ultimo caso,
> coloro che non volevano gli arabi nello stato palestinese vicino li avranno alle urne, a casa
> propria. E loro saranno maggioranza, noi minoranza.
>
> Questo è il linguaggio che deve adottare il primo ministro. Spetta a lui presentare
> coraggiosamente le alternative. Bisogna scegliere tra la discriminazione etnica praticata da
> ebrei e la democrazia. Tra le colonie e la speranza per due popoli. Tra l'illusione di un muro
> di filo spinato, dei check point e dei kamikaze e una frontiera internazionale accettata dalle
> due parti con Gerusalemme capitale comune dei due stati.
>
> Ma, purtroppo, non c'è alcun primo ministro a Gerusalemme. Il cancro che divora il corpo del
> sionismo ha già raggiunto la testa. Le metastasi fatali sono lassù. È accaduto in passato che
> Ben Gurion commettesse un errore, ma è rimasto comunque di una rettitudine irreprensibile.
> Quando Begin sbagliava, nessuno metteva in discussione la sua buona fede. E lo stesso succedeva
> quando Shamir non faceva nulla. Oggi, secondo un sondaggio recente, la maggioranza degli
> israeliani non crede nella rettitudine del primo ministro, anche se continua ad accordargli la
> propria fiducia sul piano politico. Detto in altri termini, la personalità dell'attuale primo
> ministro simboleggia le due facce della nostra disgrazia: un uomo di dubbia moralità, gaudente,
> incurante della legge e modello negativo di indentificazione. Il tutto combinato con la sua
> brutalità verso gli occupati, che rappresenta un ostacolo insuperabile alla pace. Da ciò deriva
> una conclusione indiscutibile: la rivoluzione sionista è morta.
>
> E l'opposizione? Perché mantiene il silenzio? Forse perché siamo in estate? O perché è stanca?
> Perché, mi chiedo, una parte dei miei compagni vuole un governo a ogni costo, foss'anche quello
> dell'identificazione con la malattia piuttosto che della solidarietà con le vittime della
> malattia? Le forze del Bene perdono la speranza, fanno le valige e ci abbandonano, insieme al
> sionismo. Uno stato sciovinista e crudele in cui imperversa la discriminazione; uno stato dove i
> ricchi sono all'estero e i poveri deambulano nelle strade; uno stato in cui il potere è corrotto
> e la politica corruttrice; uno stato di poveri e di generali; uno stato di razziatori e di
> coloni: questo è in sunto il sionismo nella fase più critica della propria storia.
>
> L'alternativa è una presa di posizione radicale: il bianco o il nero - tirarsi indietro
> equivarrebbe a essere complici dell'abiezione. Queste sono le componenti dell'opzione sionista
> autentica: una frontiera incontestata; un piano sociale globale per guarire la società
> israeliana dalla sua insensibilità e dalla sua assenza di solidarietà; la messa al bando del
> personale politico corrotto oggi al potere. Non si tratta più di laburisti contro il Likud, di
> destra contro sinistra. Al posto di tutto ciò, bisogna opporre ciò che è permesso a ciò che è
> proibito; il rispetto della legge alla delinquenza. Non possiamo più accontentarci di
> un'alternativa politica al governo Sharon. Ci vuole un'alternativa di speranza alla rovina del
> sionismo e dei suoi valori da parte di demolitori muti, ciechi e privi di ogni sensiblità.
>
> * Deputato del Partito laburista israeliano, ex presidente della Knesset (1999-2003), ex
> presidente dell'Agenzia ebraica
>
> ************************************************************
> Angelo Cifatte
> uff. 010-5573779, fax 010-5573898
> casa 010-5701274
> cell. 333.4891234
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