[Cpt] I: [esf-2002] Fwd:naufragio lampedusa

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著者: fabio raimondi
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題目: [Cpt] I: [esf-2002] Fwd:naufragio lampedusa
-----Messaggio originale-----
Da: tittidesimone [mailto:tittidesimone@libero.it]
Inviato: venerdì 20 giugno 2003 8.53
Oggetto: [esf-2002] Fwd:naufragio lampedusa
Priorità: Alta

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per

l'interno, onorevole Mantovano.



ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor

Presidente, onorevoli colleghi, alle ore 22,55 del 16 giugno la nave

Spica della marina militare italiana, impegnata in attività di

controllo dei flussi migratori, ha ricevuto una chiamata di soccorso

lanciata dal peschereccio tunisino Almahdia. Il peschereccio aveva

recuperato, a circa 30 miglia a sud di Lampedusa - quindi, in acque

internazionali -, tre persone, che dichiaravano di essere superstiti

del naufragio di uno scafo che trasportava circa 70 extracomunitari.

Ciò accadeva mentre si svolgevano altri interventi di soccorso nei

confronti di unità cariche di migranti.

La presenza di queste ultime era stata già rilevata e segnalata nel

pomeriggio del 16 giugno da un velivolo Atlantic della marina militare

italiana, appartenente al complesso dispositivo aeronavale posto in

essere per fronteggiare l'immigrazione clandestina nel canale di

Sicilia.

Una volta pervenuta la notizia del naufragio al dispositivo aeronavale

esistente, è scattata l'attività di soccorso, con l'invio, da parte del

comando generale del corpo delle capitanerie di porto, sul punto

segnalato, della nave Spica, poi avvicendatasi con la nave Perseo,

entrambe della marina militare italiana, e di tre motovedette della

guardia costiera dislocata nell'isola di Lampedusa. Nell'area erano

presenti anche una motovedetta ed un rimorchiatore tunisino.

Le prime fasi delle ricerche non hanno dato esiti, ma alle ore 13,05

circa del giorno 17 la nave Perseo ha avvistato un cadavere, che è

stato recuperato dal rimorchiatore tunisino; la stessa cosa è avvenuta

mezz'ora più tardi per un altro cadavere, sempre recuperato dal

rimorchiatore tunisino. Alle ore 16,42 l'elicottero imbarcato sulla

Perseo avvistava un terzo cadavere, successivamente recuperato dalla

motovedetta della guardia costiera, mentre 20 minuti più tardi lo

stesso elicottero individuava un altro cadavere, recuperato da una

motovedetta tunisina.

Da quel momento non si sono verificati ulteriori ritrovamenti. La salma

recuperata dalla guardia costiera è stata trasportata a Pantelleria, da

dove oggi viene trasferita a Trapani, mentre gli altri corpi sono stati

prelevati dalle unità militari tunisine.

Dopo la notizia del naufragio, la centrale operativa delle capitanerie

di porto-guardia costiera ha avviato un'attività da un lato di

coordinamento delle azioni di ricerca e di soccorso, e dall'altro di

raccolta, con tutti i possibili canali informativi, di notizie più

precise sulle circostanze del naufragio.

Tale ultima attività presenta qualche difficoltà, dal momento che la

gran parte delle informazioni sono in possesso delle autorità tunisine,

ed anche perché i tre naufraghi sopravvissuti sono stati portati dal

peschereccio soccorritore Almahdia al porto tunisino di Madia.

La marina militare tunisina ha confermato informalmente che l'incidente

si è verificato nella tarda serata del 16 giugno, alle ore 21,50 circa,

e che un'ora dopo il peschereccio tunisino Almahdia ha recuperato le

tre persone prima menzionate.

Le attività di ricerca sono in corso, non sono state mai né interrotte,

né sospese, e vedono impegnate nelle ricerche la guardia costiera, con

l'impiego di varie unità, soprattutto velivoli propri, e la marina

militare.

Signor Presidente, onorevoli deputati, la situazione di emergenza, come

quella che vive il canale di Sicilia, può dipendere da fattori

occasionali (il vento di maestrale che si attenua, il mare che diventa più
calmo), ma ha cause remote. Le tragedie terribili che si consumano nelle
acque del Mediterraneo e in

altre parti del pianeta non possono essere ridotte alla mera

descrizione del fatto e non tollerano soluzioni rapide. Necessitano di

approfondimento, di rimedi che si rivolgono al medio ed al lungo

periodo, del coinvolgimento dell'Unione europea e della comunità

internazionale.

