Si parla anche di Meri...
> Sabato 14
>
> Sono felicissimo di vedervi, quando ho letto della
> vostra missione non
> riuscivo a crederci. Mi sembra impossibile!? Con
> queste parole ci accolglie
> Samer al nostro arrivo a Betlemme. Samer è uno dei
> ragazzi che assieme
> ad altri gay palestinesi, prima dello scoppio della
> seconda Intifada, con
> l'appoggio del Jerusalem Open House, cercava di
> creare un punto di incontro
> e una linea d'ascolto per gay e lesbiche dei
> territori occupati. La risposta
> israeliana, con l'arrivo dei carri armati, del
> coprifuoco e della violenza
> quotidiana, blocco il tenativo sul nascere e
> costrinse il gruppo appena
> formato ad una nuova clandestinita'. Con Samer
> parliamo delle condizioni
> di vita nei territori e capiamo che per lui, come
> per tutti i palestinesi
> gay, lesbiche ma anche etero, con cui parliamo, sia
> impossibile separare
> l'oppressione sociale delle diversita'
> dall'occupazione e dalla violenza
> israeliana: <Come possiamo iniziare dei percorsi di
> liberazione nella nostra
> societa? se non possiamo neanche uscire di casa e se
> la gente muore di fame?>.
> Samer stara' con noi tutto il giorno, aiutandoci,
> come traduttore, nella
> nostra visita del campo profughi di Dheishe. Il
> campo, costruito nel 1948,
> e' uno dei piu' poveri della West Bank, anche se nei
> 55 anni di vita, le
> tende sono state sostituite dal cemento colato in
> maniera disordinata sulla
> vallata dietro betlemme. Meri, romana, volontaria in
> un centro culturale
> per bambini del campo, ci accompagna per le strade
> strette e puzzolenti
> del campo, attraversate da un solco per lo scolo
> delle acque e dall'abbandono
> in cui sembra versare buona parte del campo. Nel
> pomeriggio organizziamo
> un incontro con i bambini del centro che dopo una
> lunga discussione che
> tocca anche la problematica omosessuale, si
> esibiscono per noi in uno spettacolo
> che racconta la storia della Palestina e come loro
> vivono il presente, con
> la rappresentazione della morte di un combattente e
> del conseguente funerale.
>
> La sera salutiamo Samer e corriamo a Gerusalemme per
> partecipare alla manifestazione
> organizzata da Peace Now contro l'occupazione e per
> la pace. Il nostro striscione
> Make love your only occupation desta molto interesse
> e conosciamo diverse
> persone tra cui Saal, consigliere comunale del Merez
> appena eletto e gay
> militante. Saal ci racconta di come sia difficile
> per lui il rapporto con
> la nuova giunta cittadina guidata da un
> ultraortodosso e che ora teme una
> chiusura in citta' rispetto ai diritti e alle
> problematiche di genere.
> Alla fine della manifestazione incontriamo anche una
> dlegazione dell'Al
> Quds University, l'universita' palestinese di
> Gerusalemme, che ci promettono
> un incontro con il rettore il lunedi seguente.
>
> Domenica 15
>
> Con i nostri soliti tempi biblici, che a Gerusalemme
> possiamo anche chiamare
> "coranici", partiamo per Ramallah che raggiungiamo
> con solo un paio d?ore
> di ritardo. Qui incontriamo Cailin, volontaria
> scozzese che lavora alla
> facolta' di legge di Birzeit, l?Universita? di
> Ramallah. Lei ci racconta
> di come la citta' abbia ripreso a respirare solo da
> poche settimane, ovvero
> dalla fine del coprifuoco e dal ritiro israeliano.
> Il centro e' in piena
> attivita', con un traffico intenso e cantieri a
> pieno regime per la ricostruzione
> degli edifice danneggiati dagli ultimi attacchi.
