Autor: clochard Data: Asunto: [Cerchio] Iraq, la guerra segreta degli agenti del Sismi
Per ventidue giorni sono state compiute operazioni
di intelligence. In coordinamento col Comando alleato
Iraq, la guerra segreta
degli agenti del Sismi
Così 007 italiani, in missione nel paese di Saddam,
hanno aiutato sul campo l'esercito americano
di CARLO BONINI La Repubblica
In Iraq, l'Italia ha combattuto la sua guerra. Per ventidue giorni,
infiltrati nelle aree metropolitane di Bassora, Bagdad e Kirkuk, una ventina
di uomini del Sismi, il nostro servizio segreto militare, hanno condotto
operazioni coperte di intelligence in appoggio alle forze militari
anglo-americane. Qualificate fonti italiane e statunitensi spiegano a
Repubblica che si è trattato di "attività sul terreno". Di "ricognizione e
individuazione di obiettivi militari", di "ricerca e localizzazione" dei
dignitari del regime e di "anti terrorismo" su singoli sospettati.
Alle operazioni, coordinate con il Comando alleato (cui per settimane,
attraverso l'ambasciata Usa di Roma, è stato girato l'intero flusso di
informazioni raccolte dagli uomini del servizio), hanno partecipato tre
divisioni del Sismi (intelligence militare, operazioni e antiterrorismo) e
una rete di "fonti dirette" che si è andata infittendo nelle settimane
precedenti il conflitto. Con il "reclutamento" di alti ufficiali
dell'esercito iracheno e del partito Baath, persuasi dal Sismi alla
"diserzione".
Le cose - per come Repubblica ha appreso ed è stata in grado di verificare -
possono essere raccontate così.
Il 16 aprile, l'arresto in una Bagdad liberata di Abu Abbas, l'uomo del
Terrore nei giorni dell'Achille Lauro, mette a rumore l'Italia. Il direttore
del Sismi, Nicolò Pollari, viene ascoltato dal Comitato parlamentare di
controllo sui servizi segreti. Annota l'Ansa: "Gli 007 italiani iperattivi
nello scenario iracheno. Sapevano della presenza di Abu Abbas. Hanno
lavorato alacremente prima del conflitto in contatto con i servizi dei paesi
alleati e stanno preparando la strada al contingente italiano in partenza
per l'Iraq.
Il Presidente del comitato di controllo parlamentare sui servizi segreti,
Enzo Bianco, dichiara: "Ora che la cattura del terrorista è avvenuta, posso
dire che Pollari ci aveva correttamente informato in una precedente
audizione che Abbas presumibilmente si trovava a Bagdad"".
Il filo che Pollari tira di fronte alla commissione parlamentare e che porta
ad Abbas ha dunque poco di casuale. E comprensibilmente generico è il
contesto in cui viene svelato. Il direttore del Sismi ha informazioni buone
perché il Sismi è in Iraq da almeno quattro mesi. Perché la "guerra" del
nostro servizio segreto militare è in realtà cominciata nelle ultime
settimane del dicembre scorso.
In quei giorni, nonostante il mondo guardi ancora a Blix e al Consiglio di
Sicurezza dell'Onu come possibile argine al conflitto, la macchina bellica
anglo-americana ha già raggiunto nel Golfo Persico un grado di mobilitazione
prossimo alla "prontezza". Saddam Hussein è già affare dei generali. I Paesi
della "coalizione" che pure non invieranno fanti, aerei o navi, e dunque
anche l'Italia, vengono chiamati ad uno sforzo logistico, militare e
informativo.
Il 17 gennaio, il capo di stato maggiore della difesa statunitense, il
generale Richard B. Myers, è a Roma. Incontra il ministro della difesa
Antonio Martino e, con lui, il capo di stato maggiore della difesa italiano
Rolando Mosca Moschini, il generale Filiberto Cecchi, capo del Comando
operativo di vertice interforze, la struttura che coordina le missioni
militari degli italiani all'estero. I piani operativi del Pentagono
prevedono che le attività belliche sul terreno siano "orientate" delle
informazioni che le intelligence militari di tutti i paesi della
"coalizione" saranno in grado di rubare in Iraq, oltre la linea del fronte.
Informazioni che verranno raccolte dal Comando unificato anglo-americano in
tempo reale, incrociate, elaborate e quindi trasformate in istruzioni alle
unità combattenti.
L'idea è a suo modo semplice. Illuminare, per tempo e dall'interno del
Paese, gli obiettivi, le mosse a sorpresa di un nemico di cui si ignora
l'esatta dislocazione delle forze militari e che ha scelto di confondere le
proprie armi e le proprie milizie tra la popolazione civile.