Sembrano affermazioni ovvie, ma conviene ribadirle per fugare la

convinzione (se qualcuno dovesse ancora averla) secondo la quale la

legge di una singola nazione - e, quindi, per quello che ci riguarda,

il testo unico sull'immigrazione come modificato dalla legge n. 189 del

2002 - possa essere totalmente risolutiva della questione.

La legge è un tassello importante, ma non esaurisce il quadro che è più

articolato e complesso e conosce scenari di intervento più ampi

rispetto a quelli di un singolo Stato. La situazione attuale va presa

in considerazione nel raffronto con il passato recente e meno recente,

con i cambiamenti delle rotte, con la mutata consapevolezza in sede

europea.

In questa sede, ogni forza politica farà le sue valutazioni ed il

Governo presterà tutta l'attenzione dovuta. Spero, da parte mia, di

poter dare un contributo alla discussione, fornendo dei dati

assolutamente obiettivi.

Limito volutamente il discorso agli aspetti relativi alla prevenzione

ed al contrasto della clandestinità. La dimensione epocale e planetaria

del fenomeno, che non deve sfuggire, richiede tempi e possibilità di

approfondimento più estesi, richiede di interessarsi degli squilibri

demografici e delle condizioni di vita in tanti territori lontani dal

mondo occidentale e non è questa la ragione per la quale il Governo

oggi è stato chiamato a riferire nell'aula della Camera.

Colgo, però, l'occasione per comunicare al signor Presidente

dell'Assemblea la disponibilità del ministro dell'interno, qualora il

Parlamento lo richieda, ad intervenire per una discussione più ampia

sul tema immigrazione.

Se si guarda al lavoro svolto negli ultimi anni, non possono sfuggire i

risultati raggiunti che hanno provocato significative evoluzioni che

emergono con evidenza dalla considerazione di ciascun singolo scenario.

In virtù di una collaborazione più stretta con l'Albania, il canale

d'Otranto oggi non è più nell'elenco delle rotte praticate dai

trafficanti di uomini. Le nostre forze di polizia operano

congiuntamente con quelle albanesi e gli esiti sono confortanti. Dal

mese di agosto 2002 fino ad oggi risultano partiti dall'Albania appena

due gommoni, peraltro intercettati in mare dalla Guardia di finanza.

Dal 1o gennaio al 15 giugno 2003 i clandestini intercettati in Puglia

sono stati appena 81. Erano stati 2.714 nello stesso periodo del 2002,

5.236 nello stesso periodo del 2001, 8.916 nello stesso periodo del

2000, 24.993 nello stesso periodo del 1999. È un trend oggettivamente

in calo fino al sostanziale azzeramento.

Non è solo un problema di arrivi in meno; è anche un problema di

tragedie evitate delle quali credo che sarebbe fuori luogo fare

l'elenco, anche solo con riferimento alle più significative.

Dalla collaborazione con l'Albania su questo fronte specifico si è

ricavato quel risultato che rappresenta l'obiettivo principale di ogni

tipo di collaborazione. L'obiettivo principale - e sottolineo:

principale - non è quello di fermare in mare i gommoni o le

imbarcazioni di fortuna con i loro carichi di speranze e di

disperazione. L'obiettivo principale è di impedire che partano,

mettendo a repentaglio la vita dei migranti e, come è accaduto in un

passato non lontano, la vita di chi è impegnato nel contrasto.

Nel giorno in cui la Guardia di finanza celebra il suo anniversario di

fondazione, non posso non ricordare il sacrificio dei finanzieri

Daniele Zoccola e Salvatore De Rosa, morti nelle acque di Castro il 24

luglio 2000, speronati da un gommone di scafisti albanesi.





Questo non significa che non debba essere ulteriormente perfezionato il

dispositivo di coordinamento delle unità navali in funzione di

prevenzione e di contrasto così come previsto dal decreto

interministeriale prossimo al varo. Significa, però, ricordare - come

precisa l'articolo 7 della bozza di decreto interministeriale - che, in

conformità alle convenzioni internazionali, alla nostra Costituzione ed

al più elementare buon senso, l'azione di contrasto è sempre improntata

alla salvaguardia della vita umana ed al rispetto della dignità della

persona.

