[NuovoLaboratorio] Lettera di Lorenza di ritorno dalla Pales…

Poista viesti

Vastaa
Lähettäjä: deborah lucchetti
Päiväys:  
Aihe: [NuovoLaboratorio] Lettera di Lorenza di ritorno dalla Palestina
------ Forwarded Message
From: "barbieror@???" <barbieror@???>
Date: Tue, 12 Aug 2003 12:09:50 +0000
Subject: [debate]

Giro a tutti questa lettera pubblicata sul giornale locale L'Adige di oggi
(12/8) e inviata da Lorenza del nodo di Lilliput di Trento a proposito della
vicenda che l'ha coinvolta in Palestina.
Roberto Barbiero

*************

Perch? Israele
sta sbagliando
di LORENZA ERLICHER

Credo che tocchi a me ora dire qualcosa della vicenda che mi ha coinvolta,
l?arresto in Palestina (ci tengo a sottolinearlo) e l?espulsione da Israele.
Vorrei farlo per me, perch? mi sono trovata addosso un modo di pensare e,
per quel che riesco, di vivere il pacifismo che non sento appartenermi, come
tanto meno sento appartenermi la modalit? del discriminare fra buoni e
cattivi che Paola Ros?, senza conoscermi e senza aver mai parlato con me, mi
attribuisce. E per provare a ragionare in modo meno approssimato sulle
ragioni che mi fanno stare in questo momento dalla parte dei palestinesi,
fuori dalla semplificazione della domanda "Ma la colpa ? proprio tutta di
Israele ?" e dello schematismo buoni e cattivi. Non ? questo il piano su cui
voglio stare.
Ma per tornare a quanto mi riguarda, e riguarda probabilmente Sara, Erica e
i molti altri italiani e non che partecipano a questo tipo di azioni, non
siamo n? "professionisti della pace" n? ansiosi cercatori di protagonismo
(in questo caso poi vi assicuro del tutto involontario) che sentenziano
dogmaticamente su torti e su ragioni.
Avevo una speranza per questa mia prima esperienza di interposizione in
Palestina, che ho affrontato con molte incertezze, anche per il limite della
lingua condiviso con molti altri italiani, ma anche con molta convinzione:
concludere i miei 15 giorni in quei luoghi gi? conosciuti in altre occasioni
sperimentandomi, a dispetto dei miei limiti, possibilmente per ritornarci
un?altra volta, con pi? conoscenza, pi? preparata, pi? efficace, e magari
parlando un po? pi? di inglese. Non ? andata cos? ma lo rifarei.
? una questione di convinzione, di accettare di mettersi in gioco senza
aspettare di avere tutte le competenze e le carte in regola (quando mai lo
si farebbe.. ) e credo che una presenza di questo tipo serva, per la pace in
Medioriente, non fosse altro perch? molta altra presenza non c??.

Non rifarei, spero, di tirare calci verso i militari che mi portavano via:
per prima ho vissuto come un fallimento dei miei propositi di resistenza
passiva la rabbia incontrollata di quei momenti. Ma non reputo n? violenza
n? aggressione la mia ribellione poco pi? che simbolica contro l?arroganza e
la prepotenza che ho visto nei due giorni vissuti a Mas?ha, contro una
deportazione che aveva l?unica ragione della forza, non della legalit? o
dell?ordine pubblico.
Questo vorrei che non si dimenticasse: il luogo da cui ci portavano via era
un cortile dichiarato mezz?ora prima zona militare chiusa per sgomberare
qualche decina di internazionali (e israeliani e palestinesi) rompiballe che
volevano, se non impedire, almeno rendere pubblica la demolizione
dell?ennesima casa palestinese, per sua sfortuna trovatasi sul tracciato del
"muro di sicurezza". Non ? una nostra impressione distorta che quella
barriera stia dentro la Cisgiordania e non sul confine, che la stia ancora
smembrando, impoverendo, ? la realt? fisica e concreta che abbiamo visto a
Mas?ha, a Qalqilya gi? chiusa in una fortezza soffocante, a Tulkarem dove
molti contadini non hanno pi? accesso alle loro terre.
Quel muro per me diventa un altro dato di riflessione politica, come lo sono
gli insediamenti, i posti di blocco, i coprifuoco. Mi sembra invece strano
che non lo siano per tutti.

