[Forumlucca] appello-programma dal palco di Roma il 15 febbr…

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Autore: Massimiliano Piagentini
Data:  
Oggetto: [Forumlucca] appello-programma dal palco di Roma il 15 febbraio
Nel volantino stampato per la manifestazione di sabato prossimo, mancano le
adesioni del comitato lucchese contro la guerra, di Rifondazione Comunista e
dei Giovani Comunisti, adesioni che erano state date tramite una e mail
inviata al forumLucca .
Chiediano che si rimedi a questa omissione.


----- Original Message -----
From: "Franco Busoni" <bucefal@???>
To: <forumlucca@???>
Sent: Thursday, February 20, 2003 9:10 PM
Subject: [Forumlucca] appello-programma dal palco di Roma il 15 febbraio


> Il 15 febbraio gli organizzatori della manifestazione (tra cui ATTAC)

hanno
> deciso di leggere dal palco un appello-programma che desse il senso del
> percorso che il Comitato propone a tutte/i le/i manifestanti e a tutte/i
> quelle/i che vogliono buttare la guerra fuori dalla storia. Questo appello

è
> stato letto dal palco di Piazza Sangiovanni e ve lo riproponiamo
>
> "C'è chi pensa che solo ai potenti sia dato di scrivere la storia.
> Oggi in tutto il mondo stiamo dimostrando il contrario.
> In tutto il mondo, oggi, stiamo dimostrando che gli uomini e le donne, i
> popoli, i cittadini e le cittadine possono riprendere in mano il proprio
> destino e decidere insieme il proprio comune futuro. Fermiamo la guerra.
> Milioni di persone, movimenti sociali, organizzazioni grandi e piccole in
> tutto il pianeta hanno risposto all'appello promosso dal Forum Sociale
> Europeo e rilanciato nel Forum Sociale Mondiale. Dal Giappone agli Stati
> Uniti, dalla Russia all'Islanda, da Manila al Cairo abbiamo marciato
> insieme. Insieme, palestinesi a Ramallah e israeliani a Tel Aviv. Gli
> osservatori di pace di tutto il mondo a Baghdad. Oggi, siamo parte della

più
> grande manifestazione mondiale della storia dell'umanità. Per dire no alla
> guerra all'Iraq. No, senza se e senza ma. Non siamo qui a fare
> testimonianza. Siamo qui perché questa guerra vogliamo fermarla. E

possiamo
> fermarla. Sappiamo bene che il governo degli Stati Uniti vuole questa
> guerra. Sappiamo che Bush e i suoi alleati sono disposti a fare la guerra
> anche contro la volontà della maggioranza dei popoli del pianeta. Ma
> sappiamo anche che l' opinione pubblica ha un peso. Che i presidenti

devono
> essere eletti. Che i governi hanno bisogno di voti. Lo sanno anche loro.
> Abbiamo un potere immenso, nelle nostre mani, se siamo capaci di

presentarci
> uniti. Se siamo capaci di convincere gli indecisi. Se non ci rassegniamo.

Se
> non torniamo a casa. Se non ci diamo per vinti. Se nei prossimi giorni
> continueremo ad estendere la resistenza popolare e permanente alla guerra.
> Fermiamo la guerra. Siamo tanti e diversi. Veniamo da storie, culture,
> pratiche e percorsi diversi e differenti. Oggi hanno marciato insieme i
> movimenti che si battono contro la globalizzazione neoliberista, i

movimenti
> per la pace, i movimenti per la democrazia, partiti politici,
> l'associazionismo sociale, sindacati confederali e di base,

associazionismo
> religioso, i social forum, le strutture dell'autorganizzazione, le aree
> antagoniste e della disobbedienza, le ONG, intellettuali, operatori della
> comunicazione, le organizzazioni degli studenti, delle donne, dei

migranti,
> e migliaia di cittadini e di cittadine. Siamo orgogliosi di tanta

diversità.
> E' la nostra forza, perché la nostra convergenza è costruita sulla
> chiarezza. Senza ambiguità, senza opportunismi, siamo tutti schierati

contro
> questa guerra, in ogni caso, qualsiasi istituzione la promuova o la
> autorizzi. Siamo qui, a dispetto delle scelte della dirigenza della RAI,

il
> servizio pubblico pagato da tutti i cittadini, che ha deciso di oscurare
> questa grande manifestazione rifiutandosi di dare la diretta televisiva.
> Siamo qui per difendere l'articolo 11 della nostra Costituzione "L'Italia
> ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli

e
> come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali". Non erano
> sognatori, quelli che scrissero la Costituzione. Avevano visto gli orrori
> del nazifascismo, erano stati protagonisti della Resistenza, avevano visto
> le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Non si illudevano di poter

