Autor: VAMPIRE SHADOW Data: Asunto: [Cerchio] Ultimo giorno al Corriere
> Ultimo giorno al Corriere > di Corrado Stajano
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> Caro direttore,
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> la parola d'ordine nelle stanze alte del Corriere è sopire, troncare,
> minimizzare, allontanare il fuoco dalla paglia, fare in fretta, soprattutto, > a collocare il nuovo direttore sulla poltrona con l'Enciclopedia Treccani di > spalle.
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> Io mi sono dimesso stamattina perché non credo per nulla nella versione
> ufficiale delle dimissioni di Ferruccio De Bortoli - i motivi personali - e > non credo neppure nelle assicurazioni date sulla continuità del giornale,
> più o meno provvisoria. Una conquista, persino, il meno peggio che potesse
> accadere, secondo alcuni protagonisti di questa vicenda che è un po' il
> simbolo della vecchia politica delle stanze chiuse, dei patti riservati,
> degli occhieggiamenti, dei favori, delle poco sublimi mediazioni, delle
> trattative sottobanco, dell'eterna ambiguità.
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> Mi dimetto per protesta.
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> Contro l'arroganza del governo e dei suoi ministri, contro una Proprietà
> subalterna, contro le interferenze, difficili da negare, piovute dall'alto
> ai danni di un possibile libero giornalismo. In un momento grave per la
> Repubblica in cui non è certo il caso di fare gli struzzi. Ho consegnato la > mia lettera di dimissioni alla Rita, una delle intelligenti segretarie di
> direzione e nel giornale deserto della prima mattina sono andato su e giù
> per i corridori dei vari piani. Ho dato un'occhiata alle vuote stanze della > direzione, poi alla celebrata sala Albertini, coi tavoli simili a quelli del > Times, con le lampade di ottone che hanno sostituito le lampade verdi.
> Chissà che cosa è successo qui dentro nel Novecento, conflitti, bassezze,
> viltà, crimini e misfatti. Ma anche il coraggio di tanti e la passione. Che > cosa significa, mi sono detto, il concetto di continuità predicato ora in un > giornale come questo che ha segnato la vita nazionale? Da Bava Beccaris e
> dalla parte dei suoi cannoni al fascismo dopo le non sempre focose
> resistenze di Albertini fino a quel famoso direttore del dopoguerra esaltato > dai manuali, Missiroli, che era solito dire, negli anni 50: «Ci vorrebbe un > giornale. Oh, se avessi un giornale!».
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> La continuità arriva fino alla P2-Di Bella, Rizzoli, Tassan Din o per
> continuità - speriamo - si vuole intendere soltanto la parte civile della
> storia, Mario Borsa, Ottone, Cavallari, Stille, Mieli? E Ferruccio de
> Bortoli. Che ha diretto con dignità un giornale moderato dove a occupare la > prima pagina sono stati soprattutto Panebianco, Galli Della Loggia, Merlo,
> Ostellino e qualcun altro, guardie bianche da cui Berlusconi non ha avuto
> certo da temere, soltanto benevolenza e consigli filiali.
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> Io sono stato accolto da Ugo Stille nel 1987. Lo ricordo con affetto. Aveva > lo sguardo di un uomo che molto sa e molto ha vista, sa del presente e
> intuisce del futuro, come l'ignoto marinaio del romanzo di Vincenzo Consolo. > Con lui ho scritto molto, di cultura, di politica. Era curioso, gentilmente > beffardo. Solo una volta parlò del suo grande amico Giaime Pintor. Nel 1999, > poi, de Bortoli mi ha affidato una rubrica di politica e società, «Storie
> italiane», e in quattro anni non mi ha mai chiesto di togliere una riga o
> una sola parola garantendo con correttezza esemplare una rubrica dissonante > dal resto del giornale. Sono grato anche a lui.
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> «Come mai - dicono adesso gli ingenui cittadini di Milano che si incontrano > per la strada e ti fanno domande allarmate - Ferruccio de Bortoli era inviso > al governo o ad alcuni governanti e il suo successore non lo è?». «Come mai > - dicono altri - si sostiene che non è successo niente?».
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> Berlusconi vuole tutto. Non gli bastano le sue tre reti televisive, la Rai, > i giornali parentali e quelli amici, le radio e le case editrici, come non
> succede in nessun paese del mondo. Il Corriere, nonostante non fosse nemico, > era ed è un inciampo da togliere di mezzo. Perché adesso? Le elezioni non > sono state un successo. L'economia ristagna. Non pochi elettori forzisti
> fanno i conti della spesa, il vecchio carisma del capo è entrato in crisi,
> il loro cuore è tremulo e intristito. Il semestre europeo può essere un
> ostacolo micidiale, non un'occasione dorata. E il Corriere conta, resta una > spina, ha mantenuto intatto il suo prestigio. Può influenzare milioni di
> persone.
