> > Referendum, felix culpa
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> Intervista al giuslavorista Piergiovanni Alleva. Che spiega perché il
> fererendum per l'estensione dell'articolo 18 serve ad allargare i diritti a > tutti quelli che non ce l'hanno e non è in contraddizione - anzi - con le
> proposte di legge della Cgil. Ed è un freno per il progressivo
> smantellamento dello Statuto dei lavoratori perseguito dal governo e dalla
> Confindustria
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> MANUELA CARTOSIO - il manifesto 1 maggio 2003
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> "Il sì al referendum sull'articolo 18 non esclude, anzi rafforza,
> l'estensione dei diritti per via legislativa". Lo sostiene il giuslavorista > Piergiovanni Alleva che ha collaborato alla stesura delle proposte di legge > della Cgil.
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> Perché sbaglia chi oppone il referendum alle leggi?
> Chi predica l'astensione o la libertà di voto trascura il fatto
> fondamentale: l'articolo 18 in questo momento è di nuovo sotto il pesante
> attacco di governo e Confindustria anche per chi ce l'ha, per chi lavora in > aziende con più di 15 dipendenti. Nella legge 30 sul mercato del lavoro, già > approvata, l'attacco è indiretto. Con la modifica delle norme sul
> trasferimento dei rami d'impresa e l'introduzione dello staff leasing sarà
> facile per le aziende non superare formalmente la fatidica soglia e, quindi, > eludere l'articolo 18. L'attacco è diretto nella delega 848 bis, ancora in
> itinere. Nell'interpretazione più blanda, questa sospende la giusta causa
> nelle aziende che crescono oltre i 15 dipendenti. La vittoria del sì il 15
> giugno sventa entrambi gli attacchi. L'abolizione della soglia, infatti,
> rende inutile gran parte della legge 30, ne frustra lo scopo. Se l'articolo > 18 vale per tutti, frazionare artificiosamente un'azienda è un buco
> nell'acqua. Nello stesso tempo, la vittoria del
>
> sì rende illigittima l'ipotetica traduzione in legge dell'848 bis. Il
> parlamento, infatti, non potrebbe approvare una legge che ripristina la
> soglia appena cancellata dal referendum.
>
> L'impossibilità è certa?
> E' di questo avviso la miglior dottrina costituzionalista. L'articolo 37
> della legge che regola l'istituto del referendum prevede che il presidente
> della Repubblica possa ritardare la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale
> del risultato positivo della consultazione per permettere al parlamento di
> "aggiustare" la normativa vigente. E' pacifico che l'aggiustamento deve
> rispettare l'esito del referendum. Di qui la certezza: se il 15 giugno la
> soglia dei 15 dipendenti sarà abrogata, il parlamento non potrà
> ripristinarla.
>
> Dunque, chi annuncia futuri referendum per abrogare la legge 30 e quella che > recepirà l'848 bis non si accorge, o finge di non accorgersi, che il
> referendum c'è già.
> E' proprio così. La legge 30 e l'848 bis valgono come giustificazione a
> posteriori del quesito referendario. Ammesso e non concesso sia stato un
> errore proporlo, si è rivelata una felix culpa. Posso capire le iniziali
> riluttanze verso lo strumento referendario. Lo scenario però è cambiato
> perché il governo ha servito la palla ai promotori del referendum.
> Nato in maniera discutibile, il referendum che estende e nello stesso tempo > difende la giusta causa in caso di licenziamento è diventato lo strumento
> per respingere immediatamente l'attacco di governo e Confindustria. Non
> cogliere l'occasione è a dir poco miope.
>
> Il partito antireferendum sostiene che si è data troppa importanza a un
> articolo "usato" raramente. In effetti, i licenziamenti illegittimi che
> arrivano a sentenza sono poche centinaia all'anno.
> L'articolo 18, oltre a un grande valore restitutivo, ha un enorme valore
> preventivo e deterrente. E' definito il diritto dei diritti perché è
> l'architrave che permette al lavoratore di non subire ricatti. Per questo
> Confindustria vuole restringerlo. Senza lo scudo protettivo dell'articolo
> 18, quante sarebbero le cause per mobbing, per essere riconosciuti come
> dipendenti, per avere gli straordinari in busta paga? Pochissime e lo so
> perché da 32 anni faccio l'avvocato del lavoro. Persino il tasso di
> sindacalizzazione - la differenza tra aziende sotto e sopra i 15 addetti è
> di 1 a 5 - dipende dall'articolo 18. In questo senso, un sindacato che non
> si schiera per il sì al referendum si dà una zappata sui piedi.
>
> L'altra obiezione mossa al referendum è che l'estensione dell'articolo 18
> dello Statuto lascerebbe comunque scoperti i lavoratori atipici.
> L'obiezione è per metà stupida. Una buona metà dei Co.co.co sono falsi
> atipici. La vittoria dei sì permetterà anche a quelli che lavorano nelle
> piccole aziende di fare causa per essere riconosciuti come dipendenti a
> tutti gli effetti. Per i Co.co.co veri, ci vuole una legge. Questo è un
> limite del referendum, non una ragione per farlo fallire. La vittoria del sì > agevolerà, per quanto è possibile con questa maggioranza di destra, leggi
> come quelle proposte dalla Cgil. La vittoria del no, invece, le terrà chiuse > nel cassetto. Per questo, insisto, non c'è contraddizione tra referendum e
> leggi.
>
> Come giudica i progetti di legge, come quello Treu-Ichino, che sostituiscono > il reintegro del lavoratore licenziato senza giusta causa con un indennizzo? > Sono contrario alla monetizzazione come alternativa secca al reintegro. Se
> ne può discutere, ma solo in determinati casi e a certe condizioni. Ad
> esempio, in una piccola impresa dove i rapporti tra titolare e dipendente
> sono gomito a gomito il reintegro può risultare difficile e, al limite, non > desiderato neppure dal lavoratore. In questa situazione, è plausibile
> pensare a un indennizzo, a condizione che il datore di lavoro rinunci ad
> appellarsi contro la sentenza a lui avversa. L'indennizzo, inoltre, per
> funzionare come deterrente deve essere pesante. E deve essere modulato, non > forfettario. Perdere il lavoro per un operaio di 30 anni di Reggio Emilia
> costituisce un danno diverso che per una commessa quarantenne di Foggia.
> Occorre poi distinguere tra licenziamenti per ragioni economiche e per
> ragioni disciplinari. Per il giudice in genere è difficile valutare la
> fondatezza delle prime. La proposta di legge della Cgil che estende gli
> ammortizzatori sociali alle piccole imprese può essere d'aiuto. Rende
> obbligatorio il ricorso preventivo alla cassa integrazione e ai contratti di > solidarietà. Solo dopo un licenziamento per ragioni economiche può essere
> giustificato
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