[CSSF] privatizzazioni: 100 piazze contro il WTO

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Szerző: Antonella Mangia
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Tárgy: [CSSF] privatizzazioni: 100 piazze contro il WTO
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Antonella Mangia <antonellamangia@???> wrote:Data: Sun, 18 May 2003 00:30:15 +0200 (CEST)
Da: Antonella Mangia
A: antonellamangia@???

17-18 MAGGIO 2003 GIORNATE NAZIONALI PER I BENI COMUNI E CONTRO LE
PRIVATIZZAZIONI
__________________________________________________________

100 PIAZZE CONTRO IL WTO!

Nel prossimo mese di settembre, a Cancun (Messico), l'Organizzazione
Mondiale del Commercio (WTO) terrà il nuovo vertice. In quella
riunione cercherà di far fare un decisivo passo avanti alle politiche
neoliberiste per giungere alla totale mercificazione dei beni comuni,
alla liberalizzazione dei servizi pubblici, alla riduzione degli spazi
e dei diritti collettivi.

Il sistema di accordi in corso ( Gats sui servizi pubblici, AoA
sull'agricoltura, Trips sui brevetti e i farmaci, quelli per aree e/o
bilaterali) si prefigge la consegna nelle mani delle grandi
multinazionali dei servizi essenziali, dall'acqua all'agricoltura,
dall'energia ai trasporti, dalla scuola alla sanità.

E' l'altra faccia della guerra infinita, che ha appena consumato
un'altra tragica tappa colpendo il popolo iracheno e che minaccia di
estendersi ad altri popoli nel mondo: da una parte si esercita il
dominio militare sui popoli, dall'altra si sottrae loro ricchezza
sociale e diritti collettivi.

La guerra non è solo militare: vita, diritti e beni comuni sono
quotidianamente minacciati dalle politiche neoliberiste che le grandi
istituzioni finanziarie (Fondo Monetario, Banca Mondiale, WTO, G8)
portano avanti, trasformando beni e servizi collettivi in merci
sottoposte alle leggi di mercato al fine di perpetuare un modello
iniquo, fondato sul dominio delle grandi multinazionali e sulla
sottrazione di diritti e democrazia per tutti.

Ma beni comuni e servizi pubblici sono sotto attacco anche a livello
europeo, nazionale e locale. Vent'anni di "pensiero unico del mercato"
li hanno trasformati in beni economici sottoposti alle leggi di
mercato: dalle politiche di deregulation dei settori di pubblica
utilità promosse dai vari Trattati comunitari (Maastricht, Amsterdam,
Cardiff), alle normative nazionali (art.35 della Finanziaria 2002 in
primis) in direzione della liberalizzazione dei servizi, fino
all'avanzamento dei processi di privatizzazione portati avanti
trasversalmente da Regioni ed enti locali.

Tutto questo va fermato. Come milioni di persone nel mondo, siamo
permanentemente mobilitati per fermare la guerra infinita e per
riaffermare i diritti dei popoli ad una vita dignitosa per tutti.

Allo stesso modo, come organizzazioni della società civile e dei
lavoratori, reti ed associazioni, social forum e comitati popolari
riuniti in Tavolo Nazionale, lanciamo una grande mobilitazione per
fermare il WTO a Cancun e per contrastare nei territori le politiche
di svendita dei beni collettivi.

Un altro mondo e un'altra Europa sono possibili solo a partire dalla
non negoziabilità dei beni comuni e dei servizi pubblici, unica
garanzia per la costruzione di una democrazia sostanziale, fondata su
un nuovo concetto di economia pubblica, partecipata e solidale.

Per questo, tutti assieme, come prima tappa di questo percorso,
promuoviamo LE GIORNATE NAZIONALI DEI BENI COMUNI E CONTRO LE
PRIVATIZZAZIONI, così articolate :
16 maggio: adesione alle iniziative in difesa della scuola pubblica,
della ricerca e della formazione promosse dal cartello di reti contro
la privatizzazione dell'istruzione;
17-18 maggio: 100 PIAZZE CONTRO IL WTO, 100 PIAZZE CONTRO LE
PRIVATIZZAZIONI! piazze tematiche, azioni dirette, momenti di
approfondimento di comunicazione per riaffermare che I BENI COMUNI NON
SONO MERCI MA DIRITTI DI TUTTI Consideriamo questa scadenza una prima
importante tappa di un percorso che vedrà tutti impegnati nelle
prossime mobilitazioni contro il G8 ad Evian (1-2-3 giugno), a Riva
del Garda (TN) al vertice dei Ministri degli Esteri UE (4-5-6
settembre) e per far fallire il round del Wto a Cancun (10-14
settembre) TAVOLO NAZIONALE DEI SOCIAL FORUM "FERMIAMO IL WTO" ELENCO
ADESIONI
Reti nazionali:
ACU (Associazione Consumatori Utenti), ARCI, ASCI (Associazione di
Solidarietà per la Campagna Italiana), Ass. PUNTO ROSSO, ATTAC,
CONSORZIO CTM ALTROMERCATO, CONFEDERAZIONE COBAS, COBAS SANITA', COBAS
SCUOLA, CRIC, CUB, FIOM, FORO CONTADINO/ALTRAGRICOLTURA, FORUM
AMBIENTALISTA, FORUM DEL TEATRO, GIOVANI COMUNISTI, LEGAMBIENTE, LILA
CEDIUS, LUNARIA, MARCIA MONDIALE DELLE DONNE, MEDICINA DEMOCRATICA,
MEDITERRANEAN WOMEN JOURNALIST NETWORK, S.IN.COBAS, PRC, PROUTIST
UNIVERSAL, TRANSFORM, UNIONE INQUILINI, UDU/UDS, , Reti, associazioni
e comitati territoriali : ACEA ONLUS Milano, ASSOCIAZIONE MEDITERRANEA
Roma, ASS. SENZA FRONTIERE Vittorio Veneto, ATTAC Brescia, ATTAC
Chiantivaldelsa, ATTAC Milano, ATTAC Sarno, ATTAC Trento, ATTAC
Villacidro, BOTTEGA DEL MONDO "KEITA" Pesaro, BRESCIA SOCIAL FORUM,
COOP.SOCIALE MONDO SOLIDALE Marche, COORD. COMITATI POPOLARI LIGURI E
TOSCANI PER LA DIFESA DELL'AMBIENTE, COORD. PROV. S.IN.COBAS Ancona,
COORD. STUDENTI MEDI ANTIFASCISTI UDS Bari, GRUPPO CONSILIARE MIRACOLO
A MILANO, FIRENZE SOCIAL FORUM, FORUM DIFESA SALUTE Milano e
Lombardia, FORUM SOCIALE DEL PONENTE GENOVESE, GIOVANI COMUNISTI
Certaldo, GIOVANI COMUNISTI Trento, MAREMMA SOCIAL FORUM Grosseto, PRC
Certaldo, PROTEO FARESAPERE Roma, PUNTO ROSSO Jesi, RETE CONTRO G8 PER
LA GLOBALIZZAZIONE DEI DIRITTI Genova, TAVOLO LIVORNESE CONTRO LE
PRIVATIZZAZIONI E IL WTO, TAVOLO MARCHIGIANO FERMIAMO IL WTO, VALDARNO
SOCIAL FORUM Tutte le iniziative e le mobilitazioni su:
http://www.geocities.com/fermiamoilwto
http://www.campagnawto.org

_____________________________
1 - Verso Cancun, nuove sfide per i movimenti mondiali
__________________________________________________________

di Valentina Fulginiti (ATTAC Bologna, Consiglio nazionale e
coordinatrice della campagna Gats)*

Il neoliberismo tra sonno e dormiveglia Anno 2050, quartiere ricco di
metropoli europea o nordamericana.

