Report dall'Iraq #56 
Data 01:46 
La festa e' finita. 
I "liberatori" sono tornati nei carri, negli autoblindo. Le jeep 
"Hammer"  hanno ripreso a fare le staffette per le strade della 
citta'.  I 150/200 giovani iracheni che erano serviti come comparse 
per la festa in  mondovisione in Piazza Paradiso sono scomparsi. 
Tornati nelle loro case  senza luce e senz'acqua. Ma con i pacchi di 
cibo che gli sono stati donati  dai "furieri" dell'armata americana. 
 Ed i combattimenti sono ripresi: a Saddam City, lungo la Shaab, 
sulle due  sponde del Tigri, intorno a cio' che rimane del Ministero 
dell'Informazione. Combattimenti duri ed impari. I marines si 
confrontano con uomini e ragazzi che impugnano armi leggere e perfino 
bottiglie  incendiarie. 
I cannoni e le mitragliatrici rispondono schiantando sulle facciate 
delle  case migliaia di proiettili che sbriciolano infissi e 
finestrte, fanno saltare i vetri inutilmente coperti di nastro 
adesivo. 
Ed ancora sangue, feriti e vittime che sembrano non interessare piu' 
nessuno. Certo interessano e preoccupano quella parte della stampa 
che alloggia al "Palestine" e che non ha accolto come "liberatori" i 
soldati che di forza hanno fatto irruzione nell'hotel, scandendo ad 
alta voce e ritmando i nomi dei colleghi uccisi dal fuoco amico dei 
"liberatori". 
Sara e' una giovane fotografa europea "ufficiale", a Baghdad con un 
contratto a tempo per conto di una importante agenzia stampa. Sara ha 
sempre seguito diligentemente tutte le indicazioni che le venivano 
fornite dai funzionari del Ministero dell'Informazione, e' in posseso 
di tutti  i visti, i passi e le autorizzazioni necessarie per 
lavorare alla "luce del sole" nella capitale. 
Per due settimane Sara e' rimasta nella sua stanza d'albergo con 
l'obiettivo puntato verso l'esterno. Pronta a correre fuori ogni 
qualvolta si presentava la possibilita' di uscire con i pulman messi 
a disposizione dalle autorita' irachene per arrivare nelle aree della 
citta' dove i funzionari del Ministero avevano deciso di portare i 
giornalisti. 
E cosi' sono andate avanti le giornate di Sara, giovane fotografa 
alla sua prima esperienza come inviata di guerra, nell'inferno di 
Baghdad 
Fino ad oggi. Fino all'arrivo dei "liberatori". 
Passato l'entusiasmo derivato dall' abbattimento della statuta un po' 
buffa e un po' tragica di Saddam Hussein, Sara ha pensato davvero che 
Baghdad fosse stata "liberata". 
E allora, cosa stare a fare li' in mezzo alla piazza in "festa"? 
Sara si e' butatta a piedi per le strade subito dietro il "Palestine" 
e lo "Sheraton". 
Gli autoblino ed i carri armati erano messi di traverso e puntavano 
le armi contro centinaia di civili niente affatto desiderosi di 
unirsi ai "festeggiamenti". Poco oltre e Sara assiste ai primo 
scontri a fuoco: militari americani che inseguivano uomini e donne 
sparando raffiche di mitra, carri armati che salivano e scendevano 
dai marciapiedi tritando sotto i congoli tutto quanto si trovavano 
davanti come automobili, biciclette, carretti di legno. 
E poi i colpi di cannone, secchi che mandavano in frantumi le 
facciate delle case, con la popolazione che usciva piangendo, 
terrorizzata. 
Sara ha paura. Si ferma. Scatta una dietro l'altra una serie di foto. 
Non crede ai suoi occhi Sara: ma come, pensa, Baghdad non e' stata 
"liberata"? 
Una jeep dei marines si avvicina da dietro, scendono tre soldati 
mentre uno  rimane alla guida. Le chiedono i documenti, i passi e le 
autorizzazioni. 
Lei, che ha tutto, li mostra senza timore. Poi le viene detto che non 
poteva fare foto, perche' quella era zona di guerra. 
