著者: Carlo Mileti 日付: 題目: [Lecce-sf]
Fw: 15 FEBBRAIO: intervento di hevi a san giovanni e comunità kurda
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From: "Ufficio d'Informazione del Kurdistan in Italia (by way of Carlo
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Sent: Saturday, February 22, 2003 4:10 PM
Subject: 15 FEBBRAIO: intervento di hevi a san giovanni e comunità kurda
> "Io sono nata in Turchia, nella regione kurda del Sud-est dove sorgono le
> più grandi basi aeree turche e americane. Conosco bene il fragore dei
> bombardieri e delle loro bombe. Pochi giorni fa duemila donne hanno
> manifestato a Diyarbakir, dove sorge una di quelle basi, per dire che non
> vogliono altri aerei, missili e soldati. Ne ho visti troppi, da quando ero
> bambina. Dall'Europa, dall'America, dalla Nato non vogliamo altre armi. Non > ci hanno mai difesi, hanno contribuito a massacrarci. Io sono nata in
> Kurdistan, nel paese che non c'è ma esiste. Esiste in questa piazza e in
> tutte le piazze del mondo. Il suo cuore batte in una cella isolata
> nell'isola di Imrali, ma poco più di quattro anni fa pulsava qui a Roma,
> con i cuori di migliaia di uomini e donne. Oggi per noi è un giorno di
> lutto e di memoria. Quattro anni fa, il 15 febbraio del '99, il nostro
> presidente Ocalan fu sequestrato e consegnato ai suoi carcerieri. Fu un
> atto di guerra. Da tre mesi non lo vedono neppure i suoi avvocati, nessuno
> sa se è vivo o morto. Anche questo è un atto di guerra. Io sono nata a
> Urfa, l'antica Ur dei Caldei, la città cara a tutte le religioni rivelate.
> Sulla Tomba di Abramo, nella mia città, il Papa chiese invano di venire a
> dire parole di pace per i kurdi, i turchi, gli armeni e tutti i popoli
> dell'Anatolia. La mia città, come Gerusalemme, dovrebbe essere simbolo di
> pace e convivenza. Ma qualche giorno fa mio padre è stato arrestato per
> impedirgli di manifestare contro la guerra, e molti altri con lui. Forse
> l'hanno torturato. Non sarebbe la prima volta. E non sarà l'ultima, se
> un'altra Europa non porterà libertà e pace nella mia terra invece di armi,
> se non spalancherà le porte delle prigioni e delle celle d'isolamento e di
> tortura. Invece la guerra imminente sta già sprangando le porte della cella > di Imrali e di tutte le celle. La guerra è la logica amico-nemico. Se la
> Turchia è alleata in guerra, non le si chiederà più conto dei diritti
> violati, anzi si bolleranno come terroristi coloro che lottano per
> affermarli, si negherà asilo agli esuli, si riscriverà la nostra storia di
> liberazione criminalizzandola. In questo momento a Istanbul e in tutte le
> città della Turchia decine di migliaia di giovani e di donne, soprattutto
> le donne, manifestano contro la guerra, per la libertà di Ocalan e di tutti > i prigionieri, per la dignità e la convivenza. Noi la chiamiamo
> "Serhildan". E' una parola che nel mio paese comporta anni di prigione,
> perché nella mia lingua negata significa "Alzare la testa". Generazioni di
> kurdi hanno vissuto a testa bassa. Ma quando l'hai alzata una volta,
> nessuno ti può costringere a riabbassarla. In questa piazza solo i più
> anziani hanno vissuto una guerra. Io non ho mai vissuto la pace. Il ronzìo
> di un elicottero per me significa morte e distruzione. Come posso pensare
> che libertà e democrazia viaggino sulle ali dei bombardieri? Come posso
> accettare che il nostro dramma sia preso a pretesto per un nuovo dramma? La > morte chimica che venne dal cielo sui nostri bambini ad Halabja era portata > da aerei irakeni, ma era stata preparata nelle fabbriche americane,
> tedesche e italiane. Saddam Hussein è un nome sinistro per il mio popolo
> non meno di quelli dei generali turchi. La pulizia etnica dell'uno e degli
> altri ha distrutto ottomila villaggi dalle due parti del confine ed ha
> creato milioni di profughi. Ciò che vogliono entrambi, ciò che vogliono
> inglesi e americani, è il nostro petrolio, l'acqua del Tigri e
