[Lecce-sf] blak-out elettrico

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Autore: Verdi Lecce
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Oggetto: [Lecce-sf] blak-out elettrico
SUI RISCHI DI BLACK-OUT ELETTRICO
MEZZE VERITA’ E ALLARMI INTERESSATI
di Antonio De Giorgi e Mauro Pascariello
(Federazione dei VERDI)
Si sta svolgendo in questi giorni una pesante campagna di disinformazione
sulle carenze del sistema elettrico italiano, che rischiano di confondere il
cittadino, generalmente ignaro di molti inquietanti retroscena di questo
settore, e che ha difficoltà a individuare ruoli e responsabilità.
Un grido di allarme, adeguatamente amplificato dagli organi di stampa, si è
levato da molti operatori del settore, istituzionali e non: l’energia
elettrica prodotta è insufficiente! Ed ecco pronta la ricetta: occorre
costruire nuove centrali! Conclusione, contenuta in modo più o meno
esplicito nelle varie prese di posizione: la responsabilità della situazione
attuale è soprattutto di coloro (ambientalisti, comitati spontanei,
cittadini) che si oppongono alle nuove centrali elettriche. L’operazione di
depistaggio e disinformazione è completa! Il messaggio è chiaro: accettare
nuovi insediamenti elettrici è una strada obbligata e quasi un “dovere
morale”, se non si è nemici del progresso e del benessere!
La realtà è ben diversa da come viene spesso prospettata; alcuni segnali
devono far riflettere il cittadino, se non vuole cadere in fuorvianti
conclusioni; non occorre essere esperti del settore, ma semplicemente usare
i dati disponibili ed il proprio cervello. Vorremmo che quanti in questi
giorni hanno lanciato allarmi o preannunciato black-out diffusi
rispondessero, con altrettanta enfasi, sui punti che qui riportiamo.
1) Dai primi Piani energetici nazionali degli anni ’70 si denuncia la
pesante dipendenza (per l’80% circa) dei nostri fabbisogni energetici da
fonti importate; tuttavia ben poco è stato fatto per attuare una reale
diversificazione degli approvvigionamenti, in un quadro di valorizzazione
delle risorse locali, ma si è insistito per decenni con la politica delle
megacentrali elettriche alimentate da fonti fossili; di chi la
responsabilità per queste scelte?
2) Di chi è la responsabilità se non si è mai attuato un programma organico
e diffuso di risparmio energetico, con relative campagne informative,
puntando a ridurre i consumi, piuttosto che far fronte ad un aumento
incontrollato della domanda? Quanti cittadini sanno (e ne sono coscienti)
che usare l’energia elettrica per produrre acqua calda è improprio da punto
di vista tecnico e sconveniente dal punto di vista economico, e che è
preferibile ricorrere in questi casi ai pannelli solari?
3) Di chi è la responsabilità se fino al Piano energetico nazionale del 1988
la previsione di produzione da nuove fonti rinnovabili (idroelettrico,
eolico, solare, biomassa, ecc.) è rimasta su 2 miseri Mtep (milioni di
tonnellate equivalenti di petrolio) su un totale di 185 Mtep di consumi
globali, causando un grave ritardo al sistema nazionale nella ricerca e
nello sviluppo di tecnologie innovative?
4) Di chi è la responsabilità se in Germania (con caratteristiche climatiche
meno favorevoli delle nostre) si installano in un anno il doppio dei
pannelli solari per acqua calda installati complessivamente in Italia, e se
in Giappone un programma di diffusione dei pannelli fotovoltaici ha portato
a 135 MW (megawatt = 1 milione di watt) di impianti installati, a fronte di
1 solo MW del programma italiano “Tetti fotovoltaici”?
5) Si è credibili nel “lanciare allarmi” se per decenni si è fatto poco o
nulla per ridurre quel 60% e oltre di energia che viene dissipata come
calore (con relativo inquinamento ambientale) nella produzione elettrica da
megacentrali (come Cerano), mentre erano già da tempo disponibili (se ne
sono accorte le aziende municipalizzate, ma non l’Enel) piccole centrali
elettriche con rendimenti che possono arrivare al doppio?
6) Di chi è la responsabilità se le nostre strategie energetiche sono state
sempre ispirate alla “politica dell’offerta” (ampia offerta di energia
prescindendo da come questa viene impiegata) piuttosto che ad un più
corretto “governo della domanda” (produrre energia nella quantità e qualità
necessarie, dopo aver perseguito il massimo risparmio energetico), e se così
si sono incoraggiati gli sprechi e gli usi impropri, che oggi ipocritamente
e tardivamente si denunciano?
7) Di chi è la responsabilità se le tariffe elettriche multiorarie (che
scoraggiano i consumi in orari di punta e “appiattiscono” proprio quelle
punte di richiesta che causerebbero i black-out) non sono ancora state
estese alle piccole utenze, a differenza di altri stati europei?
8) Di chi è la responsabilità se il mercato elettrico italiano è ancora
pesantemente condizionato da Enel, che esercita ancora di fatto un ruolo di
monopolista, e che ha storicamente scoraggiato, con l’avallo dei vari
governi in carica, l’autoproduzione di energia ed una reale liberalizzazione
del mercato, che incontra ancora oggi vari ostacoli normativi e di gestione?
Se si risponde correttamente a queste domande, si potrà concludere che la
responsabilità storica delle scelte e degli errori fatti non è certo degli
ambientalisti o dei vari comitati che giustamente si sono mobilitati per
difendere salute ed ambiente, ma di molti dirigenti e decisori -
istituzionali e non – coinvolti a vario titolo nella nostra politica
energetica, molti dei quali, invece di essere invitati a cambiare mestiere
per palese inadeguatezza, continuano ancor oggi la loro carriera a spese dei
cittadini.
Se si aggiunge che dietro la costruzione di nuove centrali elettriche (solo
in Puglia previsti insediamenti per 10.000 MW) sta un fortissimo gruppo di
pressione, ben rappresentato nel Parlamento, nei centri decisionali e sugli
organi di informazione, si ritiene di aver dato sufficienti motivi di
riflessione al cittadino, che deve pretendere una corretta politica
energetica e non si deve rendere più disponibile ad avallare ed a pagare con
le proprie tasche (a partire dagli “oneri nucleari” previsti nelle bollette)
errori storici e interessi di parte.

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