[Cerchio] Il momento della verità

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"Il momento della verità".

Sono giorni tragici.
Un paese già devastato da una guerra (nel '91) e da
anni di embargo, viene ora sottoposto ad un attacco di
inaudita violenza, aereo e via terra a un tempo.
Certo, i media cercano di tranquillizzarci, sostenendo
che sarà ridotto al minimo il numero delle vittime
civili. Ma noi non gli crediamo e non solo perchè
rifiutiamo la propaganda bellica. C'è di più. Hanno
tentato di farci convivere con la guerra, da anni
ritornata ad essere una presenza costante nelle nostre
vite. Ma essa continua a sconvolgerci, facendoci
confrontare con una realtà che si manifesta, come non
mai, in tutta la sua brutalità. Si pensi agli Stati:
normalmente presentati come luoghi della
partecipazione collettiva, essi si rivelano ora per
quello che sono, cioè come enti che monopolizzano la
violenza sui corpi, all'interno come all'esterno. Gli
USA, ad esempio, mentre distruggono l'Iraq, reprimono
selvaggiamente il tenace movimento che -nel nome di
un radicale rifiuto del militarismo- scende in piazza
da Washington a San Francisco.
Ma la guerra in corso, fa emergere anche un'altra
violenza, peraltro intrecciata a quella degli Stati:
la violenza del capitale. E' vero, la quotidianità di
milioni di persone è segnata dalle regole che dominano
il mercato mondiale e la divisione internazionale del
lavoro. Dalle regole che strozzano lo sviluppo di
molti paesi, costringendoli a realizzare
un'agricoltura da esportazione e non legata ai bisogni
locali, nonchè a vendere a basso costo le materie
prime che "i paesi più avanzati" useranno per produrre
merci ad altissimo prezzo. Ma questi meccanismi, che
portano milioni di persone a morire per fame, agiscono
in modo impercettibile, imponendo la propria logica
spietata come fosse una legge di natura, come si
trattasse di una calamità (un terremoto, un'alluvione)
contro la quale c'è poco da fare.
Solo la guerra, a ben vedere, riesce a far emergere il
vero volto del sistema economico che permea di sé
l'intero globo. Soprattutto ora, in una fase in cui,
per il capitale, non vi sono più né nuovi mercati da
conquistare né territori inesplorati dove trovare
risorse mai sfruttate o dove non si è mai investito
prima. In tale contesto, lo scontro tra le potenze
capitalistiche per accaparrarsi le fonti di ricchezza
o per trovare sbocchi ai propri capitali, non può che
essere aspro, non può che portare alla guerra!
L'attuale aggressione all'Iraq lo conferma. Essa è
voluta dagli USA per collocare -nell'opera di
ricostruzione di un paese distrutto- i propri capitali
in eccedenza, ma anche per appropriarsi del petrolio
iracheno a scapito di altri Stati (Russia e Francia).
In fondo, l'aspetto preventivo di questa come delle
guerre che verranno rimanda alla volontà di impedire
che emergano potenze (Russia, Cina, Francia, l'Europa
qualora trovasse l'unità) in grado di dare filo da
torcere agli USA nello scontro per il controllo del
globo. Ma la competizione rimane comunque aperta e
Paesi che pur si oppongono al crimine perpetrato
contro la popolazione irachena, intervengono
militarmente in altri contesti. E' il caso della
Francia in Costa d'Avorio, in un paese, cioè, che
risulta essere l'avamposto del tentativo parigino di
avere l'egemonia sull'Africa. Ora, se la situazione è
questa, occorre evitare di sostenere chi, condannando
la prepotenza yankee, si renda responsabile di proprie
iniziative imperialiste. Bisogna rifiutare non solo la
guerra, ma anche il sistema economico da cui essa
origina. Bisogna far nascere ora, nelle piazze gremite
e nelle assemblee affollate, il principio di una
società diversa. Una società dove la decisione su
come, cosa, quanto produrre sia collettiva e dove
venga superata -nel segno della partecipazione
diffusa- quella stessa logica della rappresentanza che
altro non è se non espropriazione della volontà delle
masse, come dimostrano i governanti che disprezzano
manifestazioni di milioni di persone. Una società,
ancora, dove non vi sia più spazio per aggressioni
imperialiste, perchè forte sarà in essa la spinta a
superare le barriere per costruire la comunità umana.
Per superare quella preistoria ad alto livello
tecnologico che si chiama capitalismo, entrando
finalmente nella storia, nell'era in cui la libertà di
uno sarà la condizione per la libertà di tutti.

Contro il capitale e la sua logica di sterminio, per
la comunità umana, per il comunismo!


CORRISPONDENZE METROPOLITANE - Collettivo di
controinformazione e di inchiesta (Roma)




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