[Cerchio] vietato mandare affanculo

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Szerző: clochard
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            Confermata la sentenza della Corte d'Appello di Ancona. «L'
ingiuria era accompagnata anche da gesti osceni»



      Parolacce in strada, condannato per un insulto


      Verdetto della Cassazione: dovrà pagare 500 euro. «In alcuni casi
basta la denuncia della vittima»



      ROMA - Il «Vaffa...» è certamente il modo più comune per inveire
contro una persona. Ma usare l'epiteto entrato prepotentemente nel
linguaggio comune può costare molto caro. Se ne è reso conto Ottavio
Galanti, un signore di 62 anni che dovrà scontare la condanna per ingiurie
inflittagli dalla Corte d'Appello di Ancona il 4 febbraio dello scorso anno
e, ulteriore danno, dovrà pure versare cinquecento euro alla cassa delle
ammende per le spese del procedimento. La Cassazione ha infatti dichiarato
inammissibile il ricorso presentato dal suo avvocato e la condanna (sulla
sentenza della Suprema Corte non è specificata l'entità) è pertanto
diventata definitiva. Il provvedimento del collegio presieduto da Umberto
Papadia è di appena tre pagine. Il contenuto del provvedimento rischia però
di incidere profondamente nel modo di esprimersi degli italiani. Nel
ricorso, l'avvocato ha sostenuto che il termine utilizzato dal suo cliente
non deve essere ritenuto offensivo. La replica della Cassazione è stata
categorica: l'osservazione del difensore «è manifestamente infondata perché
l'imputato accompagnò il termine "vaffa..." a gesti osceni con chiaro
intento ingiurioso, come hanno sottolineato i giudici di merito». Non solo.
Galanti si era lamentato perché alla base della sua condanna c'erano solo le
dichiarazioni di chi aveva subito il suo epiteto. La Suprema Corte è stata
altrettanto perentoria: «Una decisione può fondarsi anche sulle sole
dichiarazioni della parte offesa, a condizione che le stesse vengano
valutate con le necessarie cautele». La giurisprudenza delle toghe con l'
Ermellino si è così arricchita di un'altra «parolaccia proibita»: se è
ammesso urlare in faccia a qualcuno «non rompere i co...», d'ora in avanti r
ischia la condanna chiunque pronunci il fatidico «non capisci un c...» e l'
inflazionato «vaffa...».


      Flavio Haver



      Interni



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