Ma siamo a centocinquanta metri dagli albeghi dei giornalisti, prova 
a  giustificarsi. Le sequestrano le pellicole, e dopo averle 
strappato dal collo uno degli accrediti le ordinano di andare via, di 
tornare in albergo. 
Sara, con la preoccupazione di salvare le sue macchine fotografiche, 
si incammina tornando sui suoi passi. 
Ancora una raffica, ancora colpi, ancora urla,pianti, ancora quei 
rumori e quei tonfi di vetri esplosi. E poi ancora urla, pianti, quei 
rumori e quei tonfi........ 
Ritornata sulla piazza, la grande statua di Saddam stavolta e' a 
terra. 
Decapitata. Sul basamento di cemento gli stivali di bronzo del rais 
appaiono come flosci, piegati su loro stessi. 
La festa e' finita. Solo carri armati e soldati. Ma nel silenzio 
ritrovato si sentono, proprio li' dietro a due passi, ancora raffiche 
di mitra, ancora colpi, ancora urla, pianti, quei rumori e quei tonfi 
di vetri esplosi. 
Che la notte sia leggera. 
r. 
da Shafa Badran  (Amman) 
Rosarita Catani 
Notiziario della tv giordana ore 19.30 
9.4.03 - I soldati americani entrano nell'aeroporto "Saddam" in 
Bagdad dopo 
la fine di un'operazione nella capitale irachena. Intorno 
all'aeroporto ci 
sono 6000 soldati americani. 
Tutti i membri del Governo iracheno hanno lasciato la citta'. 
Esattamente 
non si sa dove si trovino. 
L'agenzia di stampa francese, ha dichiarato che l'esercito americano 
e'  entrato stamattina nei quartieri Nord Est di Bagdad dopo 
combattimenti tra l'esercito americano e quell'iracheno. Alcuni 
testimoni hanno dichiarato che i soldati americani sono entrati nella 
parte sciita a Nord di Bagdad senza aver incontrato resistenza. Le 
televisioni internazionali hanno mostrato le immagini d'alcuni 
iracheni che esprimevano la loro gioia all'ingresso degli americani. 
All'interno della citta' si sono viste operazioni di sciacalaggio da 
parte d'iracheni . Degli uomini corrono all'interno d'uffici e 
portano via tutto cio' che trovano: sedie, divani suppellettili. 
Entrano ed escono dall'edificio molto velocemente trasportando piu' 
cose possibili. All'esterno dell'edificio uomini armati controllano 
la strada. Uno di loro strappa la foto del presidente iracheno. Poco 
lontano altri uomini caricano cio' che trovano ancora su dei 
camioncini e gridano " Americani go out". Prendetevi Saddam ed andate 
via La sede dell'ONU e' stata anch'essa saccheggiata. E' stata 
occupata dalle forze americane anche la citta' natale di Saddam 
Hussein - Takrit. 
I membri dell'esercito americano continuano i loro attacchi al 
Palazzo Presidenziale che si trova nel cuore della citta'. 
Negli ospedali continuano ad arrivare feriti. Per i civili la 
situazione e' sempre piu' grave. 
Una bambina e' distesa sul letto dell'ospedale. Ha tutto il vestito 
rosso. Rosso di sangue. E' morta. Il padre piange. Si copre il viso 
con le mani. Si avventa sul lettino vuole prenderla in braccio. Lo 
fermano e l'allontanano da quel corpo. 
Una madr
e piange mentre medicano suo figlio "Haram" dice questa guerra non 
e' contro Saddam e' contro il nostro popolo ed i nostri bambin 
"Haram" - 
Wallah Haram". 
Avere informazioni sta diventando un'impresa difficile. Molti 
giornalisti 
hanno lasciato la citta'. 
I pochi rimasti hanno paura. In questo momento - h. 17.00 - si vedono 
le 
immagini di un caro armato americano fermo nella piazza di Bagdad, al 
centro della stessa la statua di Saddam Hussein, sopra ed intorno al 
carro 
armato civili iracheni contrari al regime. Un iracheno sale sulla 
statua e 
lancia una corda. Stanno tentando di abbatterla. 
La situazione e' veramente drammatica. I generi di prima necessita' e 
le 
medicine sono ancora giacenti ai confini. La distribuzione, molto 
probabilmente sara' fatta dai soldati americani. La probabilita' e' 
che chi 
avra' realmente bisogno di medicine e di cibo rimarra' senza nulla. 
