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Art.18, la scelta di Fassino Roberto FarnetiReplica del comitato promotore: «Ognuno si fa del male come preferisce» Per il segretario Ds applausi da commercianti e imprenditori Applausi da commercianti e giovani imprenditori, fischi dalla Cgil. Il feroce attacco al referendum sull'articolo 18 sferrato da Piero Fassino a Milano, in apertura della Convenzione programmatica dei Ds, assomiglia a una scelta di campo. Ufficialmente la Quercia non sembra orientata a seguire la Margherita, che ha già dato indicazione per il No, ma per il momento anche l'opzione per il Sì sembra lontana anni luce. Al punto che il dalemiano Peppino Caldarola è pronto a scommettere sul fatto che alla fine i Ds daranno «libertà di coscenza» per i propri iscritti. Quello che è certo, è che i toni usati da Fassino per criticare l'iniziativa referendaria sono stati durissimi, molto simili a quelli utilizzati in passato da alcuni esponenti del governo. Il quesito sull'articolo 18 è stato addirittura definito dal segretario dei Ds «anacronistico e ideologico».
Musica per le orecchie del presidente di Confcommercio, Sergio Billé, uno di quelli che guarda all'appuntamento con le urne del 16 giugno con molta preoccupazione. «Una sciagura che poteva essere evitata», ha ripetuto ieri a chi gli chiedeva del referendum sull'articolo 18. Billé fin da subito non ha nascosto il suo apprezzamento per la posizione assunta da Fassino: «Mi sembra che la platea e anche l'intervento del segretario dei Ds - aveva sottolineato sabato scorso a Milano il presidente della Confcommercio - abbiano dimostrato che c'è volontà di non favorire il raggiungimento del quorum né la vittoria del sì».
Del resto, se c'è un settore dove le piccole imprese sotto i 15 dipendenti sono la regola, è proprio il commercio. Billé si augura perciò che la battaglia per estendere il diritto a non essere licenziati senza giusta causa sia «veramente una partita residuale», così come viene definita da alcuni esponenti del centrosinistra. «Ma il fatto che segua le elezioni amministrative - ha avvertito il leader dei commercianti, parlando a margine di un convegno sulla previdenza integrativa all'Università Bocconi di Milano - può diventare pericoloso perché rischia di caricarsi di altri significati, con colori e valenze di natura prettamente politica».
Contrari al referendum sull'articolo 18 sono anche i giovani imprenditori, come ha spiegato domenica a Milano la loro presidente, Anna Maria Artoni, riscuotendo gli "inattesi" applausi della platea diessina. Meno sereni invece i rapporti tra la Quercia e la Cgil. Il segretario generale di Corso Italia, Guglielmo Epifani, ha esplicitamente accusato Fassino di non avere parlato nella sua relazione delle responsabilità di Confindustria nel «declino del paese» e soprattutto di non avere citato le grandi lotte che il sindacato sta portando avanti e che «sono utili anche al centrosinistra». E anche sul referendum Cgil e Ds sembrano parlare lingue diverse, dal momento che gran parte della Confederazione sembra già orientata per il Sì. In attesa che il 6 maggio il direttivo nazionale assuma una decisione definitiva.
«Il referendum sull'articolo 18 - spiega Luigi Coppini, presidente del direttivo della Filcams Cgil, la confederazione del commercio - non è né anacronistico né ideologico ma mira a estendere un diritto di civiltà anche ai lavoratori delle piccole imprese, i quali poi potranno scegliere tra il reintegro e il risarcimento». Ci sono tante piccolissime imprese, del turismo, delle pulizie, parrucchieri, «dove ogni giorno - ricorda Coppini, si verificano licenziamenti illegittimi». Un sopruso che la normativa attuale non è in grado di contrastare, dal momento che in cambio di un diritto calpestato prevede un risarcimento irrisorio. «Se questo referendum non si vince, e lo ricordo anche alla Cgil - avverte il dirigente della Filcams -, ogni possibilità di intervento in positivo rischia di venire spazzato via. In caso contrario, invece, il governo sarà costretto a prendere atto che c'è una maggioranza di italiani che va nella direzione opposta a quella intrapresa con il patto per l'Italia». Le preoccupazioni dei commercianti non convincono il sindacalista: «Billè - ribatte Coppini - dovrebbe spiegare perché in un supermercato con 25 dipendenti valgono certe regole e perché in un altro che ne ha meno di 15, quelle regole non valgono più. La concorrenza nelle aziende minori non va fatta sulla pelle della gente».
Il dibattito sull'articolo 18 in corso nell'Ulivo viene definito «surreale» da Paolo Cagna Ninchi, presidente del comitato promotore del referendum: «Ognuno si fa del male come preferisce - osserva Cagna Ninchi -. Da parte dei dirigenti del centrosinistra c'è un rifiuto di prendere atto che il paese è più avanti di loro, sia sulla guerra che sulla questione dei diritti. Qualunque persona di buon senso, quando gli si chiede se è giusto licenziare un lavoratore senza un motivo, risponde di no». Eppure Fassino ha definito il referendum "anacronistico e ideologico", mentre Rutelli ha detto che "è sbagliato". «Ma nessuno dei due - accusa Cagna Ninchi - ha spiegato perché. La stragrande maggioranza dei cittadini italiani è favorevole ad estendere l'articolo 18 perché vuole difendere un principio fondamentale di eguaglianza e di giustizia. Rutelli e Fassino invece utilizzano il dibattito sull'articolo 18 per i loro problemi interni». Il presidente del comitato promotore conclude il suo intervento lanciando una sfida: «Invito a Rutelli e Fassino - dice Cagna Ninchi - a confrontarsi pubblicamente, in una sede qualsiasi, per discutere finalmente del merito del referendum e non per fare discorsi ideologici e antistorici».
