[Cerchio] governatorato e poi?

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Autore: clochard
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Oggetto: [Cerchio] governatorato e poi?
dall'Unità

Nessuno scrive al governatore
di Simon Chesterman - David M. Malone

Gli Stati Uniti non hanno avuto bisogno delle Nazioni Unite per entrare in
Iraq, ma potrebbero aver bisogno delle Nazioni Unite per uscirne. In quale
altro modo, una volta terminati gli scontri a fuoco, potrebbe essere
insediato un legittimo e stabile governo iracheno? Una amministrazione
militare americana dell'Iraq è uno sbocco praticamente scontato anche perché
non sono state pianificate serie alternative. Ma poi? L'America è una
improbabile levatrice di un qualsivoglia accettabile governo iracheno. Le
motivazioni americane per insediare un tale governo verrebbero messe in
discussione in tutta la regione e qualsiasi iracheno indicato da Washington
come capo del governo potrebbe essere oggetto di critiche. Partendo dal
presupposto che gli Stati Uniti non desiderano governare l'Iraq per molti
anni, dovrebbero ricorrere all'aiuto delle Nazioni Unite per avviare un
dibattito tra gli iracheni in esilio e quelli in patria su un quadro
politico provvisorio e sui modelli costituzionali per il futuro.

Questo modello è stato adottato con considerevole successo in Afghanistan.
Mentre era ancora in corso la campagna militare guidata dagli Usa contro Al
Qaeda e i Talebani, l'inviato speciale dell'Onu, Lakhdar Brahimi, nel
dicembre 2001 riuniva a Bonn uno spaccato rappresentativo dei leader afgani
e dei leader tribali per concordare un governo provvisorio. Dall'iniziativa
scaturì un certo grado di consenso sul nome di Hamid Karzai, attuale
presidente dell'Afghanistan. Oggi Brahimi guida una missione Onu a Kabul che
garantisce appoggio politico al fragile ma riconosciuto e ammirato governo
di Karzai.

Questo modello non si adatterebbe perfettamente alle circostanze dell'Iraq,
ma presenta diversi vantaggi. Riconosce che l'Iraq è un paese troppo grande
e frammentato per essere tenuto insieme a lungo da stranieri e che ha
bisogno di essere gestito dagli iracheni il prima possibile. Inoltre accetta
il dato di fatto che qualunque nuovo governo iracheno avrà bisogno di un
notevole aiuto, aldilà della stabilizzazione militare e della ricostruzione
economica che potranno fornire gli Stati Uniti e i suoi alleati.

Stante la manifesta frustrazione dell'amministrazione Bush rispetto al
Consiglio di Sicurezza dell'Onu dopo l'adozione in novembre della
risoluzione 1441, c'è da dubitare che gli Stati Uniti siano pronti ad
avviare i necessari negoziati per ottenere l'autorizzazione del Consiglio in
vista di un significativo ruolo dell'Onu in Iraq. Le alternative, tuttavia,
sono tutt'altro che attraenti.

La Quarta Convenzione di Ginevra limita la capacità di una potenza di
occupazione di modificare lo status dei funzionari pubblici e di imporre
nuove leggi. Dal momento che gli obiettivi dichiarati della guerra in Iraq
includono il cambiamento di regime e la sua trasformazione in qualche forma
di democrazia, l'autorizzazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni
Unite garantirebbe una più solida base a tali attività.

Analogamente, è necessaria una risoluzione del Consiglio di Sicurezza anche
per sospendere le sanzioni dell'Onu contro l'Iraq tuttora in vigore. Ancora
più importante il fatto che senza la benedizione del Consiglio sarebbe
difficile per alcuni paesi e agenzie partecipare alla ricostruzione o
pagarne i costi.

Dal canto loro le Nazioni Unite sono state finora esitanti nel ritagliarsi
un ruolo politico per il dopoguerra. Una prima unità di pianificazione fu
cancellata nel dicembre 2002 nel timore che la sua esistenza potesse essere
interpretata come un ostacolo alla posizione degli ispettori dell'Onu che
all'epoca si trovavano in Iraq. Nel febbraio 2003 è stato chiesto un
rapporto riservato interno di "pre-pianificazione", rapporto immediatamente
trapelato e venuto a conoscenza della stampa.
La polemica sulla pianificazione offre un risvolto ironico. Le Nazioni Unite
vengono messe alla gogna quando, come a Timor Est, non pianificano in vista
di uno scenario da molti ritenuto probabile. Ora vengono criticate perché
pensano in via preliminare ad un disastro previsto da molti. Le tensioni
nell'ambito del processo di pianificazione riflettono anche il timore che l'
Onu possa garantire una foglia di fico all'occupazione militare americana.

Il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, lasciato fuori dalla
risoluzione 1441, è riemerso dal suo naufragio sostanzialmente illeso.
Mentre i diplomatici francesi fanno i conti dei costi politici pagati per la
posizione recentemente assunta in seno al Consiglio di Sicurezza e gli Stati
Uniti e la Gran Bretagna fanno i conti dei costi economici e dei rischi
politici per aver preso da soli questa iniziativa, la leadership di Annan
nel contribuire a trovare una soluzione in vista di un nuovo governo
iracheno potrebbe cominciare ad apparire più attraente a Washington e a
Parigi.

Le Nazioni Unite, la cui stessa esistenza è stata messa in discussione allo
scoppio delle ostilità, potrebbero uscire da questa esperienza più rilevanti
che mai - ma in modi diversi.

Simon Chesterman è membro anziano dell'International Peace Academy di New
York. David M. Malone, già ambasciatore del Canada alle Nazioni Unite, è
presidente dell'Academy

© International Herald Tribune
Traduzione di Carlo Antonio Biscotto