[Lecce-sf] Fw: [RETTIFICA] appello di Roma

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Autor: Carlo Mileti
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Asunto: [Lecce-sf] Fw: [RETTIFICA] appello di Roma
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From: "fonzie (by way of Carlo Gubitosa <c.gubitosa@???>)"
<bozzetta@???>
To: <news@???>
Sent: Thursday, February 20, 2003 7:01 PM
Subject: [RETTIFICA] appello di Roma


> L'appello di Roma che riportate sulla pagina principale del sito e'
> incompleto.
> Si tratta sicuramente di un errore tecnico.
> L'appello completo lo trovate su
> http://www.fermiamolaguerra.it/news/18.htm
>
> Fulvio
> tavolo bastaguerre di Trieste
>
> ------------------------
>
>
> Intervento del Comitato organizzatore
> dal palco della manifestazione
> 17 febbraio 2003
>
> C'è chi pensa che solo ai potenti sia dato di scrivere la storia. Oggi in
> tutto il mondo stiamo dimostrando il contrario. In tutto il mondo, oggi,
> stiamo dimostrando che gli uomini e le donne, i popoli, i cittadini e le
> cittadine possono riprendere in mano il proprio destino e decidere insieme
> il proprio comune futuro. Fermiamo la guerra. Milioni di persone,

movimenti
> sociali, organizzazioni grandi e piccole in tutto il pianeta hanno

risposto
> all'appello promosso dal Forum Sociale Europeo e rilanciato nel Forum
> Sociale Mondiale. Dal Giappone agli Stati Uniti, dalla Russia all'Islanda,
> da Manila al Cairo abbiamo marciato insieme. Insieme, palestinesi a
> Ramallah e israeliani a Tel Aviv. Gli osservatori di pace di tutto il

mondo
> a Baghdad. Oggi, siamo parte della più grande manifestazione mondiale

della
> storia dell'umanità. Per dire no alla guerra all'Iraq. No, senza se e

senza
> ma. Non siamo qui a fare testimonianza. Siamo qui perché questa guerra
> vogliamo fermarla. E possiamo fermarla. Sappiamo bene che il governo degli
> Stati Uniti vuole questa guerra. Sappiamo che Bush e i suoi alleati sono
> disposti a fare la guerra anche contro la volontà della maggioranza dei
> popoli del pianeta. Ma sappiamo anche che l'opinione pubblica ha un peso.
> Che i presidenti devono essere eletti. Che i governi hanno bisogno di

voti.
> Lo sanno anche loro. Abbiamo un potere immenso, nelle nostre mani, se

siamo
> capaci di presentarci uniti. Se siamo capaci di convincere gli indecisi.

Se
> non ci rassegniamo. Se non torniamo a casa. Se non ci diamo per vinti. Se
> nei prossimi giorni continueremo ad estendere la resistenza popolare e
> permanente alla guerra. Fermiamo la guerra.
>
> Siamo tanti e diversi. Veniamo da storie, culture, pratiche e percorsi
> diversi e differenti. Oggi hanno marciato insieme i movimenti che si
> battono contro la globalizzazione neoliberista, i movimenti per la pace, i
> movimenti per la democrazia, partiti politici, l'associazionismo sociale,
> sindacati confederali e di base, associazionismo religioso, i social

forum,
> le strutture dell'autorganizzazione, le aree antagoniste e della
> disobbedienza, le ONG, intellettuali, operatori della comunicazione, le
> organizzazioni degli studenti, delle donne, dei migranti, e migliaia di
> cittadini e di cittadine. Siamo orgogliosi di tanta diversità. E' la

nostra
> forza, perché la nostra convergenza è costruita sulla chiarezza. Senza
> ambiguità, senza opportunismi, siamo tutti schierati contro questa guerra,
> in ogni caso, qualsiasi istituzione la promuova o la autorizzi. -----

Siamo
> qui, a dispetto delle scelte della dirigenza della RAI, il servizio
> pubblico pagato da tutti i cittadini, che ha deciso di oscurare questa
> grande manifestazione rifiutandosi di dare la diretta televisiva. Siamo

qui
> per difendere l'articolo 11 della nostra Costituzione "L'Italia ripudia la
> guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come
> mezzo di risoluzione delle controversie internazionali". Non erano
> sognatori, quelli che scrissero la Costituzione. Avevano visto gli orrori
> del nazifascismo, erano stati protagonisti della Resistenza, avevano visto
> le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Non si illudevano di poter
> vivere in un mondo senza conflitti. Di fronte ai conflitti, hanno fatto

