[NuovoLaboratorio] Balata un anno fa

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Autore: Elisabetta Filippi
Data:  
Oggetto: [NuovoLaboratorio] Balata un anno fa
Un anno fa circa, verso la metà di agosto del 2002, mi trovavo a Balata, uno
dei campi profughi alla periferia di Nablus. La mia esperienza, non è stata
unica. Qui vi riporto la testimonianza di un volontario dell'ISM, che come
me è stato lì, quello che ha visto, quello che ha fatto. E' una
testimonianza di questi giorni, agosto 2003, ma è lo stesso terribile
copione al quale ho assistito un anno fà con gli altri internazionali
dell'ISM.
Ciao
Elisabetta Filippi (Servizio Civile Internazionale/ISM)

2 Settembre 2003
Il campo profughi di Balata vicino Nablus e' il campo piu' popolato della
west bank, in un area di 1km quadrato abitano 25.000 persone.

Vi ricordo brevemente che gli abitanti di questi campi nella west bank, di
gaza e dei paesi arabi confinanti (circa due milioni di persone), sono i
profughi della prima guerra arabo-israeliana (1948) e i loro
discendenti. Famiglie che hanno abitato per secoli in quella terra che ora
si chiama stato di Israele e che sono scappate prima e immediatamente dopo
la fondazione dello stato per paura della guerra e del terrorismo sionista
(sui gruppi terroristici sionisti consiglio l'articolo dell'israeliano Ury
Avnery su
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/27-Agosto-2003/art37.html).

Famiglie che da 55 anni aspettano di ritornare nelle loro case; aspettano
non solo perche' sono arabi e sentimentali, aspettano perche' il diritto
internazionale garantisce il rientro per i profughi di guerra, aspettano
perche' c'e' una risoluzione dell'ONU che ha ribadito questo loro diritto
(una delle 36 risoluzioni dell'ONU che Israele attualmente viola).

Aspettano e intanto vivono ammassati in zone delimitate sotto
l'amministrazione dell'UNRWA,l'ente delle nazioni unite che si occupa dei
profughi palestinesi, da cui ricevono la casa, il cibo e l'istruzione
elementare.

I campi sono la peggiore realta' che si puo' incontrare nella palestina
occupata: l'asfalto non esiste, la rete fognaria e' inadeguata, alcuni
vicoli sono larghi non piu' di 40 cm, le case non potendosi estendere al
di la' dell'area assegnata all'UNRWA si sviluppano in altezza; quando
qualcuno si sposa la famiglia costruisce un altro piano per il nuovo nucleo
familiare.

Nel campo di Balata l'unico edificio in buono stato e' l'imponente moschea
che c'e' all'entrata, icona dell'aria che tira da queste parti.

Siamo nell'immediata periferia della citta', ma qui non e' piu' Nablus, qui
siamo a Balata: qui le donne sono tutte velate e con gli uomini non hanno
nessun tipo di contatto fisico, anche le Internazionali (a Balata
c'e' la base dell'ISM) non possono toccarsi troppo con gli uomini, non
possono fumare. Qui nei processi di pace e nelle tregue non ci hanno mai
creduto. Qui anche i volontari del Medical Relief sono visti con diffidenza,
sono gente di Nablus, sono stranieri. Qui ci sono delle armi e persone
pronte ad usarle, anche se fino ad oggi scontri diretti non c'e' ne sono
stati, solo simbolici colpi sparati in aria.
Qui molti bambini camminano scalzi nella polvere e hanno la carnagione piu'
scura. Qui quelli che lavoravano facevano gli schiavi in Israele, ora le
frontiere sono chiuse e non lavora quasi nessuno.
Qui la poverta' e l'emarginazione si toccano con mano, ad ogni angolo, ad
ogni vicolo. Qui 4 giorni fa e' arrivato l'esercito israeliano. Balata e' un
brutto posto, anche quando non c'e' l'IDF in questi giorni sembra
l'anticamera dell'inferno.

Le strada principale e' un deserto di polvere dove le jeep scorrazzano
allegramente, le due entrate sono presidiate dai tank, quei pochi sfigati
negozietti sono serrati, gli shebab sono appostati nei vicoli e tirano
pietre quando vedono passare le jeep, le jeep si fermano all'altezza dei
vicoli e sparano. Ogni tanto l'esercito occupa una casa, chiude tutta la
famiglia in una stanza, abbatte qualche parete distrugge qualche mobile e
poi se ne va'... "this is a terror place and we do what we want..." la
strategia dei soldati
magistralmente riassunta da uno di loro.

