Auteur: forumgenova@inventati.org Date: Sujet: [NuovoLaboratorio] riflessioni di bersani sul dopo 12 aprile
Care/i, vi mando alcune riflessioni personali sulla manifestazione
del 12 aprile e sulla vicenda delle "azioni" dei disobbedienti.Con
l'intento di aprire una discussione fra di noi.
Abbracci. Marco Bersani
RIFLESSIONI DOPO LA MANIFESTAZIONE DI SABATO 12 APRILE
La manifestazione del 12 aprile ha dimostrato ancora una volta la
forza e lo spessore di quanto il movimento contro la guerra =E8
riuscito a costruire in questi mesi. Lo dimostrano le centinaia di
migliaia di persone venute in piazza a Roma (risultato per nulla
scontato) e lo straordinario fatto che nessun italiano ha ritirato le
bandiere dai balconi : il segno che il messaggio che la guerra non =E8
finita e che non =E8 un incidente di percorso =E8 in qualche modo passato
fra la gente.
Per contro, =E8 innegabile come la conquista dell'Iraq abbia altres=EC
dimostrato che, se =E8 vero che il modello neoliberista =E8 in crisi
(vince militarmente perch=E8 non convince politicamente) =E8 altrettanto
vero che il dominio militare che pu=F2 esercitare =E8 senza limiti. Siamo
di fronte ad una nuova colonizzazione del pianeta, con un tentativo
di ridisegno militare degli equilibri geopolitici, con una guerra
senza confini per il prelievo delle energie fossili residue in attesa
dell'accaparramento delle nuove materie prime (acqua, genoma, specie
viventi) in via di totale privatizzazione, grazie al WTO e alle
politiche neoliberiste.
Questi elementi pongono all'insieme del movimento un problema di non
poco conto: rischiamo l'impotenza (la guerra non si =E8 fermata)
proprio nel momento in cui =E8 evidente la nostra forza e la nostra
capacit=E0 di allargamento.
Come essere incisivi e come valorizzare la maggioranza culturale che
in questo paese si =E8 espressa e mobilitata come mai prima d'ora
contro la guerra, in un momento in cui tutti gli spazi di mediazione
sono chiusi, perch=E8 il modello neoliberista non se li pu=F2 permettere?
E' un problema reale, che collettivamente dobbiamo affrontare. Ed =E8
alla luce di queste considerazioni che va affrontato quanto successo
dentro il corteo del 12 aprile, laddove una parte del movimento dei
disobbedienti ha praticato le azioni dirette di danneggiamento dei
bancomat lungo il percorso, rompendo consapevolmente il patto interno
che il movimento si era dato da Genova in avanti.
Trovo politicamente grave e sbagliata questa scelta, ma non vorrei
che fosse discussa ancora una volta astrattamente in termini di
violenza/non violenza.
Non mi interessa discutere con il bilancino se la vernice rossa sulle
banche
sia accettabile, mentre la rottura delle vetrine sia condannabile.Non
provo emozioni per i bancomat, n=E8 mi interessa come risultato di un
corteo che tutti ci si sia narcisisticamente comportati bene;non sono
neppure d'accordo a "banalizzare" la questione, riducendola ai
"soliti personaggi in cerca d'autore". Sono tutti elementi veri, ma
che rischiano di oscurare la questione.
La scelta di chi ha praticato le azioni dirette durante la
manifestazione =E8 politica: ha a che fare con l'idea che il movimento
abbia fallito nell'obiettivo di fermare la guerra, e con la
considerazione che, di fronte al dominio militare assoluto degli Usa,
nulla pi=F9 contino le maggioranze culturali e le opinioni pubbliche,
ma che occorra praticare la rivolta (il riot organizzato).
Questa credo sia la questione e su questa credo occorra aprire la
discussione.
Personalmente, considero reale il fatto che tutti gli spazi di
mediazione siano chiusi; =E8 del resto questo il senso del binomio
lotta alla guerra/lotta al neoliberismo che =E8 l'elemento costitutivo
del movimento. Ma proprio perch=E8 gli spazi sono chiusi e l'avversario
utilizza come unico argomento la forza militare, la risposta non pu=F2
essere il radicalismo comportamentale (sono pi=F9 radicale perch=E8
spacco una vetrina). Era d'altronde questa (o sbaglio?)
l'elaborazione che aveva portato le ex-tute bianche dopo Genova a
divenire movimento dei disobbedienti.Teatralizzare il conflitto
(protezioni,armature etc.) di fronte ad un avversario che il
conflitto lo agisce realmente, aggredendo e sparando nelle piazze,
non aveva pi=F9 senso politico. Occorreva praticare la disobbedienza
civile, sociale e di massa. Credo fosse un'acquisizione
importante, anche se, a mio avviso, troppo spesso giocata quasi solo
mediaticamente e non come costruzione di conflitto nei territori.
Bene, credo che le "azioni" del 12 aprile facciano arretrare di un
paio d'anni questa riflessione politica, rischiando di farla divenire
parodia (francamente, chi pu=F2 sostenere che la rottura di una decina
di bancomat sia la nuova "rivolta dal basso" contro la guerra
preventiva permanente?).
Ma ci sono due ulteriori elementi, per cui considero sbagliata quella
scelta.
Il primo =E8 relativo al fatto che chi teorizza quella scelta, sta
contemporaneamente dicendo che l'unit=E0 nella radicalit=E0 non =E8 pi=F9 =
un
obiettivo del movimento.
Dopo vent'anni di ubriacatura neoliberista, in cui ci avevano sempre
spiegato che per essere uniti occorreva essere omologhi e moderati,
questo movimento
ha dimostrato che allarga il suo consenso proprio continuando ad
essere radicale e plurale. Buttare a mare questa acquisizione non mi
sembra un grande risultato politico.
Infine, io credo che, dentro quelle azioni, ci sia una sbagliata idea
di cosa voglia dire aumentare la radicalit=E0 e il conflitto
(attenzione, non =E8 per me un problema di legalit=E0 o illegalit=E0, che
sono sempre dei precipitati storici, dunque modificabili). Questo
movimento ha bisogno di pi=F9 disobbedienza ( e la articolazione del
trainstopping credo ne sia il miglior risultato)
praticata da tutti, di pi=F9 radicalit=E0 nei contenuti concreti delle
sue
lotte (dall'estensione dei diritti,alle privatizzazioni,alla
cittadinanza), e di pi=F9 radicamento nei territori.
Un lavoro lungo e determinato, non la scorciatoia di una vetrina in
cui specchiarsi narcisisticamente.