una
> scelta: non usare la guerra, usare la politica. A questa scelta di

civiltà,
> noi ci sentiamo vincolati. Siamo qui per difendere il diritto
> internazionale. E il diritto internazionale dice che nessuno può farsi
> giustizia da sé. La giusta risposta al terrorismo non può essere la
> vendetta, né tantomeno la guerra preventiva. Non può essere la risposta di
> Bush dopo le Twin Towers, e neppure quella di Sharon. La guerra preventiva
> è la morte del diritto internazionale. La guerra preventiva è
> l'affermazione del dominio del più forte. Il governo degli Stati Uniti ha
> esplicitato fino in fondo il suo progetto di egemonia mondiale, senza
> regole e senza vincoli, nel documento sulla sicurezza nazionale nel quale
> si arroga il potere di muovere guerra "a chiunque costituisca una minaccia
> per i propri interessi nazionali". A vivere in un futuro di barbarie, noi
> ci rifiutiamo. Siamo qui perché siamo convinti che la guerra non sconfigge
> il terrorismo. Il terrorismo non ha mia ragione, neanche quando si

nasconde
> dietro le ragioni dell'ingiustizia sociale. Il terrorismo uccide la
> partecipazione, che è la forza dei movimenti sociali. A delegare la lotta
> per il cambiamento, non ci rassegneremo mai. Siamo qui per difendere la
> giustizia. Uno degli obiettivi della guerra è il controllo del petrolio

che
> alimenta le economie occidentali. Non è benessere quello che si crea a
> costo della vita di milioni di persone in tutto il mondo. Il mondo è pieno
> di armi nucleari, batteriologice, chimiche, di distruzione di massa. Le
> spese militari aumentano in tutti i paesi del mondo, e alimentano il
> commercio illegale e criminale. Lo stato più armato del pianeta vuole fare
> la guerra all'Iraq in nome del disarmo. Gli USA hanno speso quest'anno 500
> miliardi di dollari per le armi. Ne basterebbero 13 per salvare dalla

morte
> per fame milioni di persone. A un mondo così tremendamente ingiusto, noi

ci
> opponiamo. Siamo qui anche contro la guerra economica, sociale e culturale
> che affligge il pianeta, contro la globalizzazione neoliberista che

produce
> ogni giorno più disoccupazione, precarietà, miseria e ingiustizia sociale.
> Siamo qui per difendere la pace. La guerra sarà vista, nei tanti sud del
> mondo, come un'altra prova dell'arroganza e della politica di potenza
> dell'occidente. Aumenterà la spirale dell'insicurezza e della repressione,
> dell'odio etnico e religioso. Produrrà altra violenza, altra guerra. A
> questo circolo vizioso, noi ci impegniamo a resistere. Siamo qui per
> difendere la democrazia e i diritti umani. Ci battiamo perché democrazia e
> diritti umani siano affermati in tutto il mondo contro ogni dittatura e
> tirannia. Anche in Iraq. Ma la democrazia non si può affermare con
> l'arbitrio. Il popolo iracheno ha sofferto abbastanza. Il regime di Saddam
> è stato sostenuto e armato per anni dagli Stati Uniti. Dodici anni di
> embargo hanno fatto il resto. All'orrore di tremila bombe lanciate su un
> popolo stremato, noi ci rivoltiamo. Così come ci rivoltiamo all'uso delle
> bombe atomiche già minacciato nei piani del Pentagono, e siamo
> particolarmente allarmati per la presenza di ordigni nucleari tattici ad
> alta penetrazione nelle basi militari in Italia. Siamo qui perché la Carta
> dell'ONU esclude e condanna la guerra come flagello dell'umanità. Nessun
> Consiglio di Sicurezza può legittimare questa guerra. La Carta delle
> Nazioni Unite non lo permette. Autorizzare la guerra vuol dire uccidere
> definitivamente l'ONU, già da anni debole, succube dei poteri forti,
> tollerante di troppe ingiustizie in tutto il mondo. Basta con le
> complicità, basta con le doppie misure, basta con la sudditanza agli Stati
> Uniti. All'ipocrisia della comunità internazionale, noi ci ribelliamo.
> Siamo qui, infine e soprattutto, per difendere il diritto alla vita dei
> nostri fratelli e sorelle irachene minacciate di morte dopo dodici anni di
> stenti. Vogliamo ricordarci sempre, e vogliamo ricordare a tutti, che
> saranno loro a pagare il prezzo più alto. La guerra la decidono i potenti,
> ma sono i deboli che la fanno e la subiscono. Noi la guerra la vediamo
> dall'alto, con le immagini dei traccianti e la scia dei missili. Loro la
> vedono dal basso, ed è tutta un'altra cosa. Un razzismo strisciante, per

