Autor: Luca Martini Data: Assumpte: [Forumlucca] articolo di Bono sull'aids (da Repubblica)
L'Aids e il signore
delle mosche
di BONO
QUESTO prossimo fine settimana 15 leader europei si incontreranno in una
città marittima greca. Nel torrido sole si discuterà accesamente di molte
scottanti questioni: il nostro futuro in Europa, la nostra sicurezza, i
nostri rapporti con il resto del mondo. Questo prossimo fine settimana in
Africa moriranno 13.000 persone colpite dall'Aids. Nel torrido sole i loro
corpi saranno posti a giacere accanto ai 17 milioni di corpi già sepolti.
Quelle persone non hanno avuto un futuro di cui discutere; non hanno goduto
di sicurezza; i loro rapporti con il resto del mondo sono l'inequivocabile
segno che qualcosa, da qualche parte, è andato nella maniera sbagliata.
Molto sbagliata.
Nei paesi africani maggiormente colpiti, l'aspettativa di vita sta
precipitando sotto i 30 anni: la pandemia di Aids sta mietendo le sue
vittime tra i più sani, i più forti, i più produttivi membri della società.
Quando questi individui moriranno spegnendosi per carenza di farmaci che noi
diamo invece per scontati - porteranno via con sé la loro capacità di
produrre reddito, il loro capitale umano. Si lasceranno alle spalle i figli.
Se la misura con la quale reagiremo non sarà pari alla gravità di questa
crisi, entro la fine di questo decennio in Africa ci saranno almeno 25
milioni di orfani causati dall'Aids.
Sta per prospettarsi la sindrome del "Signore delle Mosche": bambini
allevati da altri bambini. Indipendentemente dall'inconcepibile tragedia in
termini umani, è difficile non intuire quali implicazioni avranno sulla
sicurezza la distruzione della famiglia africana, dell'economia africana,
delle speranze africane. Nonostante i dirottatori dell'11 settembre fossero
in grande maggioranza sauditi molto ricchi, essi cercarono rifugio in
Afganistan, uno Stato in totale disfacimento. In Africa, in teoria,
potrebbero esserci fino a 10 Afganistan.
Quando in Grecia i leader cercheranno di rimarginare le ferite diplomatiche
inflitte dalla guerra in Iraq, discuteranno altresì della minaccia del
terrorismo globale. In questo ambito, non potranno ignorare la minaccia per
la sicurezza costituita dalla povertà globale. Povertà che si nutre di
rancore, rancore non tanto per la nostra carità che nell'arco di venti anni
è andata scemando, bensì per il nostro iniquo comportamento in questioni
come la riforma del commercio, come la cancellazione del debito. Questi sono
temi attinenti la giustizia. Mentre noi siamo ad un punto morto e non
facciamo progressi in questo senso, l'Aids sta rendendo sempre più
incolmabile il già esistente divario, sta minando lo sviluppo economico e
quello politico, sta rendendo i paesi poveri sempre più poveri.
Il presidente del Consiglio Berlusconi riveste un ruolo decisivo a questo
riguardo. Fu proprio sotto il patrocinio dell'Italia che nel 2001, al summit
dei leader del G8 di Genova, fu istituito il Global Fund per la lotta
all'Aids, alla tubercolosi e alla malaria. Questo è soltanto uno dei molti
meccanismi con i quali è possibile combattere l'Aids, ma è uno sul quale si
appuntano milioni di speranze. Gli italiani sono stati generosi,
contribuendo al Global Fund, tuttavia affinché si arrivi al risultato di cui
il mondo abbisogna, occorre molto più denaro.
Gli Usa per l'anno prossimo hanno offerto un miliardo di dollari al Global
Fund (parte di una più vasta iniziativa a vantaggio dell'Africa, che assomma
in totale a circa 15 miliardi di dollari nell'arco dei prossimi cinque
anni), ma soltanto se gli altri paesi della Terra doneranno altrettanto. In
questa fase storica è determinante un contributo pari ad almeno un miliardo
di dollari l'anno da parte delle leadership dei paesi europei. Ed è
fattibile, persino con una non indifferente crisi economica e con deficit in
crescita in molti paesi.
