[Cm-milano] amica bici...

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Autor: silvia malaguti
Data:  
Assunto: [Cm-milano] amica bici...
IL CORTILE=A0=A0

Mi ha risvegliato il tuo sguardo.
Stai giocando nella polvere del cortile tra le due grandi case, la luce
accecante d=B9agosto forse mi ha colpito. E tu mi hai guardato.
Ma mi hai visto?
Hai abbassato il viso e hai ricominciato a giocare impastando la terra con
l=B9acqua. Alle tue spalle gli orti ordinati, alla tua destra la vecchia
strada del tram ed io, davanti a te, sul tetto della legnaia.
Da quando? Da quanto qualcuno non mi guarda?
Agli inizi della mia esistenza accompagnavo un uomo al lavoro. Partivamo la
mattina col buio e tornavamo a notte. Sentivo i suoi pensieri grevi, a volt=
e
preoccupati, a volte era felice.
Un giorno abbiamo corso come fulmini verso casa. Nasceva il suo primo figli=
o
e lui sudava e pregava mentre slittavamo sulla ghiaia e volavamo in una
nuvola di polvere.
Mi muovevo parecchio prima. Il movimento =E8 la vita stessa, la mia vita. E m=
i
muovevo senza difficolt=E0, con pneumatica baldanza.
Poi =E8 arrivata la guerra.
L=B9uomo =E8 partito per il fronte. Io portavo la moglie e il bambino nel
tragitto tra la casa e il passo; l=EC si incontravano con altre persone per u=
n
contrabbando di sopravvivenza. Era diverso con lei. Lungo la strada cantava=
,
parlava col bimbo, pensava ad alta voce e si rivolgeva al mondo, al nemico,
a Dio, al suo uomo, a se stessa, anche a me, mi incoraggiava, mi elogiava,
mi malediva.
Per la prima volta, con lei, ho avuto la certezza di esistere, nelle sue
mani che mi stringevano, nelle sue gambe che mi aiutavano, che mi muovevano=
.
Il movimento =E8 il senso della mia esistenza.
Poi =E8 tornato l=B9uomo, ferito, zoppo. Ed io non avevo pi=F9 senso per lui.
Era un uomo stanco, spento, assente. Con tutti.
La sua donna lo guardava persa, mentre usciva col bimbo e me, per lavorare.
Lui restava muto nel cortile, seduto, guardando gli orti con quegli occhi
scavati, pieni di fango, odio e morte, battendo il bastone sul legno della
sua gamba, nutrendosi del nero e del rosso, mai sazio di silenzio.
Io, lei e il bimbo percorrevamo strade e ponti fino alla fabbrica. Il
piccolo ed io restavamo col custode e lei entrava tra i vapori e la polvere=
,
col viso vecchio. A volte si fermava sulla soglia, cogliendo un pensiero ch=
e
le risuonava estraneo; poi lo ricacciava e entrava a testa bassa.
La sera a casa erano silenzi e rumori di stoviglie e niente altro.
Una sera rincasando, lui non si era mosso da quella sedia, a fianco aveva l=
a
sua mancanza e la pozza nera della sua vita che scendeva dal collo e dalla
mano, fino alla polvere del cortile.
Partirono, la donna e il figlio.
Chiusero le imposte.
Caricarono su un carro poche cose, ed io non c=B9ero.
Mi dimenticarono sul tetto della legnaia, come cosa di un morto suicida,
nessuno mi ha voluto.
Quasi che fossi io a portare il destino.
Il contrario del movimento mi ha inanimato, un sonno mi ha catturato.
Ho cessato di essere.
Contro il muro maestro, sul tetto di questa legnaia =E8 trascorso qualcosa de=
l
quale non conosco il significato, ma che =E8 pur sempre un movimento.
E ancora mi hai guardato. Non mi sbaglio.
La neve bianca abbagliante mi fa risaltare e mi guardi, con le mani nelle
tasche della giacca a vento, alle spalle gli orti nascosti. Ti avvicini.
Poi ti chiamano, ti volti e ritorni ad impastare la neve con la neve.
Poi corri via. Ma ti fermi di colpo e mi guardi.
Mi tocca il tuo pensiero, sorrido al tuo sogno.
Ora il verde accecante della primavera =E8 dappertutto.
Hai appoggiato una scala al tetto della legnaia, ti avvicini e mi scosti da=
l
muro maestro ; cigolo mentre mi spingi verso la scala, mi leghi una corda
alla canna e mi cali gi=F9 con prudenza.
L=B9odore del gasolio che mi pulisce e mi idrata, l=B9olio sulle mie giunture
arrugginite, l=B9aria che mi rigonfia di esistenza, la tua mano che gioca con
me.
La vita, =E8 il movimento. Insieme.
=A0
Felicetta Gimondi