Autor: menthos Data: Asunto: [Cm-crew] report dal belgio
ricevo da un amico su dadaciclo e giro.
saluti @ciclistici dal belgio,
oggi ho conquistato il muro dell'Huy, tratto di strada inserito di
diritto nella storia del ciclismo e reso celebre dai ripetuti passaggi
al giro delle fiandre dove è posto anche l'arrivo. è veramente qualcosa
di impressionante, si percorrono da Liegi una trentina di chilometri in
piano, e poi ci si trova davanti questa specie di scoglio. Un chilometro
di salita ad una pendenza che a mio avviso si attesta sul 20%, asfalto
tappezzato di scritte, da togliere il fiato. Considerato che fa un
freddo boia, tira sempre vento (è una costante da queste parti), la bici
non è la mia ma di un mio amico che mi sta ospitando (una peugeot in
acciaio con manettini al telaio), i rapporti erano quelli da pianura
(massimo il 21 si usa da queste parti), ho faticato come un cane per
arrivare sopra senza mettere piede a terra.
ho scoperto anche che il belgio è veramente un mondo a parte per il
ciclismo. anche in inverno c'è sempre qualche kermesse da vedere, di
quelle "open" dove professionisti minori, ex professionisti, dilettanti,
amatori, juniores, si danno battaglia sul filo dei cinquanta all'ora, a
caccia di premi, traguardi volanti. mi dicono che ci sia anche un
discreto giro di soldi dietro, e se mi sembra di ricordare bene il libro
di erwann mentheour ("il mio doping"), anche una discreta mafia dietro
le scommesse.
i ciclisti qui sono mediamente meno fissati degli italiani per il mezzo
meccanico, raro vedere specialissime da 5000 euro (andate ad una
granfondo italiana e poi mi direte...), molto più diffusi sono i telai
di medio-bassa gamma (peugeot, gitane, mbk, qualche marca belga strana
che non conosco) se non veri e propri cancelli, con gruppi vecchiotti,
ruote decrepite. il 99 per cento delle strade è in pianura e la bici
leggera non serve quasi a niente, tira vento perchè non ci sono molte
colline ed è tutto aperto, così i belgi sono dei passisti formidabili
che spingono a 40 e passa all'ora contro vento come niente fosse,
pioggia o neve o sole fa lo stesso. da paura. poi sulle salitine (i
muri) o partono di slancio e scollinano con due pedalate, o sull'Huy
(che è duro) non avendo il passo da salita che noi italiani possediamo,
fanno la figura dei pellicani.
ho anche scoperto (altra sorpresa incredibile) che la roba della
campagnolo, a conti fatti, costa uguale se non meno che in italia,
nonostante sia importata. converrebbe (per le ruote soprattutto)
comprare qui. solo una cosa potrebbe distoglierli dal loro minimalismo
in fatto di biciclette, hanno questa strafissa per la colnago, il loro
punto di arrivo confessato è comprare un C40, il telaio in carbonio
della colnago, che costa come da noi, intorno ai 2500 euro. un tipo di
trenta anni parlando con me ha saputo che il negozio vicino casa mia ne
ha uno usato della sua taglia (55) e vorrebbe prendere contatti per
comperarlo, magari venendo appositamente. pensa a che punto stanno questi!
al ritorno pioggia, cosa normale da queste parti, controvento non mi
sono azzardato a tirare il gruppetto di dieci persone che ci ha
accompagnato, ci ha pensato un tipo di una sessantina di anni, sottovoce
mi hanno detto che nella sua categoria batte tutti gli altri alle
kermesse, sembrava un treno lanciato e non sentiva la fatica. non credo
andasse a pane e acqua. anche per questo il belgio sino a questo momento
non ha smesso un solo istante di stupirmi.
domani day-off ed impegni di studio, si riprende domenica. nel frattempo
mi documento sulla mobilità ciclistica da queste parti
frombelgique_delgado
ancora belgio
liegi non è proprio male come città. il fatto che si svolga la
liegi-bastogne-liegi, una classicissima, ne fa un posto assolutamente
consacrato del ciclismo. in terra ho visto, dove c'è l'arrivo, sbiadite
scritte "la redoute" e la striscia che paolino bettini ha tagliato per
primo vincendo lo scorso anno davanti a garzelli. inoltre, liegi è una
città piena di italiani, anche se tra loro in bici ci vanno veramente in
pochi. emigranti e figli di emigranti che, conoscendoti, ti chiedono
come ce la passiamo in italia, che succede, che tempo fa di solito. i
primi parlano ancora italiano, i secondi ci si sforzano storpiandolo
insieme al dialetto di appartenenza, francese e alle loro lingue di
queste parti. una babele di idiomi. informazione dall'italia ne arriva
poca se non da internet, o il giornale del giorno prima. è proprio
lontana l'italia, me ne sono reso conto guardando le piste ciclabili
(tante), il traffico ordinato e tranquillo, le strade larghe, senza
buche, parcheggi comodi, a pagamento nelle vie principali, ma anche
gratis in mega spiazzi sparsi qua e la. mi rendo conto che il cuore
dell'europa, maastricht, non a caso è a pochi chilometri da qui.