Proviamo a seguire la giornata immaginaria della nostra famiglia tipo.
La nostra bambina tipo, di 8 anni, si avvia verso la scuola sul suo
pulmino fiammante (gentile omaggio di un'impresa che produce
automobili, audiovisivi e software); entra in un corridoio affollato
di cartelloni pubblicitari e consuma così la colazione gentilmente
offerta dalla compagnia leader nel settore delle bibite gassate,
leggendo nel frattempo il programma delle lezioni, stampato sul
vassoio a fianco di alcune informazioni su una corretta alimentazione.

Nel frattempo sua nonna si reca, con le carte di credito ben nascoste,
presso un ospedale privato per fare le analisi del sangue;
sull'ingresso la colpiscono le pubblicità turistiche con villaggi
appositi per gli anziani convalescenti: il tutto fa parte del
programma pensionistico di una nuova assicurazione sanitaria che
assicura "Leisure, safety and health" a tutti gli abbonati.

Alla fontana del giardino, la nonna assetata può scegliere tra tre
rubinetti colorati (che ricordano vagamente quelli dei vecchi pub):
acqua gassata, naturale o thé freddo deteinato, ciascuno gentilmente
offerto da un diverso ramo del comparto alimentare della
multinazionale che controlla l' ospedale.

Sembra fantascienza, e per il momento è solo un esercizio di
scrittura, ma questo incubo potrebbe diventare realtà. Ospedali
mercificati, rubinetti di acqua con i loghi più o meno noti di colossi
dell'economia mondiale, libri di testo con i marchi delle
multinazionali stanno diventando i simboli ricorrenti delle campagne
che denunciano i rischi delle politiche neoliberiste, della
mercificazione portata in atto da governi nazionali e sopranazionali,
dalla politica sconsiderata dell' Organizzazione Mondiale del
Commercio (OMC, o in inglese WTO). In alcune realtà, del resto, si
trovano scenari che già adesso evocano la mercificazione totale: la
giornata della piccola Kitty non è in fondo molto diversa dalla
giornata di bambini statunitensi che ricevono quotidianamente sussidi
didattici, sponsor, lezioni, o pasti da aziende come Minute Maid,
Proctor & Gamble, Mc Donalds, Kellogg's e tante altre.[i]

Il nostro mondo è veramente sottoposto a una minaccia di queste
dimensioni o si tratta di esagerazioni di anti - globalizzatori
catastrofici e arretrati? Che proporzioni assumerà questa minaccia, e
quanto modificherà le nostre abitudini correnti? A queste domande
proveremo a dare risposta nel corso di un breve excursus sulla nascita
del WTO, sugli accordi attualmente in fase di negoziato, per
comprendere meglio le prospettive con cui guardiamo alla prossima
Conferenza Ministeriale del WTO, che si terrà a Cancùn il prossimo
settembre.

Il mondo che ci stanno preparando

1. Il WTO: la nascita

Nata nel 1995 nel corso dell'Uruguay Round, l'Organizzazione Mondiale
del Commercio (WTO) sembra sorgere dal nulla. In realtà, il WTO ha
alle spalle, lontanissime nel tempo, le ceneri di un precedente
progetto, l'ITO o International Trade Organization, parte del progetto
di governance globale partorito negli accordi di Bretton Woods, e che
si inscriveva nell'ideale di un mondo governato da regole comuni. Di
fatto, l'ITO rimane inattivo, a differenza delle sorelle WB e IMF
(Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale) poiché inadeguato
alla necessità statunitense di garantire uno sbocco commerciale alla
propria sovrapproduzione industriale. A tale scopo risulta più
adeguato il GATT, trattato di liberalizzazione che coinvolge solo 23
paesi: se non la madre, è la cugina più prossima del WTO.

La nascita del WTO nel 1995 deve quindi far pensare a una fase e a una
volontà politica nuove rispetto a quel primo progetto. Le regole
comuni che si vogliono ora imporre si inseriscono in un divario sempre
crescente e ormai incalcolabile tra nord e sud del mondo; e
corrispondono a una mutata funzione degli stati: non più gestori
politici di un'economia che almeno formalmente deve rispondere alle
sfide economiche e sociali, ma garanti e gestori della sicurezza e dei
profitti dei privati, sempre più enormi e concentrati nelle mani dei
pochi attori egemoni sul mercato internazionale.

2. Gli obiettivi

Il WTO nasce con l'obiettivo di estendere al mercato mondiale le
regole della libera concorrenza, nell'ottica che la liberalizzazione
economica aumenti il tenore di vita e favorisca lo sviluppo. Per
risolvere i problemi, si tratta solo di aumentare la trasparenza e
l'equità di condizioni di tutti gli attori sulla scena del commercio
globale, e di abbattere gli squilibri innaturali, le discriminazioni
nella concorrenza, i protezionismi: una logica che, malgrado la sua
apparente ragionevolezza, appare passibile di numerose critiche e
suscettibile di riforme.

L'applicazione di questa libera concorrenza sembra ridurre l'intero
mondo a un mercato, a maggior ragione in assenza di politiche e scelte
sociali. Non esiste alcun contraltare che salvaguardi gli interessi
non direttamente legati all'economia (che, in realtà, sembrano
identificarsi con i poteri economicamente forti). E la normativa GATT
già vigente, che applica la libera concorrenza alle politiche
industriali e agricole, ne fornisce una prova. Ricordiamo tutti le
vere e proprie guerre commerciali tra USA e UE , tra cui è
particolarmente famosa quella provocata dal rifiuto europeo a
importare senza alcuna dicitura speciale carne contenente ormoni -
tale rifiuto, più rigoroso del necessario, è all'origine di sanzioni e
dazi che colpiscono alcuni prodotti europei. Un altro esempio, ben più
drammatico e scottante, è il fenomeno del dumping, la vera concorrenza
sleale esercitata a danno delle agricolture del terzo Mondo: la
riduzione delle tariffe, non viene applicata nella stessa misura da
tutti i paesi, e le economie del Terzo mondo si trovano a competere
con esportazioni europee rese possibili da 250 miliardi di dollari di
sussidi ogni anno.

