[Lecce-sf] Fwd: GUERRA, PROTESTE E LEGALITA' COSTITUZIONALE

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Aihe: [Lecce-sf] Fwd: GUERRA, PROTESTE E LEGALITA' COSTITUZIONALE
Vi invio una interessante riflessione di Michele DI SCHIENA sul tema in
oggetto.
Mauro PASCARIELLO
>
>GUERRA, PROTESTE E LEGALITA' COSTITUZIONALESulla partecipazione di fatto
>dell'Italia in guerra, sulle proteste non violente, sul ruolo del Capo
>dello Stato una riflessione, con alcune considerazioni in diritto, di
>Michele Di Schiena, magistrato
>
>Da far girare o utilizzare se e come credete.
>
>
>
>GUERRA, PROTESTE E LEGALITA' COSTITUZIONALE
>
>Michele DI SCHIENA
>
>
>
>Le manifestazioni non violente di protesta contro la partecipazione
>dell'Italia alla guerra che si stanno in questi giorni svolgendo sui
>binari, nei porti, negli aeroporti e sulle strade, sono non soltanto lecite
>ma anche meritorie per il loro alto valore civile e democratico se
>riguardate, come sarebbe per tutti doveroso fare, nell'ottica della cultura
>costituzionale. Esse esprimono infatti un radicale rifiuto della
>partecipazione del nostro Paese ad atti preparatori della guerra
>statunitense contro l'Iraq, quali indubbiamente sono il trasporto e lo
>smistamento sul territorio nazionale di uomini, mezzi, attrezzature ed
>armamenti con l'utilizzo di strutture e di personale operativo del nostro
>Paese.
>
>Al di là delle cortine fumogene è dunque chiaro che il governo sta già
>"facendo" la guerra se è vero come è vero che la partecipazione ad un
>conflitto bellico, come a qualunque altra impresa, individuale o
>collettiva, privata o pubblica, non si consuma solo nel momento principale
>e attuativo ma anche in quelli della progettazione, della preparazione e
>della prestazione di contributi collaborativi di qualsiasi genere.
>Operatore di guerra non è perciò solo lo stato che bombarda o manda le sue
>truppe in prima linea ma anche quello che concorda, favorisce o supporta le
>iniziative militari. E sì, perché cultura giuridica e comune buon senso
>impongono di ritenere che le azioni dei compartecipanti perdono la loro
>individualità e si integrano a vicenda per costituire un complesso
>unitario, un'unica operazione da tutti voluta e da tutti attuata e, proprio
>per questo, interamente attribuibile ad una comune ed inscindibile
>responsabilità.
>
>Il governo Berlusconi sta allora conducendo una guerra illegale nella
>sostanza perché "preventiva" e perciò vietata dall'art. 11 della
>Costituzione che "ripudia" il ricorso alle armi per ragioni che non siano
>rigorosamente difensive ed illegittima sotto il profilo formale perché non
>deliberata dalle Camere e non dichiarata dal Presidente della Repubblica,
>come rigorosamente prescrivono gli articoli 78 e 87 dello Statuto. Una
>guerra quindi in palese violazione di un precetto costituzionale, quello
>appunto dell'art. 11, netto ed assoluto che non può subire limitazioni
>interpretative con impropri richiami al principio "pacta sunt servanda"
>anche perché nessuno dei patti sottoscritti dal nostro Paese, ed in
>particolare né quello delle Nazioni Unite né quello Atlantico, sancisce il
>dovere di partecipare a guerre del tipo di quella ostinatamente voluta da
>Bush contro la coscienza civile e la sensibilità religiosa di milioni e
>milioni di uomini. Con la conseguenza che queste organizzazioni
>internazionali non possono autorizzare l'attacco all'Iraq perché, se lo
>facessero, si condannerebbero all'estinzione per avere esse stesse
>stracciato gli statuti da cui traggono vita e legittimazione.