[NOTA: L'archivio di questi report e' disponibile su 
<<
http://italy.indymedia.org/news/2003/03/222502.php>
http://italy.indy
media.org/news/2003/03/222502.php>
http://italy.indymedia.org/news/2003
/03/222502.php 
Queste corrispondenze sono inserite da *Robdinz* che e' in contatto 
dall'Italia , attraverso le linee telefoniche internazionali, con 
varie persone che sno a Baghdad e che fanno riferimento per i 
contatti ai telefoni di due alberghi della capitale, dove =E8 ospitata 
la stampa internazionale. Si tratta di operatori dell'informazione 
indipendente, free-lance, 6 o 7 human shields, e qualche cittadino di 
Baghdad che lavora con loro. *Robdinz* non =E8 a Baghdad ma funziona 
come una sorta di "ponte" per far arrivare notizie ed informazioni in 
tempo reale raccolte con grande onest=E0 intellettuale e capacit=E0 
professionale nella attuale realt=E0 (drammatica) della citt=E0.] 
--------------
Non =E8 stata leggera la notte a Bgahdad. 
Una notte cupa e buia sotto le bombe, i missili ed i rastrellamenti 
delle  truppe amricane. 
Una notte passata schiacciati l=92uno contro l=92altro nelle case e nei 
rifugi improvvisati. Alcuni persino nascosti tra le rovine di quella 
che era la loro casa. 
Una notte di fame e di paura passata con l=92incubo dell=92arrivo dei 
marines: il fuoco dell=92 artiglieria contro la facciata della casa, le 
grate delle porte e delle finestre divelte a colpi di mitragliatore. 
E poi le botte le percosse, la testa incappucciata. 
No, non sono cambiate le notti di Baghdad. 
Le bombe sono tornate a cadere senza interruzione, quelle bombe 
devastanti che provocano crateri profondi alcuni metri, che spazzano 
via un edificio come fosse costruito con i mattoncini del Lego e 
colpito da un maglio di acciaio. 
Eppure =E8 stata una notte dove si potevano trovare molti in strada 
accomunati e divisi da sentimenti diversi. Dalla curiosit=E0 di vedere 
e capire cosa accadeva: se davvero gli americani erano in citt=E0, e se 
proprio erano arrivati perch=E9 continuare a bombardare, sparare, 
ferire ed uccidere. 
Altri erano in strada armati con pistole e fucili, forse =93Feddayn=94, 
forse no, forse soldati spogliati della divisa. 
Altri ancora erano i diseredati, i disperati, le vittime pi=F9 vittime 
persino delle vittime che si possono intravedere maciullate tra i 
sassi, le acque fetide e le buche provocate dalle bombe. Quelli che 
non hanno pi=F9 neppure una casa, un luogo dove rifugiarsi, una vecchia 
automobile nella quale nascondersi, Quelli che si sdraiano sui 
carretti abbandonati nelle strade, che trovano riparo in mezzo alle 
macerie tirando su con le mani fragili muri di mattoni per ripararsi 
dalla vista dei soldati. 
Baghdad =E8 senza acqua, e senza luce da una settimana. Le malattie 
infettive  iniziano decimare gli scampati ai bombardamenti. I bambini 
vivono in  condizioni spaventose. Il tifo, il colera si insinuano in 
migliaia di cittadini provocando focolai di contagio inimmaginabili. 
Gli ospedali ed i ricoverati sono abbandonati a loro stessi: non una 
medicina, non una sacca di plasma, non una fiala di anestetico, non 
una confezione di antibiotici, non un metro di filo di sutura =E8 pi=F9 
presente nella farmacia degli ospedali. Non pi=F9 un infermiere, pochi 
i medici, stremati ed impotenti. Un disordine pieno di sporcizia e 
spazzatura, una puzza nauseabonda che prende la gola. 
Non un soldato americano si =E8 presentato chiedendo se avessero 
bisogno di 
qualcosa. 
I bombardamenti sul popolare ed affollato quartiere di Mansour hanno 
provocato solo nella mattina di oggi 35 morti e pi=F9 di cento feriti 
tra i  civili. 