Il complesso di meccanismi e regole già applicato al mercato dei
beni,dal 1995 a oggi va estendendosi a una sfera sempre più vasta.
Oggi sono stati affrontati con la stessa prospettiva temi come
brevetti farmaceutici e agricoli, le politiche agro-alimentari e il
commercio dei servizi nel loro complesso (160 quelli già inseriti nei
negoziati, tra cui acqua, istruzione, ambiente, sanità, trasporti);
altri settori sono stati individuati per i negoziati futuri.

3. Verso l'espansione selvaggia.

Si apre così la nuova fase del neoliberismo mondiale, lungamente
preparata dalle svolte neoliberiste degli anni '80: il mercato globale
si deve estendere alle nuove fonti che, più redditizie della
produzione agricola e industriale, e soprattutto non ancora
controllate, offrono la possibilità di cristallizzare un immenso
guadagno e un immenso divario. Liberalizzare i servizi significa
infatti mettere le mani su settori fondamentali, su mercati enormi e
soprattutto garantiti. A tal proposito, questo il parere ufficiale del
Commissario Europeo al Commercio, Pascal Lamy: "I servizi giocano un
ruolo sempre più importante nell'economia globale, ma questa posizione
forte e crescente non è ancora riflessa nella composizione del
commercio mondiale. Diverse barriere all'accesso continuano a
ostacolare il commercio dei servizi e agiscono come un freno sulla
crescita economica. Teoricamente, in ogni paese l'andamento del
settore dei servizi può fare la differenza tra una crescita cospicua e
rapida, poiché i servizi costituiscono uno stimolo essenziale per la
produzione di beni e di altri servizi. Essi comprendono una vasta e
diversificata gamma di attività economiche e sono a fondamento delle
economie dei paesi sviluppati, e anche di molti paesi in via di
sviluppo. L'accesso a servizi di alta qualità, in particolare quelli
legati alle infrastrutture come le telecomunicazioni, i trasporti e i
servizi finanziari, reca vantaggio all'intera economia, aumentando la
produttività nei diversi settori ed è cruciale per lo sviluppo
economico." (Dati estrapolati da Captive Kids. A report on corporate
takeover of schools, in www.corpowatch.org, a cura del Corporate Watch
Institute)

I vertici che hanno segnato la progressiva apertura del mercato di
servizi sono le Conferenza Ministeriali di Seattle del 1999 , e Doha
del novembre 2001, accompagnati da un crescente movimento di pressione
dell'opinione pubblica, allarmata dalle possibili conseguenze di una
liberalizzazione selvaggia. Grazie alle contestazioni il vertice di
Seattle si è chiuso senza l'apertura di un novo round di negoziati (il
tanto enfatizzato Millennium Round); ma a Doha, nel Qatar, lontano
dalle proteste, gli stati aderenti non hanno perso tempo.

I principali imputati sono gli accordi sul copyright, racchiusi nel
famigerato TRIPS (uno dei temi centrali sul piatto a Doha), e
l'Accordo GATS, di cui ci occuperemo in dettaglio.

4. L'Accordo Generale sul Commercio dei Servizi: struttura e regole
fondamentali.

Il nome GATS, che è la sigla di General Agreement for Trade of
Services, mette un po' di spavento a chi ignora l'inglese e
l'economia. I primi paragrafi, a leggerli, descrivono il paese
dell'utopia e della meraviglia, in cui altissimi standard di qualità,
libertà di scelta, equità sociale e immensi profitti sono obiettivi
correlati l'uno all'altro, non solo compatibili, ma addirittura
reciprocamente indispensabili.

Il funzionamento di questo accordo è regolato da alcune norme
abbastanza semplici. I principi di funzionamento costituiscono quella
cornice legale rigida che fa da sfondo alle singole trattative: i
principi generali e gli obiettivi dell'accordo, la definizione di ciò
che in ambito WTO si intende per servizio, le regole di applicazione,
che precedono i risultati delle trattative (in pratica si tratta
dell'elenco dei settori che gli stati avranno deciso di liberalizzare,
e che sarà ultimato solo nel 2005, alla scadenza definitiva del
Round).

I servizi liberalizzabili sul mercato mondiale sono dunque raccolti
attraverso quattro modalità: [1] fornitura oltre i confini (l'azienda
fornisce il servizio nel territorio di un altro paese); [2] consumo
oltre il confine; [3] presenza commerciale, che include filiali,
infrastrutture controllate e fornite dall'azienda, e, in pratica, gli
investimenti; [4] spostamento di persone, quindi trasferimento i
dipendenti o personale qualificato. Questa vastissima definizione di
servizio commerciabile su base trans-nazionale comprende circa 160
servizi, tra i quali rientrano le categorie dei servizi finanziari
(con la possibilità, conseguente, di una liberalizzazione dei sistemi
di previdenza) le risorse ambientali (quindi forniture idriche,
energetiche); i trasporti; le telecomunicazioni; i servizi culturali;
le produzioni di audiovisivi; i sistemi sanitari; la formazione
secondaria e universitaria; i servizi alle imprese (ad esempio
consulenze e collocamenti); i servizi postali; il settore turistico.

Praticamente, è incluso ogni tipo di servizio ad eccezione di
magistratura, esercito e burocrazie statali.

A tutti questi settori vengono applicate le normative di libera
concorrenza: ciò significa che ai governi sarà vietato di promulgare
normative che abbiano come fine o come effetto quello di discriminare
il libero accesso al commercio di un determinato servizio; le
normative a tutela dell'ambiente, dei diritti dei lavoratori, dei
consumatori, della trasparenza o dell'equità sociale non dovranno
essere più rigorose del necessario.

Parliamo non solo dei governi e dei parlamenti nazionali o
sopranazionali (regionali e continentali, ad esempio), ma anche, in
direzione opposta, degli Enti locali, poiché il GATS si applica a
tutti livelli compreso quelli comunali, provinciali e regionali.

Tradotto in pratica, potrebbe voler dire che se una piccola mensa
biologica della scuola materna di un minuscolo comune si trovasse a
competere con un colosso dell'alimentare, l'Ente potrebbe trovarsi
impossibilitato a scegliere la cooperativa in base alla troppo
rigorosa volontà di salvaguardare la salute e la corretta educazione
alimentare dei suoi piccoli cittadini. La multinazionale sarebbe messa
sullo stesso piano della piccola mensa, in una competizione basata
esclusivamente su criteri economici; tuttavia, secondo i fautori del
GATS, la qualità e l'efficienza del servizio sarebbero premiate
proprio grazie al naturale meccanismo della competizione economica.

Esaminiamo ora alcuni dei principi fondamentali che dovrebbero
garantire questa assenza di discriminazioni. Il principio della
nazione più favorita stabilisce che le concessioni applicate da un
paese membro a un altro vengano automaticamente estese a tutti gli
altri, impedendo il formarsi di rapporti commerciali privilegiati. Il
principio del trattamento nazionale stabilisce che non vi possano
essere discriminazioni a favore delle propria industria o fornitura
nazionale: se il settore è liberalizzato, l'azienda di Stato deve
competere con i fornitori provati esteri, in ogni caso.

