[Lecce-sf] Fw: Lettera aperta a Berlusconi: Medici italiani …

Borrar esta mensaxe

Responder a esta mensaxe
Autor: Carlo Mileti
Data:  
Asunto: [Lecce-sf] Fw: Lettera aperta a Berlusconi: Medici italiani contro la guerra
----- Original Message -----
From: "Angelo Stefanini (by way of Carlo Gubitosa
<carlo.gubitosa@???>)" <stefanin@???>
To: <news@???>
Sent: Saturday, February 22, 2003 12:35 AM
Subject: Lettera aperta a Berlusconi: Medici italiani contro la guerra


> Carissimi,
> allego la Lettera aperta spedita il 13 feb (assieme a 704 adesioni

raccolte
> in meno di 10 giorni) a Berlusconi e p.c. a Ciampi e Sirchia, oltre che

alle
> agenzie di stampa. Questa mattina abbiamo superato le 1000 adesioni (la
> stragrande maggioranza per e-mail) da tutta Italia. Le adesioni, riservate
> ai medici, vanno inviate con nome, qualifica, istituzione e città a
> stefanin@??? o anche via fax al 051 2094839.
> Vi prego di diffondere.
> A presto
>
> Angelo
>
> Dr. Angelo Stefanini
> Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica
> Università di Bologna
> Via S. Giacomo 12
> 40126 Bologna
> Tel: 051 2094833 Fax: 051 209 4839
> e-mail: stefanin@???
> cell: 348 7784787
>
> -----------------
>
>
> LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO,
> SILVIO BERLUSCONI
>
> Medici italiani contro la guerra
>
>
> Alla vigilia di una guerra considerata inevitabile, perche' fortemente
> voluta da alcuni governi, si sono sviluppati in tutto il mondo vasti
> movimenti di opposizione, anche tra le organizzazioni mediche e sanitarie
> [BMJ 2003; 326: 184.]. Oltre 500 tra docenti e studenti della London
> School of Hygiene and Tropical Medicine hanno sottoscritto una lettera
> aperta al Primo Ministro Tony Blair, pubblicata sul British Medical

Journal
> [BMJ 2003; 326: 220.] e sul Lancet [The Lancet 2003; 361(9354): 345.],

come
> contributo al dibattito tra il governo e l'opinione pubblica sulla
> necessita' di opporsi all'azione militare sul terreno etico ed umanitario,
> al di la' di ogni punto di vista politico o religioso. L'International
> Physicians for the Prevention of Nuclear War, l'Australian Medical
> Association for Prevention of War, il gruppo canadese Physicians for

Global
> Survival hanno preso iniziative autonome per sensibilizzare i propri
> governi sulla necessita' di prevenire la guerra in Irak. L'organizzazione
> non governativa OXFAM, l'American Academy of Arts and Science, l'UNICEF e
> la Yale University hanno elaborato le loro stime sul probabile impatto
> della guerra sulla popolazione civile.
>
> In queste ultime settimane sono stati inoltre pubblicati due rapporti di
> particolare significato per chi come professione si occupa di salute. Il
> primo, Collateral Damage, The health and environmental costs of war on
> Iraq, prodotto da Medact, organizzazione non governativa di medici e
> operatori sanitari britannici [www.medact.org], stima il numero totale di
> morti, durante il conflitto e nei tre mesi seguenti ad un attacco

all'Irak,
> nell'ordine di grandezza compreso tra 48.000 e 260.000. Una guerra civile
> che si scatenasse all'interno dell'Irak aggiungerebbe altri 20.000 morti.
> Gli effetti piu' tardivi della guerra potrebbero aggiungere altre 200.000
> vittime. Nel caso si facesse uso di armi nucleari il numero dei morti
> potrebbe arrivare a 3.900.000. In tutti gli scenari considerati la maggior
> parte delle vittime sarebbero civili. Il rapporto prevede inoltre come
> estremamente probabili, a seguito dell'attacco, guerre civili, carestie ed
> epidemie, considerevoli masse di rifugiati ed effetti catastrofici sulla
> salute, soprattutto dei bambini. Come effetto collaterale viene inoltre
> prevista la intensificazione dei conflitti internazionali, delle
> disuguaglianze e delle divisioni tra gruppi di persone e popoli.
>
> Un documento delle Nazioni Unite "strettamente confidenziale" datato 10
> dicembre 2002 e intitolato Likely Humanitarian Scenarios
> [www.casi.org.uk/pr/pr030107undoc.html] prevede un elevato numero di morti
> tra i civili, una crisi delle condizioni nutrizionali della popolazione e
> la esplosione di malattie "di proporzioni epidemiche se non addirittura
> pandemiche". Questo documento, fatto segretamente pervenire alla
> Universita' di Cambridge, riporta le stime OMS (Organizzazione Mondiale
> della Sanita') di 100.000 morti da effetti diretti della guerra e 400.000
> da impatto indiretto, oltre 2 milioni di bambini e 1 milione di donne in
> gravidanza grevemente malnutriti, e 2 milioni di irakeni senzatetto. La
> previsione delle Nazioni Unite e' che, in caso di guerra, non saranno in
> grado di far fronte nemmeno ai 130.000 rifugiati che attualmente gia' si
> trovano in Irak. Il rapporto sottolinea inoltre l'assoluta inadeguatezza
> del sistema sanitario irakeno, vittima da diversi anni dell'embargo