La domanda non ? se la colpa ? tutta di Israele, ma cosa vuole ottenere
Israele, un paese riconosciuto, forte, democratico, con la politica che sta
attuando nei Territori Occupati. Paola Ros? sembra accusarci di dimenticare
che anche fra gli israeliani ci sono dissidenti, fra l?altro ben motivati e
preparati, e il senso di questa accusa non riesco davvero a capirlo: non
essere altrettanto motivata? ? vero, ma se permette, prima di decidere di
fare la reporter dalle carceri israeliane vorrei poterci meditare un po?, e
ci? non toglie che continuer? a mettermi in gioco per quello che mi sento di
fare.
O mi si accusa di voler nascondere questa parte importante di dissenso che
cresce fra gli ebrei dentro e fuori Israele perch? loro devono risultare i
cattivi? Non ? vero n? in questa n? in altre occasioni. Con noi a Mas?ha
c?erano israeliani (piuttosto maltrattati dalla loro polizia fra l?altro)
quel giorno, altri sono andati a protestare il giorno dopo. L?ISM ? stato
fondato anche da palestinesi e israeliani. In Trentino le voci dei
dissidenti israeliani le abbiamo sentite pi? di una volta, dal professor
Daniel Amit al giovane "refusenik" ospite quest?inverno.
Lo scorso anno in Palestina con una delegazione delle "Donne in Nero"
avevamo incontrato Jeff Halper, uno dei fondatori proprio del comitato
israeliano contro le demolizioni. L?analisi pi? lucida e documentata sulla
politica israeliana di controllo della Palestina l?ho sentita proprio da
lui. Le contraddizioni da cui lsraele non sembra in grado di uscire, il
voler essere stato ebraico, che quindi non vuole inglobare gli arabi della
Cisgiordania, ma allo stesso tempo vuole mantenere il controllo di quel
territorio importante dal punto di vista storico, religioso e strategico, e
allo stesso tempo vuole essere democratico: ci? stona con la repressione che
deve attuare sui palestinesi per mantenerne il controllo.
La strategia del "fatto compiuto", gli insediamenti che si stringono a
cintura intorno a Gerusalemme est (il cui status non ? ancora definito,) e
la separano dalla Cisgiordania, le colonie che fasciano a occidente la
"green line", comprendendo le zone pi? ricche di acqua e a oriente la valle
del Giordano, i soprusi mirati a stancare i palestinesi perch? se ne vadano
dalla Cisgiordania?
Jeff ? un dissidente israeliano informato, preparato e motivato (lui in
carcere c?? stato) che chiede che si giudichi con seriet? e severit? la
politica del suo paese, che la comunit? internazionale prenda posizione
perch? in gioco non c?? solo la pace con i palestinesi e la sicurezza degli
israeliani, ma il fondamento etico del suo stesso Stato.
Era stato il primo ad incoraggiarci a fare un boicottaggio dei prodotti
israeliani. ? fondamentale che ci siano israeliani che protestano, sar?
forse grazie a loro che i palestinesi potranno ritrovare fiducia in vicini
di casa di cui hanno sperimentato soprattutto, e non possiamo permetterci di
dimenticarlo, la violenza e la sopraffazione. Vorrei che si ascoltasse che
cosa hanno da dirci questi dissidenti, non farne l?oggetto decorativo del
democratico Israele dove non tutti sono cattivi e si pu? dissentire.
Credo di essere d?accordo in questo con Paola Ros?: l?oggetto sono le
demolizioni, e il perch? delle demolizioni, non le conseguenze di chi
protesta (anche se un po di solidariet? si apprezza sempre in questi casi).

Un appunto sulla democrazia di Israele, perch? la domanda ? frequente:
"ritengo che Israele sia uno stato democratico?", "sarebbe finita cos? in un
altro Paese non democratico?" . La mia ambasciata ha contrattato - per farmi
partire - con un Paese democratico, i miei amici hanno protestato per il mio
trattamento (non poter parlare con gli avvocati) con un Paese democratico,
ho vissuto un giorno e mezzo in un centro di detenzione per immigrate che
non era il massimo di umanit?, ma probabilmente non diverso da quelli della
democratica Italia.
Il problema della democrazia in Israele lo lascio meditare agli israeliani,
almeno fintanto che non siano loro a farlo pesare. Ma non posso non
chiedermi quale esperienza abbiano i palestinesi di questa democrazia.
A chi poteva rivolgersi l?anziano contadino a cui le ruspe del democratico
Israele venivano a demolire la casa? All?Autorit? Palestinese? Non solo non
? democratica, ma non ? in grado di garantirgli nessun diritto e nessuna
sicurezza.
A chi si possono appellare i palestinesi contro le demolizioni arbitrarie, i
blocchi stradali, i posti di blocco, i coprifuoco, le incursioni mirate che
qualche volta sbagliano mira?
Non al proprio Stato che non c??, non all?Onu, non agli Stati Uniti che
fanno i mediatori e "sgridano" Sharon quando esagera ma finanziano la
politica di occupazione, non alla comunit? internazionale che apprezza gli
"atti di buona volont?" del governo israeliano e quindi pazienza se qualche
casa ancora viene buttata gi? e qualche campo viene espropriato, in attesa
della pace.


---

Hay hombres que luchan un d?a y son buenos. Hay otros que luchan un a?o y
son mejores. Hay quienes luchan muchos a?os, y son muy buenos. Pero hay los
que luchan toda la vida, esos son los imprescindibles (Bertold Brecht)


------ End of Forwarded Message