Il mio contatto, che =E8 tornato all=92hotel dove aveva passato oltre due 
settimane insieme ad un collega film-maker, mi riferisce di azioni di 
piccola e crudele ferocia ai danni della popolazione civile: prendere 
a  calci una donna che porta una pila impressionante di stoviglie tra 
le braccia; inseguire due ragazzi di non pi=F9 di 14/15 anni per 
centinaia di metri con una jeep al solo scopo di terrorizzarli; 
fermare e perquisire, sopra e sotto i vestiti, uomini e donne ridendo 
poi di loro, e del loro imbarazzo e vergogna. 
Al=EC ha 24 anni, e si =E8 rifugiato nell=92albergo con l=92amico Fahed 
perch=E9 
amici del proprietario dell=92hotel e della sua famiglia. Parla inglese 
Al=EC e 
non ha difficolt=E0 a simpatizzare con i due reporters indipendenti. 
Al=EC 
suona la chitarra, dagli amici =E8 conosciuto come =93Jim=94 per via della=
 
sua 
smodata passione per la musica rock, Jim Morrison ed i Doors in 
particolare. Confessa che gran parte del buon inglese che parla lo 
deve ai testi delle canzoni imparate a memoria attraverso le 
trasmissioni televisive dei canali satellitari musicali che seguiva 
ogni notte, come ipnotizzato. 
Al=EC non sa neppure pi=F9 che fine abbia fatto la sua famiglia, i 
genitori e le sorelle, ma =93sente=94 che stanno bene, =E8 certo, senza 
averne alcuna prova, che si sono rifugiati fuori Baghdad, nella 
fattoria di uno zio. 
E parla Al=EC, parla di musica, vuole essere informato, =E8 compiaciuto 
di conoscere ed amare canzoni conosciute anche dai reporters. 
Parla Al=EC e rivela che prima dei bombardamenti, la sera spesso si 
trovava con altri amici per suonare e cantare le =93cover=94 di qualche 
pezzo musicale, 
sempre dei Doors naturalmente, la sua passione. 
La casa di Al=EC =E8 crollata sotto un pesante bombardamento, sostiene di 
essere vivo per miracolo perch=E9 proprio in quel momento sceso fino al 
fiume  per andare a prendere due secchi d=92acqua putrida necessari 
alla madre per bollire le verdure, i ceci e le patate. Ha sentito il 
boato, ha visto le fiamme, il fumo. Ha cominciato a correre come un 
matto verso la sua casa, i secchi per l=92aria, tutta l=92acqua a terra, 
ma correva Al=EC, correva come un matto. 
Poi la vista delle macerie, le grida dei feriti, il terrore sui volti 
e 
negli occhi dei sopravvissuti. E come in un sogno, o forse in un 
incubo, nel dissolversi della nuvola di detriti e polvere ha visto la 
sua famiglia. 
Tutti vivi. Sporchi, laceri, ma vivi. E=92 stata questa l=92ultima volta 
che Al=EC li ha visti. Non =E8 andato con loro dallo zio fuori citt=E0. E=92=
 
voluto rimanere con i suoi amici in citt=E0. 
Rimane un attimo in silenzio Al=EC, e poi piange. I reporter non sanno 
come consolarlo, come lenirgli il dolore. Gli ricordano che sta bene, 
che i suoi familiari sono in salvo che nella drammaticit=E0 della 
situazione potrebbe persino dirsi fortunato, se questa parola potesse 
avere un senso, qui a Baghdad. 
Continua a piangere Al=EC e risponde di essere consapevole che la vita 
sua,  dei suoi genitori e delle sorelle sono la cosa pi=F9 importante, 
e che =E8 felice di questo. Piange Al=EC perch=E9 tra le rovine della sua 
casa =E8 rimasta sepolta, distrutta, la sua chitarra. Che in qualche 
modo era gran parte della sua vita. 
Piange Al=EC, ed il suo pianto non si ferma. Uno dei due reporter mette 
mano allo zaino e tira fuori una armonica e dice ad Al=EC che =E8 per 
lui, che =E8 un  regalo. 
Al=EC la guarda, alza gli occhi sui reporters e chiede: la conosci =93The 
End=94  dei Doors? 
Che la notte sia leggera. 
r. 
[NOTA: L'archivio di questi report e' disponibile su 
http://italy.indymedia.org/news/2003/03/222502.php