il
> quale le vite non sono tutte uguali, impedisce di vedere la guerra con i
> loro occhi, di pensare ai loro volti e ai loro sorrisi quando parliamo di
> guerra. A loro, e alle vittime mai viste di tutte le guerre dichiarate e
> non dichiarate, vi chiediamo di dedicare ora un minuto di silenzio.
>
> Siamo cittadini e cittadine di Europa. Una Europa che ancora può fermare
> questa guerra. Facciamo appello, insieme a tutti i movimenti europei, ai
> paesi che fanno parte del Consiglio di Sicurezza dell'ONU affinché si
> esprimano contro la guerra e a quelli che hanno potere di veto facciamo
> appello affinché esercitino questo potere, bloccando qualsiasi risoluzione
> che autorizzi l'attacco all'Iraq. Facciamo appello, come stanno facendo i
> movimenti europei in tutti i loro paesi, alle forze politiche e ai
> parlamentari perché in tutti i parlamenti nazionali si arrivi al voto

prima
> possibile, prima che la guerra cominci. Facciamo appello, insieme ai
> movimenti europei, perché partiti e parlamentari si impegnino a votare
> contro la guerra, anche in caso di autorizzazione delle Nazioni Unite, e
> contro l'utilizzo delle basi militari, contro il sorvolo degli spazi aerei
> nazionali e contro qualsiasi supporto logistico diretto o indiretto alla
> guerra. Facciamo appello perché le porte del negoziato siano tenute
> caparbiamente aperte, per arrivare a una soluzione politica e non militare
> della crisi. In molti paesi europei, come in Italia, la grandissima
> maggioranza della popolazione è contro la guerra. Chiediamo che i
> Parlamenti rispettino questo orientamento e lo traducano in scelte
> coerenti. Facciamo un appello politiche e ai singoli parlamentari: a

quelli
> che sono qui oggi e a quelli della maggioranza che per diversi motivi
> -politici, religiosi, di coscienza- sono contro questa guerra. Ci sentiamo
> di chiedervi un atto di coraggio e di coerenza. Chiediamo un vincolo di
> coerenza in particolare alle forze politiche che hanno aderito a questa
> manifestazione. Ognuno si assuma le proprie responsabilità, nella libertà
> che a ciascuno compete. Ciascuno risponderà delle proprie azioni di fronte
> ai cittadini e alle cittadine di questo paese. Il tempo del politicismo è
> finito. E' tempo di chiarezza. Votate contro questa guerra. Fate vincere

in
> Parlamento le ragioni della pace e della democrazia che nel paese hanno

già
> vinto. Assumete la responsabilità di rappresentare la volontà della
> maggioranza dei cittadini italiani. Restituite al nostro paese un ruolo
> positivo e una dignità.
>
> A noi, movimenti sociali, associazioni, partiti politici, organizzazioni
> sindacali, esperienze religiose, strutture autorganizzate, società civile
> organizzata e diffusa, cittadini e cittadine che abbiamo condiviso la
> piattaforma di questa manifestazione, da qui rilanciamo un appello e un
> impegno comune. Mettiamo in campo tutte le nostre energie, le nostre

forze,
> le nostre intelligenze e i nostri corpi, le nostre relazioni, la nostra
> fantasia e la nostra determinazione per fermare la guerra. Costruiamo la
> più grande esperienza di resistenza permanente alla guerra e alla macchina
> della guerra che sia mai stata messa in campo, nel caso sciagurato che la
> guerra inizi. Facciamo appello perché andiamo avanti insieme, nel rispetto
> delle differenze, trovando il massimo possibile di unità e di convergenza,
> coordinando laddove possibile le nostre iniziative, comunicando,
> riconoscendo le pratiche diverse in un patto di solidarietà. Ciascuno con

i
> propri strumenti, ciascuno con le proprie forme, ciascuno con le proprie
> pratiche, costruiamo una rete gigantesca di iniziative e di azioni che
> provino a fermare, a intralciare, a boicottare, a mettere ostacoli alla
> guerra. Facciamo appello perché prosegua la mobilitazione di massa in ogni
> città, in ogni quartiere, in ogni piazza del paese. Prepariamoci a
> rispondere all'appello dei pacifisti americani perché in caso di attacco
> tutti scendano in strada. Prepariamoci a rispondere all'appello europeo

