[CSSF] Fw: [InVento_di_pace] Possiamo dare alla storia un al…

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著者: Carlo Mileti
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題目: [CSSF] Fw: [InVento_di_pace] Possiamo dare alla storia un altro segno
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Sent: Monday, February 17, 2003 7:58 AM
Subject: [InVento_di_pace] Possiamo dare alla storia un altro segno


L'INTERVENTO CONCLUSIVO DELLA MANIFESTAZIONE DEL
15 FEBBRAIO A ROMA
[Il testo dell'intervento unitario conclusivo della
manifestazione contro la guerra svoltasi a Roma il 15 febbraio 2003]

C'e' chi pensa che solo ai potenti sia dato di scrivere la storia.
Oggi in tutto il mondo stiamo dimostrando il contrario.
In tutto il mondo, oggi, stiamo dimostrando che gli uomini e le donne, i
popoli, i cittadini e le cittadine possono riprendere in mano il proprio
destino e decidere insieme il proprio comune futuro.
Fermiamo la guerra. Milioni di persone, movimenti sociali, organizzazioni
grandi e piccole in tutto il pianeta hanno risposto all'appello promosso dal
Forum Sociale Europeo e rilanciato nel Forum Sociale Mondiale.
Dal Giappone agli Stati Uniti, dalla Russia all'Islanda, da Manila al Cairo
abbiamo marciato insieme. Insieme, palestinesi a Ramallah e israeliani a Tel
Aviv. Gli osservatori di pace di tutto il mondo a Baghdad. Oggi, siamo parte
della piu' grande manifestazione mondiale della storia dell'umanita'. Per
dire no alla guerra all'Iraq. No, senza se e senza ma.
Non siamo qui a fare testimonianza. Siamo qui perche' questa guerra vogliamo
fermarla. E possiamo fermarla.
Sappiamo bene che il governo degli Stati Uniti vuole questa guerra. Sappiamo
che Bush e i suoi alleati sono disposti a fare la guerra anche contro la
volonta' della maggioranza dei popoli del pianeta. Ma sappiamo anche che
l'opinione pubblica ha un peso. Che i presidenti devono essere eletti. Che i
governi hanno bisogno di voti. Lo sanno anche loro.
Abbiamo un potere immenso, nelle nostre mani, se siamo capaci di presentarci
uniti. Se siamo capaci di convincere gli indecisi. Se non ci rassegniamo. Se
non torniamo a casa. Se non ci diamo per vinti. Se nei prossimi giorni
continueremo ad estendere la resistenza popolare e permanente alla guerra.
Fermiamo la guerra.
*
Siamo tanti e diversi. Veniamo da storie, culture, pratiche e percorsi
diversi e differenti. Oggi hanno marciato insieme i movimenti che si battono

contro la globalizzazione neoliberista, i movimenti per la pace, i movimenti
per la democrazia, partiti politici, l'associazionismo sociale, sindacati
confederali e di base, associazionismo religioso, i social forum, le
strutture dell'autorganizzazione, le aree antagoniste e della disobbedienza,
le ong, intellettuali, operatori della comunicazione, le organizzazioni
degli studenti, delle donne, dei migranti, e migliaia di cittadini e di
cittadine.
Siamo orgogliosi di tanta diversita'. E' la nostra forza, perche' la nostra
convergenza e' costruita sulla chiarezza. Senza ambiguita', senza
opportunismi, siamo tutti schierati contro questa guerra, in ogni caso,
qualsiasi istituzione la promuova o la autorizzi.
Siamo qui, a dispetto delle scelte della dirigenza della Rai, il servizio
pubblico pagato da tutti i cittadini, che ha deciso di oscurare questa
grande manifestazione rifiutandosi di dare la diretta televisiva.

*
Siamo qui per difendere l'articolo 11 della nostra Costituzione "L'Italia
ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli
e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali". Non erano
sognatori, quelli che scrissero la Costituzione. Avevano visto gli orrori
del nazifascismo, erano stati protagonisti della Resistenza, avevano visto
le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Non si illudevano di poter vivere
in un mondo senza conflitti. Di fronte ai conflitti, hanno fatto una scelta:
non usare la guerra, usare la politica. A questa scelta di civilta', noi ci
sentiamo vincolati.