poi ci sono i belgi. tipi a posto, un po' freddi come il clima qui, ma
sicuramente ospitali e cortesi, a patto che rispetti le loro regole
comportamentali, che poi sono quelle di normalissima civiltà. parlando
inglese peraltro ci si fa capire molto bene.
vivere costa comunque molto, mediamente più che in italia, sicuramente
più che a roma. se non altro, come mi sembra di aver già scritto ieri,
la roba della campagnolo costa uguale se non meno. ne ho avuto conferma
in un negozietto che sta dalle parti del centro, dove sono andato a
farmi sistemare la bici (per la cronaca una peugeot in acciaio con tanto
di cromature, cambio shimano 600 a 7 velocità con i manettini, cerchi
mavic open cd, pedali look, forcella in acciaio) su consiglio del mio
amico. sulle pareti c'erano attaccate maglie di ciclisti famosi, una da
campione del mondo di eddie merckx, una di martens, una della mapei di
vanderbroucke, altre ancora. il padrone, meccanico e gestore, sembrava
geppetto. si vedeva che era uno che ne ha visti tanti di ciclisti. mi ha
centrato la ruota posteriore con pochi sapienti tocchi di tiraraggi,
sempre squadrandomi dalla testa ai piedi, concludendo che non sembravo
molto allenato. lasciandogli intravedere nell'ordine piumino d'oca,
giacchettino di pile, camicia, dolcevita, maglietta di cotone (come cala
il sole fa veramente freddo!!!) ha notato che in effetti ero un po' più
magro di quanto sembrassi. 1 a 0 per me. mi ha pure chiesto che bici
avessi in italia. una marin hunters hill con shimano ultegra, spiego.
ride e dice ai suoi compari che con tanti artigiani in italia mi vado a
comperare una bici americana. gli spiego che solo il marchio è
americano, ma è costruita dall'artigiano "billato" di milano, uno
conosciuto anche da quelle parti. 2 a 0 per me. mi so difendere. il
colpo di grazia me lo fornisce un tipo quando entra nell'officina, uno
che era uscito in bici con me il giorno prima, che riconoscendomi dice
al geppetto che sull'huy li ho lasciati tutti dietro a me. vabbè che non
erano proprio dei fuoriclasse, ma fa sempre presa. 3 a 0 e tutti a casa,
ormai i miei punti li ho conquistati e non mi fa nemmeno pagare la
riparazione, mi compro un cappellino estivo della squadra "lotto" tanto
per ringraziarlo. 5 euro e mezzo. 'sti belgi...
frombelgique_delgado
belgio #3
la domenica ciclistica in belgio quando è inverno comincia intorno alle
9, praticamente come in italia. partenza in circa quindici elementi,
costante minaccia di pioggia, per strada ne incontriamo altri cinquanta
e ci aggreghiamo. ma unirsi a quel gruppo è stato un grave errore di
valutazione da parte dei miei pseudocompari. si trattava di un plotone
di mezzi pazzi che un minuto dopo ci facevano trovare nel bel mezzo di
una bagarre, visto che mi hanno detto (dopo) che la settimana prossima
dovrebbe iniziare la stagione delle gare degli amatori nella provincia,
e questi stavano provando il ritmo corsa. controvento siamo filati ad
oltre 37 di media su una provinciale, io non sono mai riuscito a mettere
il naso fuori dal gruppo, sempre con gli occhi sul mozzo di quello che
mi precedeva. tirare così violentemente annebbia il cervello, dopo una
quarantina di chilometri c'è stata anche una caduta, senza conseguenze
per fortuna se non una ruota storta e qualche graffio. due ruote si sono
toccate e tutti a terra, io sono rimasto in piedi perchè, da buon
italiano, non avendo tirato per niente stavo ancora bello lucido, quel
che bastava per sganciarmi prima del capitombolo.
una bella virata a 180° dopo una cinquantina di chilometri ci fa
abbandonare i pazzi al loro destino, ritorno con altri cinque e con il
vento alle spalle che ci spingeva a 40 senza quasi forzare. sono
riuscito anche a godermi il paesaggio. così noto che da quelle parti non
è piatto come sembra, tutto è quasi impercettibilmente vallonato, con
qualche collinetta ogni tanto che le strade principali aggirano
lasciandoti solamente intuire il pendio. la mattinata finisce in un
ristorante italiano. "lasagna bolognesa", "prosciutto e parmeggiano",
insalata, ma quando vedo il rosso dei castelli romani per poco non mi
metto a piangere. "velletri superiore". ma che ne sanno questi...