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Szerző: antonio bruno
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Tárgy: [NuovoLaboratorio] Baghdad: gli aiuti italiani, tra i primi ad arrivare
Baghdad: gli aiuti italiani, tra i primi ad arrivare

Un giorno e una notte su un camion nel deserto prima
giordano poi iracheno. I ponti crollati, i check point militari, gli
iracheni ad accoglierli. Il primo viaggio degli aiuti umanitari italiani.


BAGHDAD - Hanno viaggiato un giorno e una notte, attraverso la Giordania
prima, e l'Iraq devastato dalla guerra poi.

Hanno raggiunto la capitale irachena solo a mezzogiorno di oggi, a bordo di
una jeep e con un camion pieno di medicinali

Insieme ai cinque gi=E0 presenti a Baghdad, i tre inviati italiani di Terres
des Hommes, Ics e "Un ponte per", rappresentano la delegazione umanitaria
pi=F9 numerosa, fra quelle internazionali che per prime si sono incaricate d=
i
portare aiuti, generi alimentari, e soprattutto medicinali per gli iracheni
segnati da venti giorni di conflitto e da dieci anni di embargo
internazionale.=20

L'arrivo sembra essersi svolto senza traumi."A vederlo cos=EC l'Iraq sembra
un paese del tutto tranquillo. L'intero viaggio si =E8 svolto senza quasi
incontrare nessuno. Siamo partiti da Amman ieri all'alba, per giungere a
Baghdad oggi a mezzogiorno. Sulla strada abbiamo incontrato soltanto due
pattuglie leggere dell'esercito australiano. Ma non ci hanno nemmeno
fermato per un controllo. Le strade sono poco presidiate, ma sembrano
sicure".=20

A tenere il primo diario degli italiani nell'Iraq post-bellico =E8 Stefano
Kovac. Ha casa a Genova, e da almeno dieci anni lavora girando il mondo per
conto delle organizzazioni umanitarie, ma a Baghdad non c'era mai stato.
"Che farci? Il mondo =E8 grande, e sono molti quelli che hanno bisogno di
aiuto", ironizza amaramente al telefono satellitare, la voce ancora resa
rauca dalla polvere inghiottita durante il viaggio.=20

La comunicazione si rompe spesso. L'Iraq, nonostante la fine del conflitto,
=E8 ancora un luogo lontano e dimenticato dal mondo.=20

Per i tre italiani in viaggio verso Baghdad, un bivacco notturno nel
deserto, accompagnati da una guida esperta: un autista iracheno, reclutato
ad Amman, con il compito di guidarli fino all'ex citt=E0 simbolo di Saddam.

La loro avventura, infatti, comincia proprio nella capitale giordana, ma
dall'Italia sono partiti quasi due settimane fa, quando ancora il conflitto
era all'inizio. Ad Amman hanno raccolto medicinali, garze, cerotti, e
materiale chirurgico, spendendo i soldi messi a disposizione dall'Italia
grazie ai fondi delle varie organizzazioni. Ora Kovac spiega orgoglioso:
"Li distribuiremo personalmente negli ospedali. Stiamo gi=E0 valutando le
varie necessit=E0. Poi cominceremo a dividere i medicinali".

Il primo contatto con i militari lo hanno avuto alla frontiera con l'Iraq,
dove sono arrivati di notte. Ad accoglierli un drappello di soldati
americani, insieme a un doganiere iracheno. "E' lui che ci ha controllato i
documenti - racconta Kovac - anche se era in borghese e non in divisa. I
militari americani stavano solo l=EC per controllare. Un modo per dimostrare
che il paese =E8 ancora in mano agli iracheni".

Le strade, li avvertono, sono poco sicure. Ma a loro, di brutte avventure
non ne capitano. "Abbiamo viaggiato tranquilli, e senza paura. La strada =E8
asfaltata e in buone condizioni. Sono vie usate anche dai soldati, che non
sono state bombardate. Abbiamo avuto problemi solo di fronte a due ponti
abbattuti, superati con mezzi di fortuna. Poi la strada verso Baghdad era
dritta e sgombra". L'incontro con le pattuglie australiane si svolge senza
problemi. Il vero, e primo, check point militare, lo superano solo dopo
aver varcato le mura della capitale.

"I militari ci hanno fermato davanti all'Hotel Palestine, lo stesso dove
sono ospitati i giornalisti internazionali. Hanno controllato tutto, dai
documenti al camion". I tre italiani hanno le carte in regola. E cos=EC anch=
e
l'autista iracheno. Passano, e possono finalmente arrivare davanti alla
sede della Croce rossa internazionale, dove cominciano a scaricare le casse
con gli aiuti. "In citt=E0 la paura sembra ancora molta, soprattutto per le
minacce di saccheggi o di vendette. Abbiamo visto iracheni portarsi via di
tutto".

Di occidentali senza divisa ce ne sono pochissimi. "Gli iracheni sono tutti
cordiali e gentili con gli stranieri, senza chiedere da dove veniamo".

Di fatto, non sono molte le facce "occidentali" che si vedono girare in
citt=E0 senza vestiti grigioverde addosso. "Siamo davvero pochi, forse solo
noi - racconta Kovac - Noi italiani siamo quasi certamente la
rappresentanza civile non straniera pi=F9 numerosa. Da domani incontreremo
anche le altre, e cominceremo a girare per gli ospedali. Per ora bisogna
prima verificare dove =E8 pi=F9 impellente la necessit=E0 di aiuti".=20

La sua missione, in effetti, nonostante la lunga permanenza in Giordania e
il viaggio avventuroso, comincia solo ora: "Non so quanto mi fermer=F2 a
Baghdad, ma certo non rientrer=F2 in Italia per un lungo periodo. Finita la
distribuzione torno ad Amman, aspetto nuovi soldi dall'Italia, vado a
comprare medicinali e viveri di prima necessit=E0 e organizzo un altro=
viaggio".

Per pensare al futuro, insomma, c'=E8 tempo. Da oggi, Stefano Kovac e i suoi
colleghi, cominciano il viaggio tra la disperazione degli ospedali
iracheni. Poi di nuovo la spola tra Giordania e Iraq. Con una soddisfazione
in pi=F9. Che tra le prime mani tese al popolo iracheno dopo la fine del
conflitto, ci sia anche e soprattutto quella italiana.=20

(16 APRILE 2003, ORE 15.29)
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"Eppure il vento soffia ancora...."
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antonio bruno
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