[Lecce-sf] Fwd: 40° Pacem in Terris - Michele DI SCHIENA BR

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Szerző: Verdi Lecce
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Tárgy: [Lecce-sf] Fwd: 40° Pacem in Terris - Michele DI SCHIENA BR



>From: "Giancarlo Canuto" <giancanuto@???>
>To: <Undisclosed-Recipient:;>
>Subject: 40° Pacem in Terris - Michele DI SCHIENA BR
>Date: Thu, 10 Apr 2003 17:01:05 +0200
>
>LA GUERRA E LA "PACEM IN TERRIS"
>Michele DI SCHIENA
>    Uno scrittore-teologo sudamericano, Leonardo Boff, ha immaginato che il 
>Cristo del Corcovado, la grande statua di Rio de Janeiro, si sia di colpo 
>animato e, guardando le moltitudini manifestanti per la pace e le immani 
>tragedie della guerra in Iraq, abbia avuto un sussulto ed abbia detto: 
>"Beati siate voi, operatori di pace, perché avete a cuore la memoria 
>dell'arcobaleno ... Guai a voi, signori della guerra, nemici della vita e 
>della natura, assassini dei miei fratelli e delle mie sorelle dell'Islam. 
>Perché non avete ascoltato il grido dell'umanità che supplicava dialogo, 
>negoziati e pace? Blasfemi, avete usato il nome del Dio della vita per 
>togliere la vita. Perché avete tradito le norme internazionali poste a 
>salvaguardia di una giustizia minima e del più elementare senso 
>dell'umanità? Perché con sacchi di vile denaro avete fatto di tutto per 
>comprare le coscienze ed estorcere la licenza di attaccare ed uccidere? 
>Codardi, avete scelto un Paese assediato, umiliato ed estenuato per 
>mostrare, come mai si è visto sulla faccia della terra, la vostra capacità 
>di devastazione".
>    Una suggestiva immagine letteraria, una ardita ma ispirata 
>attualizzazione di alcune espressioni evangeliche, un grido di dolore e di 
>accusa quello di Boff che interpreta sentimenti largamente diffusi fra i 
>credenti di fede cristiana e fra tutti gli uomini "di buona volontà", 
>diversi per religione e cultura. Un grido angosciato di condanna per quanto 
>la violenza delle armi sta facendo in Iraq e probabilmente si appresta a 
>fare in altre contrade del vicino Oriente e in ogni parte del mondo. Una 
>condanna per coloro che hanno deciso, condiviso, favorito o, anche solo, 
>non "ripudiato", questa guerra preventiva, illegittima, crudele e nefasta.
>    "La guerra è oramai un dato di fatto in via di archiviazione, passiamo 
>dunque a parlare del dopo": questo malinconico ritornello implica un 
>sottaciuto corollario, quello di mettere una pietra su ciò che è accaduto 
>per far dimenticare le responsabilità morali e politiche dei fautori 
>dichiarati dell'intervento armato ed anche di coloro - e ne abbiamo di 
>autorevoli nella politica nostrana - che hanno mascherato la scelta di 
>partecipare al conflitto con qualche penoso e sofferto espediente 
>consigliato da calcolate convenienze e che oggi si affrettano per rientrare 
>a pieno titolo nel giro dei rapporti che contano e degli affari che 
>rendono. No, non si potrà voltare pagina fino a quando continuerà 
>l'occupazione dell'Iraq comunque etichettata, fino a quando non sarà 
>sconfitta la teoria e la pratica della guerra preventiva con l'uscita di 
>scena dei suoi propugnatori e fino a quando non sarà ripristinata la 
>legalità internazionale con il riconoscimento del ruolo di centralità delle 
>Nazioni Unite. Alla guerra "infinita" il movimento per la pace risponderà 
>con una opposizione "infinita", armata solo di forti ragioni e di grandi 
>speranze.
>    E questa opposizione "senza se e senza ma" trova oggi un punto 
>importante di riferimento nella "Pacem in Terris" la grande Enciclica di 
>Giovanni XXIII di cui ricorre in questi giorni (l'11 aprile) il 
>quarantesimo anniversario. Una enciclica che è stata riproposta 
>all'attenzione generale dall'attuale Pontefice e che risulta di 
>straordinaria attualità per il richiamo al dovere di tutelare e promuovere 
>i diritti "universali, inviolabili ed inalienabili" di ogni uomo e di tutti 
>gli uomini, per l'affermazione del valore di un autentico pluralismo delle 
>culture, per la condanna del razzismo, per la categorica conferma del 
>principio secondo il quale tutti gli uomini e "tutte le comunità politiche 
>sono uguali per dignità di natura". Una "Lettera" che sembra scritta oggi 
>per l'esortazione affinché le controversie tra i popoli siano "risolte non 
>col ricorso alle armi ma attraverso il negoziato", per l'auspicio che 
>"l'Organizzazione delle Nazioni Unite, nelle sue strutture e nei suoi 
>mezzi, si adegui sempre di più alla vastità e nobiltà dei suoi compiti", 
>per la sottolineatura del grande rilievo che deve essere riconosciuto alla 
>"dichiarazione universale dei diritti dell'Uomo" quale "passo importante 
>nel cammino verso l'organizzazione giuridico-politica della comunità 
>mondiale". Un documento, questa Enciclica, che è un messaggio di saggezza e 
>di speranza, una luce che si riaccende in questi tempi bui nei quali 
>l'irrazionalità e l'arbitrio cercano con la forza di ottenere una 
>antistorica rivincita sui traguardi di civiltà faticosamente raggiunti 
>dall'umanità negli ultimi decenni.
>    Brindisi, 8 aprile 2003



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