Autore: luisa rizzo Data: Oggetto: [Lecce-sf] nessuno tenuto ad agire contro se stesso
Cassazione - Clandestini
''La condizione di clandestinita' che non e' oggi sanzionata penalmente, non
puo' trovare surrettizie sanzioni penali, attraverso un sistema che
criminalizzi indiscriminatamente l'inadempimento di meri oneri di natura
amministrativa''. Cosi' la Sesta Sezione Penale della Cassazione - con la
sentenza 31990 depositata oggi - ha confermato l'assoluzione di un giovane
albanese, entrato clandestinamente in Italia, dal reato di omessa esibizione
di documenti alle forze di polizia (sanzionato dall'articolo 6 della legge
Turco-Napolitano e dalla Bossi-Fini). E' stato cosi' respinto il ricorso
della procura di Firenze contro il proscioglimento dell'extracomunitario.
Con questa decisione si rafforza il fronte degli 'ermellini' contrari alla
repressione penale di illeciti 'burocratici'. In poche parole, per la
Suprema Corte, lo straniero clandestino ''non ha alcun obbligo giuridico di
munirsi di documento di identificazione, anzi si trova nell'impossibilita'
di farlo, perche' qualunque comportamento diverso da quello omissivo si
tradurrebbe in una violazione del diritto sostanziale di autodifesa''.
Aggiungono i supremi giudici che, dall'altra parte, ''lo straniero
clandestino non ha alcune possibilita' di ottenere un simile documento,
poiche', non appena si accingesse a richiederlo, paleserebbe il suo stato di
clandestinita' ed attiverebbe il procedimento di espulsione''. Conclude la
sesta sezione penale che ''sarebbe contro il diritto una norma che, pur
ascrivendo l'ingresso clandestino all'aera del penalmente irrilevante,
imponesse al clandestino di attivarsi per munirsi di un documento di
identificazione, che equivarrebbe ad una denuncia del suo stato di
clandestinita' e porrebbe quindi le condizioni per la sua espulsione: ove
l'ordinamento pretendesse un simile comportamento, violerebbe il principio
secondo il quale nessuno puo' essere tenuto ad agire contro se stesso''