Autor: luisa rizzo Data: Asunto: [Lecce-sf] Fw:Un'altra Missione Arcobaleno? No, grazie
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Sent: Monday, February 10, 2003 6:38 PM
Subject: [info-unponteper] Un'altra Missione Arcobaleno? No, grazie
IL MANIFESTO - 9 febbraio 2003
« Un'altra Missione Arcobaleno? No, grazie»
Parla Fabio Alberti di Un ponte per: «Rifiuteremo i soldi del governo. E
saremo in piazza a Bagdad il 15 febbraio»
ANGELO MASTRANDREA
«Berlusconi ha detto che l'Italia parteciperà alla guerra con basi, sorvolo
e aiuti umanitari. Credo che l'utilizzo dell'arma degli aiuti umanitari,
come l'ha definita, faccia parte integrante dell'intervento bellico. Ci
aspettiamo che l'Italia costruisca delle grandi campagne per soccorrere le
popolazioni che saranno parte della copertura dell'attacco e fin da adesso
bisogna denunciare questo tentativo e dire che i soccorsi andranno costruiti
con la massima autonomia. Per questo stiamo cercando di formare un
raggruppamento di associazioni e ong che dichiarano che non si presteranno
alla copertura umanitaria all'attacco». Fabio Alberti di Un ponte per sta
per partire per Baghdad con una delegazione di 40 persone. L'obiettivo,
questa volta, è l'organizzazione della manifestazione per la pace del 15
febbraio nella capitale irachena, che Un ponte per, unica ong italiana
presente in Iraq da dieci anni, sta preparando insieme all'associazione
pacifista statunitense Voices in the wilderness. Sullo sfondo, una nuova
«Missione Arcobaleno» che sta già facendo discutere la galassia delle ong.
Alberti, dunque state preparandovi a rifiutare qualsiasi aiuto governativo?
Sì, solo se il governo si opponesse alla guerra l'intervento umanitario
avrebbe un'altra valenza. Non solo non li accetteremo, ma costruiremo tutti
insieme, in un coordinamento unico, un'unica campagna per il soccorso alle
popolazioni che sarà alternativa alla copertura umanitaria della guerra che
farà il governo. Lì il problema non sarà tanto quello di mandare persone,
perché il paese è sviluppato, ha strutture, mezzi e infermieri, ma
soprattutto il soccorso ai profughi, che ci si aspetta essere attorno al
milione. E soprattutto nell'invio di materiale. In una seconda fase ci sarà
il problema del garantire la distribuzione dell'acqua potabile. Ci vorranno
molti soldi, contiamo sulla solidarietà degli italiani, ma diciamo fin da
ora che se Berlusconi pensa di rifare una «Missione Arcobaleno» che da una
parte manda i missili e dall'altra il cibo questa volta non gli deve
riuscire.
Nel frattempo, state organizzando la manifestazione del 15 febbraio a
Baghdad, in contemporanea con altre 74 città di tutto il mondo.
Sì, questa volta andremo a Baghdad per manifestare. Insieme a noi e ai
pacifisti americani ci saranno gli internazionali presenti laggiù. Quindi
sarà una manifestazione delle ong e dei volontari, cioè delle persone che
vanno a Baghdad per solidarietà con la popolazione irachena. Non sarà la
manifestazione del regime iracheno. E le immagini saranno trasmesse via
satellite nelle altre città in cui si manifesta, per stabilire un
collegamento ideale con le piazze di tutto il mondo.
L'altro ieri l'amministrazione provinciale di Trento ha stanziato centomila
euro per costruire una centrale di potabilizzazione dell'acqua in Iraq. Non
sarà contento Berlusconi.
Sarebbe la terza centrale che realizziamo: le altre due distribuiscono acqua
a centomila persone, e con questa verrà data l'acqua a un villaggio di
cinquantamila persone a sud di Bassora. Ma ci sono anche altri esempi: le
Marche hanno deciso di sostenere la costruzione di scuole elementari in
Iraq, mentre la Campania ha avviato un progetto di cooperazione tra
l'università di Napoli e quella di Mossul.
E fra qualche giorno dovrebbero arrivare gli «scudi umani» europei. Come
valuta questo tipo di iniziativa?
In questo momento il contributo più grosso che possiamo dare è quello di
spostare l'atteggiamento del governo italiano. Questo significa che
l'impegno va sviluppato soprattutto in Italia. La posizione italiana è così
rilevante che ha spaccato l'Europa. All'ultimo momento anche il tentativo di
costituire un deterrente all'attacco attraverso una presenza internazionale
a Baghdad sarà utile, ma a quel punto sarà un atto disperato.