Tali regole permettono alcune eccezioni, che però espongono alla
possibilità di subire ritorsioni, richieste di apertura e citazione da
parte di altri stati, le cui aziende hanno interesse a espandersi: già
adesso, tra i paesi dell'Unione Europea, l'Italia ha ricevuto il più
alto numero di questo tipo di richieste, riguardanti la barriere sui
servizi pubblici (in particolare 5 richieste di abbattimento, una di
restrizione degli scopi e una di chiarimento). Se poi consideriamo che
le controversie di questo tipo vengono risolte da un tribunale interno
(è un caso unico tra le organizzazioni internazionali), il Dispute
Settlement Body, che affida il giudizio gruppi di tre esperti nominati
dalle commissioni giudicanti, i panels, ci rendiamo anche conto della
quasi irreversibilità di questi accordi, e del loro schiacciante
potere.

Il quadro complessivo rischia di essere la trasformazione del
complesso dei bisogni e dei diritti in un enorme mercato, per di più
squilibrato: difficile affermare il contrario, di fronte a norme come
il single undertaking (gli accordi devono essere sottoscritti tutti
insieme, senza possibilità di rigettarne una parte: un capestro per le
nazioni più deboli, e non solo), o come la regola del fornitore
principale, secondo cui la nazione preminente nell'offerta di un
prodotto ha diritto, essa sola, a concessioni tariffarie da parte
dell'importatpre: (praticamente una legittimazione delle egemonie e
dei divari pre-esistenti).

5. I problemi e le sfide politiche.

Un problema di squilibrio, dunque. Ma non solo. C'è anche un problema
legato al mercato, all'idea che la libertà di concorrenza sia di per
sé una fonte di efficienza e di ricchezza.

Problemi legati all'equità della distribuzione, anche all'interno
degli stati: cosa che la gestione del mercato non basta, di per sé, ad
assicurare.

Problemi di genere, che si intrecciano agli altri problemi di equità:
laddove l'accesso a un servizio o bene fondamentale sarà una lotta, le
donne rischiano di essere due volte deprivate.

Problemi che riguardano il diritto del lavoro: minacciato dalla
inevitabile ricaduta delle privatizzazioni (una delle conseguenze
logiche dell' applicazione del GATS) e dalla necessità di abbassarne
il costo e di frantumarne i ritmi, per reggere la competitività.

Problemi di sovranità e democrazia: un accordo del genere, impedendo
ai governi di legiferare su aspetti fondamentali come salute, lavoro,
equità sociale e di genere, non svuota di senso le istituzioni
elettive e, quindi, la stessa capacità di esercitare i nostri diritti
di cittadinanza e la nostre scelte politiche? Il mondo complessivo che
questi accordi disegnano è in ultima analisi agghiacciante. L'economia
come strumento di egemonia e di dominio, affiancato a un controllo
militare interno ed esterno: un intero universo di diritti e di doveri
ridotto a un mercato di beni e servizi da scambiare tra pochi. Gli
accordi per la liberalizzazione dei servizi costituiscono una pietra
miliare dell'era dell'accesso, in cui lo status della persona non si
definisce più in base alla sua condizione giuridica, ma in base alla
sua possibilità di accedere a determinati servizi; e questa
possibilità dipende in misura rilevante dalla condizione economica,
nel momento in cui il libero mercato è l'unica forma di gestione e
offerta.

Tale processo di mercificazione è del resto più lontano nel tempo: in
quella che può giustamente essere definita come l'offensiva sociale
degli anni '90, l'ondata di privatizzazioni che si è abbattuta
sull'Europa ha creato molte condizioni di partenza: l'apertura ai
privati di settori strategici (acqua, energia, pensioni, servizi
postali e sanitari), l'introduzione dei nuovi standard di valutazione
efficientismi e produttivisti, improntati a alla stessa ideologia
aziendale che ha guidato la riorganizzazione e la svendita di interi
comparti pubblici. Il GATS costituirebbe l'ennesimo e definitivo
affondo, che sancirebbe l'irreversibilità e la dimensione di questi
mutamenti.

Ma servizi come quelli compresi nel GATS non possono essere valutati
solo in base alle scelte economiche. Per molti di questi servizi, un
accesso selettivo e non paritario costituisce anche un deficit di
efficienza, il che appare con particolare evidenza in rapporto ai
parametri di valutazione di servizi come la sanità o l'istruzione:
anche al più distratto dei cittadini pare riduttivo che la qualità di
un sistema scolastico o sanitario si valuti dal rapporto tra offerta e
domanda e che in un mercato libero, la competitività economica possa
corrispondere a quegli aspetti non aziendale di cura delle persone e
di attenzione specifica che sono richiesti da quel tipo di
prestazioni. Per altri settori il problema è più complesso; siamo
abituati da tempo a percepirli come merci, e non riusciamo
immediatamente a pensarne un altro utilizzo, una gestione alternativa.
L'acqua si compra in bottiglia; pure, appare abbastanza evidente che
essa è un bene fondamentale per la vita, ed è quindi ragionevole
sostenere che il suo utilizzo non debba essere sottoposto alle stesse
logiche che regolano la produzione e il consumo di una qualsiasi
bevanda gassata.

Il problema che si pone non è tanto quello di contestare una singola
applicazione della normativa, ma forse è quello di ripensare un
modello alternativo di gestione dell'economia: in cui la politica
segua le strade che danno risposte ai bisogni e ai diritti collettivi
(ciò che intendiamo come pubblico), e non sia una mera garanzia
economica e militare dei profitti di pochi (ciò che è assolutamente
privato).

È una nuova sfida che si apre alla politica: difendere ciò che,
diritto, è oggi minacciato, ma anche trovare delle nuove forme per una
gestione di questi diritti, che sappia tenere conto delle esigenze
sociali e uscire dal dogma - fallimentare, come abbiamo visto -
dell'equivalenza di libera concorrenza, efficienza e sviluppo. Una
nuova sfida che i movimenti sociali dovranno rilanciare con ancora più
forza: la prospettiva da cui guardare al vertice di Cancùn.