imposto
> dalle Nazioni Unite, a rispondere alla accresciuta domanda che una guerra
> imporrebbe, oltre alla assenza dei servizi di base per la popolazione
> locale al termine dell'intervento armato.
>
> Nell'anno 2002 e' uscito il "Rapporto Mondiale su Violenza e Salute"

della
> OMS [www.who.int]. Indicando esplicitamente la violenza, sia individuale
> che collettiva, come importante problema di salute pubblica, l'OMS ha
> voluto sottolineare in tutta la sua rilevanza il ruolo attivo che
> l'operatore sanitario deve assumere nel contrastare la guerra e nel
> promuovere la cultura della pace. Secondo le Nazioni Unite uno degli
> effetti piu' sconvolgenti dell'uso della forza militare in Iraq e a

livello
> internazionale potrebbe essere l'esplosione incontrollabile di violenza
> collettiva, definita come "l'uso strumentale della violenza da parte di
> stati o gruppi non governativi allo scopo di ottenere obiettivi politici,
> economici o sociali".
>
> E' indubbio che la guerra sia un problema di salute pubblica. In qualita'
> di medici abbiamo non soltanto il dovere di prenderci cura delle vittime
> della violenza e dei conflitti armati, ma anche di cercare di prevenirli.
> Come medici siamo inclini a pensare soprattutto in termini di mortalita' e
> morbosita'. Ebbene, la guerra in Irak provochera' centinaia di migliaia di
> morti, la maggior parte tra i civili e i bambini, la esplosione di
> epidemie, carestie e distruzioni ambientali (...). Non dobbiamo inoltre
> sottovalutare le conseguenze che potrebbero aversi tra la popolazione
> civile dei paesi aggressori in caso di attacchi biologici, chimici o
> addirittura nucleari, eventualita' quest'ultima presa esplicitamente in
> considerazione dal presidente Bush.
>
> Per noi medici, impegnati nella missione di alleviare le sofferenze e
> prevenire le malattie, queste morti e mutilazioni sono inaccettabili.
> Convinti che la guerra avrebbe conseguenze disastrose per la salute umana
> nel breve, medio e lungo termine e che si debba fare uso di mezzi politici
> e diplomatici per evitarla, ci opponiamo all'intervento militare in Irak.
> Poiche' la nostra opposizione si fonda su argomenti esclusivamente etici,
> umanitari e professionali, facciamo appello a tutte le forze politiche e
> della societa' civile affinche' venga impedito un conflitto armato che
> avrebbe effetti catastrofici per la famiglia umana.
>
> "La violenza si sviluppa in assenza di democrazia, di rispetto per i
> diritti umani e di buon governo", scrive Nelson Mandela nella introduzione
> al Rapporto OMS. Sosteniamo con forza, inoltre, la posizione della nostra
> piu' alta organizzazione professionale, l'Organizzazione Mondiale della
> Sanita', secondo cui i conflitti possono essere prevenuti soltanto
> attraverso forme piu' eque di sviluppo e modelli internazionali e locali

di
> governo basati su etica e responsabilita'.
>
> 3 febbraio 2003
>
> Dr. Angelo Stefanini
> Dipartimento di Medicina e Sanita' pubblica
> Universita' degli Studi di Bologna
> Via S.Giacomo 12
> 40126 Bologna
> Tel. 051 2094833, Fax. 051 2094839, E-Mail: stefanin@???
>
>