[Lecce-sf] No e poi no

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Forse stanotte, forse domani o dopo, la guerra sarà entrata nelle nostre case. Non è più un'attesa ma una certezza. Per noi sarà ancora un'immagine, per molti altri la morte fisica. Non comincia la guerra contro un paese e la sua popolazione ma una guerra contro il mondo che non la vuole, contro lo spirito pubblico, contro la ragione, contro la comunità e la convivenza internazionali. Una fredda guerra di aggressione, il giorno della menzogna. Non è più tempo di diplomazia neanche nell'uso delle parole. Chi ne ha memoria ha avvertito qualcosa di nazista nell'ultimatum rivolto al mondo dal triangolo delle Azzorre. Uno stile e un tono hitleriani. La superbia militare, l'autoinvestitura di tre piccoli uomini a demiurghi, la brutalità sbrigativa senza solennità. Tutta questa potenza e sciatteria contro un ex vassallo arabo? Non c'è proporzione, è il prologo di una dottrina che proclama un nuovo ordine e un incontrastato dominio.

Nessuno pensi che sia stato vano sperare il contrario. Se questa guerra non è stata impedita né dall'insorgenza senza precedenti della coscienza pubblica, né dai patti scritti col sangue della seconda guerra mondiale, né da stati e governi di quattro continenti, né dall'autorità spirituale di un sommo pontefice, è stata però dispogliata moralmente e squalificata politicamente anche agli occhi di chi non avversa la guerra in linea di principio. Questo non sminuisce la tragedia e non salverà né consolerà le vittime innocenti ma ci permette di affrontare il presente e il futuro dalla parte giusta e con animo saldo, non con l'animo dei profeti disarmati. Questo patrimonio continuerà a pesare potentemente durante e dopo la guerra contro chi la scatena e contro i suoi funesti effetti.

E' così sconvolgente, lo scenario che si apre (ma era già aperto, da quando una banda glaciale e invasata si è impadronita con frode degli Stati uniti), che ancora vorremmo esorcizzarlo. La militarizzazione di ogni cosa, i fondamentalismi e gli estremismi reciproci, i nazionalismi esasperati, i sobbalzi dell'economia, questa è la lava che erutterà il vulcano. Ma in questa vigilia mettiamo al primo posto il disgusto per la macelleria dei più forti contro i più deboli, di quelle armate signorili contro una popolazione atterrita. Se non apparisse un espediente, ci verrebbe spontaneo ringraziare Karol Wojtyla per l'umana sincerità del suo ultimo appello. Una sincerità che veniva dalla memoria della persona, prima che da un pontefice.

Non potrà farlo ed è illecito anche dirlo, non scenderà da un elicottero nella terra promessa o nella città delle mille e una notte come un pellegrino. Un atto evangelico, anzi messianico, fuori del tempo. Proprio per questo sarebbe un sogno, non un segno ma un sogno, capace di salvare la pace un minuto prima.

Luigi Pintor