L'Italia ha appena annunciato un contributo di
cento milioni di dollari, e la Francia ha triplicato il suo. Sulla base di
queste premesse, siamo già a metà strada. Questo prossimo fine settimana
dobbiamo poter sentire che altri paesi membri della Ue e la Commissione
aumenteranno i loro contributi. Il premier Berlusconi e il presidente Prodi
dovranno collaborare per rendere ciò possibile, specialmente in
considerazione del fatto che il governo italiano si accinge a luglio ad
assumere la presidenza della Ue.
E' bene dirlo chiaramente: questo è il minimo che dobbiamo fare. Secondo gli
esperti, il prezzo da pagare per vincere l'epidemia globale di Aids e le
altre malattie ad esso correlate sfiora i dieci miliardi di dollari l'anno.
Si tratta di una cifra ragguardevole ma è forse troppo se si riflette su
quello che si potrebbe ottenere con essa? Questo investimento potrebbe
evitare la morte di tre milioni e mezzo di africani ogni anno, potrebbe
consentirci di curare tredici milioni di bambini africani, orfani a causa
dell'Aids, potrebbe evitare che l'inconcepibile cifra di trenta milioni di
persone contragga l'Hiv.
Se stessimo parlando di queste tragiche cifre, ma in riferimento ai morti di
uno dei paesi europei, la comunità internazionale non esiterebbe a reperire
il denaro. Non esisterebbero più scusanti. Pertanto che cosa penseranno mai
gli africani, sapendo che noi in Occidente abbiamo i farmaci che potrebbero
salvare le loro vite e che non le mettiamo a loro disposizione? Che cosa si
prova sapendo che i tuoi figli vivranno e diventeranno adulti, avendo la
possibilità di realizzare i loro sogni, ma soltanto grazie ad una fortunata
coincidenza geografica? Come ci giudicherà la Storia, se avendo i mezzi per
affrontare questa pandemia ci asterremo dal farlo? E che cosa significherà
non averlo fatto? Cosa ne sarà dei nostri ideali di uguaglianza? E della
nostra civiltà (ammesso che alla luce dell'attuale stallo questa sia la
parola più opportuna)?
Le medicine sono una réclame di rilievo di ciò che noi sappiamo fare bene in
Occidente. Possono dimezzare le possibilità che una madre trasmetta al suo
bambino l'Hiv. I farmaci anti-retrovirali innescano quello che viene
chiamato l'"effetto Lazzaro": nel giro di soli tre mesi un malato passa
dalla soglia della morte al lavoro. Niente male come risultato per un
investimento pari ad un dollaro al giorno, attualmente il prezzo più basso
per questi farmaci.
Questo prossimo fine settimana se si impegnerà nei confronti del Global Fund
per un miliardo di dollari tondo l'anno, l'Unione Europea dimostrerà di
saper esercitare la sua leadership ben oltre i nostri confini in espansione.
Lo dimostrerà al Malawi, dove ho visto la gente fare la coda per entrare in
ospedale e morire, stesi tre in un letto, due sopra, uno sotto, sul
pavimento. Lo dimostrerà all'Uganda, dove il tasso di incidenza dell'Hiv è
calato per i positivi programmi che sono stati finanziati, ma dove interi
villaggi sono abitati da gruppi famigliari di soli bambini, che lottano
strenuamente per la sopravvivenza. Lo dimostrerà all'Etiopia, dove una madre
su cinque è alle prese con l'inconcepibile consapevolezza che invece di
trasmettere la vita al suo bambino appena partorito, gli trasmette una
condanna capitale, firmata Hiv.
Il virus è stato scoperto nel 1983. Vent'anni dopo il costo della nostra
inerzia è atrocemente chiaro, in termini morali, economici e politici.
Qualcosa, da qualche parte, è andata in modo sbagliato. Molto sbagliato. Ora
dobbiamo cominciare a farla andare per il verso giusto.
(traduzione di Anna Bissanti) L'autore è leader degli U2 e uno dei promotori
della campagna per l'azzeramento del debito nel Terzo Mondo