[Lecce-sf] donne....da Forli

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Author: luisa rizzo
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Subject: [Lecce-sf] donne....da Forli
carino

luisa
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Donne contro la guerra

Le donne del Forlì social forum si rivolgono a tutti, e in particolare alle
donne.
Dall'inizio degli anni '90 nei conflitti c'è stata un' impennata delle
vittime civili. Si è arrivati all'80%, nella seconda guerra mondiale avevano
superato il 50%, nella prima guerra mondiale furono del 5%. Insieme
all'avanzamento delle tecnologie di guerra, il nemico vero, il capo di stato
è stranamente più difficile da sconfiggere e chi paga sono le popolazioni.
E' importante dire che molte di quelle vittime sono state donne, bambini e
anziani che hanno goduto di uno dei pochi privilegi a loro dati, non andare
a fare la guerra, non mettersi un uniforme per sparare. Alle donne durante
una guerra spetta procurarsi il cibo, spetta intessere relazioni umane e di
solidarietà per sopportare le lunghe attese, la disperazione che le circonda
in paesi diventati fantasma e attanagliati dalla paura. Le donne sono grandi
dispensatrici di energia, di sentimenti, per reggere alle sofferenze che
porta con sé una guerra. Bene lo sanno le tante partigiane romagnole e
italiane e tutte coloro che nell'ultima guerra hanno perso, figli, mariti,
fratelli, nelle campagne coloniali d'Africa, nei campi di concentramento
della Germania, in Russia....Forse lo sanno un po' meno le generazioni
successive e ancor meno quelle che non le hanno vissute direttamente, forse
perché la memoria umana (è fisiologicamente provato) tende a cancellare il
dolore. Ma sono più di 50 i conflitti sparsi nel mondo e molti di questi
nella vicina Africa. Di questi non si sa quasi nulla, perché gli interessi
che li percorrono e li fomentano è meglio tenerli nascosti (minerali,
petrolio e diamanti verso l'Occidente in cambio d'armi). Questo lo sanno
fare molto bene le 4 agenzie stampa più grandi (Agent Press, United Press,
Reuters, France Press) dispensatrici ogni giorno di migliaia di notizie che
vengono filtrate prima di essere passate ai giornali di tutto il mondo.
Ebbene nessuno interviene politicamente per fermare quelle guerre. Un
esempio lampante della sopraffazione di un stato ricco e armato su un popolo
debole e costretto alla fame e alla disperazione non può che essere il
conflitto tra Palestina e Israele. E ora si vuole colpire ancora una volta
l'Iraq, dopo più di 10 anni di embargo con una popolazione decimata. Dopo
dieci anni di sofferenze inaudite per le donne, le madri e per i loro
bambini che ancora oggi nascono con gravi deficienze, per i danni provocati
dai milioni di bombe all'uranio esplose sulla loro terra e disperse
nell'aria. Da più di 10 anni in Iraq non arrivano medicinali, aiuti sanitari
e alimentari se non grazie a pochi volontari. Migliaia di bambini morti e
migliaia di donne morte per metà, sono un crimine contro l'umanità di cui
siamo tutti e tutte responsabili. Noi donne e uomini del 'benestante' Nord
che detta legge unicamente per proteggere la sua economia e i suoi
privilegi, le sue donne e i suoi bambini bombardando le donne, i bambini,
gli uomini di altri paesi. Perché? Per sostenere le sue industrie che
sfornano milioni di armi ogni giorno, per giustificare l'addestramento e la
formazione di milioni di soldati, marines e top gun, per rifornire i
serbatoi di petrolio, per alimentare il consumismo che depaupera e inquina
la Terra attraverso la sovrapproduzione di oggetti, molti dei quali
superflui investiti di una felicità che non arriva. E sono solo alcuni dei
perché, di questa imminente guerra all'Iraq. Ma vi sembra normale tutto ciò
o si tratta piuttosto di un meccanismo perverso che sta cancellando i
diritti fondamentali perché una piccola minoranza si crogioli tra piscine,
sfilate di moda, tv e serate di beneficienza e la grande maggioranza abbia
seri problemi a soppravvivere. Nel mondo ci sono 20 milioni di rifugiati,
300 milioni di profughi. I piani di aggiustamento strutturale di Fondo
monetario internazionale e Banca Mondiale, stanno stroncando le economie già
deboli dei paesi Africani, Asiatici e Latinoamericani, portando alla fame
interi continenti che 30 anni fa erano quasi del tutto autosufficienti per
l'alimentazione.