Siamo qui per difendere il diritto internazionale. E il diritto
internazionale dice che nessuno puo' farsi giustizia da se'. La giusta
risposta al terrorismo non puo' essere la vendetta, ne' tantomeno la guerra
preventiva. Non puo' essere la risposta di Bush dopo le Twin Towers, e
neppure quella di Sharon. La guerra preventiva e' la morte del diritto
internazionale. La guerra preventiva e' l'affermazione del dominio del piu'
forte. Il governo degli Stati Uniti ha esplicitato fino in fondo il suo
progetto di egemonia mondiale, senza regole e senza vincoli, nel documento
sulla sicurezza nazionale nel quale si arroga il potere di muovere guerra "a
chiunque costituisca una minaccia per i propri interessi nazionali". A
vivere in un futuro di barbarie, noi ci rifiutiamo.
Siamo qui perche' siamo convinti che la guerra non sconfigge il terrorismo.
Il terrorismo non ha mai ragione, neanche quando si nasconde dietro le
ragioni dell'ingiustizia sociale. Il terrorismo uccide la partecipazione,
che e' la forza dei movimenti sociali. A delegare la lotta per il
cambiamento, non ci rassegneremo mai.
Siamo qui per difendere la giustizia. Uno degli obiettivi della guerra e' il
controllo del petrolio che alimenta le economie occidentali. Non e'
benessere quello che si crea a costo della vita di milioni di persone in
tutto il mondo.
Il mondo e' pieno di armi nucleari, batteriologiche, chimiche, di
distruzione di massa. Le spese militari aumentano in tutti i paesi del
mondo, e alimentano il commercio illegale e criminale. Lo stato piu' armato
del pianeta vuole fare la guerra all'Iraq in nome del disarmo. Gli Usa hanno
speso quest'anno 500 miliardi di dollari per le armi. Ne basterebbero 13 per
salvare dalla morte per fame milioni di persone. A un mondo cosi'
tremendamente ingiusto, noi ci opponiamo.

*

Siamo qui anche contro la guerra economica, sociale e culturale che affligge
il pianeta, contro la globalizzazione neoliberista che produce ogni giorno
piu' disoccupazione, precarieta', miseria e ingiustizia sociale.
Siamo qui per difendere la pace. La guerra sara' vista, nei tanti sud del
mondo, come un'altra prova dell'arroganza e della politica di potenza
dell'occidente. Aumentera' la spirale dell'insicurezza e della repressione,
dell'odio etnico e religioso. Produrra' altra violenza, altra guerra. A
questo circolo vizioso, noi ci impegniamo a resistere.
Siamo qui per difendere la democrazia e i diritti umani. Ci battiamo perche'
democrazia e diritti umani siano affermati in tutto il mondo contro ogni
dittatura e tirannia. Anche in Iraq. Ma la democrazia non si puo' affermare
con l'arbitrio. Il popolo iracheno ha sofferto abbastanza.
Il regime di Saddam e' stato sostenuto e armato per anni dagli Stati Uniti.
Dodici anni di embargo hanno fatto il resto. All'orrore di tremila bombe
lanciate su un popolo stremato, noi ci rivoltiamo. Cosi' come ci rivoltiamo
all'uso delle bombe atomiche gia' minacciato nei piani del Pentagono, e
siamo particolarmente allarmati per la presenza di ordigni nucleari tattici
ad alta penetrazione nelle basi militari in Italia.
Siamo qui perche' la Carta dell'Onu esclude e condanna la guerra come
flagello dell'umanita'. Nessun Consiglio di Sicurezza puo' legittimare
questa guerra. La Carta delle Nazioni Unite non lo permette. Autorizzare la
guerra vuol dire uccidere definitivamente l'Onu, gia' da anni debole,
succube dei poteri forti, tollerante di troppe ingiustizie in tutto il
mondo. Basta con le complicita', basta con le doppie misure, basta con la
sudditanza agli Stati Uniti. All'ipocrisia della comunita' internazionale,
noi ci ribelliamo.

*

Siamo qui, infine e soprattutto, per difendere il diritto alla vita dei
nostri fratelli e sorelle irachene minacciate di morte dopo dodici anni di
stenti. Vogliamo ricordarci sempre, e vogliamo ricordare a tutti, che
saranno loro a pagare il prezzo piu' alto. La guerra la decidono i potenti,
ma sono i deboli che la fanno e la subiscono.
Noi la guerra la vediamo dall'alto, con le immagini dei traccianti e la scia
dei missili. Loro la vedono dal basso, ed e' tutta un'altra cosa. Un
razzismo strisciante, per il quale le vite non sono tutte uguali, impedisce
di vedere la guerra con i loro occhi, di pensare ai loro volti e ai loro
sorrisi quando parliamo di guerra.
A loro, e alle vittime mai viste di tutte le guerre dichiarate e non
dichiarate, vi chiediamo di dedicare ora un minuto di silenzio.