vivere
> in un mondo senza conflitti. Di fronte ai conflitti, hanno fatto una

scelta:
> non usare la guerra, usare la politica. A questa scelta di civiltà, noi ci
> sentiamo vincolati. Siamo qui per difendere il diritto internazionale. E

il
> diritto internazionale dice che nessuno può farsi giustizia da sé. La

giusta
> risposta al terrorismo non può essere la vendetta, né tantomeno la guerra
> preventiva. Non può essere la risposta di Bush dopo le Twin Towers, e
> neppure quella di Sharon. La guerra preventiva è la morte del diritto
> internazionale. La guerra preventiva è l'affermazione del dominio del più
> forte. Il governo degli Stati Uniti ha esplicitato fino in fondo il suo
> progetto di egemonia mondiale, senza regole e senza vincoli, nel documento
> sulla sicurezza nazionale nel quale si arroga il potere di muovere guerra

"a
> chiunque costituisca una minaccia per i propri interessi nazionali". A
> vivere in un futuro di barbarie, noi ci rifiutiamo. Siamo qui perché siamo
> convinti che la guerra non sconfigge il terrorismo. Il terrorismo non ha

mia
> ragione, neanche quando si nasconde dietro le ragioni dell'ingiustizia
> sociale. Il terrorismo uccide la partecipazione, che è la forza dei
> movimenti sociali. A delegare la lotta per il cambiamento, non ci
> rassegneremo mai. Siamo qui per difendere la giustizia. Uno degli

obiettivi
> della guerra è il controllo del petrolio che alimenta le economie
> occidentali. Non è benessere quello che si crea a costo della vita di
> milioni di persone in tutto il mondo. Il mondo è pieno di armi nucleari,
> batteriologiche, chimiche, di distruzione di massa. Le spese militari
> aumentano in tutti i paesi del mondo, e alimentano il commercio illegale e
> criminale. Lo stato più armato del pianeta vuole fare la guerra all'Iraq

in
> nome del disarmo. Gli USA hanno speso quest'anno 500 miliardi di dollari

per
> le armi. Ne basterebbero 13 per salvare dalla morte per fame milioni di
> persone. A un mondo così tremendamente ingiusto, noi ci opponiamo. Siamo

qui
> anche contro la guerra economica, sociale e culturale che affligge il
> pianeta, contro la globalizzazione neoliberista che produce ogni giorno

più
> disoccupazione, precarietà, miseria e ingiustizia sociale. Siamo qui per
> difendere la pace. La guerra sarà vista, nei tanti sud del mondo, come
> un'altra prova dell'arroganza e della politica di potenza dell'occidente.
> Aumenterà la spirale dell'insicurezza e della repressione, dell' odio

etnico
> e religioso. Produrrà altra violenza, altra guerra. A questo circolo
> vizioso, noi ci impegniamo a resistere. Siamo qui per difendere la
> democrazia e i diritti umani. Ci battiamo perché democrazia e diritti

umani
> siano affermati in tutto il mondo contro ogni dittatura e tirannia. Anche

in
> Iraq. Ma la democrazia non si può affermare con l'arbitrio. Il popolo
> iracheno ha sofferto abbastanza. Il regime di Saddam è stato sostenuto e
> armato per anni dagli Stati Uniti. Dodici anni di embargo hanno fatto il
> resto. All'orrore di tremila bombe lanciate su un popolo stremato, noi ci
> rivoltiamo. Così come ci rivoltiamo all'uso delle bombe atomiche già
> minacciato nei piani del Pentagono, e siamo particolarmente allarmati per

la
> presenza di ordigni nucleari tattici ad alta penetrazione nelle basi
> militari in Italia. Siamo qui perché la Carta dell'ONU esclude e condanna

la
> guerra come flagello dell'umanità. Nessun Consiglio di Sicurezza può
> legittimare questa guerra. La Carta delle Nazioni Unite non lo permette.
> Autorizzare la guerra vuol dire uccidere definitivamente l'ONU, già da

anni
> debole, succube dei poteri forti, tollerante di troppe ingiustizie in

tutto
> il mondo. Basta con le complicità, basta con le doppie misure, basta con

la
> sudditanza agli Stati Uniti. All'ipocrisia della comunità internazionale,
> noi ci ribelliamo. Siamo qui, infine e soprattutto, per difendere il

diritto
> alla vita dei nostri fratelli e sorelle irachene minacciate di morte dopo
> dodici anni di stenti. Vogliamo ricordarci sempre, e vogliamo ricordare a
> tutti, che saranno loro a pagare il prezzo più alto. La guerra la decidono