> dell'Eufrate, le ricchezze della Mesopotamia. Oggi la Turchia vuole
> profittare di questa guerra per controllare e occupare il Kurdistan Sud e
> per risolvere con le armi la questione kurda che non ha voluto risolvere
> con il dialogo. Non è cambiando padroni che saremo liberi. Fra cinque
> settimane, il 21 marzo, comincia la primavera. Sulle mie montagne si
> risveglia la vita. Noi lo chiamiamo Newroz, Nuovo Giorno. Da molti millenni > è il nostro Capodanno e la nostra festa di libertà. Quest'anno potrebbe
> essere insanguinato dalla guerra. Io ho un sogno. Che milioni e milioni di
> persone, scendendo in piazza in Occidente e in Medio Oriente, facciano
> tacere i signori della guerra e restituiscano la parola ai popoli. Che si
> riapra una speranza di democrazia e di pace, perché l'una non può esistere
> senza l'altra: la democrazia non si afferma con la guerra, ma la pace
> dell'ingiustizia non è pace. Io sogno che dall'Italia, quattro anni dopo,
> parta un appello corale che strappi dal loro isolamento e dalle loro
> prigioni Abdullah Ocalan e tutti i prigionieri. Sogno che il 21 marzo non
> l'Europa delle armi, ma l'Europa della pace venga nelle città e nei campi
> profughi del Kurdistan turco e irakeno. Che voi veniate a migliaia per
> festeggiare con noi la fine di un incubo mortale e l'alba di un Nuovo
> Giorno, di un nuovo mondo possibile e necessario. Che vinca l'umanità."
>
> Spas (grazie)
>
> a nome del popolo kurdo Hevi Dilara, 15 febbraio 2003
>
>
>
>
>
> Contro la guerra in Iraq e in Kurdistan
> Libertà per Ocalan, pace in Kurdistan e in Medioriente
> Per i kurdi il 15 febbraio è una giornata di lutto, il 15 febbraio 1999,
> quattro anni fa, Abdullah Ocalan il leader del popolo kurdo fu rapito dalle > potenze guerrafondaie. Questo successe con la partecipazione di USA,
> Israele, Turchia e di alcune potenze europee, che secondo i piani di un
> complotto internazionale hanno lasciato che il presidente Ocalan fosse
> catturato in Kenia. Sono le stesse potenze che oggi costituiscono quella
> che possiamo definire la comunità della guerra. Che vuole porre fine ad
> ogni forma di democrazia e pace che dall'altra parte si vuole proporre. Il
> presidente Ocalan ha chiamato alla pace e proposto una soluzione della
> questione kurda attraverso il dialogo, ma gli è stato risposto con un
> complotto internazionale, a causa del quale oggi si trova in prigione.
> Contro la volontà del popolo kurdo, che vuole pace e democrazia per sé e
> per i popoli della regione, quelle forze insistono a volere la guerra. Una
> nuova guerra contro i kurdi e i popoli del Medioriente è sempre più
> prossima. Le discussioni per la guerra di USA e Gran Bretagna contro l'Iraq > si inquadrano in quello stesso approccio usato nel XX secolo.
> Questa guerra sarebbe una nuova guerra di distruzione per i popoli del
> Medioriente. Gli USA, per i propri interessi, vogliono imporre un nuovo
> sistema per l'area mediorientale. Vogliono che, ancora, il sangue dei
> popoli scorra, per ottenere in cambio petrolio.
> Gli USA e i paesi europei, che hanno dato a Saddam questo potere, lo stesso > potere che gli ha permesso di massacrare negli anni passati migliaia di
> persone, fra queste ricordiamo anche i kurdi che vivevano nel Kurdistan
> iracheno, lasciando l'area in un'instabilità permanente. Sono quelle stesse > potenze e i loro collaborazionisti locali i responsabili di decenni di
> guerra e morte.
> Il sistema, instaurato nel XX secolo non ha aiutato i popoli, non ha
> risolto le questioni politiche e sociali dei popoli, al contrario, ha
> portato a gravi problemi nell'area e ha generato pesanti crisi politiche e
> finanziarie. Per questo crediamo che i problemi potranno essere risolti
> solo attraverso l'impegno diretto delle società e dei popoli dell'area.
> Soltanto attraverso dei sistemi democratici possono essere risolti i
> problemi di quella regione martoriata di cui il popolo kurdo è fra le
> vittime.