* Articolo pubblicato per Narcomafie





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<DIV><BR><BR><B><I>Antonella Mangia <antonellamangia@???></I></B> wrote:
<BLOCKQUOTE style="PADDING-LEFT: 5px; MARGIN-LEFT: 5px; BORDER-LEFT: #1010ff 2px solid">Data: Sun, 18 May 2003 00:30:15 +0200 (CEST)<BR>Da: Antonella Mangia <ANTONELLAMANGIA@???><BR>A: antonellamangia@???<BR><BR>
<DIV>17-18 MAGGIO 2003 GIORNATE NAZIONALI PER I BENI COMUNI E CONTRO LE<BR>PRIVATIZZAZIONI<BR>__________________________________________________________<BR><BR>100 PIAZZE CONTRO IL WTO!<BR><BR>Nel prossimo mese di settembre, a Cancun (Messico), l'Organizzazione<BR>Mondiale del Commercio (WTO) terrà il nuovo vertice. 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Vent'anni di "pensiero unico del mercato"<BR>li hanno trasformati in beni economici sottoposti alle leggi di<BR>mercato: dalle politiche di deregulation dei settori di pubblica<BR>utilità promosse dai vari Trattati comunitari (Maastricht, Amsterdam,<BR>Cardiff), alle normative nazionali (art.35 della Finanziaria 2002 in<BR>primis) in direzione della liberalizzazione dei servizi, fino<BR>all'avanzamento dei processi di privatizzazione portati avanti<BR>trasversalmente da Regioni ed enti locali.<BR><BR>Tutto questo va fermato. Come milioni di persone nel mondo, siamo<BR>permanentemente mobilitati per fermare la guerra infinita e per<BR>riaffermare i diritti dei popoli ad una vita dignitosa per tutti.<BR><BR>Allo stesso modo, come organizzazioni della società civile e dei<BR>lavoratori, reti ed associazioni, social forum e comitati popolari<BR>riuniti in Tavolo Nazionale, lanciamo una grande mobilitazione per<BR>fermare il WTO a Cancun e per contrastare nei territori le politiche<BR>di svendita dei beni collettivi.<BR><BR>Un altro mondo e un'altra Europa sono possibili solo a partire dalla<BR>non negoziabilità dei beni comuni e dei servizi pubblici, unica<BR>garanzia per la costruzione di una democrazia sostanziale, fondata su<BR>un nuovo concetto di economia pubblica, partecipata e solidale.<BR><BR>Per questo, tutti assieme, come prima tappa di questo percorso,<BR>promuoviamo LE GIORNATE NAZIONALI DEI BENI COMUNI E CONTRO LE<BR>PRIVATIZZAZIONI, così articolate :<BR>16 maggio: adesione alle iniziative in difesa della scuola pubblica,<BR>della ricerca e della formazione promosse dal cartello di reti contro<BR>la privatizzazione dell'istruzione;<BR>17-18 maggio: 100 PIAZZE CONTRO IL WTO, 100 PIAZZE CONTRO LE<BR>PRIVATIZZAZIONI! piazze tematiche, azioni dirette, momenti di<BR>approfondimento di comunicazione per riaffermare che I BENI COMUNI NON<BR>SONO MERCI MA DIRITTI DI TUTTI Consideriamo questa scadenza una prima<BR>importante tappa di un percorso che vedrà tutti impegnati nelle<BR>prossime mobilitazioni contro il G8 ad Evian (1-2-3 giugno), a Riva<BR>del Garda (TN) al vertice dei Ministri degli Esteri UE (4-5-6<BR>settembre) e per far fallire il round del Wto a Cancun (10-14<BR>settembre) TAVOLO NAZIONALE DEI SOCIAL FORUM "FERMIAMO IL WTO" ELENCO<BR>ADESIONI<BR>Reti nazionali:<BR>ACU (Associazione Consumatori Utenti), ARCI, ASCI (Associazione di<BR>Solidarietà per la Campagna Italiana), Ass. PUNTO ROSSO, ATTAC,<BR>CONSORZIO CTM ALTROMERCATO, CONFEDERAZIONE COBAS, COBAS SANITA', COBAS<BR>SCUOLA, CRIC, CUB, FIOM, FORO CONTADINO/ALTRAGRICOLTURA, FORUM<BR>AMBIENTALISTA, FORUM DEL TEATRO, GIOVANI COMUNISTI, LEGAMBIENTE, LILA<BR>CEDIUS, LUNARIA, MARCIA MONDIALE DELLE DONNE, MEDICINA DEMOCRATICA,<BR>MEDITERRANEAN WOMEN JOURNALIST NETWORK, S.IN.COBAS, PRC, PROUTIST<BR>UNIVERSAL, TRANSFORM, UNIONE INQUILINI, UDU/UDS, , Reti, associazioni<BR>e comitati territoriali : ACEA ONLUS Milano, ASSOCIAZIONE MEDITERRANEA<BR>Roma, ASS. SENZA FRONTIERE Vittorio Veneto, ATTAC Brescia, ATTAC<BR>Chiantivaldelsa, ATTAC Milano, ATTAC Sarno, ATTAC Trento, ATTAC<BR>Villacidro, BOTTEGA DEL MONDO "KEITA" Pesaro, BRESCIA SOCIAL FORUM,<BR>COOP.SOCIALE MONDO SOLIDALE Marche, COORD. COMITATI POPOLARI LIGURI E<BR>TOSCANI PER LA DIFESA DELL'AMBIENTE, COORD. PROV. S.IN.COBAS Ancona,<BR>COORD. STUDENTI MEDI ANTIFASCISTI UDS Bari, GRUPPO CONSILIARE MIRACOLO<BR>A MILANO, FIRENZE SOCIAL FORUM, FORUM DIFESA SALUTE Milano e<BR>Lombardia, FORUM SOCIALE DEL PONENTE GENOVESE, GIOVANI COMUNISTI<BR>Certaldo, GIOVANI COMUNISTI Trento, MAREMMA SOCIAL FORUM Grosseto, PRC<BR>Certaldo, PROTEO FARESAPERE Roma, PUNTO ROSSO Jesi, RETE CONTRO G8 PER<BR>LA GLOBALIZZAZIONE DEI DIRITTI Genova, TAVOLO LIVORNESE CONTRO LE<BR>PRIVATIZZAZIONI E IL WTO, TAVOLO MARCHIGIANO FERMIAMO IL WTO, VALDARNO<BR>SOCIAL FORUM Tutte le iniziative e le mobilitazioni su:<BR><A href="http://www.geocities.com/fermiamoilwto" target=_blank>http://www.geocities.com/fermiamoilwto</A><BR><A href="http://www.campagnawto.org/" target=_blank><FONT color=#0000ff>http://www.campagnawto.org</FONT></A><BR><BR>_____________________________<BR>1 - Verso Cancun, nuove sfide per i movimenti mondiali<BR>__________________________________________________________<BR><BR>di Valentina Fulginiti (ATTAC Bologna, Consiglio nazionale e<BR>coordinatrice della campagna Gats)*<BR><BR>Il neoliberismo tra sonno e dormiveglia Anno 2050, quartiere ricco di<BR>metropoli europea o nordamericana.<BR><BR>Proviamo a seguire la giornata immaginaria della nostra famiglia tipo.<BR>La nostra bambina tipo, di 8 anni, si avvia verso la scuola sul suo<BR>pulmino fiammante (gentile omaggio di un'impresa che produce<BR>automobili, audiovisivi e software); entra in un corridoio affollato<BR>di cartelloni pubblicitari e consuma così la colazione gentilmente<BR>offerta dalla compagnia leader nel settore delle bibite gassate,<BR>leggendo nel frattempo il programma delle lezioni, stampato sul<BR>vassoio a fianco di alcune informazioni su una corretta alimentazione.<BR><BR>Nel frattempo sua nonna si reca, con le carte di credito ben nascoste,<BR>presso un ospedale privato per fare le analisi del sangue;<BR>sull'ingresso la colpiscono le pubblicità turistiche con villaggi<BR>appositi per gli anziani convalescenti: il tutto fa parte del<BR>programma pensionistico di una nuova assicurazione sanitaria che<BR>assicura "Leisure, safety and health" a tutti gli abbonati.