in barba ai potentati trasversali che hanno messo a repentaglio tutti i
diritti di cittadinanza
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Da "Il Manifesto" 30 Maggio 2003 (pag. 6)
E i piccoli sconfissero i grossi. Finisce bene la saga della Val Lemme
Definitivamente vietata, dopo anni di lotte popolari, l'apertura di una
cava che metteva a rischio l'acqua di due comuni montani piemontesi
di Marinella Correggia
L'otto aprile scorso, mentre ci si disperava sull'Iraq, la Val
Lemme a cavallo fra Piemonte e Liguria festeggiava una vittoria pacifica.
Il piccolo comune di Carrosio (450 anime), altre autorità locali (il comune
di Gavi, cinquemila) e gli abitanti della Valle si sono visti dare ragione
contro grossi e irragionevoli interessi. Quel giorno il Consiglio di stato
ha infatti accolto il ricorso presentato da Carrosio e ha revocato una
concessione mineraria sul Monte Bruzeta alla società Cementir del gruppo
Caltagirone; ribaltando la sentenza del Tar, che aveva respinto il ricorso
del comune. «E' un atto di civiltà, dopo tante prepotenze, un provvedimento
per la tutela dell'acqua e dell'ambiente come bene pubblico: un atto di
giustizia verso le amministrazioni, la gente e le associazioni che hanno
sempre difeso l'acqua considerandola un bene primario, da tutelare e
preservare», dice Emilia Calcagno di Legambiente. Della storia il manifesto
si è occupato più volte; mancava il lieto fine. Riepiloghiamo. La cava di
marna cementizia sul monte Bruzeta è una follia a puro scopo di business, e
di breve periodo oltretutto. Per scavarla, come voleva fortemente la
società Cementir sin dal 1986, si sarebbero demoliti due acquedotti che
attingendo acqua ottima e abbondante dal monte riforniscono i comuni di
Carrosio (totalmente) e di Gavi (in parte). Il Corpo delle miniere di
Torino ha dato la concessione alla cava, ordinando però a Cementir di
costruire un nuovo acquedotto per i due paesi; l'acqua andrà presa dal Rio
Acque Striate, un affluente del torrente Lemme. Ma attenzione: il Rio
attraversa il Parco Capanne di Marcarolo e si ordina che i lavori di
abduzione non siano svolti al suo interno per non deturpare il paesaggio e
non disturbare la fauna selvatica. Non solo: i comuni di Gavi e Carrosio
devono essere d'accordo. Questi non lo sono affatto e danno battaglia:
anche perché risulta da diversi studi che l'acqua del Rio sarebbe
insufficiente nei mesi estivi - il torrente Lemme si prosciugherebbe - e
sarebbe di cattiva qualità; la Asl 22 di Novi è anch'essa contraria,
insieme alla comunità montana Alta Val Lemme e Alto Ovadese. Contrarissimo
poi il presidente del Parco Gianluigi Repetto, che per la sua
determinazione è stato addirittura denunciato dall'azienda.
Quando nel marzo 2001 vengono autorizzati il lavori della cava e
dell'acquedotto, perfino dentro il parco, la popolazione insorge. A turno
presidiano i luoghi per tutta l'estate: per ragioni naturalistiche i lavori
sono ammessi solo fino a settembre. L'autunno porta un po' di requie.
Intanto, nel marzo 2002, l'università di Genova rende noto che nel greto
del Rio Acque Striate sono presenti notevoli quantità di amianto naturale;
anche l'Arpa (agenzia regionale per l'ambiente) conferma. Successivamente
verrà dimostrato che il Rio contiene una quantità di nickel ben superiore
ai massimi comunitari. Ma Cementir insiste.
Per tutta l'estate 2002, cittadini di ogni età e autorità
picchettano il Parco per impedire i lavori. Intanto continua la battaglia
legale (delle amministrazioni di Carrosio e Gavi) e politica, ignorata dai
politici nazionali di qualunque schieramento. Interpellato, lo stesso
ministero dell'ambiente chiede di sospendere l'autorizzazione ai lavori
dell'acquedotto perché questo è accessorio a una cava che non ha Via. Ma in
una riunione informale tenutasi alla presidenza del consiglio in settembre,
il governo della Casa delle Libertà comunica: i lavori possono continuare.
Il giorno 17 settembre del 2002 la Cementir viola perfino la
sacrosanta proprietà privata delle strade di accesso al Parco ed entra,
chiedendo l'intervento delle forze dell'ordine contro i picchettanti,
bambini e anziani compresi.
I lavori dell'acquedotto proseguono, i ricorsi delle
amministrazioni anche. Finalmente, in aprile, la sentenza del Consiglio di
stato: la cava non s'ha da fare. Dunque, i due acquedotti originari sono
salvi e i lavori nel Parco, per l'acquedotto sostitutivo, devono essere
interrotti.
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