What they wants: vi faccio il bilancio di quello che abbiamo visto in questi
giorni, non di tutto quello che hanno voluto fare, solo di quello che
abbiamo visto. (Tenete presente che tutti questi episodi sono accaduti non
durante operazioni di guerra, bensi' durante il lancio di pietre su mezzi
blindatissimi e tank)

Un ragazzo di 16 anni ha perso un occhio, colpito dai particolari proiettili
di gomma israeliani; lo abbiamo conservato il "proiettile di gomma" una
palla di piombo poco piu' grande di una biglia rivestito da un
sottile strato di gomma..."what they wants" Un bambino di 9 anni ieri e'
stato colpito in bocca, la mascella e' andata in pezzi e ora si trova in
ospedale rischia di morire, lo abbiamo soccorso insieme ai volontari del
Medical Relief non c'era nessuno scontro a fuoco in atto, solo il solito
lancio di pietre, mentre correvamo verso l'ambulanza il soldatino che ha
sparato e' sceso dalla jeep bianco in volto, lo ha guardato e ci ha
gridato:"let him die!!"..."What they wants"

Due giorni fa' un adolescente e' stato colpito ad una gamba, i drusi ce lo
hanno strappato dalle mani
lo hanno caricato sulla jeep e lo hanno portato al presidio dove sono
concentrati i mezzi militari per "interrogarlo" intanto lui sanguinava...
dopo 30 minuti gli hanno permesso di salire sull'ambulanza e andare in
ospedale..."What they wants"

Giorni fa' nel centro della citta' hanno sperimentato i nuovi lacrimogeni,
certa roba gialla che se la respiri per due minuti svieni, lo hanno lanciato
nella finestra di una casa, per evitare che le persone dentro soffocassero
nell'attesa che arrivasse l'ambulanza i volontari hanno rotto i vetri della
finestra al secondo piano tirando sassi..."What they wants"

A volte chiediamo ai soldati di farci entrare in una casa occupata con il
personale di un'ambulanza per controllare se ci sono casi che richiedono
assistenza sanitaria, quando ce lo impediscono (a volte si a volte
no...arbitrio, what they wants) mentre ci allontaniamo ci dicono sorridenti
Bye bye..."What they wants"

I volontari del Medical Relief vestono una particolare casacca e hanno tutti
una tesserino di riconoscimento con foto e nome, serve ad indicare ai
soldati sono addetti al primo soccorso e che hanno il diritto di camminare
durante il coprifuoco; oni giorno qualcuno di questi volontari viene fermato
e trattenuto per
ore, e' capitato anche che li picchiassero, anche le ragazze..."What they
wants"

What they wants sono giorni che questa frase ci gira nella testa, che cosa
vogliono fare? Qual'e la giustificazione di questi soldati? Si devono
difendere? Da cosa? Il lancio di pietre mette a repentaglio le vite dei
soldati? Quando i soldati girano a piedi nessuno si permette di tirargli
nemmeno
una gomma, li bersagliano solo quando girano nei blindati.

"Lanciare le pietre non serve a niente" su questo siamo tutti d'accordo. Ma
che dovrebbero fare?
"Dovrebbero starsene chiusi in casa insieme ai loro genitori" serebbe meglio
che rischiare occhi e mascelle per ammaccare un po' un blindato.

Si, sarebbe meglio, ma sarebbe una resa inaccettabile. Spiegateglielo voi a
questi ragazzini che non hanno il diritto di tirare pietre su i mezzi di
un'esercito che occupa la loro terra da 35 anni. Tirare le pietre e' il
simbolo dell'intifada, gli shabab sanno cosa rischiano ma non c'e' modo di
impedirglielo hanno il diritto di farlo e lo fanno.

Proviamo una volta tanto a cambiare prospettiva: parliamo dei diritti umani
che stanno tanto a cuore a noi occidentali, per difendere i quali piu' di
una guerra abbiamo fatto qui in questi 10 giorni di assedio noi abbiamo
assistito ad una sistemtica e permanente violazione dei diritti umani:
- ostacolo al soccorso i feriti
- sequestro di intere famiglie per svariati giorni
- lancio di lacrimogeni nelle case
- spari su ragazzini disarmati da distanza ravvicinata
- fermi ingiustificati e violenze su personale sanitario

Questo non e' l'Iraq di Saddam Hussein ne l'Afghanistan dei Talebani o la
Serbia di Milosevic Israele e' uno stato democratico che ha un seggio
all'ONU rappresentanze diplomatiche all'estero e forti rapporti commerciali
con il resto del mondo. Sarebbe ora che qualcuno cominciasse a pensare
seriamente
di attuare una pressione anche forte nei confronti dello stato di Israele
per mettere fine a queste violazioni:
embargo economico divieto di vendere armi osservatori internazionali forze
di interposizione (caschi blu) delle Nazioni unite gli strumenti ci sono
manca solo la volonta' di usarli.

Qui la gente non ne puo' piu' di vivere cosi' oggi sono cominciate le scuole
e pareva che l'esercito si fosse ritirato invece e' ricomparso esattamente
all'ora in cui i ragazzini escono da scuola e ci sono stati scontri:
ovviamente un ragazzino e' in fin di vita in ospedale con due pallottole di
gomma in corpo, una in gola e una nel collo, sparate a distanza ravvicinata,
una specie di esecuzione.

Questa vita non e' una vita dignitosa, non e' neanche vita, e' solo una
disperata forma di sopravvivenza.

dal presidio di pace in Nablus

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