per
> manifestazioni di massa in ogni paese il primo sabato dopo l'attacco.
> Facciamo appello agli studenti perché le scuole e le università siano
> ancora una volta al centro della mobilitazione contro la guerra. Facciamo
> appello alle associazioni dei consumatori e dei cittadini consapevoli
> perché promuovano campagne, coinvolgendo il maggior numero di persone in
> azioni quotidiane contro la guerra. Facciamo appello alle organizzazioni
> sindacali, molte delle quali sono oggi in piazza qui e in tutto il mondo,
> affinchè rafforzino ed estendano la mobilitazione dei lavoratori
> utilizzando tutti gli strumenti possibili, inclusi gli scioperi. Facciamo
> appello agli operatori dell'informazione affinché rifiutino di essere
> arruolati in una guerra fatta innanzitutto di menzogne. Disobbedite anche
> voi agli ordini ingiusti, impedite che le redazioni si trasformino in
> caserme. Facciamo appello perché aumenti la mobilitazione capillare per
> coinvolgere tutti e tutte. Riempiamo le finestre delle nostre città di
> bandiere della pace. In ogni casa, in ogni scuola, nei luoghi di lavoro,
> nelle sedi istituzionali, tappezziamo l'Italia di bandiere pacifiste.
> Facciamo appello affinché ciascuno trovi il suo modo per non obbedire
> all'ordine ingiusto di sostenere la guerra. Le pratiche della nonviolenza
> attiva, della testimonianza, del digiuno, della preghiera, della
> disobbedienza civile e sociale, della resistenza e dell'antagonismo

sociale
> hanno grandi radici e tradizioni nel nostro paese. Costruiamo una fitta
> rete di resistenza popolare che sappia essere efficace, allargare il
> consenso e la partecipazione attiva per fermare la guerra in tutti i suoi
> aspetti. Facciamo appello perché aumenti la solidarietà concreta a fianco
> delle vittime della guerra. A fianco della popolazione civile irachena,

che
> si prepara alla guerra in mezzo a mille sofferenze. A fianco del popolo
> palestinese, del popolo kurdo, del popolo afgano, dei popoli che soffrono
> le guerre dimenticate. Noi non siamo quelli che vendono le armi ai
> dittatori. Noi siamo quelli che da anni, nel silenzio colpevole dei
> governi, siamo a fianco giorno dopo giorno ai popoli del mondo che
> patiscono la guerra, la povertà, l'oppressione. Rilanciamo tutte le
> iniziative di solidarietà concreta e di cooperazione internazionale che la
> società civile mette in campo. E avvisiamo sin d'oggi il Governo che non
> parteciperemo ad iniziative umanitarie promosse da chi butta le bombe. I
> nostri soldi, li spenderemo bene. Salutiamo da qui i cooperanti e i
> volontari impegnati all'estero che oggi hanno fatto lo sciopero bianco
> contro la guerra in tutto il mondo. Facciamo appello perché si rilanci
> l'iniziativa politica in Medio Oriente, per la fine dell'occupazione in
> Palestina, per due popoli e due stati, per Gerusalemme capitale condivisa,
> per la pace e la democrazia in tutto il Kurdistan, per la vita e la

libertà
> del presidente Ocalan e di tutti i leader politici, sociali, sindacali, di
> minoranze etniche detenuti e perseguitati. Noi non usiamo due pesi e due
> misure. Facciamo appello perché il sostegno alle forze democratiche che
> vivono oppressi da regimi e dittature in tutta la regione diventi priorità
> politica per tutti, istituzioni e movimenti. Dall'Iraq all'Arabia Saudita,
> i diritti umani, civili e politici sono negati per milioni di persone. C'è
> bisogno di solidarietà e di impegno politico quotidiano. Facciamo appello
> perché si rafforzino i movimenti europei e mondiali che con noi sono
> impegnati contro la guerra, perché si realizzi la massima solidarietà e
> sostegno al movimento pacifista negli Stati Uniti che rappresenta una
> grande speranza di cambiamento per il proprio paese e per tutto il mondo.
> Facciamo appello per una politica di disarmo globale sul piano militare,
> economico e sociale, per politiche di riduzione delle spese militari, per
> una riconversione dell'economia di guerra verso usi civili. Facciamo
> appello perché l'impegno assunto da tanti movimenti sociali nel Forum
> Sociale Europeo di Firenze affinché l'articolo 1 della Costituzione

Europea
> contenga il ripudio della guerra come mezzo per la risoluzione delle
> controversie internazionali divenga una grande campagna nazionale ed
> europea. Possiamo dare alla storia un altro segno. Un segno di civiltà. Un
> mondo senza guerra è possibile. Un mondo di pace, di giustizia, di diritti
> è possibile. Un altro mondo è possibile. E oggi qui lo stiamo costruendo.
> Fermiamo la guerra.
>
> Il Comitato organizzatore Fermiamo la guerra
> Roma, 17 febbraio 2003
>
>