[Lecce-sf] AFFIDO CONDIVISO? NO, COATTO.

Delete this message

Reply to this message
Autore: luisa rizzo
Data:  
Oggetto: [Lecce-sf] AFFIDO CONDIVISO? NO, COATTO.
ASSOCIAZIONE VOLONTARIE DEL TELEFONO ROSA - TORINO
telefonorosa@??? ì


COMUNICATO STAMPA


AFFIDO "CONDIVISO"?
NO, COATTO.

GENITORI FITTIZIAMENTE UNITI
NELL'AFFIDO CONGIUNTO"OBBLIGATORIO"
DONNE LEGATE A PARERI DIVERGENTI, NUTRICI SENZA AUTONOMIA
BAMBINI LACERATI TRA ASPETTATIVE DI DECISIONI NECESSARIAMENTE CONGIUNTE
CHE, NELLA CONFLITTUALITA', NON SI POSSONO RAGGIUNGERE:
MA LE LEGGI NON SERVONO, ANCHE, A TUTELARE I MINORI
E CHI, COME LE DONNE, DAL PASSATO EREDITA SPESSO DIPENDENZA?


Il giorno               alle ore
Presso il Telefono Rosa di Torino terrà una conferenza stampa per illustrare
il nostro pensiero sui significati più profondi  della proposta di legge
sull'affido "condiviso".
Sulla base del dibattito svolto dall'Associazione in merito alla proposta di
legge Tarditi, il Telefono Rosa chiederà il coinvolgimento delle forze
politiche, sociali e sindacali e della pubblica opinione per la firma del
documento di critica e di rigetto della proposta, così come è stata
articolata.


Ciò premesso.

