[Lecce-sf] sul seminario

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Sul seminario, riceviamo da Stefano Galieni:


Care compagne e cari compagni.
Ci sono troppe cose che non mi sono piaciute nelle ultime e mail sul
convegno, ho provato a rileggermi l'intero carteggio, forse rischio di dire
qualche banalità e scusatemi per la lunghezza.
1) Mi sembra che nell'evoluzione delle diverse bozze si sia mano mano perso
il senso e gli obiettivi del convegno.
2) Mi sembra che accanto alle critiche sui nomi (più o meno condivisibili)
siano state esposte da me e da altri perplessità di fondo su cui non c'è
stata risposta.
3) Mi sembra poi che il tono del dialogo stia svilendo. La ricchezza e la
propositività della riunione di Firenze dovrebbero constringerci tutti ad un
maggior impegno per recepire le diverse istanze.
Io non sono stanco di ripeteree quindi provo a riprendere il filo ponendo
alcune banali domande.
Premetto due cose.
1) Non sono molto interessato alle diatribe sui nomi anche se manifesto le
mie opinioni, vorrei che questi fossero il compimento di un ragionamento
comune.
2) Non mi interessa neanche la composizione di presidenze e interventi se
non come frutto anche queste di un ragionamento.
Siamo comunque avvantaggiati dall'avere un mese di tempo in più secondo le
ultime proposte.

Dunque io credo che tre debbano essere le coordinate su cui progettarlo:
l'ordine in cui li elenco non è di importanza.
1) Il lancio di una campagna nazionale contro i Cpt, per la loro chiusura
senza se e senza ma, perchè oltre a smontarli concretamente si cominci a
smontare nella testa della pubblica opinione l'accettazione della loro
esistenza.
2) Una riflessione tanto teorica quanto basata sulle esperienze concrete dei
sensi (un plurale necessario) assunti da queste isituzioni totali
all'interno di un processo generale di risutrutturazione di tutte le
istituzioni totali.
3) Una analisi puntuale sul Salento e la Puglia nel loro essere specifici
luoghi di sperimentazione della reclusione dei migranti.

Tre elementi che debbono procedere di pari passo ma non solo:
Deve essere un convegno che permetta al nostro gruppo di migliorare e
condividere conoscenze acquisite solo parzialmente o individualmente e non
ancora messe in discussione.
Deve essere un convegno capace di parlare e di porsi in maniera propositiva
tanto al movimento tanto a quei pezzi di società civile e politica che non
condividano la deriva securitaria del paese.

Perchè questo accada credo sia necesario superare la forma tradizionale e
paludata di alcune esperienze passate.
Vanno valorizzati i nostri saperi e non solo i nostri e vanno messi in
connessione partendo da alcuni presupposti:
Non è il ruolo accademico o la visibilità mediatica il parametro per
definire ospiti e relazioni.
e non sono neanche gli anni di esperienza antirazzista accumulati a definire
le priorità.
A essere acidi viene da dire che anche se si hanno 20 anni di antirazzismo
comprovato alle spalle i cpt li hanno cominciati ad istituire nel 1999.
Acidità a parte veniamo alle proposte.
Se una delle 3 coordinate non è riconosciuta come importante da tutte/i a
mio avviso i presupposti per fare il convegno insieme non ci sono, ma io,
per natura non sono pessimista.
Penso ancora che il convegno si possa fare e fare bene, sarebbe però utile
che tutti i suggerimenti e le critiche finora emerse non venissero recepite
come bocciature tout court o che le si accetti nella forma ma le si rimuova
nella sostanza.
Il problema, lo ripeto, non sono i nomi.
Le esperienze di questi mesi nel partito mi insegnano che i convegni che
funzionano sono quelli che intercettano domande inevase e, credetemi, sui
Cpt la disinformazione è enorme anche all'interno del movimento. Se ne
conoscono e se ne raccontano le esperienze più brutali e raccapriccianti ma
si sorvola sulla quotidianeità della reclusione e della negazione della
persona. Si parla di lager pensando al Regina Pacis o a Lampedusa ignorando
la fredda e umanitaria efficienza bolognese, modenese, brindisina.
Se non vogliamo ritrovarci ad essere soli a cantarcela e suonarcela
alternandoci al microfono, questo dobbiamo tenerlo a mente. Vanno quindi
pensate due giornate di discussione e di lotta, gli interventi dei relatori
debbono essere scelti a partire da questo.
Ci interessano gli studiosi, gli intellettuali, i giornalisti, che (anche se
in ambiti diversi dal nostro) abbiano questo approccio. Ci interessa fare un
passo avanti per un sapere comune ma anche iniziare una diffusione dei
saperi che già ognuno di noi ha acquisito.
Immagino perciò due sessioni, poco rigide negli interventi, aperte
all'ipotesi di essere stravolti in corso d'opera.
Nella prima si dovrebbero intersecare le esperienze acquisite tanto a
livello di approccio teorico quanto di lotte concrete.
Nella seconda dovremo confrontarci con quanto proporre all'esterno: campagne
di denuncia, intervento nelle istituzioni, mobilitazioni.
Immaginerei poche relazioni di indirizzo e un dibattito aperto a cui ognuno
possa invitare chi vuole: la platea sarebbe libera di fischiare o applaudire
chi verrebbe a esibirsi per raggranellare voti alle amministtrative o per
cercare consensi.
Tre relazioni predeterminate per ogni sessione e una buona gestione del
dibattito da cui uscire con progetti definiti.
L'obiettivo insomma dovrebbe essere quello di ritrovarci alla fine con una
forza operativa maggiore e con una capacità pervasiva nel movimento più
definita.
In conclusione:
Sto cercando, e spero che altri lo stiano facendo, di portare anche persone
nuove alla riunione del 16, non le facciamo scappare con i nostri scazzi.