i
> potenti, ma sono i deboli che la fanno e la subiscono. Noi la guerra la
> vediamo dall'alto, con le immagini dei traccianti e la scia dei missili.
> Loro la vedono dal basso, ed è tutta un'altra cosa. Un razzismo

strisciante,
> per il quale le vite non sono tutte uguali, impedisce di vedere la guerra
> con i loro occhi, di pensare ai loro volti e ai loro sorrisi quando

parliamo
> di guerra. A loro, e alle vittime mai viste di tutte le guerre dichiarate

e
> non dichiarate, vi chiediamo di dedicare ora un minuto di silenzio. Siamo
> cittadini e cittadine di Europa. Una Europa che ancora può fermare questa
> guerra. Facciamo appello, insieme a tutti i movimenti europei, ai paesi

che
> fanno parte del Consiglio di Sicurezza dell'ONU affinché si esprimano

contro
> la guerra e a quelli che hanno potere di veto facciamo appello affinché
> esercitino questo potere, bloccando qualsiasi risoluzione che autorizzi l'
> attacco all'Iraq. Facciamo appello, come stanno facendo i movimenti

europei
> in tutti i loro paesi, alle forze politiche e ai parlamentari perché in
> tutti i parlamenti nazionali si arrivi al voto prima possibile, prima che

la
> guerra cominci. Facciamo appello, insieme ai movimenti europei, perché
> partiti e parlamentari si impegnino a votare contro la guerra, anche in

caso
> di autorizzazione delle Nazioni Unite, e contro l'utilizzo delle basi
> militari, contro il sorvolo degli spazi aerei nazionali e contro qualsiasi
> supporto logistico diretto o indiretto alla guerra. Facciamo appello

perché
> le porte del negoziato siano tenute caparbiamente aperte, per arrivare a

una
> soluzione politica e non militare della crisi. In molti paesi europei,

come
> in Italia, la grandissima maggioranza della popolazione è contro la

guerra.
> Chiediamo che i Parlamenti rispettino questo orientamento e lo traducano

in
> scelte coerenti. Facciamo un appello politiche e ai singoli parlamentari:

a
> quelli che sono qui oggi e a quelli della maggioranza che per diversi

motivi
> politici, religiosi, di coscienza- sono contro questa guerra. Ci sentiamo

di
> chiedervi un atto di coraggio e di coerenza. Chiediamo un vincolo di
> coerenza in particolare alle forze politiche che hanno aderito a questa
> manifestazione. Ognuno si assuma le proprie responsabilità, nella libertà
> che a ciascuno compete. Ciascuno risponderà delle proprie azioni di fronte
> ai cittadini e alle cittadine di questo paese. Il tempo del politicismo è
> finito. E' tempo di chiarezza. Votate contro questa guerra. Fate vincere

in
> Parlamento le ragioni della pace e della democrazia che nel paese hanno

già
> vinto. Assumete la responsabilità di rappresentare la volontà della
> maggioranza dei cittadini italiani. Restituite al nostro paese un ruolo
> positivo e una dignità. A noi, movimenti sociali, associazioni, partiti
> politici, organizzazioni sindacali, esperienze religiose, strutture
> autorganizzate, società civile organizzata e diffusa, cittadini e

cittadine
> che abbiamo condiviso la piattaforma di questa manifestazione, da qui
> rilanciamo un appello e un impegno comune. Mettiamo in campo tutte le

nostre
> energie, le nostre forze, le nostre intelligenze e i nostri corpi, le

nostre
> relazioni, la nostra fantasia e la nostra determinazione per fermare la
> guerra. Costruiamo la più grande esperienza di resistenza permanente alla
> guerra e alla macchina della guerra che sia mai stata messa in campo, nel
> caso sciagurato che la guerra inizi. Facciamo appello perché andiamo

avanti
> insieme, nel rispetto delle differenze, trovando il massimo possibile di
> unità e di convergenza, coordinando laddove possibile le nostre

iniziative,
> comunicando, riconoscendo le pratiche diverse in un patto di solidarietà.
> Ciascuno con i propri strumenti, ciascuno con le proprie forme, ciascuno

con
> le proprie pratiche, costruiamo una rete gigantesca di iniziative e di
> azioni che provino a fermare, a intralciare, a boicottare, a mettere
> ostacoli alla guerra. Facciamo appello perché prosegua la mobilitazione di
> massa in ogni città, in ogni quartiere, in ogni piazza del paese.
> Prepariamoci a rispondere all' appello dei pacifisti americani perché in
> caso di attacco tutti scendano in strada. Prepariamoci a rispondere
> all'appello europeo per manifestazioni di massa in ogni paese il primo
> sabato dopo l'attacco. Facciamo appello agli studenti perché le scuole e

