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corrispondente da NEW YORK

POTREBBE essere l'Italia ad ospitare il centro sanitario di emergenza
anti-bioterrorismo per l'Europa del Sud previsto dallo «Scudo biologico» a
cui sta lavorando dell'amministrazione Bush per tutelare la sicurezza di
propri cittadini e militari dal rischio di attacchi non convenzionali in
ogni parte del mondo. Gli Stati Uniti hanno proposto infatti al nostro Paese
di ospitare un «provider» ovvero un centro di prevenzione contro attacchi di
bioterrorismo dotato delle più moderne strutture di laboratorio esistenti.
La richiesta è stata formulata attraverso alti funzionari dell'Istituto
nazionale della Sanità americano (NIH) al termine di una fitta serie di
consultazioni, iniziate lo scorso novembre, con la partecipazione di esperti
di livello di entrambi i Paesi. Il progetto di cui si sta occupando
l'Istituto della Sanità di Washington fa parte dei programmi di difesa
anti-terroristmo approvati dell'amministrazione Bush, intenzionata a creare
un sistema di difesa contro attacchi di tipo non convenzionali, considerati
«imminenti» da parte dei servizi di intelligence occidentali. E' stato il
presidente stesso ad annunciare all'opinione pubblica questa nuova
iniziativa durante il discorso sullo Stato dell'Unione parlando di un
«Bio-Shield» (Scudo biologico) teso «a proteggere l'America ed i suoi
alleati». Per quanto riguarda il territorio Usa la fase di attivazione di
nuove strutture mediche è già iniziata mentre per estendere il «Bio-Scudo»
ai Paesi alleati servono accordi ad hoc. Nel complesso l'ipotesi di lavoro
dell'Istituto della Sanità Usa è quella di far coprire dal «Bio-Shield»
qualsiasi territorio dove si trova un consistente numero di personale e
soldati americani. Il timore è infatti legato al rischio di attacchi con gas
ed agenti batteriologici soprattutto contro ambasciate, sedi consolari e
basi militari. La carta geografica del Pianeta è stata quindi divisa per
zone di possibile emergenza sanitaria, ognuna delle quali sotto la
responsabilità di un grande centro di intervento, assistenza e ricerca in
grado di coordinare 24 ore su 24 due differenti tipi di attività. Primo:
garantire in tempi stretti trasporto, assistenza e cura alle vittime di
eventuali attacchi chimici, batteriologici, radiologici e nucleari. Secondo:
analizzare sostanze a rischio trovate nel corso di indagini
anti-terroristiche. L'ipotesi avanzata è quella di affidare all'Italia il
centro anti-bioterrorismo che dovrebbe essere responsabile per l'intera area
dell'Europa del Sud, dove si trova un grande numero di sedi diplomatiche ed
installazioni militari Usa. Sempre in questo scacchiere geografico si
trovano i Balcani: un'area da tempo considerata a rischio per i contingenti
militari che vi si trovano a causa della infiltrazione di gruppi
fondamentalisti islamici. La necessità di dotare l'Europa del Sud di un
simile «centro di servizi sanitari di emergenza non convenzionale» è dovuto
al fatto che in questa regione mancano strutture in grado di fronteggiare
crisi che potrebbero coinvolgere un numero molto alto di persone. I colloqui
avuti fino a questo momento da Washington con il ministero della Sanità
italiano non hanno portato ancora alla sigla di un'intesa ma dal ministero
della Sanità Usa trapela la convinzione «che alla fine l'Italia accetterà
questa grande responsabilità» anche in ragione del solido rapporto di
alleanza che lega in questo momento i governi dei due Paesi. Si trova a Roma
il centro di lotta alle malattie infettive che dovrebbe essere potenziato,
con il consistente sostegno scientifico ed economico degli Stati Uniti, per
diventare uno dei terminali europei dello «Scudo Biologico». «L'ipotesi al
momento allo studio in questa fase interlocutoria è quella di creare un
ampio network sanitario e scientifico con laboratori altamente qualificati e
specializzati fra Paesi alleati come Stati Uniti ed Italia che già
collaborano in molti settori tematici della medicina - spiega Vittorio
Daniore, addetto scientifico dell'ambasciata italiana a Washington, docente
all'Università di Roma II ed autore di uno studio che nel 1999 anticipava le
emergenze del bioterrorismo - al fine di rafforzare la cooperazione
bilaterale già in atto in altri ambiti contro la minaccia del
bioterrorismo».
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