<BR><BR>Alla fontana del giardino, la nonna assetata può scegliere tra tre<BR>rubinetti colorati (che ricordano vagamente quelli dei vecchi pub):<BR>acqua gassata, naturale o thé freddo deteinato, ciascuno gentilmente<BR>offerto da un diverso ramo del comparto alimentare della<BR>multinazionale che controlla l' ospedale.<BR><BR>Sembra fantascienza, e per il momento è solo un esercizio di<BR>scrittura, ma questo incubo potrebbe diventare realtà. Ospedali<BR>mercificati, rubinetti di acqua con i loghi più o meno noti di colossi<BR>dell'economia mondiale, libri di testo con i marchi delle<BR>multinazionali stanno diventando i simboli ricorrenti delle campagne<BR>che denunciano i rischi delle politiche neoliberiste, della<BR>mercificazione portata in atto da governi nazionali e sopranazionali,<BR>dalla politica sconsiderata dell' Organizzazione Mondiale del<BR>Commercio (OMC, o in inglese WTO). In alcune realtà, del resto, si<BR>trovano scenari che già adesso evocano la mercificazione totale: la<BR>giornata della piccola Kitty non è in fondo molto diversa dalla<BR>giornata di bambini statunitensi che ricevono quotidianamente sussidi<BR>didattici, sponsor, lezioni, o pasti da aziende come Minute Maid,<BR>Proctor & Gamble, Mc Donalds, Kellogg's e tante altre.[i]<BR><BR>Il nostro mondo è veramente sottoposto a una minaccia di queste<BR>dimensioni o si tratta di esagerazioni di anti - globalizzatori<BR>catastrofici e arretrati? Che proporzioni assumerà questa minaccia, e<BR>quanto modificherà le nostre abitudini correnti? A queste domande<BR>proveremo a dare risposta nel corso di un breve excursus sulla nascita<BR>del WTO, sugli accordi attualmente in fase di negoziato, per<BR>comprendere meglio le prospettive con cui guardiamo alla prossima<BR>Conferenza Ministeriale del WTO, che si terrà a Cancùn il prossimo<BR>settembre.<BR><BR>Il mondo che ci stanno preparando<BR><BR>1. Il WTO: la nascita<BR><BR>Nata nel 1995 nel corso dell'Uruguay Round, l'Organizzazione Mondiale<BR>del Commercio (WTO) sembra sorgere dal nulla. In realtà, il WTO ha<BR>alle spalle, lontanissime nel tempo, le ceneri di un precedente<BR>progetto, l'ITO o International Trade Organization, parte del progetto<BR>di governance globale partorito negli accordi di Bretton Woods, e che<BR>si inscriveva nell'ideale di un mondo governato da regole comuni. Di<BR>fatto, l'ITO rimane inattivo, a differenza delle sorelle WB e IMF<BR>(Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale) poiché inadeguato<BR>alla necessità statunitense di garantire uno sbocco commerciale alla<BR>propria sovrapproduzione industriale. A tale scopo risulta più<BR>adeguato il GATT, trattato di liberalizzazione che coinvolge solo 23<BR>paesi: se non la madre, è la cugina più prossima del WTO.<BR><BR>La nascita del WTO nel 1995 deve quindi far pensare a una fase e a una<BR>volontà politica nuove rispetto a quel primo progetto. Le regole<BR>comuni che si vogliono ora imporre si inseriscono in un divario sempre<BR>crescente e ormai incalcolabile tra nord e sud del mondo; e<BR>corrispondono a una mutata funzione degli stati: non più gestori<BR>politici di un'economia che almeno formalmente deve rispondere alle<BR>sfide economiche e sociali, ma garanti e gestori della sicurezza e dei<BR>profitti dei privati, sempre più enormi e concentrati nelle mani dei<BR>pochi attori egemoni sul mercato internazionale.<BR><BR>2. Gli obiettivi<BR><BR>Il WTO nasce con l'obiettivo di estendere al mercato mondiale le<BR>regole della libera concorrenza, nell'ottica che la liberalizzazione<BR>economica aumenti il tenore di vita e favorisca lo sviluppo. Per<BR>risolvere i problemi, si tratta solo di aumentare la trasparenza e<BR>l'equità di condizioni di tutti gli attori sulla scena del commercio<BR>globale, e di abbattere gli squilibri innaturali, le discriminazioni<BR>nella concorrenza, i protezionismi: una logica che, malgrado la sua<BR>apparente ragionevolezza, appare passibile di numerose critiche e<BR>suscettibile di riforme.<BR><BR>L'applicazione di questa libera concorrenza sembra ridurre l'intero<BR>mondo a un mercato, a maggior ragione in assenza di politiche e scelte<BR>sociali. Non esiste alcun contraltare che salvaguardi gli interessi<BR>non direttamente legati all'economia (che, in realtà, sembrano<BR>identificarsi con i poteri economicamente forti). E la normativa GATT<BR>già vigente, che applica la libera concorrenza alle politiche<BR>industriali e agricole, ne fornisce una prova. Ricordiamo tutti le<BR>vere e proprie guerre commerciali tra USA e UE , tra cui è<BR>particolarmente famosa quella provocata dal rifiuto europeo a<BR>importare senza alcuna dicitura speciale carne contenente ormoni -<BR>tale rifiuto, più rigoroso del necessario, è all'origine di sanzioni e<BR>dazi che colpiscono alcuni prodotti europei. Un altro esempio, ben più<BR>drammatico e scottante, è il fenomeno del dumping, la vera concorrenza<BR>sleale esercitata a danno delle agricolture del terzo Mondo: la<BR>riduzione delle tariffe, non viene applicata nella stessa misura da<BR>tutti i paesi, e le economie del Terzo mondo si trovano a competere<BR>con esportazioni europee rese possibili da 250 miliardi di dollari di<BR>sussidi ogni anno.<BR><BR>Il complesso di meccanismi e regole già applicato al mercato dei<BR>beni,dal 1995 a oggi va estendendosi a una sfera sempre più vasta.<BR>Oggi sono stati affrontati con la stessa prospettiva temi come<BR>brevetti farmaceutici e agricoli, le politiche agro-alimentari e il<BR>commercio dei servizi nel loro complesso (160 quelli già inseriti nei<BR>negoziati, tra cui acqua, istruzione, ambiente, sanità, trasporti);<BR>altri settori sono stati individuati per i negoziati futuri.<BR><BR>3. Verso l'espansione selvaggia.