[Cerchio] TERRORISMO

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Autor: clochard
Datum:  
Betreff: [Cerchio] TERRORISMO
il mattino
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L'INCHIESTA
SUL TERRORISMO
MARISA LA PENNA
Trattati come criminali, dicono i difensori. Otto ore dopo il verdetto del
gip che restituiva loro la libertà, ai pachistani che hanno lasciato il
carcere non è stata data la possibilità di parlare con i loro familiari, né
con i cronisti, né - cosa certamente più grave - di incontrare i loro
avvocati. In 18 sono stati caricati di peso su un bus e, scortati da un
nugolo di poliziotti, sono partiti alla volta di in un centro di
accoglienza, presumibilmente di Torino. Secondo i legali sono stati violati
i più elementari diritti della difesa, violato l'articolo 27 della
Costituzione.
Ma raccontiamo il pomeriggio e la serata di ieri dei 28 pachistani
pseudo-terroristi.
Ore 16. Quattro ore dopo l'emissione del provvedimento del gip davanti alla
casa di pena di Secondigliano cominciano ad arrivare i "fratelli" della
comunità pachistana. C'è il leader, Shaukat Khan, 44 anni, da 14 in Italia,
titolare di un'agenzia di affari e commissioni. È fuori di sè dalla gioia.
«Lo sapevo, sapevo che sarebbe finita così. Non siamo terroristi...» ripete
come in un ritornello. Il tam-tam tra i connazionali ha funzionato alla
perfezione. Nel giro di un'ora davanti al carcere si radunano tanti
pachistani per abbracciare i loro compagni. Nel gruppo c'è anche Naveed,
permesso di soggiorno in regola, uno stipendio da 1350 euro. È arrivato da
Arcore, dove lavora in un'azienda che si occupa della manutenzione dei
giardini. Anche quelli che sorgono davanti alla villa di Berlusconi. «Quando
quest'incubo sarà finito torneremo in Pachistan. Mio fratello aveva già
acquistato un biglietto aereo e avrebbe dovuto tornare a casa proprio l'1
febbraio, ma il giorno prima è stato arrestato. Doveva sposarsi, per questo
aveva preparato tutto per rientrare nel nostro Paese. E invece lo hanno
preso, ma lui non c'entra nulla con il terrorismo», dice. Poi racconta di
quando lo ha visto lunedì, nel corso di un colloquio in carcere. «Piangeva -
ricorda - gli ho portato dei vestiti perchè aveva freddo. Ha sofferto molto
quando è stato in isolamento, ma negli ultimi giorni lo hanno messo in una
cella con altri due detenuti».
Ore 17. Arrivano i difensori. Sono esultanti. Aspettano che i 28 escano
dalla casa di pena. Allo studio, in piazza Garibaldi sono pronte delle
bottiglie di spumante per festeggiare...
Ore 18,10. Dal carcere-bunker escono due volanti con i lampeggianti accesi.
Subito dopo un bus con le tendine abbassate. A bordo ci sono i pachistani.
Delusione per i cronisti, i fotografi, i cineoperatori. Sul volto dei
connazionali una smorfia di disappunto.
Ore 19. La folla che era davanti al carcere si ritrova all'ingresso dell'
ufficio immigrazione della questura, al corso Arnaldo Lucci. È lì che hanno
portato gli extracomunitari. Gli avvocati tentano di raggiungerli negli
uffici. Ma vengono bloccati: niente colloqui con i pachistani. I legali
protestano. Ci sono gli avvocati Ferdinando Zeni, Luciano Santoianni, Lucia
Cavallo. La tensione cresce quando le esternazioni dei legali vengono
contestate dai poliziotti.
Ore 19,50. I pachistani non in regoila col permesso di soggiorno vengono
nuovamente caricati sul bus, scortati da un esercito di poliziotti. Il
pullman partirà alla volta dell'aeroporto dove c'è un aereo pronto per
decollare, destinazione Torino, dove c'è un centro di accoglienza per
immigrati. Delusione per i connazionali che non riescono a parlare con i
loro cari. Disappunto per i rappresentanti dell'informazione. «Sono stati
violati i diritti della difesa - commenta Santoianni - e questa procedura
sarà oggetto di un nostro ricorso. I ragazzi che assistiamo hanno infatti
diritto anche in quella che dovrebbe essere una fase di accertamenti
amministrativi di essere seguiti dai loro difensori. Insomma sono stati
trattati peggio dei criminali. È stato palesemente violato l'articolo 27
della Costuituzione. Inoltre ufficialmente non abbiamo potuto appurare i
motivi per i quali è stato deciso di portare i nostri assistiti a Torino». I
difensori degli immigrati hanno annunciato una conferenza stampa per oggi.
In cella resta Rashid Mehmood, che in base alla legge Boss-Fini (aveva
ignorato un decreto di espulsione) deve essere trattenuto in carcere. Sarà
processato oggi col rito direttissimo. Gli altri, quelli col permesso di
soggiorno faranno, ritorno nelle loro abitazioni o presso amici.