Fatto salvo questo presupposto, si potrà procedere all'inchiesta di

bandiera, alla visita a bordo, se vi è adeguata cornice di sicurezza,

ed al fermo delle navi che trasportano clandestini anche al fine di un

rinvio nei porti di provenienza. Tutto questo - lo ripeto - avendo quel

limite invalicabile della salvaguardia della vita umana.

Le unità cariche di migranti delle quali si riferisce sono spesso scafi

in legno, di dimensioni che non raggiungono i 10-15 metri; sono vecchie

e fatiscenti; navigano in spregio di qualsiasi normativa di sicurezza e

sono ordinariamente cariche di persone oltre le cento unità; si trovano

inevitabilmente in pericolo di perdersi e nella condizione di rischiare

continuamente l'affondamento, anche con condizioni del mare favorevoli.

Si configurano, quindi, interventi di natura SAR (search and rescue),

cioè situazioni che impongono interventi di soccorso e di

individuazione degli scafisti.

Un discorso analogo all'Albania va fatto con riferimento alla

collaborazione con la Turchia. Prendo in considerazione le coste della

Calabria che sono maggiormente interessate dalla rotta che parte dalle

coste turche: dal 1o gennaio al 15 giugno 2003 i clandestini

intercettati in Calabria sono stati 171 (erano stati 1.442 nello stesso

periodo il 2002; 1.038 nello stesso periodo del 2001; 2.353 nello

stesso periodo del 2000; 301 nello stesso periodo del 1999). Anche qui

il trend tende all'azzeramento.

Pur non esistendo un accordo di riammissione con l'Egitto, grazie alla

collaborazione con le autorità del Cairo, unitamente a quella con lo

Sri Lanka, negli ultimi mesi si è azzerato il flusso di cittadini

cingalesi diretti in Italia a bordo di navi che, entrate nel Mar Rosso

attraverso il golfo di Aden, raggiungevano il Mediterraneo passando per

il canale di Suez. A partire dal mese di novembre 2002, le autorità

egiziane, per tre volte, hanno intercettato e bloccato in quel canale

navi che stavano raggiungendo l'Italia cariche di cingalesi. Gli

immigrati sono stati sbarcati e rimpatriati nel loro paese a spese

dell'Italia con due voli charter. Anche ciò ha evitato tragedie. Con

tali misure di cooperazione internazionale si è conseguito, tra

l'altro, il risultato che dal 18 marzo 2002 nessuna nave di grande

stazza con centinaia e centinaia di clandestini a bordo è più giunta in

Italia.

Il problema più serio, oggi, riguarda il canale di Sicilia e, in

particolare, le partenze che avvengono dalle coste libiche. Dal 1o

gennaio al 15 giugno 2003 i clandestini intercettati in Sicilia e sulle

isole di Lampedusa e di Pantelleria sono stati 6.286 (erano stati 6.886

nello stesso periodo del 2002; 1.334 nello stesso periodo del 2001; 942

nello stesso periodo del 2000; 443 nello stesso periodo del 1999).

Si potrebbe dire meglio che oggi il problema degli sbarchi clandestini

si riferisce al canale di Sicilia perché, se si considera il riepilogo

relativo alle tre regioni italiane destinatarie degli sbarchi, i

clandestini intercettati complessivamente in Italia, pervenuti via

mare, sono stati 6.554 dal 1o gennaio al 15 giugno 2003; erano stati

11.042 nello stesso periodo del 2002; 7.608 nello stesso periodo del

2001; 12.211 nello stesso periodo del 2000; 25.737 nello stesso periodo

del 1999. Oggi i clandestini che arrivano in Italia sono, quindi, un

quarto rispetto a quelli che arrivavano appena quattro anni fa.

Aggiungo che, anche sul piano della stretta repressione, i dati sono

eloquenti. Relativamente all'intero anno 2002 rispetto

al 2001 si segnalano il 38,5 per cento in più dei trafficanti di uomini

arrestati ed il 70,4 per cento in più di mezzi (natanti e autovetture)

sequestrati.

Ulteriori risultati su questo fronte potranno venire dall'approvazione

della legge sulla tratta in discussione proprio in questo ramo del

Parlamento.

Il nostro obiettivo è di raggiungere con la Libia, nei tempi che

saranno necessari, risultati simili a quelli conseguiti con gli Stati

con i quali la collaborazione è in atto. Da circa un anno è in corso un

intenso lavoro che punta ad un accordo bilaterale il cui profilo

tecnico è già stato compiutamente definito. Si attende di perfezionare

il placet politico.