<BR><BR>Si apre così la nuova fase del neoliberismo mondiale, lungamente<BR>preparata dalle svolte neoliberiste degli anni '80: il mercato globale<BR>si deve estendere alle nuove fonti che, più redditizie della<BR>produzione agricola e industriale, e soprattutto non ancora<BR>controllate, offrono la possibilità di cristallizzare un immenso<BR>guadagno e un immenso divario. Liberalizzare i servizi significa<BR>infatti mettere le mani su settori fondamentali, su mercati enormi e<BR>soprattutto garantiti. A tal proposito, questo il parere ufficiale del<BR>Commissario Europeo al Commercio, Pascal Lamy: "I servizi giocano un<BR>ruolo sempre più importante nell'economia globale, ma questa posizione<BR>forte e crescente non è ancora riflessa nella composizione del<BR>commercio mondiale. Diverse barriere all'accesso continuano a<BR>ostacolare il commercio dei servizi e agiscono come un freno sulla<BR>crescita economica. Teoricamente, in ogni paese l'andamento del<BR>settore dei servizi può fare la differenza tra una crescita cospicua e<BR>rapida, poiché i servizi costituiscono uno stimolo essenziale per la<BR>produzione di beni e di altri servizi. Essi comprendono una vasta e<BR>diversificata gamma di attività economiche e sono a fondamento delle<BR>economie dei paesi sviluppati, e anche di molti paesi in via di<BR>sviluppo. L'accesso a servizi di alta qualità, in particolare quelli<BR>legati alle infrastrutture come le telecomunicazioni, i trasporti e i<BR>servizi finanziari, reca vantaggio all'intera economia, aumentando la<BR>produttività nei diversi settori ed è cruciale per lo sviluppo<BR>economico." (Dati estrapolati da Captive Kids. A report on corporate<BR>takeover of schools, in www.corpowatch.org, a cura del Corporate Watch<BR>Institute)<BR><BR>I vertici che hanno segnato la progressiva apertura del mercato di<BR>servizi sono le Conferenza Ministeriali di Seattle del 1999 , e Doha<BR>del novembre 2001, accompagnati da un crescente movimento di pressione<BR>dell'opinione pubblica, allarmata dalle possibili conseguenze di una<BR>liberalizzazione selvaggia. Grazie alle contestazioni il vertice di<BR>Seattle si è chiuso senza l'apertura di un novo round di negoziati (il<BR>tanto enfatizzato Millennium Round); ma a Doha, nel Qatar, lontano<BR>dalle proteste, gli stati aderenti non hanno perso tempo.<BR><BR>I principali imputati sono gli accordi sul copyright, racchiusi nel<BR>famigerato TRIPS (uno dei temi centrali sul piatto a Doha), e<BR>l'Accordo GATS, di cui ci occuperemo in dettaglio.<BR><BR>4. L'Accordo Generale sul Commercio dei Servizi: struttura e regole<BR>fondamentali.<BR><BR>Il nome GATS, che è la sigla di General Agreement for Trade of<BR>Services, mette un po' di spavento a chi ignora l'inglese e<BR>l'economia. I primi paragrafi, a leggerli, descrivono il paese<BR>dell'utopia e della meraviglia, in cui altissimi standard di qualità,<BR>libertà di scelta, equità sociale e immensi profitti sono obiettivi<BR>correlati l'uno all'altro, non solo compatibili, ma addirittura<BR>reciprocamente indispensabili.<BR><BR>Il funzionamento di questo accordo è regolato da alcune norme<BR>abbastanza semplici. I principi di funzionamento costituiscono quella<BR>cornice legale rigida che fa da sfondo alle singole trattative: i<BR>principi generali e gli obiettivi dell'accordo, la definizione di ciò<BR>che in ambito WTO si intende per servizio, le regole di applicazione,<BR>che precedono i risultati delle trattative (in pratica si tratta<BR>dell'elenco dei settori che gli stati avranno deciso di liberalizzare,<BR>e che sarà ultimato solo nel 2005, alla scadenza definitiva del<BR>Round).<BR><BR>I servizi liberalizzabili sul mercato mondiale sono dunque raccolti<BR>attraverso quattro modalità: [1] fornitura oltre i confini (l'azienda<BR>fornisce il servizio nel territorio di un altro paese); [2] consumo<BR>oltre il confine; [3] presenza commerciale, che include filiali,<BR>infrastrutture controllate e fornite dall'azienda, e, in pratica, gli<BR>investimenti; [4] spostamento di persone, quindi trasferimento i<BR>dipendenti o personale qualificato. Questa vastissima definizione di<BR>servizio commerciabile su base trans-nazionale comprende circa 160<BR>servizi, tra i quali rientrano le categorie dei servizi finanziari<BR>(con la possibilità, conseguente, di una liberalizzazione dei sistemi<BR>di previdenza) le risorse ambientali (quindi forniture idriche,<BR>energetiche); i trasporti; le telecomunicazioni; i servizi culturali;<BR>le produzioni di audiovisivi; i sistemi sanitari; la formazione<BR>secondaria e universitaria; i servizi alle imprese (ad esempio<BR>consulenze e collocamenti); i servizi postali; il settore turistico.<BR><BR>Praticamente, è incluso ogni tipo di servizio ad eccezione di<BR>magistratura, esercito e burocrazie statali.<BR><BR>A tutti questi settori vengono applicate le normative di libera<BR>concorrenza: ciò significa che ai governi sarà vietato di promulgare<BR>normative che abbiano come fine o come effetto quello di discriminare<BR>il libero accesso al commercio di un determinato servizio; le<BR>normative a tutela dell'ambiente, dei diritti dei lavoratori, dei<BR>consumatori, della trasparenza o dell'equità sociale non dovranno<BR>essere più rigorose del necessario.<BR><BR>Parliamo non solo dei governi e dei parlamenti nazionali o<BR>sopranazionali (regionali e continentali, ad esempio), ma anche, in<BR>direzione opposta, degli Enti locali, poiché il GATS si applica a<BR>tutti livelli compreso quelli comunali, provinciali e regionali.<BR><BR>Tradotto in pratica, potrebbe voler dire che se una piccola mensa<BR>biologica della scuola materna di un minuscolo comune si trovasse a<BR>competere con un colosso dell'alimentare, l'Ente potrebbe trovarsi<BR>impossibilitato a scegliere la cooperativa in base alla troppo<BR>rigorosa volontà di salvaguardare la salute e la corretta educazione<BR>alimentare dei suoi piccoli cittadini. La multinazionale sarebbe messa<BR>sullo stesso piano della piccola mensa, in una competizione basata<BR>esclusivamente su criteri economici; tuttavia, secondo i fautori del<BR>GATS, la qualità e l'efficienza del servizio sarebbero premiate<BR>proprio grazie al naturale meccanismo della competizione economica.<BR><BR>Esaminiamo ora alcuni dei principi fondamentali che dovrebbero<BR>garantire questa assenza di discriminazioni. Il principio della<BR>nazione più favorita stabilisce che le concessioni applicate da un<BR>paese membro a un altro vengano automaticamente estese a tutti gli<BR>altri, impedendo il formarsi di rapporti commerciali privilegiati. Il<BR>principio del trattamento nazionale stabilisce che non vi possano<BR>essere discriminazioni a favore delle propria industria o fornitura<BR>nazionale: se il settore è liberalizzato, l'azienda di Stato deve<BR>competere con i fornitori provati esteri, in ogni caso.