*

Siamo cittadini e cittadine d'Europa. Una Europa che ancora puo' fermare
questa guerra.
Facciamo appello, insieme a tutti i movimenti europei, ai paesi che fanno
parte del Consiglio di Sicurezza dell'Onu affinche' si esprimano contro la
guerra e a quelli che hanno potere di veto facciamo appello affinche'
esercitino questo potere, bloccando qualsiasi risoluzione che autorizzi
l'attacco all'Iraq.
Facciamo appello, come stanno facendo i movimenti europei in tutti i loro
paesi, alle forze politiche e ai parlamentari perche' in tutti i parlamenti
nazionali si arrivi al voto prima possibile, prima che la guerra cominci.
Facciamo appello, insieme ai movimenti europei, perche' partiti e
parlamentari si impegnino a votare contro la guerra, anche in caso di
autorizzazione delle Nazioni Unite, e contro l'utilizzo delle basi militari,
contro il sorvolo degli spazi aerei nazionali e contro qualsiasi supporto
logistico diretto o indiretto alla guerra.
Facciamo appello perche' le porte del negoziato siano tenute caparbiamente
aperte, per arrivare a una soluzione politica e non militare della crisi.
In molti paesi europei, come in Italia, la grandissima maggioranza della
popolazione e' contro la guerra. Chiediamo che i Parlamenti rispettino
questo orientamento e lo traducano in scelte coerenti.
Facciamo un appello alle forze politiche e ai singoli parlamentari: a quelli
che sono qui oggi e a quelli della maggioranza che per diversi motivi -
politici, religiosi, di coscienza - sono contro questa guerra. Ci sentiamo
di chiedervi un atto di coraggio e di coerenza.
Chiediamo un vincolo di coerenza in particolare alle forze politiche che
hanno aderito a questa manifestazione. Ognuno si assuma le proprie
responsabilita', nella liberta' che a ciascuno compete. Ciascuno rispondera'
delle proprie azioni di fronte ai cittadini e alle cittadine di questo
paese. Il tempo del politicismo e' finito. E' tempo di chiarezza.
Votate contro questa guerra. Fate vincere in Parlamento le ragioni della
pace e della democrazia che nel paese hanno gia' vinto. Assumete la
responsabilita' di rappresentare la volonta' della maggioranza dei cittadini
italiani. Restituite al nostro paese un ruolo positivo e una dignita'.

*

A noi, movimenti sociali, associazioni, partiti politici, organizzazioni
sindacali, esperienze religiose, strutture autorganizzate, societa' civile
organizzata e diffusa, cittadini e cittadine che abbiamo condiviso la
piattaforma di questa manifestazione, da qui rilanciamo un appello e un
impegno comune. Mettiamo in campo tutte le nostre energie, le nostre forze,
le nostre intelligenze e i nostri corpi, le nostre relazioni, la nostra
fantasia e la nostra determinazione per fermare la guerra.
Costruiamo la piu' grande esperienza di resistenza permanente alla guerra e
alla macchina della guerra che sia mai stata messa in campo, nel caso
sciagurato che la guerra inizi.
Facciamo appello perche' andiamo avanti insieme, nel rispetto delle
differenze, trovando il massimo possibile di unita' e di convergenza,
coordinando laddove possibile le nostre iniziative, comunicando,
riconoscendo le pratiche diverse in un patto di solidarieta'.
Ciascuno con i propri strumenti, ciascuno con le proprie forme, ciascuno con
le proprie pratiche, costruiamo una rete gigantesca di iniziative e di
azioni che provino a fermare, a intralciare, a boicottare, a mettere
ostacoli alla guerra.
Facciamo appello perche' prosegua la mobilitazione di massa in ogni citta',
in ogni quartiere, in ogni piazza del paese. Prepariamoci a rispondere
all'appello dei pacifisti americani perche' in caso di attacco tutti
scendano in strada. Prepariamoci a rispondere all'appello europeo per
manifestazioni di massa in ogni paese il primo sabato dopo l'attacco.
Facciamo appello agli studenti perche' le scuole e le universita' siano
ancora una volta al centro della mobilitazione contro la guerra.
Facciamo appello alle associazioni dei consumatori e dei cittadini
consapevoli perche' promuovano campagne, coinvolgendo il maggior numero di
persone in azioni quotidiane contro la guerra.
Facciamo appello alle organizzazioni sindacali, molte delle quali sono oggi
in piazza qui e in tutto il mondo, affinche' rafforzino ed estendano la
mobilitazione dei lavoratori utilizzando tutti gli strumenti possibili,
inclusi gli scioperi.
Facciamo appello agli operatori dell'informazione affinche' rifiutino di
essere arruolati in una guerra fatta innanzitutto di menzogne. Disobbedite
anche voi agli ordini ingiusti, impedite che le redazioni si trasformino in
caserme.
Facciamo appello perche' aumenti la mobilitazione capillare per coinvolgere
tutti e tutte. Riempiamo le finestre delle nostre citta' di bandiere della
pace. In ogni casa, in ogni scuola, nei luoghi di lavoro, nelle sedi
istituzionali, tappezziamo l'Italia di bandiere pacifiste.
Facciamo appello affinche' ciascuno trovi il suo modo per non obbedire
all'ordine ingiusto di sostenere la guerra.
Le pratiche della nonviolenza attiva, della testimonianza, del digiuno,
della preghiera, della disobbedienza civile e sociale, della resistenza e
dell'antagonismo sociale hanno grandi radici e tradizioni nel nostro paese.
Costruiamo una fitta rete di resistenza popolare che sappia essere efficace,
allargare il consenso e la partecipazione attiva per fermare la guerra in
tutti i suoi aspetti.

