Carissim* tutt*,
spero che mi abbiate perdonato -chi l'ha letto- il mio sfogo in rete di
ier l'altro. Come spero abbiate compreso la sostanza della questione. Vi
chiedo comunque di prestarmi un attimo di attenzione sulle questioni, che
qui sommariamente vi ripropongo.
IDENTITA' E METODO.
Abbiamo dato inizio la alla nostra impresa nell'autunno-inverno del 2000,
ponendo in essere il Genoa Social Forum, con una certa fatica, ma con grande
entusiasmo. Abbiamo lavorato insieme partendo da esperienze, sensibilità,
orientamenti politici diversi e, mi sembra, qualcosa di positivo l'abbiamo
costruito: non solo le giornate di luglio, ma tante altre cose. Non sto ad
elencarle, perché magari su alcune di esse potremmo avere valutazioni
differenti, e a me al momento non interessa fare il lavoro dello storico. Ci
siamo costruiti di giorno in giorno un'identità condivisa, che guardate caso
era la stessa che emergeva in altre parti del Paese e della Terra: il no
alla guerra e alla globalizzazione neoliberista, emerse a Porto Alegre 1 e
ribadita da Porto Alegre 2 e certamente, se non rafforzata almeno non
rinnegata, da Porto Alegre 3. L'esito del nostro lavoro è dimostrato dal
successo incredibile delle mobilitazioni contro la guerra, ma non solo. La
crescita del movimento è stata in un certo senso inaspettata e molti di noi
hanno avvertito talvolta l'inadeguatezza dei militanti di fronte
all'insorgenza in prima persona delle moltitudini. In maniera confusa la
questione è stata talvolta posta in termini di rappresentanza del movimento,
purtroppo nella nostra difficoltà ad esserne avanguardie -secondo una
concezione veteroleninista della questione-. Il problema, probabilmente, sta
da un'altra parte: nella nostra incapacità a stimolare nel movimento forme
di autogestione e di autorappresentanza, forse nella presunzione
inconsapevole di essere noi militanti la naturale rappresentanza politica
dei bisogni sociali. La difficoltà della terrorializzazione della struttura
forum risiede proprio qui, almeno in parte. Senza un lavoro mirato in
direzione dell'autorappresentanza la stragrande maggioranza delle persone
che si mobilitano finiscono col delegare inconsciamente alla rappresentanza
istituzionale le loro esigenze e noi stessi rischiamo di venire
istituzionalizzati (confusi con un'istituzione cui si delega). E' senza
dubbio questo un problema di democrazia che rischia di bloccare potenzialità
ricchissime, che sono -a mio parere- in via di sviluppo.
Per riassumere. Identità: no alla guerra, no al neoliberismo. Metodo:
condivisione e costruzione di democrazia diretta, autorappresentanza dei
bisogni.
LE ISTITUZIONI.
Sinceramente da un po' di tempo in qua, delle istituzioni della democrazia
rappresentativa deputata non me ne importa più molto: tant'è vero che più o
meno consapevolmente ho lavorato per non farne più parte e ne sono contento.
Il rapporto con esse, però, si pone e non solo perché alcuni di noi sono
costretti a rimestarne la merda, ma perché ci sono e perché siamo in
rapporto antagonistico di fronte a loro. La loro funzione è oggi più che mai
di gestire gli interessi della corporate globalization a livello
internazionale, nazionale e locale. Se tali, sono la controparte
dell'antagonismo del movimento, non altro: non sono cioè il luogo della
rappresentanza dei bisogni antagonisti. Mi spiego. Alcuni ritengono che la
politica sia l'arte della mediazione degli interessi e l'istituzione il
luogo dove essa si svolge. Ebbene: cosa abbiamo noi da mediare? C'è una
radicale incompatibilità fra quello cui noi lavoriamo (contro la guerra e il
neoliberismo) e quello per cui le istituzioni lavorano. Sono lo stato delle
cose realmente esistenti, che noi vogliamo sostituire con qualcos'altro.
Sono lo stato di cose realmente esistenti nell'attuale fase storica -se mai
in altri tempi è stato diversamente- assolutamente irriformabile e
assolutamente inutilizzabile per la costruzione di un altro mondo possibile.
Certo ci sono e con esse dobbiamo avere un rapporto vertenziale e
conflittuale, come i lavoratori hanno con i padroni, quando non è all'ordine
del giorno la presa del palazzo d'inverno. Insomma il luogo della politica è
un altro!
Cancun, GATS e Genova.
Nell'agenda definita a Porto Alegre 3 si indica la scadenza di Cancun sul
GATS come scadenza fondamentale. Certamente non può essere solo la
manifestazione contro il WTO anche se importante. La lotta al GATS passa
attraverso le iniziative locali, la lotta alla privatizzazione dei servizi
e, quindi, la mobilitazione su questo anche nella nostra Città. Il rischio è
di dare al movimento un assetto mirato alle grandi scadenze e non alla lotta
quotidiana. Eppure i GATS riguardano l'Italia e Genova. E magari
l'iniziativa politica su questo terreno è utile a chiarirci le idee rispetto
anche a qualche inquinamento identitario contro cui irosamente mi scagliavo
nel mio scorso intervento.
Nello specifico la privatizzazione dei servizi deve essere assunto come
livello di scontro a livello locale, perché non sia ridotta a opzione
strategica da relegare temporalmente e spazialmente alle grandi scadenze.
Nella nostra Città GATS significa privatizzazione delle aziende,
assoggettamento delle loro politiche alle logiche del mercato e del
profitto, piuttosto che ai bisogni: in tale senso vanno spiegate le
politiche delle amministrazioni locali per quanto riguarda AMT, AMGA, AMIU.
Pericu & C. operano concretamente in questa direzione e non tanto, perché
glielo imponga una legge, ma perché strategicamente sono dei neoliberisti.
Mi dispiace se ho offeso qualche olivetta nel mio precedente intervento, ma
carissimi la madre di tutte le privatizzazioni è stata un'invenzione di un
ministro diessino, mica di Berlusconi. Le posizione più neoliberiste dentro
la commissione europea e in sede di WTO sono state prese da rappresentanti
italiani nel periodo del governo di centrosinistra. La linea non mi sembra
che sia cambiata e Bersani neanche e la linea dei DS nemmeno. Come vedete
non ne faccio un problema di sigle, ma solo e semplicemente di contenuti e
su questi loro stanno proprio dall'altra parte. Che facciamo? Prima di tutto
discutiamone, poi organizziamo l'iniziativa politica reale contro le
privatizzazioni sul territorio, sui posti di lavoro. Non c'è tempo da
perdere perché mi sembra che -almeno fra i lavoratori- qualcosa si stia
movendo.
Ma ovviamente non si tratta solo delle aziende. Si tratta dei servizi
sociali, della scuola, del territorio. Riflettete: uno storico dismissore
delle PPSS, Ghio, presidente tecnico del "Brignole" e così via. Ce n'è da
lavorare e ci sarebbe molto altro da scrivere e da dire. Ma per il momento
lascio che queste poche note sommarie gettate nello stagno facciano qualche
onda e aspetto.
Voglio a tutti voi un gran bene!
Giancarlo Giovine
"It is not because things are difficult that we do not dare,
it is because we do not dare that things are difficult."
Lucius Annaeus Seneca (5 BC - 65AD) Roman philosopher, statesman.