> Attraversiamo il centro
> nella curiosita' generale, sia per la quasi totale
> assenza di turisti, sia
> per l'estrema visibilita' del nostro gruppo composto
> da gay e transgender
> non certo ?discreti?. La nostra visita al Muqata non
> ha molto successo,
> per quanto alcune guardie molto disponibili ci
> accompagnano per un giro
> del cumulo di macerie e lamiere sede di Arafat e
> delle sue guardie personali.
> L'ultimo attacco israeliano ha lasciato segni
> profondi, anche se il ponte
> fra le due ali del palazzo ancora in piedi e' stato
> gia' ricostruito. Arafat
> non ci incontra, forse dorme, forse no; chissa? se
> ha letto la lettera che
> annunciava il nostro arrivo. Ci accordiamo per un
> appuntamento durante la
> nostra prossima visita della citta' e torniamo in
> centro.
> Mentre aspettiamo il taxi collettivo conosciamo
> gruppi di ragazzi che stazionano
> a Manara square, la piazza centrale, per via
> dell'altissima disoccupazione.
> La reazione e' sempre fra il divertito e il curioso
> e a volte, forse, arriva
> fino all'interessato. Scambiamo qualche numero di
> telefono e qualche ricordo
> e corriamo a Gerusalemme dove ci aspetta, all'hotel
> Ambassador, Michael
> Tarazi, responsabile legale dell'OLP per I colloqui
> di pace. Michael ci
> fornisce tutto il materiale relativo agli ultimi
> accordi, all'incontro di
> Aqaba, al quale ha partecipato, alla Road Map e allo
> sviluppo degli insediamenti.
> Ci fornisce cartine e grafici e ci racconta
> dell'impossibilita' di qualsiasi
> accordo in mancanza di una reale volonta' di pace
> che presupponga la creazione
> reale di uno stato palestinese e non semplicemente
> di riserve, private della
> terra produttiva e dell'acqua, in cui confinare
> l'intera popolazione. Le
> mappe delle ultime colonie, che non risultano essere
> fra quelle considerate
> da Sharon ?illegali? e quindi da abbattere, e del
> muro di separazione previsto,
> disegnano una Palestina divisa in tre zone: due
> nella West Bank e una a
> Gaza, con ulteriori divisioni date dalle strade di
> collegamento fra gli
> insediamenti che tagliano perpendicolarmente le vie
> di comunicazione palestinesi,
> inibendone il passaggio. Strano, ma le cartine
> forniteci da Tarazi, fonte
> Le Monde Diplomatique e The Economist, risultano
> riduttive rispetto a quelle
> di un gruppo israeliano contro l'occupazione, forse
> meglio informato, che
> prevede un territorio palestinese ancora piu'
> piccolo.
> L'incontro prosegue sulle condizioni di vita della
> popolazione in generale
> e di gay e lesbiche in particolare, ma anche per lui
> e' impossibile immaginare
> un qualche miglioramento nelle politiche di
> riconoscimento dei diritti civili
> senza prima il raggiungimento dell'indipendenza
> della Palestina e la fine
> delle operazioni militari. Anche a lui, come a
> Bargouthi qualche giorno
> prima, facciamo notare come anche in Palestina
> esistano degli accenni di
> movimento gay che andrebbero sostenuti e
> incoraggiati, per quanto concordiamo
> che la presenza militare israeliana e il divieto di
> spostamento per la maggior
> parte dei palestinesi rendano quasi impossibile
> qualsiasi movimento di liberazione.
> Ovvero e' proprio la "democratica" israele che
> cancella sul nascere qualsiasi
> tenativo di democratizzazione della societa'
> palestinese. E questo sembra
> chiarissimo anche agli stessi israeliani, nettamente
> contrari agli ultimi
> attacchi contro Hamas a Gaza, che hanno di fatto
> rotto la tregua e provocato
> la reazione palestinese.
> Alla fine dell'incontro Michael ci porta a cena in
> un ristorante arabo immerse
> in tendaggi e tappeti dove mangiamo cibi tipici e ci
> rilassiamo in una nuvola
> di Narghile'.
>
>
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