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> Che cosa dà fastidio al Cavaliere? La quantità di informazioni che de
> Bortoli ha sempre cercato di dare non gli giova. Alcuni collaboratori di
> certo non gli piacciono, Giannelli e le sue vignette, qualcun altro, il
> professor Sartori, liberale autentico, che ha battuto per anni sull'incudine > del conflitto di interessi e non si è stancato mai perché questo è
> l'insoluto problema generatore di tanti disastri reali e d'immagine per
> l'Italia in tutto il mondo. Il 15 maggio, Giovani Sartori ha avuto
> l'impudenza che non è stata perdonata né a lui né a De Bortoli di scrivere: > «Lei ha dichiarato, signor Presidente del Consiglio, che "non sarà
> consentito a chi è stato comunista di andare al potere". Queste cose le
> diceva Mussolini. Lei non ha nessun motivo di aver paura. Io sì».
> Figuriamoci il Cavaliere che con i suoi fedeli vassalli non ha mai
> dimenticato il no alla guerra di de Bortoli. Le pressioni governative sono
> state assillanti, padronali, offensive. A proposito dell'economia e di
> inchieste su questioni finanziarie. A proposito della giustizia, tema
> ossessivo. Il direttore de Bortoli l'ha affrontato nell'unico modo possibile > per un giornalismo civile pubblicando gli articoli dei bravi, generosi e
> minacciati cronisti giudiziari che non ritengono il presidente del Consiglio > e l'onorevole Previti al riparo dalle notizie documentate. Questi eminenti
> imputati dei processi di Milano che debbono rispondere di un reato comune
> così grave come la corruzione di magistrati e che stanno per ottenere
> l'impunità dalla maggioranza parlamentare con una legge ad personam che
> certo viola la Costituzione, vogliono essere liberati anche da ogni
> controllo dell'informazione. Sorretti dai loro avvocati-parlamentari che
> fanno il diavolo a quattro in difesa dei loro clienti. Le ricusazioni
> toccano anche alla stampa libera.
>
> Gli azionisti, poi. Quella del Corriere è una proprietà frantumata, un
> pentolone che contiene tutti i possibili beni e servizi, le auto, i cavi, le > telecomunicazioni, i frigoriferi, la finanza, Mediobanca, le assicurazioni. > Appassionati sostenitori del libero mercato gli azionisti si sono rivelati
> fedifraghi, bisognosi come sono delle stampelle e dei favori del governo che > certo non dà senza nulla ricevere in cambio. Anche loro hanno protestato
> infuriati ed esterrefatti - un reato di lesa maestà - quando l'informazione > economica del giornale ha rivelato, per alcuni, oscure verità su traffici e > affari. Il capitalismo democratico è di là da venire. Anche coloro che
> deprecano a parole i comportamenti di una società che opera solo in nome
> degli interessi e lamentano la mancanza di idee e l'assenza di ideali, in
> quest'occasione non hanno rotto un fronte comune che non li rappresenta. Il > grido della foresta è stato più forte.
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> Mentre nella mia passeggiata d'addio dentro il giornale deserto passavo
> davanti alle stanze dell'Economia, al secondo piano, nel vecchio fabbricone > di vetro, mi venivano in mente «gli interessi inconfessabili» denunziati da > un grande maestro non certo marxista-leninista, Luigi Einaudi quando, forse > proprio sul Corriere, si riferiva ai traffici dei cotonieri, dei
> siderurgici, degli armatori, degli agrari che si servivano dei giornali di
> cui erano proprietari non certo per difendere idee, ma per calcoli
> mercantili e usavano i loro poteri e i loro denari per promuovere disegni di > legge adatti agli interessi di casa.
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> Quel che è accaduto al Corriere è grave. È sbagliato usare anche qui i
> criteri perdenti della tattica anziché cercare di aprire un po' la mente e
> capire quali possono essere le conseguenze rovinose di un Corriere del tutto > addomesticato ai voleri di Berlusconi. E questo vale per la sinistra.
>
> Il cambio di un direttore di giornale avvenuto chiaramente per impulso
> governativo non è, come ha detto qualcuno dall'anima questurina, simile a un > banale cambio di prefetti. Soprattutto in via Solferino, dove la forza della > tradizione conta, nonostante la retorica, dove, malgrado tutto, anche se con > fatica, il giornale ce l'ha quasi sempre fatta a uscire dalle tempeste. (La > P2 non era un club di gentiluomini: basta ricordare che Giuliano Turone e
> Gherardo Colombo, allora giudici istruttori, arrivarono alle liste di Gelli > indagando sulla mafia, sul finto rapimento di Sindona in Sicilia,
> sull'assassinio dell'avvocato Giorgio Ambrosoli).
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> Sono uscito dal palazzo pieno solo di ombre e di fantasmi scendendo per le
> antiche scale. Sulle pareti sono appese le fotografie dei redattori e dei
> collaboratori illustri. Mi guardano, li guardo. Soltanto alcuni,
> faziosamente. Memoria e monito. Giovanni Amendola, Benedetto Croce, Giovanni > Verga, G.A. Borgese, Federico De Roberto, Eugenio Montale, Italo Calvino. E > Ferruccio Parri, con i suoi occhiali sulla fronte.
> VAMPIRE SHADOW - FRANZ