I problemi non mancano, sono oggettivi e dipendono dal fatto che la

Libia subisce una forte pressione dai suoi confini meridionali,

attraversati ogni giorno da migranti che raggiungono le coste per

imbarcarsi, mentre l'embargo preclude quella cessione di mezzi

materiali, che ha costituito una componente importante nella

collaborazione con gli altri Stati.

Lo sforzo è di governare il fenomeno, di intesa e nel costante raccordo

con gli altri partner dell'Unione europea, secondo quel processo di

comunitarizzazione delle misure, fissato nel Trattato di Amsterdam.

Nel semestre di Presidenza dell'Unione europea, l'Italia proseguirà nel

settore degli affari interni una serie di iniziative di carattere

normativo ed operativo, già avviate dalle precedenti Presidenze sulla

base delle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere e di quello di

Siviglia. L'obiettivo è far sì che il modello di collaborazione,

avviato al livello bilaterale con i paesi di origine e di transito dei

maggiori flussi migratori, sia riprodotto a livello europeo. Se,

infatti, è di notevole importanza raggiungere uno o più accordi

bilaterali, è innegabile il peso politico che hanno le intese con i

paesi di provenienza o di transito dell'immigrazione clandestina, che

siano sottoscritti dall'Unione europea nel suo insieme. Attualmente

sono in corso da parte dell'Unione europea negoziati con sette paesi e

devono esserne avviati altri. In questa attività, l'Italia ha offerto

alla Commissione europea il proprio contributo per una accelerazione

dei negoziati in virtù dell'esperienza maturata.

Signor Presidente, onorevoli deputati, la realtà dell'immigrazione non

si presta ad essere fotografata una volte per tutte. Le fotografie

servono a conoscere la storia, anche quella più recente, ma nel nostro

caso è necessario ricorrere ad un lungometraggio, il cui termine

nessuno è in grado di prevedere. Non vorrei concludere questa

informativa, che probabilmente risente del tempo limitato avuto a

disposizione per prepararla, senza manifestare profonda gratitudine ad

alcuni dei protagonisti di questo lungometraggio: alle donne e agli

uomini delle forze di polizia, delle capitanerie di porto e della

marina militare, che sopportano quotidianamente il peso degli

interventi e dei soccorsi; alle donne e agli uomini delle

organizzazioni di volontariato, che svolgono l'attività di prima

accoglienza e di cura.

Mi auguro che non suoni retorico e che, anzi, sia coerente con la

nostra civiltà, rivolgere in quest'aula un ricordo agli extracomunitari

che hanno perduto la vita per venire in Italia e rivolgerlo confidando

su una valutazione che non muti a seconda delle latitudini o dei

contesti temporali. Il 28 settembre 2002 circa 900 stranieri sono

annegati nelle vicinanze del Senegal nel naufragio di un grosso cargo

diretto verso il Mediterraneo, probabilmente verso l'Italia. Se - lo

dico senza cinismo - fossero morti non al largo del Senegal, ma nel

canale di Sicilia, avremmo avuto per più giorni titoli di quotidiani in

prima pagina e a tutta pagina, accompagnati dalle consuete veementi

polemiche. Il fatto, invece, è accaduto a qualche grado di latitudine

più a sud ed è finito nei trafiletti delle pagine interne.

Credo che soprattutto parlando di immigrazione, da chiunque, non

soltanto sulla scena politica, vadano messe da parte la demagogia ed

altro e si debba fare posto all'equilibrio e al lavoro di prospettiva,

per proseguire su una strada che rappresenta una delle sfide più

difficili, non solo per l'Italia, ma per l'intera Unione europea (Applausi
dei deputati dei

gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).





TITTI DE SIMONE. Signor Presidente, la tragedia che si è consumata ieri

nel canale di Sicilia suscita in noi per primi profondo cordoglio per

le vittime. Lo vogliamo dire immediatamente, seppure in un'aula vuota,

oggi tristemente molto vuota.

Si tratta di una tragedia che è l'effetto di un ennesimo naufragio,

sottosegretario Mantovano, l'ennesimo, il terzo nell'ultimo anno: una

lunga catena di vittime e di morti innocenti. Ma noi, con altrettanto

profondo sdegno e indignazione, vogliamo stigmatizzare certi toni, le

pulsioni xenofobe e razziste che sono venute da esponenti

istituzionali, di Governo, della maggioranza, invocazioni di cannonate

contro le carrette, deliranti appelli ad ammazzare tutti i clandestini

che sbarcano a Lampedusa. Sono le parole di tanti esponenti della Lega,

che si sono espressi in queste ore, e da cui noi ci aspettiamo - oggi non è
avvenuto in modo

inequivocabile - che il Governo prenda in modo netto le distanze.