>
>E' perciò inaccettabile l'opinione di chi, guardando dall'opposizione alla
>vicenda politica nostrana, ritiene che una "sinistra di governo", che
>voglia tornare al più presto alla guida del Paese, si dovrebbe subito
>dichiarare dalla parte dell'Onu senza riserve o tentennamenti, quali che
>possano essere le definitive decisioni del Consiglio di Sicurezza. Si
>tratta di una tesi non solo affetta da un deprimente relativismo etico e
>politico ma anche del tutto priva proprio di quel realismo di cui sembra
>menar vanto in quanto spinge il centrosinistra a cercare illusori ancoraggi
>nello spazio perdente del nulla dove l'Onu si caccerebbe qualora,
>rinnegando se stessa, autorizzasse la guerra di Bush.
>
>Ma in questa tortuosa vicenda c'è una questione di grande rilievo che va
>affrontata e chiarita. La deliberazione dello stato di guerra da parte del
>Parlamento col conferimento al governo dei necessari poteri e la successiva
>"dichiarazione" da parte del Capo dello Stato sono atti a forma vincolata e
>"solenne" che hanno la specifica funzione di richiamare l'attenzione dei
>parlamentari, delle istanze democratiche e dell'intero Paese sulla gravità
>di una scelta di guerra, sulla sua legittimazione o meno sotto il profilo
>costituzionale e sulle responsabilità politiche che una tale decisione
>comporta. Ora, se è vero come è vero che la decisione sulla partecipazione
>alla guerra spetta alla responsabilità del Parlamento, è anche certo che la
>"dichiarazione" dello stato di guerra da parte del Presidente della
>Repubblica, supremo organo di garanzia, non ha solo una mera funzione
>dichiarativa ma anche un indubbio contenuto di controllo sul merito e sulla
>forma della deliberazione delle Camere. Va perciò ribadito che di fronte ad
>una scelta di guerra del potere politico, il Capo dello Stato ha nelle sue
>mani un importante potere: può richiamare l'attenzione del Parlamento e del
>Governo sull'insuperabile esigenza di rispettare il disposto dell'art. 78
>dello Statuto se la deliberazione dovesse mancare o risultare non
>costituzionalmente corretta nella forma. E, se invece lo fosse nella forma
>ma si rivelasse nel merito in contrasto con l'art. 11, può, in analogia con
>quanto è previsto per le leggi, sospendere l'impropria deliberazione
>inviando un motivato messaggio alle Camere e chiedendo un adeguato
>approfondimento che tenga conto dei rilievi formulati. E potrebbe inoltre
>il Capo dello Stato, in caso di conferma della decisone di guerra e di
>perdurante suo dissenso, rassegnare le dimissioni come atto estremo di
>fedeltà alla Costituzione repubblicana.
>
>Allora è in questa ottica che vanno riguardate le manifestazioni di blocco
>sostanzialmente simbolico dei convogli di morte per ribadire che esse sono
>atti in difesa della Costituzione e quindi democraticamente apprezzabili e
>giuridicamente legittimi, tanto che contro di essi non sembra si sia potuto
>finora andare oltre qualche incerta denuncia. per riunioni pubbliche "non
>preavvisate". Ma se le cose dovessero cambiare e si tentasse di
>criminalizzare la protesta popolare con ben più pesanti interventi e
>denunce, sarebbe allora l'autorità giudiziaria chiamata a fare giustizia
>anche ricorrendo, ove ritenuto necessario, all'applicazione delle esimenti
>dell' "esercizio di un diritto" o dello "stato di necessità", interpretando
>le relative norme estensivamente alla luce delle grandi direttive
>costituzionali, per evitare che la legalità venga usata contro se stessa e
>che per impulso di un potere che viola la Costituzione vengano
>ingiustamente puniti coloro che a viso aperto scendono in piazza per
>difenderla. E questo fanno mentre il governo sta già compiendo atti di
>guerra illegittimi sotto ogni profilo senza che vengano mossi rilievi da
>parte delle alte magistrature dello Stato deputate a garantire la legalità
>costituzionale.
>
>Brindisi, 3 marzo 2003
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