----- Original Message -----
From: "Carlo Gubitosa" <c.gubitosa@???>
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Sent: Wednesday, February 26, 2003 11:55 AM
Subject: PETER ARNETT - Bagdad 1991: io c'ero e purtroppo ho visto
> Fonte: http://italy.indymedia.org/news/2003/02/184206.php
>
> Bagdad 1991: io c'ero e purtroppo ho visto
>
> di PETER ARNETT
>
> Tutto comincio' con la storia della fabbrica di latte in polvere per
> bambini. Fino ad allora, l'amministrazione Bush era stata una sostenitrice
> entusiasta di come la Cnn stava coprendo i bombardamenti su Bagdad del
'91.
> I nostri notiziari in diretta dal 9° piano dell'Hotel al-Rashid facevano
> pensare che i missili Cruise e le bombe stessero trovando i bersagli
> designati, e cioe' centrali di comando, caserme, palazzi e rifugi di
> Saddam. Cio' che riportavamo pareva confermare la valutazione del
Pentagono
> che le uccisioni di civili fossero nulle. Ma un giorno piovvero quattro
> bombe su un impianto industriale alla periferia di Bagdad, e la luna di
> miele fini'. Venni portato sul posto dal mio "guardiano" iracheno assieme
a
> una troupe. Lasciammo l'autostrada appena oltrepassato un grande manifesto
> sbiadito di Saddam Hussein intento a consolare un bambino afflitto.
>
> L'ingresso portava un cartello scritto rozzamente, che in arabo e inglese
> diceva "baby milk plant" (fabbrica di latte per bambini). I funzionari
> iracheni dissero che la fabbrica produceva 20 tonnellate di latte in
> polvere al giorno per i bambini della capitale. Camminavo immerso fino
alle
> caviglie nella polvere bianca. I documenti che giacevano attorno
> descrivevano il prodotto come un miscuglio di malto, estratto zuccherino e
> latte. Io presi una bracciata di confezioni intatte per distribuirle ai
> bambini, una volta rientrato in albergo. Mi sembro' un impianto innocuo.
>
> Quella sera riferii alla Cnn col mio telefono satellitare quello che mi
era
> stato detto dagli iracheni: che lo stabilimento era l'unica fonte a Bagdad
> di alimenti liquidi per l'infanzia, e che non si trattava di un obiettivo
> legittimo. Me ne andai a letto. Quando mi svegliai il mattino dopo,
> sintonizzai la radio sulla Bbc e scoprii di avere riportato una delle
> storie piu' controverse della mia carriera. Il portavoce della Casa
Bianca,
> Marlin Fitzwater, mi diede del bugiardo. Lo stesso presidente George Bush
> aveva visto il servizio, disse Fitzwater, "e non era stato contento". Lo
> stabilimento non produceva latte in polvere, come dichiarato dagli
> iracheni, ma era "una struttura per produrre armi biologiche", affermo'
> Fitzwater. Quanto al giornalista della Cnn Peter Arnett, era "un canale
> della disinformazione irachena".
>
> Comincio' cosi' una guerra di parole. La fabbrica di latte per bambini fu
> solo la prima di una valanga di immagini, provenienti dall'interno
> dell'Iraq, che sembravano sbugiardare le ripetute vanterie del Pentagono
> sulla loro nuova generazione di armamenti a prova d'errore. Il giorno 8, a
> Bagdad vennero distrutte tre case con i loro abitanti. Il 9, vennero
> bombardati diversi isolati in una citta' a nord di Bagdad, con molte
> dozzine di morti. Il 10, altri bombardamenti sulle case a Najaf. La Cnn
> divenne oggetto della collera ufficiale perche' precedeva regolarmente la
> concorrenza e attirava con i suoi servizi moltissimi telespettatori.
>
> Il comandante della coalizione militare, il generale Norman Schwarzkopf,
> risolse il proprio dilemma morale spegnendo la Cnn nel suo bunker.
> L'amministrazione Bush, ben sapendo che gli spettatori d'America erano
> maniaci dei servizi sulla guerra, organizzo' una complessa campagna per
> assassinare il personaggio. Io venni denunciato davanti al Congresso. Il
> delegato della Pennsylvania, Laurence Coughlin, disse: "Arnett e' il
> Goebbels del regime hitleriano di Saddam".
>
> Le basi logiche di chi mi criticava erano che le mie osservazioni fossero
> menzogne dirette oppure, se erano accompagnate da filmati, che gli stessi
> incidenti fossero stati creati ad arte dai servizi iracheni.
L'insinuazione
> era che Saddam Hussein stesse radendo al suolo le proprie citta' per
> ottenere immagini propagandistiche. Forse qualcuno avrebbe potuto perfino
> crederci se glielo si fosse ripetuto abbastanza, e certo in quelle prime
> settimane di guerra l'amministrazione Bush eludeva le critiche serie. Ma
> poi arrivo' il 13 febbraio, e il gioco del biasimo fini'.
>
> Quel mattino alle 4.50 un jet americano sgancio' due missili a guida di
> precisione su di un rifugio antiaereo civile nel quartiere Amariya, a
> Bagdad. Donne, bambini e anziani erano pigiati all'interno; i morti furono
> circa 400. Vi discesero i giornalisti, ed entro poche ore le immagini piu'
> raccapriccianti della guerra scioccarono gli spettatori di tutto il mondo.
> Il Pentagono cerco' di spiegare che il rifugio era un obiettivo legittimo
> perche' c'erano antenne della radio, e avrebbe potuto essere utilizzato a
> fini militari. Pochi la bevvero. Il ministro degli Esteri russo, venuto in
> visita pochi giorni dopo, mi disse che il presidente Mikhail Gorbaciov
> l'aveva mandato a Bagdad "perche' questa carneficina deve finire".
>
> Il dibattito sul bombardamento di Amariya sposto' l'attenzione dalla mia
> credibilita' a quella del Pentagono. Le immagini erano state cosi'
> sconvolgenti che la gente comincio' a farsi domande sulla politica. Molto
> dopo la guerra appresi che, in fin dei conti, la politica era stata
> cambiata dal massacro nel rifugio, e che i cosiddetti "obiettivi
> militari-civili" erano stati radiati dalla lista dei bombardamenti, almeno
> per quanto restava della guerra del Golfo.
> Pero', da allora, la tolleranza verso immagini spiacevoli di guerra sembra
> aver messo a dura prova la pazienza dei politici americani.
> L'amministrazione Clinton approvo' il bombardamento del centro televisivo
> di Belgrado, durante la guerra del Kosovo, appena qualche ora dopo che la
> maggioranza dei giornalisti televisivi occidentali aveva chiuso i
notiziari
> serali. L'ufficio di Kabul della controversa Al Jazira , la cosiddetta "
> Cnn araba", venne spazzato via durante l'attacco a Kabul del 2001.
> Senza dubbio i giornalisti bramosi di notizie si piazzeranno di nuovo sui
> tetti degli alberghi di Bagdad, se dovesse scoppiare un'altra guerra.
>
> da The Guardian (traduzione di Laura Toschi)
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> 23 febbraio 2003
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