le
> università siano ancora una volta al centro della mobilitazione contro la
> guerra. Facciamo appello alle associazioni dei consumatori e dei cittadini
> consapevoli perché promuovano campagne, coinvolgendo il maggior numero di
> persone in azioni quotidiane contro la guerra. Facciamo appello alle
> organizzazioni sindacali, molte delle quali sono oggi in piazza qui e in
> tutto il mondo, affinché rafforzino ed estendano la mobilitazione dei
> lavoratori utilizzando tutti gli strumenti possibili, inclusi gli

scioperi.
> Facciamo appello agli operatori dell'informazione affinché rifiutino di
> essere arruolati in una guerra fatta innanzitutto di menzogne. Disobbedite
> anche voi agli ordini ingiusti, impedite che le redazioni si trasformino

in
> caserme. Facciamo appello perché aumenti la mobilitazione capillare per
> coinvolgere tutti e tutte. Riempiamo le finestre delle nostre città di
> bandiere della pace. In ogni casa, in ogni scuola, nei luoghi di lavoro,
> nelle sedi istituzionali, tappezziamo l'Italia di bandiere pacifiste.
> Facciamo appello affinché ciascuno trovi il suo modo per non obbedire
> all'ordine ingiusto di sostenere la guerra. Le pratiche della nonviolenza
> attiva, della testimonianza, del digiuno, della preghiera, della
> disobbedienza civile e sociale, della resistenza e dell'antagonismo

sociale
> hanno grandi radici e tradizioni nel nostro paese. Costruiamo una fitta

rete
> di resistenza popolare che sappia essere efficace, allargare il consenso e
> la partecipazione attiva per fermare la guerra in tutti i suoi aspetti.
> Facciamo appello perché aumenti la solidarietà concreta a fianco delle
> vittime della guerra. A fianco della popolazione civile irachena, che si
> prepara alla guerra in mezzo a mille sofferenze. A fianco del popolo
> palestinese, del popolo kurdo, del popolo afgano, dei popoli che soffrono

le
> guerre dimenticate. Noi non siamo quelli che vendono le armi ai dittatori.
> Noi siamo quelli che da anni, nel silenzio colpevole dei governi, siamo a
> fianco giorno dopo giorno ai popoli del mondo che patiscono la guerra, la
> povertà, l' oppressione. Rilanciamo tutte le iniziative di solidarietà
> concreta e di cooperazione internazionale che la società civile mette in
> campo. E avvisiamo sin d'oggi il Governo che non parteciperemo ad

iniziative
> umanitarie promosse da chi butta le bombe. I nostri soldi, li spenderemo
> bene. Salutiamo da qui i cooperanti e i volontari impegnati all'estero che
> oggi hanno fatto lo sciopero bianco contro la guerra in tutto il mondo.
> Facciamo appello perché si rilanci l'iniziativa politica in Medio Oriente,
> per la fine dell'occupazione in Palestina, per due popoli e due stati, per
> Gerusalemme capitale condivisa, per la pace e la democrazia in tutto il
> Kurdistan, per la vita e la libertà del presidente Ocalan e di tutti i
> leader politici, sociali, sindacali, di minoranze etniche detenuti e
> perseguitati. Noi non usiamo due pesi e due misure. Facciamo appello

perché
> il sostegno alle forze democratiche che vivono oppressi da regimi e
> dittature in tutta la regione diventi priorità politica per tutti,
> istituzioni e movimenti. Dall'Iraq all'Arabia Saudita, i diritti umani,
> civili e politici sono negati per milioni di persone. C'è bisogno di
> solidarietà e di impegno politico quotidiano. Facciamo appello perché si
> rafforzino i movimenti europei e mondiali che con noi sono impegnati

contro
> la guerra, perché si realizzi la massima solidarietà e sostegno al

movimento
> pacifista negli Stati Uniti che rappresenta una grande speranza di
> cambiamento per il proprio paese e per tutto il mondo. Facciamo appello

per
> una politica di disarmo globale sul piano militare, economico e sociale,

per
> politiche di riduzione delle spese militari, per una riconversione
> dell'economia di guerra verso usi civili. Facciamo appello perché

l'impegno
> assunto da tanti movimenti sociali nel Forum Sociale Europeo di Firenze
> affinché l'articolo 1 della Costituzione Europea contenga il ripudio della
> guerra come mezzo per la risoluzione delle controversie internazionali
> divenga una grande campagna nazionale ed europea.
> Possiamo dare alla storia un altro segno. Un segno di civiltà.
> Un mondo senza guerra è possibile. Un mondo di pace, di giustizia, di
> diritti è possibile.
> Un altro mondo è possibile.
> E oggi qui lo stiamo costruendo.
> Fermiamo la guerra."
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