In Iraq, l'Italia ha una sua "tradizione informativa" risalente nel tempo.
Bagdad è piazza tutt'altro che sconosciuta al nostro controspionaggio
militare. Come Bassora, nel sud del Paese, dove nessuna mossa del regime
sfugge al silenzioso network informativo sciita, sulle cui fonti i nostri
servizi sanno di poter contare. Nicolò Pollari, direttore del Sismi, ottiene
dunque il via libera dal governo e avvia in Iraq la più imponente operazione
di intelligence e coinvolgimento militare sul terreno che il servizio abbia
conosciuto nella sua storia recente.
Le "coperture" con cui tra la fine di gennaio e febbraio gli uomini del
Sismi entrano in Iraq sono le più diverse. Per dirla con una fonte
qualificata interpellata da Repubblica, sono "coperture che hanno richiesto
uno sforzo di fantasia". Perché Bagdad, ormai, diffida di tutto e tutti.
Ciascuna unità ignora dunque l'identità e il lavoro affidato alle altre.
Nelle zone di Kirkuk (a nord), Bagdad (al centro) e Bassora (a sud), a
ciascuna unità è ritagliato un fazzoletto di territorio iracheno e il
rapporto esclusivo con "fonti dirette" che presto si dimostrano di una certa
generosità.
Racconta una fonte militare: "Abbiamo vinto questa guerra prima ancora che
venisse sparato un solo colpo. Quando abbiamo cominciato ad avvicinare
generali e alti ufficiali dell'esercito regolare, e con loro funzionari del
Baath, per invitarli alla diserzione, ci siamo trovati di fronte uomini
disperati. Pronti a barattare il loro patrimonio di informazioni in cambio
della promessa di una sopravvivenza fisica e in qualche caso politica nel
dopoguerra".
La rapidità con cui il Sismi penetra la struttura militare irachena e il suo
partito Stato, la qualità delle informazioni che ne ottiene, sorprendono gli
stessi americani. Allo scoppio della guerra, il nostro servizio segreto
militare è in grado di comunicare in tempo reale informazioni che diventano
decisive nel teatro delle operazioni.
Accade subito. Il 20 marzo. Alle 5.35 del mattino, Bagdad è stata investita
dal raid aereo che segna l'inizio della guerra. Sul reticolo della capitale
irachena sono piovute bombe di precisione e missili Tomahawk lanciati da
incrociatori e sottomarini Usa al largo del Mar Rosso e del Golfo Persico.
Il Comando alleato immagina una reazione irachena ed è il Sismi a indicarne
luogo, tempo e modalità. Il nostro servizio segnala l'attivazione di
batterie missilistiche irachene nell'area di Bassora. Informa dell'ordine di
lancio e dell'obiettivo: Kuwait City. La controffensiva irachena è spenta
dalle forze anglo-americane all'origine. Non un missile raggiungerà i suoi
bersagli.
A contatto con il terreno, le "fonti" e gli occhi del Sismi fanno per una
volta il lavoro delle altre intelligence alleate, inglese, americana. Vedono
quello che le colonne corazzate non riescono a vedere. Anche perché, lì dove
non arrivano le informazioni rubate agli stati maggiori iracheni, riesce ad
arrivare la rete informativa sciita di cui gli italiani sembrano aver
guadagnato la fiducia.
Il 4 aprile, in un sobborgo di Bassora, muore sepolto nella sua
villa-fortino "Alì il chimico", il paranoico generale cui Saddam ha
consegnato la resistenza di Bassora e dell'Iraq meridionale. Le informazioni
che guidano i caccia inglesi sono anche farina del sacco italiano. Per due
settimane, grazie agli sciiti, gli spostamenti di Alì vengono
quotidianamente individuati e comunicati al comando alleato. Fino alla fine.
La fonte militare sorride: "È stata una guerra di notizie. E questa volta
noi le avevamo. Buone. Perché c'eravamo. Notizie importanti, come quella che
ci assicurava che i ponti minati di Bagdad non sarebbero saltati. Ma anche
notizie minute, come la consistenza numerica delle colonne corazzate
irachene arretrate dal fronte di Kirkuk verso Bagdad. Molte di queste
notizie sono servite ieri. Altre serviranno domani".
Notizie - va aggiunto - che spiegano le ragioni della richiesta americana di
una prosecuzione dell'impegno militare italiano in Iraq e l'insistita
gratitudine al governo, manifestata privatamente e pubblicamente
dall'ambasciatore americano in Italia Mel Sembler.