*

Facciamo appello perche' aumenti la solidarieta' concreta a fianco delle
vittime della guerra. A fianco della popolazione civile irachena, che si
prepara alla guerra in mezzo a mille sofferenze. A fianco del popolo
palestinese, del popolo kurdo, del popolo afgano, dei popoli che soffrono le
guerre dimenticate.
Noi non siamo quelli che vendono le armi ai dittatori. Noi siamo quelli che
da anni, nel silenzio colpevole dei governi, siamo a fianco giorno dopo
giorno ai popoli del mondo che patiscono la guerra, la poverta',
l'oppressione.
Rilanciamo tutte le iniziative di solidarieta' concreta e di cooperazione
internazionale che la societa' civile mette in campo. E avvisiamo sin d'oggi
il governo che non parteciperemo ad iniziative umanitarie promosse da chi
butta le bombe. I nostri soldi, li spenderemo bene. Salutiamo da qui i
cooperanti e i volontari impegnati all'estero che oggi hanno fatto lo
sciopero bianco contro la guerra in tutto il mondo.
Facciamo appello perche' si rilanci l'iniziativa politica in Medio Oriente,
per la fine dell'occupazione in Palestina, per due popoli e due stati, per
Gerusalemme capitale condivisa, per la pace e la democrazia in tutto il
Kurdistan, per la vita e la liberta' del presidente Ocalan e di tutti i
leader politici, sociali, sindacali, di minoranze etniche detenuti e
perseguitati. Noi non usiamo due pesi e due misure.
Facciamo appello perche' il sostegno alle forze democratiche dei popoliche
vivono oppressi da regimi e dittature in tutta la regione diventi priorita'
politica per tutti, istituzioni e movimenti. Dall'Iraq all'Arabia Saudita, i
diritti umani, civili e politici sono negati per milioni di persone. C'e'
bisogno di solidarieta' e di impegno politico quotidiano.
Facciamo appello perche' si rafforzino i movimenti europei e mondiali che
con noi sono impegnati contro la guerra, perche' si realizzi la massima
solidarieta' e sostegno al movimento pacifista negli Stati Uniti che
rappresenta una grande speranza di cambiamento per il proprio paese e per
tutto il mondo.

Facciamo appello per una politica di disarmo globale sul piano militare,
economico e sociale, per politiche di riduzione delle spese militari, per
una riconversione dell'economia di guerra verso usi civili.
Facciamo appello perche' l'impegno assunto da tanti movimenti sociali nel
Forum Sociale Europeo di Firenze affinche' l'articolo 1 della Costituzione
Europea contenga il ripudio della guerra come mezzo per la risoluzione delle
controversie internazionali divenga una grande campagna nazionale ed
europea.

Possiamo dare alla storia un altro segno. Un segno di civilta'. Un mondo
senza guerra e' possibile. Un mondo di pace, di giustizia, di diritti e'
possibile. Un altro mondo e' possibile. E oggi qui lo stiamo costruendo.
Fermiamo la guerra.


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