Questo a causa delle monoculture imposte dalle multinazionali, per lo lo
sradicamento di milioni di contadini e indigeni dalle loro terre. Un
miliardo di esseri umani vive sotto la soglia minima della povertà con 1-2
dollari a settimana. Sono circa 350 i miliardari del pianeta (e tra i primi
c'é Bill Gates il re di Microsoft) su oltre 6 miliardi di popolazione. 99
delle 100 più grandi multinazionali vengono dai paesi industrializzati. Il
volume d'affari della Royal Dutch Shell è superiore al Pil del Venezuela, la
General Motors ha dimensioni simili a Irlanda, Nuova Zelanda, Ungheria messe
insieme. E le regole del WTO, Organizzazione Mondiale del Commercio,
favoriscono le multinazionali più grandi attraverso trattati sul commercio e
investimenti che permettono di trascendere sempre più l'azione degli stati
nazionali, e condizionano gli accordi internazionali sull'ambiente. E' certo
che il diritto non brilla in Iraq c'é una dittatura ma nemmeno negli
opulenti stati della globalizzazione liberista e della finanza virtuale il
diritto non brilla, anzi, non ha mai brillato, basta leggere la storia
raccontata da Noam Chomsky, Eduardo Galeano, Asor Rosa, Samir Amin, Serge
Latouche, Paco Ignacio Taibo II, Toni Negri e tanti altri, che forse a
scuola non si possono leggere ma nelle librerie si trovano. Nei paesi
occidentali la democrazia incontra molti ostacoli, perché le lobby
economiche e politiche e le classi agiate riescono quasi sempre a fare
rispettare i loro diritti ma lo stesso non succede per i poveri, le
minoranze indigene, coloro che fanno parte delle classi meno agiate, gli
emarginati. Le donne sono tra questi. Il 70% della popolazione considerata
povera è costituida da donne, a dirlo è il Programma delle Nazioni Unite Per
lo Sviluppo. Il numero delle donne contadine che vivono nella povertà
assoluta è aumentato del 50% in questi ultimi 20 anni contro il 30% per gli
uomini secondo il Fondo per lo Sviluppo delle Donne delle Nazioni Unite. Il
numero di donne analfabete nei paesi in via di sviluppo, è ancora superiore
del 60% rispetto agli uomini. Nei paesi industrializzati il tasso di
disoccupazione è più elevato tra le donne che rappresentano i 3/4 dei
lavoratori a domicilio non remunerati (dal Rapporto mondiale sullo sviluppo
del 1997). E impressionanti sono i dati sulla violenza alle donne, sugli
stupri durante le guerre, sullo sfruttamento sessuale e lavorativo ecc. Le
organizzazioni femministe e le reti di donne che si battono da decenni
facendo pressione sull'Onu e i governi, per eliminare queste disparità, si
sono accorte già dall'inizio degli anni '90 degli impatti negativi della
globalizzazione. Hanno chiesto a BM, FMI e al WTO la possibilità di dialogo
ma gli è stata negata. Hanno risposto organizzando nel 2000 la Marcia
Mondiale delle Donne che ha coinvolto 140 paesi. Al Forum di Porto Alegre
del 2002 il 44% dei delegati erano donne.
Non possiamo aspettare che una bomba arrivi nel nostro giardino per
ribellarci e contrastare le ingiustizie dell'impero neoliberista.
