Report israeliano sulle morti dell'Intifada
02 set 03 - fonte: lemonde.fr - trad: gap
Il rapporto israeliano sui primi morti dell'Intifada denuncia la 
responsabilità della polizia
Le autorità israeliane sono accusate di aver tentato di mascherare metodi 
sbrigativi.
Al termine di quasi tre anni di inchiesta, la commissione presieduta dal 
giudice israeliano Theodor Orr ha emesso il suo verdetto, lunedi 1 
settembre.
Incaricati di fare luce sugli incidenti che opposero la polizia israeliana a 
manifestanti arabi israeliani all'inizio dell'Intifada, a partire dal 29 
settembre 2000, e che si concluse con la morte di dodici arabi israeliani e 
di un palestinese presente sul posto, i tre membri della commissione, due 
giudici, Orr e Hashem Khatib e un orientalista, Shimon Shamir, hanno 
concluso che ci fu una pesante resposabilità da parte delle forze di 
polizia. Queste ultime, che hanno sostenuto, secondo i giudici, "una cultura 
di menzogna", sono inoltre accusati di avere avuto di fronte ai manifestanti 
un atteggiamento "a priori ostile" e di avere tentato di mascherare alla 
classe politica i metodi spicci, tra cui l'uso di proiettili veri, durante 
scontri in cui ci fu un'altra vittima, un israeliano di confessione ebraica, 
ucciso dal lancio di sassi.
Il primo ministro allora in carica, Ehoud Barak, e soprattutto il suo 
ministro degli interni, Shlomo Ben Ami sono ugualmente accusati per avere 
sottovalutato la gravità della situazione e di aver tardato a reagire. I tre 
esperti ritengono che alcuni rappresentanti della comunità dei palestinesi 
d'Israele, tra cui il deputato Azmi Bishara hanno, con il loro 
comportamento, gettato olio sul fuoco. Più di un milione dei 6 milioni e 600 
mila cittadini israeliani sono arabi.
Puntando il dito contro gli attori di una repressione violenta, che faceva 
eco a quella in vigore allo stesso momento nei Territori Palestinesi, la 
commissione Orr a individuato dei responsabili, ma nessun colpevole, eccetto 
un responsabile subalterno della polizia. In effetti, la commissione non si 
esprime su provvedimenti a carico delle persone incriminate. Ovviamente, si 
pronuncia contro una eventuale reintegrazione dei due alti responsabili 
della polizia, che hanno già abbandonato le loro cariche e che Ben Ami non 
possa più, in futuro, esercitare un ruolo di resposanbilità nell'ambito 
della sicurezza interna israelina, ma questi ha già preso le distanze dalla 
politica. I commentatori israeliani sono d'accordo nel considerare che il 
rapporto della commissione non dovrebbe minacciare altrettanto Barak, in 
caso di un suo ritorno in primo piano. Conseguenze immediate: queste 
conclusioni non hanno attenuato il dolore e la collera delle famiglie delle 
vittime, che avevano già espresso la loro diffidenza nel corso dei mesi 
passati. Il Comitato di controllo, la più alta istanza rappresentativa della 
comunità degli arabi israeliani, ha vivamente criticato l'assenza di 
sanzioni giudiziarie e di accuse nei confronti dei responsabili arabi 
israeliani.
In realtà, la volontà evidente dei tre membri della commissione di non 
limitarsi ai soli incidenti ma di esaminarne allo stesso modo il contesto, 
per richiamare il paese ai suoi doveri nei confronti di alcuni autoctoni, 
vittime di lunga data di molteplici discriminazioni nell'educazione, nel 
alvoro, non ha comunque, a quanto pare, convinto gli arabi israeliani. Come 
se questi ultimi si aspettino che questo lavoro subisca l'identica sorte di 
numerosi rapporti allarmisti rimasti nel dimenticatoio. Perché la cicatrice 
degli avvenimenti dell'ottobre 2000 è lontana dall'essere rimarginata. Il 
malessere tra la maggioranza ebrea d'Israele e la sua minoranza araba, 
percepita spesso come una "quinta colonna" palestinese, è stata alimentata 
dai seguiti giudiziari intrapresi nel 2001 contro Bishara, in seguito ai 
suoi viaggi in Siria e di un discorso energico in favore della resistenza 
palestinese, come pure per gli intrighi che hanno coinvolto un altro 
deputato arabo israeliano, Ahmed Tibi, al tempo dell'iscrizione alle 
elezioni di gennaio, o ancora per le accuse di sostegno ad una 
"organizzazione terrorista", in particolare il Movimento della resistenza 
islamica (Hamas), portate contro il ramo del nord del movimento islamico 
israeliano e singolarmente contro il suo capo, lo sceicco Raed Salah.
Il rapporto della commissione Orr rischia dunque di non saldare i conti. Se 
sarà confermato, il raduno annuale che il ramo del nord del Movimento 
islamico organizza sin dal 1995 nella metà di settembre, in omaggoi alla 
moschea al-Aqsa di Gerusalemme, potrebbe offrire l'occasione a questo 
risentimento di esprimersi.
Gilles Paris
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