Il Telefono Rosa di Torino ha nutrito, negli ultimi tempi, un dibattito
interno sulla proposta di legge n. 66/01, più comunemente conosciuta come
"proposta sull'affido condiviso".
Nel ritenere tale proposta (apparentemente liberatoria nei confronti delle
pari opportunità tra i due genitori) densa di elementi che, se approvati,
aprirebbero invece scenari laceranti non solo per la conflittualità talvolta
già duramente subita da uno dei partner (più spesso quello femminile) ma
anche nei confronti dei minori, la nostra Associazione ha inteso avviare
una riflessione e una lettura critica.
Una lettura critica che si vorrebbe condividere con le associazioni di
genere e culturali, con il mondo politico e sindacale e con i singoli
esponenti del mondo politico e culturale del nostro Paese.
Che vi siano nella cultura italiana profonde radici che investono la
mascolinità e la femminilità è vero; come è altrettanto vero che esistono
profonde differenze tra maternità e paternità, dove il principio di parità
tende a sfociare, a volte, in improbabili questioni di eguaglianza.
In nome di una eguaglianza, e di diritti che le pur perfettibili norme
attuali comunque già consentono di perseguire, si aprono gli scenari di
una proposta di legge che continua il suo iter senza clamori: con il
rischio di vederla in dirittura d'arrivo, se non approvata, senza che l'
opinione pubblica se ne accorga.
E' una legge i cui titoli sono esaltanti: la proposta n. 66/01 ha l'
ambizione di presentarsi come efficace normativa tendente ad eliminare la
maggior parte dei conflitti generati dalle separazioni coniugali, e
specialmente a responsabilizzare padri latitanti o anche solo indifferenti.
Con queste premesse, ovviamente in astratto più che condivisibili, diventa
delicato ed impopolare contestare i contenuti della proposta. A nostro
avviso, però, la riforma (che pare non tener conto del fatto che le
genitorialità responsabili e civili sono in grado di raggiungere equilibri
basati sul consenso già alla luce dell'attuale normativa) non solo
allontana la prospettiva della concreta tutela nelle situazioni
problematiche, ma addirittura fomenta il conflitto. Se è vero, com'è vero,
che le capacità genitoriali ed il senso di responsabilità non nascono dalle
norme, e che l'uso strumentale della legge può diventare potente arma di
ricatto o di conflitto, ci pare che questa proposta si presti ad agevolare
il perseguimento di scopi diversi da quelli che appaiono da enunciazioni di
facciata.
E' per lo meno illusorio pensare che questa riforma regali nuovi stili di
accudimento, e garantisca una maggiore condivisione delle piccole e grandi
fatiche quotidiane. Come non vi sono oggi, neppure un domani, con questa
legge, vi sarebbero efficaci strumenti per assicurare l'effettiva presenza e
responsabile partecipazione, anche educativa, di padri inadeguati.
Purtroppo non basta evocare la condivisione per farla effettivamente
esistere: e le separazioni conflittuali - con poco timore di smentite -
rappresentano in buona sostanza se non la maggioranza degli scioglimenti dei
vincoli quantomeno una significativa percentuale. Non pensiamo soltanto a
quelle separazioni determinate da partner latitanti, violenti, distratti o
inaffidabili: parliamo anche di quella occulta o evidente tensione che può
dare vita a semplici ma angoscianti atteggiamenti ricattatori del genitore
che domani diverrebbe coaffidatario
Nella conflittualità, l'affermazione velleitaria di un principio di
fittizia parità tende a togliere al soggetto svantaggiato (di solito la
madre) quegli elementi di tutela che le consentono, almeno da un certo
punto in poi, di affrancarsi da un partner magari litigioso o indifferente
se non del tutto violento e maltrattante.
Con questa legge i vincoli, anche non matrimoniali ne' dettati da una
effettiva convivenza, regolano coattivamente i rapporti tra i genitori,
magari ormai indifferenti tra di loro, apparentemente nel nome di una comune
responsabilità "formale" nei confronti dei figli. Pensiamo ad esempio ai
vincoli al principio costituzionale della "libera circolazione" sul
territorio dello stato del genitore con il quale i figli vivono; oppure alle
modalità con le quali il genitore non affidatario, magari destinatario di
ordini di tutela e protezione pronunciati dal giudice nell'interesse dei
figli, potrebbe a buon titolo dar corso a comportamenti finalisticamente
vendicativi nel momento in cui cessasse questa condizione. E pensiamo anche
al momento in cui la separazione chiuda un regime di matrimonio o di
convivenza in cui la donna sia stata oggetto di vessazioni, maltrattamenti o
violenze di vario genere, o anche solo di dipendenze di tipo psicologico o
economico. Se una separazione può consentire ad un soggetto di interferire
pesantemente nel futuro dell'altro, addirittura - estremizzando - potrebbe
apparire preferibile un legame non più voluto, ma accettato solo per
evitare altra forma di invadenza e continuo condizionamento della vita
propria e dei figli.
Sembra invece, in buona sostanza, un elaborato tentativo di scambiare una
genitorialità con una familiarità che, una volta acquisita, non si può più
abbandonare, nè nello spazio (bisogna garantire abitazioni vicine tra loro,
dimore adeguate etc.) nè nel tempo e nei modi (progetti educativi condivisi
e distinti, ed integrati dal giudice): per di più, privando il genitore
convivente dell'assegno di mantenimento, soppresso e sostituito con
accademiche previsioni (le cosiddette contribuzioni per capitoli di spesa)
che avranno il solo effetto di rendere più macchinoso e più facilmente
eludibile l'obbligo di contribuire al mantenimento dei figli.
Non è sufficiente una critica anonima.
Invitiamo quindi tutti coloro che, a livello individuale o
associazionistico, politicamente o culturalmente, condividono la nostra
impostazione, a firmare questo documento che andrà presentato al più presto
a tutte le forze sensibili sociali e politiche che operano nel nostro Paese,
unitamente alla nostra lettura critica del testo normativo.
E' un appello urgente, dettato dal fatto che non si può far trascorrere
altro tempo senza assumere posizioni concrete e consapevoli avverso
provvedimenti che, di fatto, annullano o ostacolano la responsabilità delle
persone facendo finta, invece, di volergliela attribuire.

Associazione Volontarie del Telefono Rosa di Torino