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<P>Musica per le orecchie del presidente di Confcommercio, Sergio Billé, uno di quelli che guarda all'appuntamento con le urne del 16 giugno con molta preoccupazione. «Una sciagura che poteva essere evitata», ha ripetuto ieri a chi gli chiedeva del referendum sull'articolo 18. Billé fin da subito non ha nascosto il suo apprezzamento per la posizione assunta da Fassino: «Mi sembra che la platea e anche l'intervento del segretario dei Ds - aveva sottolineato sabato scorso a Milano il presidente della Confcommercio - abbiano dimostrato che c'è volontà di non favorire il raggiungimento del quorum né la vittoria del sì».
<P>Del resto, se c'è un settore dove le piccole imprese sotto i 15 dipendenti sono la regola, è proprio il commercio. Billé si augura perciò che la battaglia per estendere il diritto a non essere licenziati senza giusta causa sia «veramente una partita residuale», così come viene definita da alcuni esponenti del centrosinistra. «Ma il fatto che segua le elezioni amministrative - ha avvertito il leader dei commercianti, parlando a margine di un convegno sulla previdenza integrativa all'Università Bocconi di Milano - può diventare pericoloso perché rischia di caricarsi di altri significati, con colori e valenze di natura prettamente politica».
<P>Contrari al referendum sull'articolo 18 sono anche i giovani imprenditori, come ha spiegato domenica a Milano la loro presidente, Anna Maria Artoni, riscuotendo gli "inattesi" applausi della platea diessina. Meno sereni invece i rapporti tra la Quercia e la Cgil. Il segretario generale di Corso Italia, Guglielmo Epifani, ha esplicitamente accusato Fassino di non avere parlato nella sua relazione delle responsabilità di Confindustria nel «declino del paese» e soprattutto di non avere citato le grandi lotte che il sindacato sta portando avanti e che «sono utili anche al centrosinistra». E anche sul referendum Cgil e Ds sembrano parlare lingue diverse, dal momento che gran parte della Confederazione sembra già orientata per il Sì. In attesa che il 6 maggio il direttivo nazionale assuma una decisione definitiva.
<P>«Il referendum sull'articolo 18 - spiega Luigi Coppini, presidente del direttivo della Filcams Cgil, la confederazione del commercio - non è né anacronistico né ideologico ma mira a estendere un diritto di civiltà anche ai lavoratori delle piccole imprese, i quali poi potranno scegliere tra il reintegro e il risarcimento». Ci sono tante piccolissime imprese, del turismo, delle pulizie, parrucchieri, «dove ogni giorno - ricorda Coppini, si verificano licenziamenti illegittimi». Un sopruso che la normativa attuale non è in grado di contrastare, dal momento che in cambio di un diritto calpestato prevede un risarcimento irrisorio. «Se questo referendum non si vince, e lo ricordo anche alla Cgil - avverte il dirigente della Filcams -, ogni possibilità di intervento in positivo rischia di venire spazzato via. In caso contrario, invece, il governo sarà costretto a prendere atto che c'è una maggioranza di italiani che va nella direzione opposta a quella intrapresa con il patto per l'Italia». Le preoccupazioni dei commercianti non convincono il sindacalista: «Billè - ribatte Coppini - dovrebbe spiegare perché in un supermercato con 25 dipendenti valgono certe regole e perché in un altro che ne ha meno di 15, quelle regole non valgono più. La concorrenza nelle aziende minori non va fatta sulla pelle della gente».
<P>Il dibattito sull'articolo 18 in corso nell'Ulivo viene definito «surreale» da Paolo Cagna Ninchi, presidente del comitato promotore del referendum: «Ognuno si fa del male come preferisce - osserva Cagna Ninchi -. Da parte dei dirigenti del centrosinistra c'è un rifiuto di prendere atto che il paese è più avanti di loro, sia sulla guerra che sulla questione dei diritti. Qualunque persona di buon senso, quando gli si chiede se è giusto licenziare un lavoratore senza un motivo, risponde di no». Eppure Fassino ha definito il referendum "anacronistico e ideologico", mentre Rutelli ha detto che "è sbagliato". «Ma nessuno dei due - accusa Cagna Ninchi - ha spiegato perché. La stragrande maggioranza dei cittadini italiani è favorevole ad estendere l'articolo 18 perché vuole difendere un principio fondamentale di eguaglianza e di giustizia. Rutelli e Fassino invece utilizzano il dibattito sull'articolo 18 per i loro problemi interni». Il presidente del comitato promotore conclude il suo intervento lanciando una sfida: «Invito a Rutelli e Fassino - dice Cagna Ninchi - a confrontarsi pubblicamente, in una sede qualsiasi, per discutere finalmente del merito del referendum e non per fare discorsi ideologici e antistorici». </P></TD></TR></TBODY></TABLE><p><br><hr size=1><A HREF="
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