[Cerchio] Qualcosa di più di un semplice tradimento

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Autore: clochard
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Oggetto: [Cerchio] Qualcosa di più di un semplice tradimento
Non è ke debba fregarci molto delle peripezie dell'Ulivo e di
riaffondazione. Ma dalle finestre pende ancora l'equivoco di una sinistra
contro la guerra. E proseguono marce, fiaccolate, bruschettate e stronzate
assortite, promosse da comitati ke riuniscono cani e porci, in nome della
pace...

Sostengono i rifusi


      Qualcosa di più di un semplice tradimento



      Dal posto al sole al posto a tavola. L'Italia parteciperà alla
spartizione del bottino iracheno. Berlusconi - attraverso il cavallo di
Troia degli aiuti umanitari- passa all'incasso della sua politica di
sostegno esterno alla guerra angloamericana. Lo fa con l'insperato e suicida
consenso di tanta parte dell'Ulivo che in questo modo legittima a posteriori
la guerra preventiva. Nel paese dove si è registrato il più forte movimento
per la pace del mondo, il ritorno alla politica estera bipartisan è qualcosa
di più di un semplice tradimento. E' la consapevolezza che le radici deformi
in cui affonda la dottrina della "guerra umanitaria" non sono state recise
nel centrosinistra.
      I tremila militari italiani partono infatti in una guerra che non è
conclusa. Questo non solo perché Damasco sembra essere la nuova meta di Bush
e soci, ma anche e soprattutto perché il nostro contingente andrà a sommarsi
alle truppe di occupazione e sarà messo agli ordini dei generali americani.
La guerra, per il diritto internazionale, non termina con la sopraffazione e
la resa del nemico. Quelle di occupazione finiscono soltanto quando l'ultimo
soldato invasore avrà lasciato il paese occupato. Sembra di rivivere le
pagine - che pensavamo sbiadite e consegnate alla storia - del colonialismo.
L'armamentario propagandistico è degno delle guerre di conquista. Gli
invasori vengono definiti liberatori ed i conquistati sono ritenuti incapaci
di governarsi da soli. Il comando americano negli stessi giorni dei
saccheggi nelle città trasmetteva trionfalmente il comunicato "che tutti i
pozzi di petrolio sono stati messi in sicurezza" e controllati a vista dai
marines. Mentre le bande di sciacalli devastavano ospedali e si accanivano
contro una storia millenaria distruggendo il museo di Bagdad, mai comunicato
è stato più sincero. Il petrolio, l'oro nero macchiato di tanto sangue, e
non il popolo senza acqua, cibo e medicine viene ben prima nella scala di
valori delle preoccupazioni della Casa Bianca. Dalle vene di questa
maledizione verranno ricavate le risorse per la ricostruzione. Un business
plurimiliardario, una torta gigantesca per la quale l'Italia vuole avere
appunto il suo posto a tavola.



      Nonostante il successo del bel film su Ilaria Alpi, l'Italia sembra di
essersi dimenticata della Somalia. Anche in quel caso la tragedia umanitaria
venne scomodata per far muovere le truppe. La "Restore Hope", ridare
speranza, fu un tentativo di occupazione militare finito in tragedia.
Ricordiamo questo caso non solo perché alcuni attori - il comando americano
della forza multinazionale, il battaglione Tuscania, (quello degli elettrodi
ai testicoli dei prigionieri somali) - sono gli stessi di oggi. Ma anche
perché i termini "civiltà", "esportare la democrazia", "riorganizzare le
forze di polizia locali", vennero usati in abbondanza per giustificare una
"speranza" che portò morte e distruzione acutizzando i conflitti tribali.
L'Iraq con al timone gli invasori, è ingovernabile.



      L'opzione di un lungo protettorato Usa - visto che dovrà usare il
pugno di ferro all'interno- ha bisogno di una legittimazione internazionale.
L'Italia rompendo la sua "non belligeranza" apre un varco a chi, a
posteriori, vuole salire sul carro dei vincitori. Mentre fa da apripista a
questa strada al contempo affonda scientemente ogni possibilità di rilancio
delle Nazioni Unite. Questa, ci pare, la vera partita in gioco: far si che
la guerra preventiva ed infinita sia codificata nel nuovo diritto
internazionale di fatto. Un diritto sempre più simile alla legge della
giungla la cui fonte primaria ed esclusiva è il governo degli Stati Uniti e
le istituzioni ademocratiche della globalizzazione neoliberista. La
militarizzazione dell'aiuto umanitario è anche una pedina mossa per
scardinare l'avversione maggioritaria nell'opinione pubblica alla guerra
americana. Dopo l'occupazione degli schermi di Tv pubbliche e private da
parte di generali e supposti esperti di strategie, si vuole adesso usare la
carta "buonista" per accattivarsi simpatie e propagandare il lato umanitario
delle nostre Forze Armate. Servirà anche per indorare la pillola
dell'aumento delle spese militari da sempre sollecitato dagli Stati Maggiori
ed ora diventato un punto di onore per il governo Berlusconi. L'Ulivo,
seguendolo su questo terreno, finisce per spianargli la strada
consentendogli di uscire dall'isolamento in cui si era cacciato.


      La verità è che missili e cerotti non possono stare nelle stesse mani.
Per questo sosteniamo con convinzione la raccolta dei fondi e l'invio di
volontari, medici, infermieri, tecnici per potabilizzazione dell'acqua,
organizzata dal "Tavolo della solidarietà" che vede lavorare insieme la gran
parte delle Ong e dei movimenti pacifisti italiani. Perché soltanto da chi
si è battuto contro la guerra può arrivare sostegno alla ricostruzione di un
Iraq veramente democratico. Un Iraq dove il destino di una Nazione (e delle
sue immense risorse) torni in mano al suo popolo e sia finalmente sottratto
a dittatori locali o globali.