Sono parole violente, che non si udivano da tempo da parte di cariche

istituzionali. Dice bene oggi L'Osservatore romano riportando il

commento degli esponenti del Vaticano, i quali dicono di essere

allibiti. Noi con loro siamo allibiti di fronte alla violenza delle

dichiarazioni del ministro Bossi e di tanti esponenti della maggioranza

di Governo. Ogni atteggiamento violento, strumentale come questo, è

inaccettabile di fronte a quello che si sta compiendo sotto i nostri

occhi: un dramma epocale di chi ha fame di pane e di casa.

Siamo di fronte ad una emergenza politica serissima ed anche

umanitaria, frutto del perseverante slittamento delle politiche

dell'immigrazione sul terreno della repressione, della sospensione del

diritto e della sicurezza, dell'esclusione, della discriminazione,

anziché della cittadinanza e dell'accoglienza. Questa politica di

chiusura adottata negli anni dai Governi europei e oggi dal nostro,

inaspritasi dopo l'11 settembre, non ha influito, onorevole

sottosegretario, sulle principali cause delle migrazioni, cioè le

guerre, la miseria, la povertà; anzi, ne ha aumentato gli effetti. Sono

oltre 3 mila le persone morte all'interno dei confini dell'Unione

europea dal 1993, sono 600 le persone morte mentre tentavano di

raggiungere l'Italia.

Credo che questa ennesima tragedia, che si è consumata ieri, debba

essere analizzata anche nelle sue parti più oscure, in particolare per

quanto riguarda il fatto che l'imbarcazione affondata potrebbe essere

la stessa respinta il 10 giugno scorso dalle autorità italiane al largo

di Lampedusa. Sarebbe opportuno - e ci adopereremo in questo senso -

che il Parlamento aprisse un'inchiesta per accertare la verità dei

fatti.

Non vi è dubbio che siamo di fronte al fallimento delle vostre

politiche, delle politiche neoliberiste in Europa e in Italia, di cui

la Bossi-Fini è l'estrema, violenta realizzazione. Al prossimo vertice

dell'Unione europea di Salonicco si valuteranno proposte sul diritto

d'asilo impraticabili ed illegali che, di fatto, consegnerebbero nelle

mani degli sfruttatori del traffico di clandestini donne e uomini che

possono rivendicare diritti come quelli all'asilo politico, diritti

riconosciuti a livello internazionale tranne che in Italia, dove non

esiste ancora una legge organica su questo (e ringraziamo

l'ostruzionismo ennesimo della Lega ieri in Commissione).

Le stime dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni, invece,

confermano che una percentuale tra il 20 e il 40 per cento delle 500

mila persone che ogni anno tentano di entrare in Europa riguarda i

richiedenti asilo, ossia uomini e donne che hanno diritto ad entrare

legalmente perché vittime di guerra, perseguitati nei paesi di origine.

Vi chiediamo un'altra politica, un'inversione di tendenza. Non ci ha

detto nulla, onorevole sottosegretario. Quali regole di ingaggio il

Governo ha previsto per la marina militare, per la Guardia di finanza,

per l'aeronautica militare per quanto riguarda il salvataggio dei

naufraghi, in applicazione delle normative nazionali ed internazionali?

Siamo di fronte ad un'emergenza sul piano dell'accoglienza, degli

aiuti! Quali interventi di reale accoglienza questo Governo intende

attivare, in considerazione delle condizioni disastrose - lo ripeto -

disastrose in cui versano le strutture preposte, soprattutto nell'isola

di Lampedusa, in Sicilia, come nel resto d'Italia?

Su questi temi, continuiamo a sollecitare il Governo. Chiederemo al

ministro Pisanu, nelle prossime ore, di fornirci risposte precise.

Ci adopereremo, continuiamo ad adoperarsi, per costruire un forte

movimento in questo paese contro la legge Bossi-Fini.

Onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi della Lega: specchiatevi,

guardate dentro quello specchio di mare tra Lampedusa e Agrigento,

guardatevi dentro (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione

comunista, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti

italiani)!






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lavoro aperto che si occupa dell'organizzazione del Forum sociale europeo
2002.
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