> Lo stato turco parteciperà con gli USA a questa guerra e nel frattempo si
> prepara ad eliminare la lotta democratica dei kurdi. L'esercito turco
> intende inviare 50.000 soldati nell'Iraq del nord, il Kurdistan
> meridionale. La sua intenzione è quella di occupare il Kurdistan
> meridionale. Dall'altra parte, nel Kurdistan settentrionale (Turchia), sta
> sferzando dei nuovi attacchi militari contro le forze guerrigliere kurde.
> L'attuale isolamento che ormai da tre mesi si sta praticando contro il
> presidente del KADEK, Abdullah Ocalan, non permettendogli di incontrare i
> propri avvocati e famigliari, lasciando il popolo kurdo senza più notizie
> circa le sue condizioni di vita nella preoccupazione e nell'ansia. Nelle
> zone kurde di Turchia già numerose persone, scese in piazza protestando
> contro l'isolamento e la guerra, sono state arrestate. Possiamo così dire
> che, già prima di avviare la guerra in Iraq, i turchi hanno iniziato una
> nuova guerra contro i kurdi.
> Prima con il PKK, oggi con il KADEK, i kurdi hanno intrapreso numerosi
> passi in avanti verso la pace: il presidente Ocalan ha dichiarato per tre
> volte un cessate il fuoco unilaterale. Ma a nessuno di questi passi, il
> governo turco ha risposto, se non con l'intensificazione delle operazioni
> militari. Tuttavia, il presidente Ocalan da 4 anni ha avviato una strategia > per la soluzione della questione kurda attraverso la pace e il dialogo
> democratico. Due gruppi della pace da parte del KADEK sono stati inviati in > Turchia, uno dalle montagne e uno dall'Europa; tutte le forze guerrigliere
> sono state trasferite fuori dai confini della Turchia; mentre il movimento
> kurdo ha cercato di realizzare questa nuova strategia per la soluzione
> democratica della questione nei paesi dove i kurdi vivono. Nei confronti di > tutti questi passi positivi, il governo turco non ha dato alcuna risposta.
> Naturalmente gli USA e l'Unione Europea non hanno voluto fare niente contro > questa mancanza di buona volontà che la Turchia ha espresso, al contrario
> l'hanno aiutata. Il sostegno che è stato dato allo stato turco porta a
> continuare nell'intenzione e nella pratica ad eliminare i kurdi. Questo ha
> aiutato la Turchia a mantenere vivo quel suo carattere che l'ha vista
> coinvolta nell'eliminare i kurdi. Se oggi diciamo che i passi intrapresi
> del movimento kurdo non sono stati strumento per una soluzione positiva,
> non è altro che per colpa di questa volontà della parte turca di perpetrare > gli antichi atteggiamenti.
> La guerra degli Usa contro l'Iraq e la guerra della Turchia contro i kurdi
> è un male per i popoli dell'area e per l'umanità. I popoli del Medioriente
> e il popolo kurdo non vogliono una nuova guerra, ma chiedono soltanto pace
> e democrazia. Però il governo turco mantenendo l'isolamento contro il
> leader kurdo, vuole distruggere il movimento kurdo e il Kurdistan
> meridionale, le operazioni militari che sono già cominciate ci lasciano
> affermare che lo stato turco vuole insistere con la guerra contro i kurdi.
> Il popolo kurdo risponde all'insistenza per la guerra con la propria
> strategia di soluzione democratica, attraverso le Serhildan (insurrezioni
> popolari) politiche e con la legittima difesa, attraverso la quale intende
> continuare a proteggersi.
> Chiamiamo tutti i democratici, i pacifisti, l'opinione pubblica, la
> comunità internazionale ad esprimere proprio in questo momento solidarietà
> e vicinanza al popolo kurdo e ai popoli del Medioriente. La questione
> strategica del Medioriente, come la questione kurda, vanno risolte
> attraverso il sistema democratico.
> Facciamo appello a tutti i popoli del Medioriente ad unirsi insieme per la
> democrazia.
>
> No alla guerra, viva la pace! No al complotto internazionale contro il
> presidente Ocalan! Viva la lotta per la democrazia e la pace del popolo
> kurdo e dei popoli del Medioriente! Libertà per Ocalan e pace in Kurdistan! >
> Comunità kurda in Italia, 15 febbraio 2003
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