E' ora di esprimere il dissenso alla guerra e di opporsi allo sfruttamento
dei paesi più poveri. Ma bisogna farlo non solo a parole, ma concretamente
nelle azioni di tutti i giorni ,che spesso sono delle piccole guerre da
affrontare con noi stesse e con chi ci circonda.A partire dalla spesa,
boicottando i prodotti delle multinazionali che non rispettano i diritti dei
lavoratori, che non seguono i dettami dell'Organizzazione Mondiale della
Sanità o commerciano OGM o non si attengono alla regolamentazione per l'uso
di pesticidi nelle colture.
E' ora di mangiare cibi prodotti localmente, possibilmente biologici ed
equosolidali
E' ora di smettere di acquistare oro e diamanti e far finta di non sapere
che provengono soprattutto da SudAfrica e Zaire dove bambini sottopagati
lavorano per 12/14 ore al giorno.
Sarebbe ora di smettere di regalare milioni a Nike, Adidas, Levis , Gucci,
Benetton ecc.... implicati nello sfruttamento di lavoratori e risorse nel
sud del mondo.
E' ora di non usare più cosmetici testati su milioni di animali che ogni
giorno muoiono per la nostra bellezza.
E' ora di insegnare il rispetto di tutti gli esseri viventi e umani se
timidi o spavaldi, se poveri o ricchi, se paurosi o coraggiosi, se neri o
gialli, se meticci o pellerossa, se italiani o extracomunitari, se cittadini
o clandestini,
è ora di insegnare la bellezza della diversità e della ricchezza culturale
che ne deriva,
è ora di smettere di aspirare a delle figlie veline e famose,
è ora di sottrarsi al fascino degli uomini forti, delle uniformi, dei top
gun,
è ora di giocare coi propri figli e di ritornare a leggere con loro le fiabe
e non lasciarli più di
fronte alla TV,
è ora di dare meno importanza alle sedute dallo psicologo o dal guru new-age
di passaggio.
E' ora di uscire dalla depressione, dall'isolamento, dall'anomia,
dall'apatia, dalla spersonalizzazione indotti da individualismo e dinamiche
capitaliste,
è ora di farci assegnare un Reddito di Cittadinanza per tutte le ore passate
a curare bambini e anziani e a pulire la casa e il giardino. Il lavoro delle
donne è un'insostituibile ricchezza per un paese, anche se mai riconosciuta.
E' ora di mobilitarsi per bloccare le trattative del prossimo WTO a Cancun
in Messico a ottobre, che vuole imporre la privatizzazione di tutti i
servizi, di ogni risorsa della terra eccetto l'aria.
Basta chiudere gli occhi, fermiamoci a riflettere e riappropriamoci di noi
stesse e della capacità insita in ogni donna, uomo e bambino di cambiare e
migliorare il mondo.
Sfuggire le responsabilità diventa il punto di partenza da cui tutto diventa
possibile: l'indifferenza verso i genocidi, il fatto che la sofferenza si
svolga lontana dai nostri occhi, non solo non ci fa sentire responsabili, ma
ci toglie anche il senso di colpa epidermico che nasce nel vedere la
sofferenza altrui.
Pensiamo che dalle donne possa arrivare un forte contributo alla risoluzione
dei conflitti sociali attraverso l'affermazione di un nuovo agire e un nuovo
linguaggio basato sulle relazioni. La guerra non può essere considerata un
mezzo per raggiungere un fine perché è la fine di tutti i mezzi, di tutti i
fini, è l'abdicazione della ragione, dei sentimenti, è il crollo della
civiltà. Per fare la pace bisogna preparare la pace e preparare la pace
significa sradicare la povertà e le ingiustizie. Questo si ottiene solo
attraverso un'assunzione di responsabilità e nel riconoscimento dell'altro.
Aiutateci a farlo accadere.

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