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Auteur: deb
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Anciens-sujets: [NuovoLaboratorio] la ricetta di legambiente per trasporti e infrastrutture
Sujet: [NuovoLaboratorio] Ordine dal Governo: via la bandiera della pace dai municipi
ciao a tutti
vi giro qs. articolo dall'unita' on line.

deborah lucchetti
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Ordine dal Governo: via la bandiera della pace dai municipi
di Marco Bucciantini

Quella bandiera no. Il governo non vuole vedere il drappo arcobaleno della
pace pendere da Palazzo Vecchio. Non vuole vederlo in nessun edificio
pubblico. Secondo un “parere” della segreteria del presidente del Consiglio
sarebbe reato, vilipendio al Tricolore, abuso d’atti d’ufficio. Sollecitati
dalle amministrazioni comunali del Paese, intenzionate a sventolare la
bandiera della pace dai vari palazzi comunali e in cerca di conferme
“legislative”, i prefetti hanno girato la questione al governo. Il dubbio
stava nell’interpretazione del decreto presidenziale 121 del 2000. Più che
un dubbio, uno scrupolo, poiché il decreto non ricomprende vessilli diversi
da quelli che rappresantano i vari stati (bandiere in senso proprio, d’ora
in avanti).

La risposta è stata democraticamente “imbarazzante”, e politicamente netta e
rivelatrice: la legge è chiara, niente bandiere di parte, appendere il
vessillo della pace equivale al vilipendio della bandiera tricolore (quella
tanto cara a Bossi) ed è comunque un abuso in atti d’ufficio.

A Firenze il drappo della pace sventola da lunedì sera «e lì rimane», s’
affretta a dire il sindaco Leonardo Domenici, anche presidente dell’Anci.
«Mi auguro - aggiunge, informato dal prefetto delle novità - che questa
posizione del governo non abbia niente di politico ma sia semplicemente una
diversa interpretazione di una norma».

Invero il decreto presidenziale in questione insiste per tutti e dodici gli
articoli «sull’uso delle bandiere della Repubblica italiana e dell’Unione
europea da parte delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici”.
Se ne delimitano gli impieghi, le esposizioni financo le collocazioni
fisiche con grande dettaglio. Quando si citano altre bandiere (articolo 8,
comma I), questi sono i termini: «All’esterno e all’interno degli edifici
pubblici si espongono bandiere di Paesi stranieri solo nei casi di convegni,
incontri e manifestazioni internazionali, o di visite ufficiali di
personalità straniere, o per analoghe ragioni cerimoniali». In modo
inequivoco si connota ancor di più il senso di “bandiera” come simbolo di
uno Stato o comunque di un soggetto istituzionale. Questo dovrebbe guidare l
’interpretazione dell’articolo finale del decreto, il dodicesimo: «L’
esposizione delle bandiere all’esterno e all’interno delle sedi delle
regioni e degli enti locali è oggetto dell’autonomia normativa e
regolamentare delle rispettive amministrazioni» scrive il legislatore (è
questo l’abuso di ufficio?), prima di evidenziare ancora una volta il
concetto di bandiera: «In ogni caso la bandiera nazionale e quella europea
sono esposte congiuntamente al vessillo o gonfalone proprio dell’ente...».

Due domande: cosa c’entra quel drappo arcobaleno con una bandiera così
connotata? Ancora: come si specifica l’autonomia normativa e regolamentare
prevista? L’apposizione fra le due finestre della “bandiera” (virgolette d’
obbligo) della pace esposta a Palazzo Vecchio ha seguito - lunedì - il voto
affermativo del consiglio comunale. Ma rendere cavillosa la questione è un
torto che si fa alla reale portata dell’interpretazione governativa, che tra
l’altro sposa in pieno la linea fondamentalista del Giornale, che ieri -
nell’inserto regionale toscano - registrava un editoriale dal titolo “La
legge vieta i vessilli di parte”. La “pace” sarebbe un concetto di parte.
Bisogna fissare questo punto. Perché fino a questa interpretazione del
decreto legge, fino a questo “avvertimento” a chi espone l’arcobaleno, la
linea cerchiobottista dell’esecutivo si augurava la risoluzione pacifica
della crisi irachena. È stato ripetuto più volte, dal presidente del
Consiglio Silvio Berlusconi, dai ministri, dai parlamentari di tutto il
Polo: c’era da taner di conto dei sondaggi che vedono l’opinione pubblica
quasi totalmente impegnata nella causa pacifica. «Non è lo stesso Berlusconi
che ha parlato a lungo degli sforzi da fare per raggiungere la pace? », si
domanda Domenici. Per certo, l’avviso è stato recapitato anche alla
prefettura di Torino.

In realtà chi cerca la pace, chi difende la logica della soluzione pacifica
alla questione irachena, chi cerca di allargare il fronte degli oppositori
alla guerra dà fastidio. E allora si soffiano questi avvisi di reato,
cercando di bloccare la marea contraria all’azione (ma soprattutto all’
intenzione) di governo. Per fare un esempio concreto, alcuni consiglieri
forzisti della Regione Emilia Romagna hanno bollato come «abusive, violente
e offensive delle istituzioni» le bandiere della pace che sventolano da
alcuni giorni dalle finistre dei gruppi consiliari della sinistra.

Qualcuno se ne infischia. Due notizie dall’Italia che resiste: la giunta
comunale di Forlì ha deciso ieri di aderire alla campagna «pace da tutti i
balconi» esponendo la bandiera della pace sulla facciata del Palazzo
comunale e facendo proprio l’appello del sindaco di Firenze a sostegno delle
iniziative volte ad evitare la guerra in Iraq e sollecitando le città
irachene ad una analoga iniziativa verso il regime di Baghdad. Intanto, il
sindaco di Belluno, Ermano De Col, eletto per il centrosinistra alle
comunali del 2001, ha da una settimana sulla sua scrivania l’intimazione
governativa a togliere il vessillo iridato. L’idea, alla faccia delle
interpretazioni “restrittive”, non gli è neanche balenata. La bandiera della
pace resterà dov’è. E ci sta anche bene, pensa il 93 per cento degli
italiani.




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