<BR><BR>Tali regole permettono alcune eccezioni, che però espongono alla<BR>possibilità di subire ritorsioni, richieste di apertura e citazione da<BR>parte di altri stati, le cui aziende hanno interesse a espandersi: già<BR>adesso, tra i paesi dell'Unione Europea, l'Italia ha ricevuto il più<BR>alto numero di questo tipo di richieste, riguardanti la barriere sui<BR>servizi pubblici (in particolare 5 richieste di abbattimento, una di<BR>restrizione degli scopi e una di chiarimento). Se poi consideriamo che<BR>le controversie di questo tipo vengono risolte da un tribunale interno<BR>(è un caso unico tra le organizzazioni internazionali), il Dispute<BR>Settlement Body, che affida il giudizio gruppi di tre esperti nominati<BR>dalle commissioni giudicanti, i panels, ci rendiamo anche conto della<BR>quasi irreversibilità di questi accordi, e del loro schiacciante<BR>potere.<BR><BR>Il quadro complessivo rischia di essere la trasformazione del<BR>complesso dei bisogni e dei diritti in un enorme mercato, per di più<BR>squilibrato: difficile affermare il contrario, di fronte a norme come<BR>il single undertaking (gli accordi devono essere sottoscritti tutti<BR>insieme, senza possibilità di rigettarne una parte: un capestro per le<BR>nazioni più deboli, e non solo), o come la regola del fornitore<BR>principale, secondo cui la nazione preminente nell'offerta di un<BR>prodotto ha diritto, essa sola, a concessioni tariffarie da parte<BR>dell'importatpre: (praticamente una legittimazione delle egemonie e<BR>dei divari pre-esistenti).<BR><BR>5. I problemi e le sfide politiche.<BR><BR>Un problema di squilibrio, dunque. Ma non solo. C'è anche un problema<BR>legato al mercato, all'idea che la libertà di concorrenza sia di per<BR>sé una fonte di efficienza e di ricchezza.<BR><BR>Problemi legati all'equità della distribuzione, anche all'interno<BR>degli stati: cosa che la gestione del mercato non basta, di per sé, ad<BR>assicurare.<BR><BR>Problemi di genere, che si intrecciano agli altri problemi di equità:<BR>laddove l'accesso a un servizio o bene fondamentale sarà una lotta, le<BR>donne rischiano di essere due volte deprivate.<BR><BR>Problemi che riguardano il diritto del lavoro: minacciato dalla<BR>inevitabile ricaduta delle privatizzazioni (una delle conseguenze<BR>logiche dell' applicazione del GATS) e dalla necessità di abbassarne<BR>il costo e di frantumarne i ritmi, per reggere la competitività.<BR><BR>Problemi di sovranità e democrazia: un accordo del genere, impedendo<BR>ai governi di legiferare su aspetti fondamentali come salute, lavoro,<BR>equità sociale e di genere, non svuota di senso le istituzioni<BR>elettive e, quindi, la stessa capacità di esercitare i nostri diritti<BR>di cittadinanza e la nostre scelte politiche? Il mondo complessivo che<BR>questi accordi disegnano è in ultima analisi agghiacciante. L'economia<BR>come strumento di egemonia e di dominio, affiancato a un controllo<BR>militare interno ed esterno: un intero universo di diritti e di doveri<BR>ridotto a un mercato di beni e servizi da scambiare tra pochi. Gli<BR>accordi per la liberalizzazione dei servizi costituiscono una pietra<BR>miliare dell'era dell'accesso, in cui lo status della persona non si<BR>definisce più in base alla sua condizione giuridica, ma in base alla<BR>sua possibilità di accedere a determinati servizi; e questa<BR>possibilità dipende in misura rilevante dalla condizione economica,<BR>nel momento in cui il libero mercato è l'unica forma di gestione e<BR>offerta.<BR><BR>Tale processo di mercificazione è del resto più lontano nel tempo: in<BR>quella che può giustamente essere definita come l'offensiva sociale<BR>degli anni '90, l'ondata di privatizzazioni che si è abbattuta<BR>sull'Europa ha creato molte condizioni di partenza: l'apertura ai<BR>privati di settori strategici (acqua, energia, pensioni, servizi<BR>postali e sanitari), l'introduzione dei nuovi standard di valutazione<BR>efficientismi e produttivisti, improntati a alla stessa ideologia<BR>aziendale che ha guidato la riorganizzazione e la svendita di interi<BR>comparti pubblici. Il GATS costituirebbe l'ennesimo e definitivo<BR>affondo, che sancirebbe l'irreversibilità e la dimensione di questi<BR>mutamenti.<BR><BR>Ma servizi come quelli compresi nel GATS non possono essere valutati<BR>solo in base alle scelte economiche. Per molti di questi servizi, un<BR>accesso selettivo e non paritario costituisce anche un deficit di<BR>efficienza, il che appare con particolare evidenza in rapporto ai<BR>parametri di valutazione di servizi come la sanità o l'istruzione:<BR>anche al più distratto dei cittadini pare riduttivo che la qualità di<BR>un sistema scolastico o sanitario si valuti dal rapporto tra offerta e<BR>domanda e che in un mercato libero, la competitività economica possa<BR>corrispondere a quegli aspetti non aziendale di cura delle persone e<BR>di attenzione specifica che sono richiesti da quel tipo di<BR>prestazioni. Per altri settori il problema è più complesso; siamo<BR>abituati da tempo a percepirli come merci, e non riusciamo<BR>immediatamente a pensarne un altro utilizzo, una gestione alternativa.<BR>L'acqua si compra in bottiglia; pure, appare abbastanza evidente che<BR>essa è un bene fondamentale per la vita, ed è quindi ragionevole<BR>sostenere che il suo utilizzo non debba essere sottoposto alle stesse<BR>logiche che regolano la produzione e il consumo di una qualsiasi<BR>bevanda gassata.<BR><BR>Il problema che si pone non è tanto quello di contestare una singola<BR>applicazione della normativa, ma forse è quello di ripensare un<BR>modello alternativo di gestione dell'economia: in cui la politica<BR>segua le strade che danno risposte ai bisogni e ai diritti collettivi<BR>(ciò che intendiamo come pubblico), e non sia una mera garanzia<BR>economica e militare dei profitti di pochi (ciò che è assolutamente<BR>privato).<BR><BR>È una nuova sfida che si apre alla politica: difendere ciò che,<BR>diritto, è oggi minacciato, ma anche trovare delle nuove forme per una<BR>gestione di questi diritti, che sappia tenere conto delle esigenze<BR>sociali e uscire dal dogma - fallimentare, come abbiamo visto -<BR>dell'equivalenza di libera concorrenza, efficienza e sviluppo. Una<BR>nuova sfida che i movimenti sociali dovranno rilanciare con ancora più<BR>forza: la prospettiva da cui guardare al vertice di Cancùn.<BR><BR>* Articolo pubblicato per Narcomafie<BR><BR></DIV>
<P><BR>
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